Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Padre celeste, e hanno meritato il premio di chi compie bene la propria missione sulla terra, missione che continuano ad esercitare in cielo. Gesù lassù è sempre il principio della grazia, è la grazia stessa, e Maria è sempre la distributrice della grazia, la mediatrice universale della grazia.
3) Domandare al Signore che la Chiesa possa avere suore e sacerdoti santi e in numero sufficiente, perché la messe non marcisca sui campi per mancanza di operai: «Operarii autem pauci»18. Pregate dunque il padrone della messe che mandi buoni operai alla mietitura. Nei quindici misteri chiedere questa grazia: sacerdoti santi, suore sante, e domandare la benedizione a Maria nostra madre.
Portate sempre volentieri il rosario al fianco e questo non sia solo di divisa per la Figlia di San Paolo, ma sia veramente la corona che si fa scorrere e che merita una catena ininterrotta di grazie fino a divenire la nostra corona anche in cielo, dove presenteremo a Maria tutti i rosari detti. Maria li ha contati anche se noi non li contiamo, e saranno come sante rose che porteremo a Maria, non solo alla sua statua, ma a Maria viva e gloriosa e splendente in cielo, dove forma come un paradiso particolare e accoglie tutti i suoi devoti.


VIII
L’ESAME DI COSCIENZA I



Questa mattina abbiamo meditato il rosario nel complesso dei quindici misteri: quali verità siano da considerarsi, quali insegnamenti pratici da prendersi, e quali grazie particolarmente da chiedersi. Fra le grazie da chiedere, questa sera ci concentriamo su una: l’esame di coscienza.
L’esame di coscienza è una delle tre pratiche di pietà che dobbiamo compiere secondo le Costituzioni, una delle tre che ci aiutano a fare bene le altre pratiche varie. Abbiamo infatti le pratiche quotidiane, le pratiche settimanali,
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le pratiche mensili, le pratiche annuali, ma queste tre: l’esame di coscienza, la meditazione e la Visita al santissimo Sacramento ci aiutano a far bene le altre. Chi fa bene queste tre farà bene tutte le altre, e chi trascura queste, dopo non potrà fare utilmente o almeno sufficientemente bene, le altre pratiche prescritte. L’esame di coscienza, la meditazione e la Visita al santissimo Sacramento devono già essere imparate prima della professione, e nelle nostre Costituzioni c’è che non si ammettano alla professione le figlie che non hanno ancora imparato a far bene e abitualmente queste tre pratiche di pietà1. Senza di esse sarebbe difficile essere sempre paoline. Forse si sarebbe buone figliole, forse, fino a un certo punto, buone religiose, ma difficilmente paoline. Domandiamo per intercessione di Maria, regina del rosario, con la preghiera di S. Agostino: «Ut cognoscam me, ut cognoscam te: che io possa conoscere me, o Signore, che possa conoscere te»2. Possa conoscere te per amarti sempre di più, e possa conoscere me per disprezzarmi, e cioè conosca le mie debolezze e non confidi nelle mie forze, conosca la mia ignoranza e non confidi nella mia scienza, nella mia abilità, conosca le infermità del mio cuore e abbia sempre l’umiltà di pregare, perché il Signore rafforzi, sostenga, tenga il cuore sulla via giusta. Ecco, conoscere noi stessi. Quando è che, particolarmente, cerchiamo di farlo? Quando si fa l’esame di coscienza. Al mattino con l’esame di coscienza preventivo, quando si ricordano i propositi della giornata, si cerca di prevenire le difficoltà che troveremo, e per fortificarci con la Comunione. L’esame di coscienza breve [a mezzogiorno] e l’esame di coscienza più lungo nella Visita al santissimo Sacramento. Vi è poi l’esame di coscienza settimanale per la confessione e l’esame mensile per il ritiro mensile, e l’esame annuale per far bene gli Esercizi spirituali.
Conoscere noi stessi: noi possiamo saper leggere il latino, l’inglese e altre lingue e non saper leggere bene il libro della nostra coscienza. Vi sono persone che non
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sanno molto, poco hanno studiato, non conoscono molti libri, non hanno letto molti giornali, ma conoscono se stesse, conoscono e sanno leggere bene il libro della propria coscienza: Come sono? Che cosa valgo? Di che cosa ho bisogno? L’esame di coscienza ha dei gradi. Vi può essere un esame di coscienza superficiale, quando uno si ferma soltanto alle parole e alle azioni, a ciò che è esterno. Questo esame a volte viene fatto anche in modo sfuggevole, brevissimo, superficiale, e si ferma alle parole e alle azioni soltanto, invece sono da esaminare principalmente i pensieri e i sentimenti del cuore, l’interno. L’interno è il più difficile da leggersi: i sentimenti del cuore, la fantasia, i movimenti interni e i pensieri che vengono nella nostra mente; quanto ci sia di amore di Dio, per esempio, nel nostro cuore, quanto ci sforziamo di conoscere sempre più Iddio per mezzo del catechismo, delle meditazioni, delle letture spirituali, ecc.; quanto noi meditiamo le Costituzioni e quanto le amiamo; quanto conosciamo la Congregazione e cooperiamo nella Congregazione. Vedere bene ciò che è interno. Vi è quindi un esame di coscienza che si estende a tutto, ma si riduce a tempi misurati: esame preventivo, esame della Visita, esame della sera, esame della confessione, esame mensile, ed esame annuale. Con questi si adempiono le Costituzioni e le Costituzioni sono osservate alla lettera. Ma vi è un esame di coscienza molto più bello, molto più santo, molto più utile: è l’esame abituale su noi stessi, è il raccoglimento e la riflessione su che cosa pensiamo, che cosa desideriamo, che cosa diciamo o stiamo per dire, che cosa facciamo o stiamo per fare.
L’esame di coscienza nelle sue pratiche, come ho detto prima, è un mezzo per arrivare alla riflessione su noi stessi, in maniera tale che uno sempre si controlli. Nella nostra testa cercano sempre di entrare ogni sorta di pensieri, ma chi riflette pensa: Questo pensiero va bene? Questo pensiero piace a Dio? Questo pensiero dispiace a Dio?
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La mia fede interiore è viva? Penso come pensano le superiore, le Maestre? Ho i pensieri della Congregazione? Io applico la mia mente a far bene questo, supponiamo la preghiera? A far bene quest’altro, supponiamo la cucina? A far bene quello, supponiamo la libreria? A far bene, supponiamo la propaganda? Ci metto la testa? Ecco: abituale riflessione sui pensieri, abituale riflessione sui sentimenti del cuore.
Vi sono dei cuori in cui passeggiano i serpi, cioè pensieri di orgoglio, pensieri di invidia, pensieri e desideri di curiosità, spirito di vendetta, malumore perché c’è stata una correzione, arroganza spirituale, ribellione quasi alle correzioni, a quello che si è sentito di contrario, attaccamento ai nostri desideri.
Riflessione: il mio cuore è con Gesù? Nel mio cuore ho i sentimenti del cuore di Gesù, del cuore di Maria? Come avrebbe fatto Gesù al mio posto? Che cosa avrebbe desiderato? Che sentimenti avrebbe avuto Maria al mio posto? Riflettere prima di parlare, riflettere prima di fare una cosa o un’altra, prima di scrivere o non scrivere, prima di andare in un posto o in un altro, prima di intraprendere una relazione, prima di scegliere un proposito o un altro, prima di dire: quest’oggi farò questa o quell’altra cosa. Riflettere, non agire precipitosamente. Dice la Scrittura di pensare sempre prima di operare3.
Vedete che c’è grande differenza fra l’esame di coscienza sulle parole e opere, e l’esame di coscienza invece su tutto. Questo è un abituale esame di coscienza, cioè abituale raccoglimento, abituale riflessione su quello che stiamo per dire, sui pensieri che passano nella mente, sui sentimenti del cuore, sulle opere che vogliamo fare. E non solo su quello che dobbiamo fare, ma ancora riflettere: Ho finito il mio studio, l’ho fatto bene? Sulle cose fatte, riflettere subito: sulla famiglia che si è visitata, sul modo con cui si è proposto il libro, sulle occupazioni che si fanno in casa, sulla corrispondenza che si tiene e si deve o non
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si deve tenere, ecc. È bene quello che ho fatto? Davanti a Dio lo farei di nuovo, oppure non lo farei più, o lo farei diversamente? Vi sono persone che sono riflessive e prima di fare pensano ciò che hanno da fare, da dire, ciò che hanno da pensare, i pensieri e i sentimenti che devono ritenere. Subito riflettono: è andato bene? Erano santi i miei pensieri, i miei sentimenti, le mie parole, le mie azioni? Sono piaciute a Dio? Mi sono fatto dei meriti? Questo esame di coscienza si chiama abituale ed è molto diverso dall’esame di coscienza particolare, da quello sulle sole opere e pratiche fissate nelle Costituzioni. È l’esame che deve favorire l’abituale riflessione su ciò che si ha da fare e su ciò che si è fatto, affinché ci governiamo, ci controlliamo. Eh, ma io gliene dico quattro e poi mi passa subito. Ma agendo così, hai fatto quattro sbagli e adesso gli sbagli sono fatti. Non bisogna dire così: Mi passa..., e ora sono fatti… Bisogna che prima diciamo: Questo, posso farlo? Oppure dopo: Ho sbagliato?. Bisogna che riflettiamo perché se abbiamo dato sfogo all’orgoglio, all’ira, all’impazienza, all’invidia, alla curiosità, alla soddisfazione dei sensi: occhi, lingua, gola, udito, se abbiamo in cuore sentimenti che non piacciono a Dio, questo concedere ai sensi, alla curiosità, alla fantasia, al cuore, alla mente, è consentire al male. Quindi se noi non riflettiamo abitualmente su noi stessi, possiamo fare innumerevoli sbagli di cui non ci accorgiamo o ci accorgiamo quando sono già fatti. Certo è sempre bene che quando uno ha peccato si penta, si dolga e cerchi di togliere il peccato, ma era molto meglio se il peccato non fosse stato commesso, infinitamente meglio, non è vero? Ora, gli esami di coscienza sono ordinati a portarci alla riflessione abituale su noi stessi. Molti hanno già detto, prima di aver pensato che cosa dovevano dire. Aprono la bocca e qualunque cosa esca, e fosse anche un insulto,
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un’offesa, la dicono, fosse anche una parola o contro la carità o contro l’ubbidienza, è già detta. No, prima riflettere: è gran cosa arrivare a questa riflessione, a questo controllo di noi stessi! Voi, quando andate in automobile, non pensate: Vada dove vuole, quando sia andata nel fosso la tirerò fuori. No, invece guidate perché non vada nel fosso, perché non sbatta contro qualche altra macchina, non danneggi qualche passeggero, non colpisca. Sempre l’autista deve dominare il volante, se non domina il volante possono succedere innumerevoli sbagli. Avevamo già viaggiato tutta la notte e un po’ del giorno prima, avevamo fatto oltre millecento chilometri e dico all’autista: Adesso fermiamoci. Ho un po’ di sonno, ma mi sento ancora. Ma basta un attimo che ti addormenti perché andiamo a cadere [nel fosso]. Sempre ci vuole il controllo. Così è di noi: ci vuole il controllo e il controllo assoluto dell’esame di coscienza ben fatto, che a poco a poco diviene abitudine, diviene quel raccoglimento che sempre ci porta a riflettere su quello che abbiamo fatto e su quello che stiamo per fare.

Controllare noi stessi. È difficile controllarsi. L’autista ha da controllare il volante e spingere gli occhi avanti perché deve vedere la strada, ecc., ma noi abbiamo da controllare la mente ed è difficile, dobbiamo controllare il cuore ed è difficile, dobbiamo controllare gli occhi e ci vuole l’abitudine, dobbiamo controllare l’udito, la lingua, questa fantasia: è difficile controllarci. Pensiamo un po’, è difficile: siamo il cavallo più indomito da guidare. Allora, arrivare con l’abituale pratica dell’esame di coscienza a questo punto: vivere raccolte, anche liete, ma raccolte. Il raccoglimento, l’unione con Dio non porta mestizia, non porta a fare il broncio, questo è un difetto. Il raccoglimento è unione con Dio che è letizia. E allora noi dobbiamo vedere di controllarci abitualmente.

Non si pensi a diventare santi senza l’esame di coscienza. Non è possibile, e bisogna che facciamo due cose,
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che purifichiamo il cuore dai difetti; e se uno non li conosce? E che mettiamo le virtù più necessarie alla nostra anima. E come potremo attendere alla santità se non sappiamo in quali occasioni bisogna esercitarle, e quali sono i propositi e le virtù da scegliere? Vedete, nella mia vita, chi ho trovato più fedele all’esame di coscienza è stato il Maestro Giaccardo4.

Invece chi fa l’esame di coscienza ha già conosciuto i suoi difetti prima che li abbiano conosciuti gli altri, e già si è messo d’impegno a correggere quel difetto, a praticare quella virtù, a fare bene quella cosa in casa, in libreria, in propaganda, nella preghiera, nell’apostolato, ecc.
Se c’è un difetto molto radicato, guai se ci toccano lì sopra!È come se noi stessimo bene di salute, ma avessimo una mano lacerata dove il bendaggio si fosse attaccato alle carni. Ci possono toccare nell’altra mano sana, nei piedi, nella testa e non ci lamentiamo, ma se ci toccano, se ci sfasciano quella mano dove il bendaggio si è attaccato alle carni ferite, allora si grida: Ahi, ahi, ahi! perché il male è lì. Quando uno è superbo, guai a toccarlo sulla superbia! Quando uno è troppo inclinato all’ira, ha sempre un motivo per dire: Ma avevo ragione. Quando uno dà troppo accondiscendenza ai sensi, alla sentimentalità, guai a toccarlo lì sopra! Si difende, s’irrita di più. Perché? Forse non sarà stato fatto abbastanza bene l’esame di coscienza, altrimenti risponderebbe: Conosco già anch’io che faccio così, è proprio sbagliato, mi aiuti a correggermi. Oppure risponde: Conosco anch’io che devo fare in quella maniera, mi aiuti a farlo bene. Oppure: Non ci avevo pensato, ma adesso la ringrazio che me l’ha detto, perché lo farò, cercherò, m’impegnerò, mi aiuti anche con i consigli e con le correzioni. Quindi l’esame di coscienza ci porta a ricevere bene i consigli. Notiamo che siamo molto inclinati a tralasciare l’esame di coscienza. Avviene così che mettiamo in una borsa che si porta davanti i difetti degli altri, e i difetti altrui li consideriamo, li rileviamo,
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li critichiamo; mettiamo invece i nostri difetti dietro le spalle, quindi non li vediamo. Ma Gesù ha detto: «Togli prima la trave dal tuo occhio, così potrai poi dire al fratello: Permetti adesso che tolga la pagliuzza che hai nel tuo occhio»5. A volte i difetti nostri sono molto più gravi, e i difetti degli altri sono molto più leggeri, eppure parliamo con zelo, quasi con violenza, dei difetti altrui, i nostri invece li copriamo, li amiamo, li difendiamo, e veniamo fino a farcene un’abitudine. Questo indurisce anche il cuore. Ecco, allora è necessario l’esame di coscienza: conosci te stesso!
Bisogna ancora dire che senza un buon esame di coscienza non possiamo confessarci bene, né settimanalmente, né mensilmente, né annualmente negli Esercizi. Metterci davanti a Dio: Signore, fammi conoscere l’anima mia come me la farai conoscere nel giorno del giudizio, quando mi presenterò a te. Chissà quanti difetti e quante venialità forse verranno fuori in quel giorno, su cui io non avevo mai riflettuto, mai pensato. Signore, che io non porti tutti questi difetti fino alla tomba! Signore, aprimi gli occhi, perché li conosca e li detesti. Se non potrò correggerli tutti assieme, almeno che io li detesti, così non saranno volontari, quindi non saranno offesa a te. Ma se trascuro di conoscerli, divengono volontari e allora che cosa succede? Che man mano che si va avanti negli anni questi difetti aumentano e non sono mai soli, dietro di loro ne verranno altri.
Adesso dobbiamo domandarci: come fare l’esame di coscienza? Chi l’ha trascurato è bene che almeno faccia l’esame, preventivo al mattino, e poi nella Visita e alla sera più lungo. Vi è l’esame di coscienza sul proposito principale, e vi sono esami di coscienza generali su tutti i doveri della giornata, specialmente nella Visita esaminarci su tutto, voglio dire sulla pietà, sullo studio, sull’apostolato, sulla povertà, sulla buona educazione, sulla buona convivenza in famiglia, ecc., esaminarsi su tutto. Ogni giorno chiedere
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questa grazia: Signore, non voglio cadere e farmi male, e per rialzarmi [andare] all’ospedale a farmi curare. Signore, datemi la grazia che io conosca me stessa e conosca i pericoli in cui posso mettermi, per non cadere. Non [basta] solo piangere i peccati passati, ma non commetterne per l’avvenire e non ricadere negli stessi difetti volontariamente. Delle debolezze ne commetteremo sempre, ma che almeno le detestiamo e desideriamo di mai offendere il Signore né in cose grandi né in cose piccole, e ci mettiamo con impegno ad evitare la colpa, non solo, ma anche a praticare le virtù. Non sono molte le persone che arrivano a fare l’esame di coscienza abituale su questo: abituale raccoglimento, riflessione che controlla sempre i pensieri, i sentimenti, le parole, le azioni. La suora a poco a poco deve arrivarci, [anche] se non ci arrivano i cristiani, perché la suora ha tanti più aiuti spirituali, ha più pratiche di pietà, tante più grazie secondo la sua vocazione.
Vi sono persone che si possono chiamare: persone delle cose ben fatte, perché? Perché sono vigilanti, ma quello che non si vede è il loro interno, ben ordinato. I loro pensieri sono pensieri buoni, conformi alla fede, alla carità, alla pazienza, all’ubbidienza, bei pensieri! Sono ordinate nei sentimenti: di pietà, di umiltà, di benevolenza, di purezza, di moderazione, di fiducia in Dio, di desiderio della santità, sentimenti proprio buoni, e divengono poi anche persone sagge nel parlare e nell’operare. La religiosa può arrivare qui: certo, acquistare questo spirito di riflessione e l’abituale raccoglimento sarebbe già uno stato che prelude proprio a molta santità.
Nessuna può esser patentata a guidare le macchine se non diventa capace a guidare. Noi, dovendo guidare noi stesse, dobbiamo farlo ancora di più, perché si tratta di farci o non farci santi. Diversamente [ci saranno] innumerevoli difetti e molte trascuranze nella pratica della vita religiosa, nella pratica delle virtù. Quindi domandare al Signore questa
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grazia. È grande questa grazia! [Vi sono] persone che non controllano mai la loro lingua: aprono la bocca e viene fuori quel che viene. Quelle parole riflettono però il disordine dei sentimenti interni e il disordine dei pensieri, perché la lingua parla di ciò che si sente e si pensa dentro. Domandare questa grazia così importante e intanto non lasciare mai l’esame di coscienza. L’esame di coscienza diviene più difficile quando si hanno molte occupazioni. Ma anche se la giornata è molto piena, dobbiamo avere qualche momento per fermarci, riflettere su ciò che pensiamo, sentiamo, diciamo e facciamo. I santi in mezzo a una moltitudine di occupazioni erano sempre sereni, riflessivi, mai precipitosi. Che bella immagine [erano] del divino Maestro che parlava con infinita saggezza, e il suo cuore [era] sempre rivolto al Padre celeste e alle anime. Come si imita bene allora Gesù! Chiediamo questa grazia. Vigiliamo, perché senza l’abituale riflessione e se perdiamo il controllo di noi, non sappiamo dove andremo [a finire]. Ad esempio, se uno perde il controllo del cuore, allora il cuore non sente più l’amore a Gesù, l’amore all’apostolato che è l’amore delle anime. Controllare noi stessi, vigilare; e quando poi non sappiamo come regolarci, chiediamo consiglio e accettiamo volentieri i consigli che vengono dati. Oh, se arriveremo a questo punto, avremo fatto un gran passo verso la santificazione, verso la pratica della virtù. Le confessioni saranno [allora] ben fatte. Non toccheremo soltanto i punti meno importanti, ma i più importanti, non renderemo le nostre confessioni troppo lunghe, confessioni che non portano frutto su nessun punto, ma faremo confessioni che daranno frutto.
E quando si sarà arrivati lì, la vita religiosa sarà un continuo progredire. Le figliole passeranno dai voti temporanei ai voti perpetui, e dopo i voti perpetui andranno avanti anni ed anni con quell’abituale raccoglimento e progrediranno di virtù in virtù, di grazia in grazia, sempre di esempio alle
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18 Cf Mt 9,37: «Gli operai sono pochi».

1 Cf Costituzioni della Pia Società Figlie di San Paolo, ed. 1953, art. 196.

2 Cf Soliloqui, II,1.

3 Cf Sir 37,16.

4 Beato Timoteo Giaccardo (1896-1948), nato a Narzole (Cuneo). Primo sacerdote paolino, vicario generale della Pia Società San Paolo. Collaboratore fedelissimo del Fondatore. Molto si prodigò per tutte le congregazioni paoline.

5 Cf Mt 7,4-5.