Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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27. PERCHÉ SONO CREATO?
Conoscere, amare e servire il Signore
Esercizi Spirituali, 1° giorno, II Istruzione, Castel Gandolfo, 6 agosto 19611

Negli Esercizi Spirituali conviene usare la massima semplicità, e cioè la massima umiltà, e seguire la massima verità.
Siamo creati: ecco, anni fa noi non c’eravamo, il mondo camminava bene senza di noi… e il Signore non aveva bisogno di noi!? E fra pochi anni non ci saremo più, il mondo continuerà il suo corso… e dove saremo? Saremo nell’eternità!
Ma allora perché Dio dovrebbe2 subito crearci per l’eternità felice in cielo? L’eternità felice è un premio ed è una mercede, una ricompensa. Perciò il Signore ci sottomette ad una prova, una prova, cioè: che noi diamo a Dio una prova di amore e una prova di fedeltà, una prova di fede… eh, sì! Il Signore sottopose gli angeli ad una prova: se lo riconoscevano come loro Dio, lo amavano, lo adoravano; e parte rimase fedele e parte si ribellò a Dio. E allora la sorte eterna: chi fu infedele e si ribellò a Dio, ora è in un’eternità - creato lo spirito, Dio non lo distrugge, creata l’anima, Dio non la distrugge -, e l’eternità sì, ma quale eternità per gli angeli ribelli? L’inferno eterno [cf Gd 1,6]. E per gli angeli fedeli che ebbero per capo san Michele? Il quale portò i suoi compagni - «Quis ut Deus?»3 -
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e riconobbe Dio creatore, difese l’onore di Dio e lo amò con tutto… intieramente [cf Ap 12,7-9]. L’eternità, ma in cielo! Una delle due eternità. Siamo anche noi soggetti alla prova: e chi è fedele e chi è infedele. Non parliamo di chi va perduto, perché non siamo mai sicuri che un’anima si trovi nell’inferno… ma di Giuda sappiam sicuro che è nell’inferno [cf At 1,16-18; Mt 27,3-5], ecco, pure con la sua vocazione alla santità, la sua vocazione all’apostolato come gli altri suoi compagni Undici. E non subito, [ma tradì] nella prova… e doveva esser fedele a Dio, fedele a Gesù: invece amministrò male e compì il tradimento verso Gesù [cf Gv 12,4-6; 18,2-5]. Era una grande grazia essere chiamati all’apostolato, era un privilegio appartenere al collegio apostolico, al numero dei Dodici, certamente. Se non fosse stato chiamato… non avrebbe avuto l’occasione di rubare e di compiere il tradimento a Gesù. Quanti altri - eran le turbe - che, ecco, seguivano Gesù… e anche alcuni si offersero a seguire Gesù, che non vennero accettati perché non avevano vera vocazione; e poi Gesù chiamò degli altri: i settantadue discepoli.
Oh! Una prova: chi è fedele e chi è infedele, chi segue la sua strada, la strada segnata da Dio, e chi non la segue perché è più comodo far altro. Ora, quindi, tutti gli uomini che vivono sono come gli angeli in cielo, quando erano ancora tutti innocenti ed erano messi in prova; ecco, tutti gli uomini che sono adesso sulla terra, così, nascono innocenti - la colpa di origine non è la colpa personale: quindi non merita[no] l’inferno -, ma la vita nostra può essere buona e può essere cattiva, e quindi dipende da noi l’esser salvi un giorno o andar perduti.
Ma perché Dio non ci ha creati subito in paradiso? Dio ha donato la libertà all’uomo: se vuol amare Dio, seguirlo, obbedirlo… oppure se vuole amare i capricci, le passioni, il denaro, la soddisfazione, eccetera. L’uomo è libero ma, passato all’eternità, l’anima non è più libera di fare come vuole, o che è in peccato o che è in grazia di Dio; non è più libera, perché avrà il merito, il premio che avrà fatto se fu fedele a Dio, e avrà il demerito, il peccato che ha commesso se fu
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infedele a Dio. Dunque, da chi dipende la salvezza? Dipende da ognuno di noi: ognuno di noi si fabbrica un’eternità felice o si fabbrica un’eternità infelice. Non andiamo a pensare a chi sta sopra, a chi sta d’accanto, chi pensa bene di noi, chi dice male, eccetera… E io, tu, ognuno si forma la sua eternità, pensa al suo interesse: voglio la felicità o mi rassegno all’infelicità eterna per soddisfarmi su questa terra? Fare quel che voglio io? Sì, un uomo è libero, è libero come di andare alla domenica a Messa o no, il cristiano; è libero fisicamente, ma c’è una legge per cui è obbligato; e se usa della sua libertà dove non può usarla, cioè se abusa della sua libertà - voglio dire -, pecca, cioè non va alla Messa. Così Dio ci ha dato dei comandamenti: c’è la libertà, cioè si può abusare, sì, si può abusare… per esempio: Ascolta il padre e la madre, e non l’ascolta; abusare della libertà fisica, sì, ma c’è un comando che obbliga… E gli angeli avevano il dovere e l’impegno di lodare e meditar4 Dio, quando sono stati creati.
Perciò la eternità dipende da noi singolarmente: se vogliamo accettare il volere di Dio… comandamenti, vocazione, consigli evangelici (se cioè siam chiamati o no), o non accettarli, se vogliamo fare la nostra volontà o la volontà di Dio; e Dio è libero di darci il premio e Dio è libero nel dare il castigo. Ma anche lui è come legato: non può premiare un cattivo, morto in disgrazia di Dio, e non può castigare un buono, perché si è meritato il premio. Dio è giustizia e Dio è bontà, Dio è fedeltà alle sue promesse.
Dunque, comprendiamo perché siam creati? Potevamo non essere creati. Dio poteva chiamar degli altri all’esistenza e poteva dare ad altri la vocazione! Ma una volta che ci ha creati, una volta che abbiamo una strada da seguire, ecco, se la seguiamo: paradiso eterno; se non la seguiamo: inferno eterno, se si muore su un falso cammino. Dopo, nella vocazione ci sono casi in cui non ci si può rimediare… e si può detestare, si può rimettersi in grazia di Dio con il pentimento e facendo penitenza, perché si trova una [persona] in una
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via sbagliata che non era di volontà di Dio, ma allora con la penitenza può salvarsi.
Oh, allora occorre che noi ricordiamo: perché son creato? Qual è la prova che Dio ci dà? Da cosa dipende l’essere un giorno in paradiso o essere un giorno nell’inferno? Da che cosa dipende? Creato per conoscere, per amare, servire il Signore… allora il premio, e andare perpetuamente al premio, in eterno premio: ecco, questa è la volontà di Dio. Che facciamo quel lì: conoscere lui, amare lui, servire lui… e la volontà di Dio è che tu, fatto questo, vai in paradiso, dove invece di conoscerlo così dal catechismo, lo vedrai, Dio; invece di possedere solo la grazia e non sentirla, lo possiederai Dio… ti renderà felice! Lo possiederai in una maniera diversa, diversa ancora da come5 si possiede Gesù dopo la Comunione: è sempre lo stesso Dio, ma è diverso il modo, perché il paradiso porta un gaudio particolare, un gaudio eterno, e cioè ci partecipa, Gesù, la sua beatitudine eterna.
Oh, allora abbiamo da conoscere Dio in primo luogo, conoscer Dio… eh!, che non lo conoscessimo dall’uso di ragione…6! Ecco. Prima dell’uso di ragione avevamo il Battesimo, avevamo la grazia… se si moriva in quella condizione prima dell’uso di ragione si era salvi, perché c’era la grazia di Dio, sì. E dopo l’uso di ragione, e uno può credere e l’altro può anche non credere, perché conoscere vuol dire anche riconoscere; conoscere ciò che predicava Gesù: i giudei, i farisei non volevano riconoscerlo. Conoscer Dio e quindi avere fede: catechismi, meditazioni, letture spirituali, istruzione religiosa, letture buone… conoscer Dio. Ma non solo conoscere, per esempio che Dio è uno e trino, ma crederci: vuol dire riconoscerlo e far l’atto di fede di un Dio [in] tre Persone uguali e distinte: Padre, Figliolo e Spirito Santo… unica natura, tre Persone… ecco, conoscere il Signore.
E, secondo, amarlo. Essendo il sommo bene, essendo lui la felicità eterna, amare questo sommo bene, amar Gesù e
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amare il suo paradiso, sì, volere il suo paradiso. Amare Gesù e amare il suo paradiso in fondo è la stessa cosa, voler restare con Gesù in vita e voler restare con Gesù… voler restare con Gesù in eterno. Ecco, amare il Signore. Non amori profani e non abuso del cuore, no: amare il Signore. E la religiosa è religiosa: amarlo in modo perfetto, per goderlo in modo più abbondante, in modo perfetto. Paradiso: amare il Signore; non l’egoismo, l’ambizione, la vanità, la mondanità… no. Quelli che amano o le ricchezze o il piacere o la lode e la stima, non amano Dio, non amano Dio. Allora amare il Signore…
E, terzo, servirlo: e cioè osservare i suoi comandamenti, seguir la vocazione… fedeltà. Paradiso eterno, allora, paradiso eterno. Perché, presentandoti a Gesù dopo questa vita, sentirai l’invito: «Euge, serve bone et fidelis» [Mt 25,21.23], avanti servo buono e fedele, ecco, perché sei stato fedele in uno spazio di tempo. Cioè, mettiam pure che si sia vissuto cento anni: sempre poco di fronte ad un’eternità… ché non bastano a raccontar l’eternità cento milioni di secoli: no; l’eternità vuol dire sempre, vuol dire non cambiare più, non c’è più tempo a ravvedersi, non c’è più tempo neppure a peccare, ma tanto meno si ha tempo a domandare il perdono ed a ottenere il perdono dei peccati: dipende da questa vita l’eternità. Allora ecco quello che abbiamo da fare.
Se uno poi ha vocazione, conoscer meglio Dio, amarlo di più ed essergli più fedele; e se non abbiamo forza a fare ciò che avete cantato: che Gesù Ostia è cibo all’anima fedele, per sostenersi7… Perché Elia era sfinito dal suo lungo viaggio e doveva ancor fare un lungo viaggio, e si addormentò, stanco, e quasi diceva: Signore, puoi prendermi, non ne posso più, poiché sembrava di essere al fine la sua vita. Ma, mentre dormiva, l’angelo lo scosse: Alzati, prendi e mangia e bevi, ed egli voltò lo sguardo: l’angelo aveva preparato il pane e l’acqua per nutrirsi; e poi di nuovo l’angelo lo ripeté: Ancora mangiare, ancora bere, perché è ancora lunga la strada [cf 1Re 19,4-7].
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E chi fa delle belle Comunioni… e allora si fortifica ogni giorno. La pietà del mattino è per questo: la meditazione, la Messa e la Comunione sono per fortificare. Ed egli, Elia, camminò ancora tanti giorni, quaranta giorni, e poi arrivò alla sua destinazione [cf 1Re 19,8]. E fortificati da questo Pane celeste… l’anima fedele continuerà a camminare e osservar le sue promesse, fedeltà alle promesse sue… poi paradiso eterno.
Tu che cosa vuoi? Lo vuoi il paradiso? La vuoi l’eterna felicità? Ma la vuoi sul serio? Oppure è un desiderio così vago, come uno potrebbe desiderare di fare una salita su un monte o di fare un viaggio di piacere, così… un desiderio vuoto che sa già che non effettuerà… come uno potrebbe sognare un gran palazzo, ma sa che non lo possederà mai. Ma il paradiso, il paradiso è certo… sì, è certo, lui. Ma bisogna che sia certa anche la nostra volontà8; certa vuol dire ferma, non: Vorrei…. C’è una sola cosa per parte nostra per formare il carattere e preparare l’anima al cielo: Voglio!, il voglio, perché dei vorrei è lastricato l’inferno, dice santa Teresa9.
Così, volontà fragili, deboli: un giorno sì, un giorno no; sembrano quelle piante che ci sono nell’orto: se il vento spira a destra, ecco, si piegano dall’altra parte, se il vento spira a sinistra si piegano dall’altra parte… così! E un giorno si levano di buon umore e tutta la giornata sembra lieta o sembra che si passi in fervore, e un altro giorno si levano in cattivo umore, fanno male la pietà al mattino e si capisce che prima che sia la sera quante imperfezioni, quante fragilità…
Allora la nostra via per camminare è: conoscere sempre più Dio e con fede sempre più viva; secondo, amare sempre più
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Dio e volerlo davvero, volerlo questo Dio… cercare Gesù, eh!, cercare il paradiso; e, terzo, osservare quei comandamenti, quei voti, quegli uffici del nostro stato, sempre di più, sempre meglio.
Anime che sono non10 costanti, anime che sono incostanti, anime che si stancano subito, e sembra che si fermino e si siedano sul ciglio della strada, oh! E si può essere anche stanchi e si è poi anche sfiniti di forze nella vecchiaia, ma per il paradiso non c’è stanchezza per lo spirito; lo spirito, anzi, diviene sempre più vivo, più vivace, l’anima sempre più forte nella fede, nel desiderio di cielo e nella piena adesione al volere di Dio! Ecco, questo.
Dunque i riflessi sono, primo - già [avete] cominciato voi stamattina -, sopra gli Esercizi e sopra il modo di incominciarli subito mediante l’esame di coscienza. Secondo, il luogo dei riflessi di questa mattina deve essere il quesito del catechismo:11 perché son creato, perché sono qui e dove sarò allora, fra non molto tempo, dove andrò, quale delle due eternità io cerco, voglio seriamente o non voglio… Allora la coscienza ci risponderà e la vita nostra basterà a provare ciò che realmente vogliamo, o se veramente vorremmo soltanto, vorrei soltanto… E allora gettarsi nelle braccia di Gesù, nelle braccia di Maria: salvatemi. Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi12, che vuol dire paradiso, santificarsi per andar con i santi in paradiso, e in un bel paradiso perché c’è anche la vocazione, cioè andare in un paradiso più bello, facendo anche tanto del bene sulla terra alle anime.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 97/61 (Nastro archivio 91b. Cassetta 91bis, lato 1. File audio AP 091b). Titolo Cassetta: “Le verità fondamentali e fine dell’uomo”.
2 Il PM dice: doveva.
3 «Chi è come Dio?». Questa espressione è la traduzione in latino del nome ebraico Michele [Mi-ke-’El = Chi come Dio (è grande)]. Cf GREGORIO MAGNO, Omelie sui Vangeli, Omelia XXXIV, 7-9, Alba 1975; anche in Breviarium Romanum, In dedicatione S. Michaelis Arcangeli, In II Nocturno, Lectiones V-VI.

4 Parola incerta.

5 Il PM dice: quello che.
6 Il PM si esprime in modo ironico, come a dire che dall’uso di ragione ci viene data la possibilità di conoscere Dio.

7 Il PM forse si riferisce al tradizionale canto eucaristico Inni e canti, che inizia così: «Inni e canti sciogliamo, o fedeli, al divino eucaristico Re; egli, ascoso nei mistici veli, cibo all’alma fedele si diè».

8 Prima dice: la nostra vocazione. Poi si corregge.
9 Osservazioni di questo tipo si rintracciano, per esempio, nel Libro della Vita 6,7; 13,10; 16,7; 40,21. Concetto attribuito a vari autori, è espresso anche con il proverbio: “La via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni”. San Francesco di Sales, nella lettera alla Madre Favre del 17 aprile 1616, l’attribuisce a san Bernardo: «[I desideri che non producono nulla] si esprimono così: Desidererei fare l’elemosina, ma non la voglio fare. Questi desideri non si realizzano, non già per impossibilità, ma per fiacchezza, tiepidezza e mancanza di coraggio, e quindi, sono inutili e non santificano l’anima né accrescono la grazia. San Bernardo dice che di essi è pieno l’Inferno» (FRANCESCO DI SALES, Tutte le lettere, vol. II (1611-1618), Roma 1967, p. 756).

10 Parole incerte.
11 Vedi il Catechismo di San Pio X, Prime nozioni della dottrina cristiana, 13.
12 Questa invocazione, presente già nel primo libro delle Preghiere della Società San Paolo del 1922, era stata adottata nella Famiglia Paolina come giaculatoria per ottenere la buona volontà. Vedi PR, p. 48, nota 15. Il PM la richiama spesso nelle sue meditazioni, ricordando di averla assunta dal santo Cottolengo, il quale, a sua volta, «preso il primo esempio da una giaculatoria di san Filippo Neri del tenor seguente: Vergine Maria Madre di Gesù pregate per me, trovò, come diceva, troppo limitata questa domanda, ed alle parole “pregate per me” sostituì le altre “fateci santi”» (Raccolta delle Regole…, op. cit., p. 100). Vedi anche p. 342, nota 4.