Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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1. DEVOZIONE A GESÙ MAESTRO1



Dice l’ Imitazione di Cristo : «Tantum proficies, quantum tibi ipsi vim intuleris: Tu profitterai, progredirai tanto quanto ti farai di violenza»2. Questo significa che per la santificazione è necessaria una decisione forte, e poi occorre uno sforzo continuo. Questo cosa richiede? Che otteniamo dal Signore la grazia della fortezza, la virtù della fortezza. A questo è anche indirizzato l’anno consacrato al divin Maestro3.
Che cosa significa: anno consacrato al divin Maestro? Significa un anno in cui noi cercheremo di conoscere meglio Gesù; cercheremo di pregare e amare Gesù Maestro; cercheremo di imitare più da vicino il Maestro divino; cercheremo ancora di diffondere l’amore e la conoscenza del Maestro divino. Ognuno deve sentire che vive in Cristo: deve sforzarsi a pensare come Gesù, amare ciò che ama Gesù e vivere come è vissuto Gesù Maestro, e zelare la salute delle anime come l’ha zelata Gesù.
1. Conoscere Gesù Maestro. Il Signore è da amarsi con tutta la mente. L’intelligenza è come una luce che il Figliuolo di Dio ha acceso in noi: «Illuminat omnem hominem venientem in hunc mundum»4. È il lume della ragione, il lume dell’intelligenza. Il Figliuolo di Dio per mezzo del Battesimo ci ha infuso il dono della fede. La fede ci porta a credere quello che noi non vediamo, ma che è certissimo perché rivelato dal Figlio di Dio stesso e proposto a credere per mezzo della Chiesa. Ecco, il più
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grande dono fattoci da Dio è proprio l’intelligenza: «Inspiravit in faciem eius spiraculum vitae»5.

Se è il più grande dono, noi dobbiamo impiegare le nostre forze dell’intelligenza anzitutto in ossequio a lui. E in che maniera? Per conoscere il nostro Dio, piegando la nostra testa a credere quelle verità che il Figliuolo di Dio ci ha rivelato. «L’ossequio della mente: rationabile obsequium»6. Allora quest’anno meditare meglio ciò che Gesù ci ha insegnato: il Maestro è uno, non tanti. Chi è? Il Figliuolo di Dio incarnato. Gesù Cristo è vero Maestro perché egli stesso è la verità, gli altri potranno darci qualcosa di lui, ma lui è la verità.
Gesù Cristo è il Maestro che ci ha dato una scienza che non può essere data da nessuna università e neppure da tutte le università insieme, perché egli ci ha dato la scienza della vita eterna e i mezzi per arrivarci. Conoscere Gesù: questa sapienza è necessaria a tutti. Non si può dire che guadagni più merito chi studia di colui che cerca di conoscere Gesù senza studi speciali, ma bisogna pensare che la scienza divina, essendo necessaria, viene comunicata a tutti. Questa scienza divina è necessaria perché chi ascolta Gesù Cristo si salva e chi non lo ascolta si perde, si danna: «Qui crediderit salvus erit, qui non crediderit damnabitur»7.
Gesù poi, mentre insegna con la sua parola, illumina il nostro interno, infonde la grazia della fede e ci dà insieme l’aiuto necessario per credere e per fare ciò che egli insegna.
Non possiamo dire che sono nostri maestri in primo luogo quelli che sentiamo oggi: il Maestro è uno, Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato, venuto ad ammaestrare gli uomini. Il Signore infatti aveva parlato nel tempo antico: «Novissime vero locutus est nobis in Filio: Ultimamente ha parlato per mezzo di Gesù Cristo»8, e ci parla oggi per mezzo della Chiesa.
Che cosa fare allora come ossequio al Maestro divino? Istruirci nelle cose di religione, quindi il catechismo. Impegno
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a ritenerlo e impararlo. Il catechismo è la dottrina di Gesù presentata dalla Chiesa, in forma di dialogo, di domande e risposte, perché sia più facile a ritenersi. In tutte le case ogni domenica e poi lungo la settimana se ne potrà fare quello studio che è determinato dall’orario. Quest’anno leggere specialmente la vita di Gesù Cristo. Si può leggere a tavola, alla Visita, alla lettura spirituale e in altre maniere. Non leggerla solo per curiosità, ma per imparare come Gesù Cristo è vissuto e che cosa ha insegnato.

Domandare l’infusione della fede. Aumento di fede in tutte le parole di Gesù; aumento di fede anche in quelle verità che non sono nel Credo , ma che sono nel Vangelo: «Beati i poveri, beati i miti…; se uno ti percuote da una parte, tu porgigli l’altra guancia…; prima togli la trave dall’occhio tuo, poi potrai dire alla sorella: Permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio»9.
Il Signore Gesù ci ha dato un’infinità di ammaestramenti nel Vangelo, particolarmente sulla carità, sull’umiltà e sull’ubbidienza. Credere a questi insegnamenti! Se si ha da credere al mistero della Trinità e dell’Eucaristia, facilmente noi ci pieghiamo, invece a certe espressioni del Vangelo che ci toccano più da vicino e richiedono un po’ di sforzo a praticarle, crediamo più difficilmente. Per esempio: «Chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»10, è dura questa sentenza, eppure dobbiamo crederla allo stesso modo dell’altra frase di Gesù: «Il pane che vi darò è la mia carne. Il mio corpo è veramente cibo, il mio sangue veramente bevanda»11.
Dunque, chiedere aumento di fede, e non solo per noi, ma per tutti gli altri, per tutte le anime. Ecco, perciò l’apostolato liturgico, l’apostolato del cinema, della stampa, tutti gli apostolati servono a far conoscere Gesù: questo è grande ossequio! Le giornate del Vangelo, che bell’ossequio sono a Gesù Maestro! La diffusione dei catechismi, che bell’ossequio al Maestro divino! Così per tutto ciò che riguarda la formazione cristiana e spirituale dell’uomo, e i vari doveri di stato.
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Ecco, in primo luogo la fede. Gesù ha detto: «Io sono la verità»12. Vedete quale lavoro compiono i protestanti, i quali vengono a presentare al popolo una Bibbia interpretata male, cioè non secondo il pensiero della Chiesa. Vedete quanto lavoro! Per grazia di Dio noi abbiamo cominciato la diffusione del Vangelo molto presto, molto prima che incominciasse la Pia Società San Paolo. Ricordo che la prima volta che abbiamo diffuso la Bibbia fu nel 190213 quando eravamo appena chierici.
2. Dare il cuore al Maestro divino. «Amerai il Signore con tutto il cuore»14. Che cosa significa? Due cose: lo spirito di preghiera e l’amore al Signore.
Lo spirito di preghiera. Certamente le pratiche di pietà si fanno da tutte e si fanno, per quanto si può, bene, ma volevo dire: entrare nell’intimità di Gesù, così da sentire come sente Gesù. Gesù è pieno di amore per i poveri, per gli innocenti, per i bambini, per i peccatori... Gesù è pieno di amore per gli ignoranti, per gli infedeli, per tutte le anime... Avere i suoi sentimenti, le sue stesse aspirazioni: che il Padre sia conosciuto, «che sia santificato il suo nome, che venga il suo regno, che sia fatta la sua volontà come in cielo così in terra»15. Avere gli stessi sentimenti di Gesù: la gloria, il rispetto, l’amore verso il Padre celeste. Poco per volta, sostituire al nostro cuore il cuore di Gesù, cioè sostituire ai nostri sentimenti quelli di Gesù nel tabernacolo. Un cuore umile, non superbo; un cuore generoso, non freddo e indifferente; un cuore mite, non duro; un cuore pio, non distratto; un cuore non invidioso e geloso, ma un cuore che ama tanto, che ama tutto.
Vuotare il nostro cuore dell’amor proprio per sostituirvi l’amore di Dio. Non basta prendere l’abito e non basta fare i voti, occorre avere il cuore di Gesù, i sentimenti di Gesù, il quale ha amato la povertà e l’ha cercata per sé e l’ha consigliata ai suoi seguaci; il cuore di Gesù vittima, cuore purissimo,
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quindi affetti soprannaturali. Temere gli affetti naturali non governati dalla ragione, dallo spirito... Poi svuotare il cuore da quello che è l’attaccamento alla nostra volontà, attaccamento che non lascia comprendere quello che viene detto o non lo fa amare. Un cuore buono! Entrare nell’intimità con Gesù.

Quando si è nelle case filiali, pensare: In questa casa c’è un tabernacolo, e nel tabernacolo c’è Gesù che porta nel suo petto il cuore. Io voglio avere il suo cuore. E pregare Gesù che sostituisca al nostro cuore, ai nostri sentimenti, ai nostri desideri il suo cuore, i suoi sentimenti, i suoi desideri, le sue aspirazioni. Quando si prega, appoggiarci a Gesù, sapere che Gesù è con noi e prega con noi. Appoggiarci a Gesù, sia quando chiediamo perdono dei peccati, sia quando domandiamo le grazie al Padre celeste. Sempre appoggiarci a Gesù: Per Christum Dominum nostrum .
Quest’anno quindi, una vita più intima con Gesù: Comunioni più belle. Arrivare a quella carità fra sorelle che rende la vita dolce. La bontà, sì, la bontà! Siamo arrivate ad essere buone come Gesù? Vi sono a volte delle incomprensioni, ma se vi fosse veramente amore a Gesù non ci sarebbero. Vi sono a volte diffidenze e sentimenti di avversione, ma se vi fosse vero amore a Gesù si supererebbero. Leggere nelle Costituzioni i due capitoli che ci parlano dell’esercizio pratico della carità fra sorelle, e dell’umiltà16.
Il tempo di Quaresima ci deve spronare alla mortificazione. Fino a che punto ci ha amato Gesù? Fino a dare la sua vita per noi. E noi fino a che punto amiamo le sorelle? Sappiamo fare qualche sacrificio, passare sopra a qualche piccolo disgusto, ecc.? Meditiamo l’insegnamento di Gesù: «Vi riconosceranno gli uomini che siete miei discepoli se vi vorrete bene a vicenda»17. In questo si conosce la vera Figlia di San Paolo: se ha la carità di S. Paolo, se ha la carità del Cuore di Gesù.
3. Santificare meglio la nostra vita, cioè imitare di più il Maestro. E in che cosa imitarlo? Ognuna fa il suo esame, e sta bene. Ma parlando in generale, abbiamo da imitare Gesù in
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quattro punti particolari: nello spirito di povertà; nella delicatezza di coscienza; nell’obbedienza; nella vita comune.

a) Quale fu lo spirito di povertà di Gesù? Contemplarlo nel momento in cui egli è apparso tra gli uomini, là nel presepio. Quale povertà! Contemplarlo nella casa di Nazaret, casa molto povera e lavoro duro; nella vita pubblica dove viveva di carità e la praticava; contemplarlo sulla croce, e fin dopo morte, quando riceve in carità un sepolcro per essere sepolto. Amare la povertà. Povertà che si deve riscontrare all’esterno: nella casa, nell’abito, nel vitto, ma soprattutto distacco dalle cose della terra, le quali sono solo mezzi per farci i meriti e per l’apostolato, ma non per legare il nostro cuore.
b) Poi essere delicate di coscienza. Imitare Gesù nella purezza: [mortificare] gli occhi, l’udito, la lingua, il tatto, la fantasia. Imitare Gesù, imitare Maria. Avete grazie speciali per questo, perché siete elette, chiamate alla verginità, avete le grazie di stato, dello stato religioso.
c) Inoltre, imitare Gesù nell’ubbidienza. Potremmo sempre trovare persone che possono comandare meglio, ma ciò che è il meglio per noi è ascoltare, obbedire come Gesù, il quale fu soggetto a Maria e a S. Giuseppe che erano infinitamente inferiori a lui per dignità e santità.
d) Infine imitare Gesù nella vita comune. Gesù non visse isolato, ma visse dapprima in una famiglia, e durante il suo ministero pubblico visse con gli apostoli e fece vita comune con loro. La vita comune importa molti sacrifici. Ma non cerchiamo le grandi monete, che si trovano raramente, ma le piccole monete, i centesimi, che messi assieme fanno i milioni. Le gocce di pioggia, le gocce d’acqua, sembrano cose da poco, e ogni goccia, presa a sé, è veramente poca cosa, ma sono le gocce che fanno i fiumi, che fanno il mare e gli oceani. Tener da conto tutti i piccoli momenti, tutte le piccole occasioni per aumentare i nostri meriti in ordine alla vita eterna.

Allora, santificare bene l’anno consacrato al divin Maestro. La meditazione sia di preferenza sul Vangelo quotidiano, esso ne assegna ogni giorno un tratto, ma se ne possono anche leggere due tratti al giorno per avere materia da meditare. Poi confessarsi e comunicarsi meglio e far bene le Visite a Gesù
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sacramentato. Abbiamo questa grande grazia e se santifiche-remo l’anno ad onore del Maestro divino, ci troveremo alla fine cresciuti nella fede, nella conoscenza di Gesù, in virtù, in grazia, in meriti. Vivrete più facilmente la vita paolina, e siccome a Gesù piace tanto il titolo di Maestro che ha detto egli stesso: «Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene perché lo sono»18, siccome egli ha voluto darsi questo titolo, certamente noi, onorandolo come Maestro, otterremo un aumento di grazia e di santità.

Facciamo dunque buoni propositi e andando nelle case portiamo questa risoluzione: anno veramente consacrato a conoscere, amare, imitare e zelare il divin Maestro.
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1 Meditazione, in dattiloscritto, carta pesante (manifesti della Sampaolofilm), fogli 6 (17,5x26,8), tenuta a [Roma], il 25.2.1955. Si tratta con probabilità di una trascrizione di cui non è conservato il nastro. È la sola meditazione pervenuta di un corso di Esercizi.

2 Cf L’imitazione di Cristo , I, XXV, 4.

3 Accogliendo il suggerimento della Famiglia Paolina, il Primo Maestro invita a celebrare un anno dedicato al Divin Maestro dall’Epifania 1955 all’Epifania 1956. Cf RA 2 (1955) 1-3.

4 Cf Gv 1,9: «[Era la vera luce che] illumina ogni uomo che viene in questo mondo» (Volgata).

5 Cf Gen 2,7: «Soffiò nelle sue narici un alito di vita».

6 Cf Rm 12,1.

7 Cf Mc 16,16: «Chi crederà [e sarà battezzato] sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato».

8 Cf Eb 1,2.

9 Cf Mt 5,3-5.39; 7,4-5.

10 Cf Mt 16,24.

11 Cf Gv 6,51.55.

12 Cf Gv 14,6.

13 Il desiderio di diffondere il Vangelo era molto vivo in Don Alberione fin da quando era chierico. Cf AD n. 145; Rolfo L., Don Alberione – Appunti per una biografia, Edizioni Paoline, Alba 1974, pp. 55-57.

14 Cf Mt 22,37.

15 Cf Mt 6,9-10.

16 Cf Costituzioni della Pia Società Figlie di San Paolo, ed. 1953, artt. 163-175.

17 Cf Gv 13,35.

18 Cf Gv 13,13.