Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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1. IL FONDAMENTO DELLA VITA È LA FEDE
Signore, se vuoi, tu puoi…
Domenica III dopo l’Epifania, Meditazione, Castel Gandolfo, 22 gennaio 19611

Il Vangelo tratto da san Matteo, capo VIII.
«In quel tempo, Gesù scese dal monte e lo seguirono molte turbe. Ed ecco un lebbroso, accostatosi, gli si prostrò dinanzi dicendo: Signore, se vuoi, tu puoi mondarmi! E stesa la mano, Gesù lo toccò dicendo: Lo voglio, sii mondato. E subito sparì la sua lebbra. E Gesù gli disse: Guardati da dirlo ad alcuno ma va’, mostrati ai sacerdoti e fa’ l’offerta prescritta da Mosè in testimonianza per essi. Ed entrato che fu in Cafarnao, s’accostò a lui un centurione che lo pregava dicendo: Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente. E Gesù a lui: io verrò e lo guarirò. Ma il centurione, rispondendo, soggiunse: Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, ma dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io sono uomo sottoposto ed ho dei soldati sotto di me, e dico a questo: Va’, ed egli va; a quello: Vieni, ed egli viene; al mio servo: Fa’ questo, e lo fa. Gesù, udite queste parole, ne restò ammirato, e disse a coloro che lo seguivano: In verità, vi dico: non ho trovato tanta fede in Israele. Ora vi dico che molti verranno dall’Oriente e dall’Occidente, e sederanno con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli; e i figli del regno saranno gettati nelle tenebre esteriori ove sarà pianto e stridore di denti. E Gesù disse poi al centurione: Va’, e come hai creduto ti avvenga. Ed in quell’istante il servo fu guarito»2.
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È ancora il dono della fede che dobbiamo chiedere al Signore. La fede, che è credere a ciò che non si vede, perché ciò che si vede non lo si crede, ma lo si conosce. Crediamo che Gesù viene a noi nell’ostia santa: gli occhi non vedono, il gusto non lo sente ma la fede ci dice: questo è veramente il Corpo di Nostro Signore Gesù Cristo. Così non vediamo il paradiso, ma noi sappiamo che il paradiso è preparato a tutti quelli che fanno il volere di Dio; e poi crediamo che quanto più bene si fa, tanto più sarà grande la gioia, la gloria in paradiso; e crediamo che anche un atto piccolo, sì, un atto cioè che passa e si compie in un momento, avrà un premio eterno, sproporzionato… per una piccola cosa - una mortificazione, un atto di virtù, di bontà, eccetera -, atto che passa, che si compie in un istante… ma il premio dura tutta l’eternità. La fede, allora.
Se la persona vuol consecrarsi a Dio e condurre bene la sua vita di consecrazione, per che cosa lo fa? Perché si è scelto Dio e non la famiglia? Per il maggior premio. Praticando cioè la povertà, castità e obbedienza, il premio è molto più grande che il vivere una vita di famiglia, anche una vita di buoni cristiani. La vocazione è una predilezione di Dio, sì. Allora la fede. Fede più grande per la religiosa, per il religioso, appunto perché questa fede allora porta alla pratica della povertà, la castità, l’obbedienza, la bontà, la carità, la vita comune, la docilità, sì. Allora fede più grande per arrivare alla santità.
Nessuno può arrivare alla santità senza che cresca nella fede. Chi vuole elevare una casa, farla di molti piani, bisogna che metta un fondamento più solido, che vada a cercare il punto solido nel terreno dove il terreno sia più compatto e quindi possa sopportare un maggior peso. Diversamente, se viene a mancare la fede, viene a mancare la vita religiosa: crolla! E quanto è più profonda la fede, tanto più sarà possibile elevarsi alla santità. Credere proprio che una parola taciuta quando si vorrebbe parlare, una parola buona quando neppure ci sentiamo di dirla, un atto di sottomissione o una premura verso le persone, per il loro bene o materiale o spirituale… credere [che conduca] al gran premio. Diversamente,
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l’egoismo si fa avanti, l’amor proprio si fa avanti, e allora si perdono le occasioni; ogni minuto di tempo è un dono di Dio, se sappiamo utilizzarlo. Oh! La fede sia del lebbroso e sia del centurione si è mostrata così chiara.
Gesù aveva finito il discorso della montagna e là aveva spiegato la sua dottrina, la dottrina divina [cf Mt 5-7], e volle provare con i miracoli che egli aveva autorità di predicare quello che aveva predicato, cioè il miglioramento della legge antica con la legge evangelica, la nuova legge… prima [c’era] la legge mosaica, poi ora la legge nuova evangelica, la legge di Gesù Cristo, più perfetta, più ispirata alla bontà, alla vera perfezione, sì.
E allora ecco due prodigi. Viene un lebbroso che gli dice: Signore, se vuoi, tu puoi mondarmi!, e domanda una grazia temporale; viene il centurione e domanda la guarigione del servo… una grazia temporale: ma, e in un caso e nell’altro, sempre la fede viva. Se vuoi, puoi: voleva dire, questo lebbroso, che dipendeva dalla volontà di Gesù il fare il miracolo; lui credeva già al potere - se vuoi, puoi, tu lo puoi - ma è il se vuoi che potrai mettere o non mettere… se vuoi: dipende dalla volontà3. Anche quando chiediamo grazie temporali, sempre dobbiamo credere che il Signore può farle: Se vuoi, puoi; ma se vuoi, cioè se vedi che sono di vantaggio per l’anima mia, se sono secondo la tua volontà. Anche Gesù pregando nel Getsemani diceva: Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Ma non sia fatta la mia volontà ma la tua [Lc 22,42], quindi. Allora, quando chiediamo grazie temporali, dobbiamo sempre dire: Se vuoi, puoi.
E invece, quando si tratta di grazie spirituali necessarie, allora il Signore vuole [di] sicuro, vuole certamente. Se chiediamo il dolore dei peccati, se chiediamo la fiducia nella misericordia di Dio, se chiediamo la santità, eccetera, non c’è dubbio che il Signore voglia.
Dunque: Se vuoi, puoi mondarmi. E Gesù lo voleva, voleva confermare quello che aveva predicato…, ecco: Se vuoi,
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puoi. E stesa la mano, Gesù lo toccò dicendo: Lo voglio, sii mondato!, e rimase mondato.
Oh! Poi Gesù andò in Cafarnao - Cafarnao era come la città che Gesù aveva scelto per centro della sua missione. Non più Nazaret; Nazaret era un po’ lontana dal centro [e] quindi Gesù scelse Cafarnao -. Ed entrato lì, arrivò un centurione, cioè un capitano, un capo di centurie di soldati, di cento soldati, che domanda pure una guarigione, la guarigione del suo servo. E Gesù risponde pronto: Verrò e lo guarirò. Ma, vedete, il centurione risponde in sostanza così: Non è necessario che tu venga, perché tu sei il padrone del male, delle malattie cioè, e puoi mandarle via… e la malattia ti obbedirà. Oh, allora anche se non vieni fino a casa mia, perché non son degno di riceverti sotto il mio tetto, io credo che puoi guarirlo da lontano. Gesù si meravigliò - «miratus est» - perché gli Ebrei, gli Israeliti che pure avevano avuto la rivelazione dell’Antico Testamento, non avevano fino ad allora mostrato una fede così grande, cioè che egli, Gesù, potesse guarire il servo da lontano. Anche quando risuscitò la figlia [del capo della sinagoga], la bambina che era defunta, [Gesù] si portò alla casa della defunta e la prese per mano, ecco, la risuscitò [cf Mt 9,18-19.23-25; Mc 5,22-24.35-42]; ma qui il centurione rinuncia a questo, è sicuro che Gesù può guarirlo di lontano il suo servo: grande fede, fede più grande che non nel popolo ebraico che non si arrendeva al suo insegnamento. Va’, e come hai creduto ti avvenga, ti avvenga come hai creduto, cioè che io potessi guarirlo di lontano; ed in quell’istante il servo fu guarito. Ecco la vera fede, sì. Domandiamo perciò sempre il donum fidei, il dono della fede; con la grazia di Dio, nel Battesimo abbiamo avuto l’infusione della fede e della speranza e della carità, però il primo dono è sempre la fede, in quanto nasce dalla grazia di Dio, in quanto procede dalla grazia di Dio. Allora se è il dono fondamentale, il primo, ecco, l’Atto di fede recitare spesso, il Credo recitare spesso; e poi esercitar la fede nelle occasioni, nelle occasioni. E domandiamo una cosa, una grazia che a noi pare necessaria, sempre distinguendo tra grazie temporali e grazie spirituali, grazie
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che riguardano la gloria di Dio, che entrano quindi nei disegni di Dio: lì in modo assoluto; le grazie temporali in modo relativo, cioè in relazione a quello che riguarda la gloria di Dio e quello che riguarda la nostra santificazione, quel che riguarda i disegni stessi di Dio.
Però, l’aumento di fede, speranza e carità, a chi lo prega viene concesso, viene concesso questo aumento! Non siamo soli da noi a lavorare per farci santi: Dio è con noi! Tutte le virtù nascono dalle virtù teologali, fede, speranza e carità, ma se noi chiediamo bene questi doni, queste virtù, ecco che tutta la vita migliorerà: migliorerà la prudenza, migliorerà la fortezza, migliorerà anche la carità, cioè la bontà con tutti, la umiltà, l’obbedienza, la povertà, la castità, tutto migliorerà… perché chi ha fede mette una buona base, la base più necessaria per la santificazione. Abbiamo questa fede!
E certamente che qualche volta vien lo scoraggiamento: Ma io son mica buona, non lo merito mica!; se aspettiamo di aver i meriti sufficienti per queste grazie, non li avremo mai da soli: bisogna appoggiarsi ai meriti di Gesù Cristo; presentiamo a Dio le piaghe santissime di Gesù, i meriti, in sostanza, di Gesù; noi domandiamo le grazie per Christum Dominum nostrum. Così, arrivare a questa fede che da noi possiamo nulla, ma con Dio possiamo tutto: «Sine me nihil potestis facere» [Gv 15,5]. Possiamo tutto… quel che vogliamo!? No… possiamo tutto in riguardo alla santità, in riguardo alle grazie spirituali, sì; possiamo tutto: non che possiamo fare quello che non è possibile o che non è nell’ordine voluto dalla Provvidenza, ma…
Dunque […], entrar proprio nel cuore: Vi è fede vera? Domando con fede al Signore?. Vi sono persone che alle volte sembrano ignoranti e non hanno molte pratiche religiose perché non c’è tempo a farle, ma hanno una gran fede e vivono di fede; e persone che dicono: Signore, Signore, ma, nonostante la loro preghiera, non compiono bene la volontà di Dio. Ora chi è che avrà il premio? Chi fa la volontà del Padre mio celeste [Mt 7,21], fa l’obbedienza… chi capisce nello spirito di fede la necessità dell’obbedienza; chi capisce nel-
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lo spirito di fede quanto vale un atto virtuoso; chi capisce che nelle altre persone noi dobbiamo sempre guardare all’immagine di Dio, e quindi una somma bontà verso di tutti, sì; chi capisce che, avendo tanti nostri difetti, abbiamo bisogno… e la grazia di Dio verrà sempre in soccorso per correggere, per perfezionarci.
Il lavoro principale nostro è proprio questo lavorare per la perfezione. Questo è il primo impegno: lavorare per migliorare; e questo è il primo lavoro della religiosa, del religioso. Sì, si faranno tante cose esteriormente, ma quello che importa è di trovare ciò che è da migliorare e impegnarsi per migliorarlo; e il sapere che se noi ci mettiamo buona volontà e preghiamo, giorno per giorno si migliorerà. C’è da salire un monte… e bisogna che noi abbiamo la forza e bisogna tuttavia che ogni giorno diamo un piccolo passo avanti, sì.
Confidiamo in Dio! Nessuno si disperi: Ma io questa cosa qui non [la] posso vincere!, eccetera… C’è il Signore con noi! C’è il Signore, la sua grazia! Umiliamoci e mettiamo fede nella sua grazia.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 87/61 (Nastro archivio 82c. Cassetta 82bis, lato 1. File audio AP 082c). Titolo Cassetta: “Il lebbroso e il servo del centurione”.
2 Vangelo: Mt 8,1-13. Il brano viene citato liberamente dal PM all’interno della meditazione.

3 Parola incerta.