Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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32. ESAME DI COSCIENZA1



Il pensiero dell’anno concluso [con gli Esercizi] ci porta due sentimenti: 1) il sentimento della riconoscenza amorosa a Dio per le innumerevoli grazie, grazie di luce alla mente che portano la santificazione della mente, grazie di ispirazione al cuore che portano l’aumento dell’amor di Dio e del prossimo, grazie di fortezza alla volontà onde con amore, ma anche con fortezza, compiamo il nostro ufficio, i nostri doveri sulla terra. 2) La vita passa e beato chi raccoglie ogni giorno dei meriti: solo questo resta. Venuta la morte, il sepolcro: «Mihi superest sepulcrum: Mi rimane solo il sepolcro»2 quanto alla terra, ma all’anima che ha amato il Signore rimane il paradiso, rimane il tutto che è Dio. Liberata dai vincoli della carne l’anima si lancia verso Dio, oggetto del suo amore, e l’anima si lancia verso Dio con tanta forza e si libra tanto in alto quanto sulla terra è stata fervorosa. Temere la tiepidezza, temere la freddezza, la grande nemica dei religiosi. Quando il cuore è tutto di Dio e l’anima, la mente e la volontà sono tutti di Dio, ecco invece il fervore dello spirito, il fervore dell’essere.
Chiamate a tanta santità, pensate sempre che avete la grazia sufficiente, e ne sono una nuova prova le nuove grazie che avete ricevuto in questi giorni. Purtroppo non sappiamo sempre apprezzarle e neppure sappiamo ritenere come grazie tutte quelle che il Signore ci dà.
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Se riceviamo qualche pena, la prendiamo come disgrazia: ecco la nostra cecità! mentre è misericordia di Dio, perché arriviamo ad una maggiore santità e scontiamo anche le pene del purgatorio.
Ma il pensiero ora rivolgerlo all’avvenire: l’anno nuovo noi dobbiamo organizzarlo, dobbiamo fare un programma secondo le esperienze dell’anno scorso. Perciò stamattina riflettiamo sull’esame di coscienza. Ieri [abbiamo riflettuto] specialmente sopra il progresso per il futuro, ora sopra l’esame di coscienza del passato.
Anzitutto due domande: 1) C’è stata buona volontà? 2) C’è stata una buona pietà? La buona volontà da una parte e la buona pietà dall’altra costituiscono le due rotaie su cui corre il treno, il treno della nostra vita. E si fa tanto più progresso quanto più c’è di buona volontà nostra e insieme di buona pietà. Quando la volontà è fiacca, quando la pietà non è fervorosa, non si fa progresso.
1. Allora dobbiamo pensare: c’è stata una volontà buona o una volontà mediocre? C’è forse stata una volontà che non era volontà, ma si limitava a dei semplici vorrei? C’è forse stata volontà cattiva, si è voluto cioè continuare nei medesimi difetti e le confessioni sono [state] fatte a fior di labbra, non con pentimento sincero e con propositi fermi?
2. È stata buona la pietà? La pietà è buona quando si sente il bisogno di Dio, della sua grazia, quando noi sospiriamo l’aiuto di Dio: per il passato, perché venga coperto, e per il futuro, per oggi. Sentiamo il bisogno della preghiera, di chiedere al Signore questo aiuto: «Deus, in adiutorium meum intende; Domine, ad adiuvandum me festina», che vuol dire: «Signore, guarda la mia necessità, presto, vieni in mio aiuto»3? Questa è una
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giaculatoria che i santi Padri usavano molto nei momenti di tentazione.
La buona pietà ci porta a ricordarci spesso di Dio nella giornata. Dimenticare il Signore per ore ed ore significa che noi non sentiamo fame di Dio, sete di Dio, sete della sua grazia, non sentiamo di avere bisogno del suo aiuto. Allora è tiepidezza. Fissarsi nella giornata almeno alcune volte in cui raccogliersi con Gesù, ricordare la meditazione del mattino, ripetere spiritualmente la comunione. La buona pietà ci porta alla puntualità nelle pratiche di pietà: le pratiche che sono segnate per la giornata, per la settimana, per il mese, per l’anno. Inoltre la pietà ci porta al desiderio della perfezione, dell’unione con Dio, [ci porta] a elevarci e arrivare alla santità, a contemplare quel Dio che sta in cielo; ci porta a considerare il Signore come l’unico e sommo bene, quell’unico amore che abbiamo scelto nella professione. Oh, accendiamoci di desideri santi, di paradiso! «Cupio dissolvi et esse cum Christo»4. Ecco, l’amore di S. Paolo: desiderio del cielo e di essere unito per sempre a Gesù Cristo nel cielo.
La pietà vera è una tenerezza, anche quando c’è aridità è ugualmente tenerezza in quanto l’anima sta ugualmente con Dio, sebbene le sembri che il Signore non la guardi: l’anima guarda Dio, al tabernacolo. Ecco, lì sta la vera pietà, quella pietà che mentre è un continuo crescere di amore, di fede e di fedeltà verso Dio, è [anche] un continuo purgarsi dei difetti.
Spose di Gesù Cristo, avete ancora delle macchie sulla vostra veste nuziale? Toglierle, ripulire in questi giorni la vostra bella veste, che piaccia a Gesù. Andate alla Comunione con fervore, con fede. Tutti si è diligenti a ripulirsi dalle macchie che possono cadere sopra l’abito,
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specialmente quando si è in propaganda o si viaggia, ma [bisogna] ripulire anche la veste candida, la veste nuziale dell’anima.
Lo sentite l’amore per Gesù? La gioia di essere sue? La pietà vera è lì. Non è un semplice moltiplicarsi di preghiere. Vi sono anime che magari sono sempre fedeli alle pratiche, ma non hanno la vera pietà. C’è stato desiderio di essere puliti e di esser graditi allo sposo celeste? A volte Gesù nella meditazione, oppure nella Visita al santissimo Sacramento esercita un’attrattiva speciale sull’anima e l’anima si sente presa da Gesù, sente di dover essere sua, si sente unita, e parla e ascolta Gesù. Allora assecondare questo spirito interiore che è infuso dallo Spirito Santo, non temere di essere, forse, fuori dalle regole date. La sicurezza che la pietà è vera è questa: quando porta sempre ai doveri quotidiani. Questa unione con Gesù, questo sentimento della presenza di Dio in noi, quando ci lascia lo slancio verso i doveri quotidiani, l’apostolato, la vita di comunità, l’osservanza dei voti, delle Costituzioni, quando ci porta a questo, è sempre pietà buona. L’altra è illusione. Un’anima illuminata è un’anima che cammina bene.
Venendo agli altri punti dell’esame di coscienza, in primo luogo rileggere quanto avete scritto nei propositi l’anno scorso, ripensare a quanto avete proposto e vedere se fu osservato quel proposito che comprendeva: mente, cuore e volontà, cioè se abbiamo amato il Signore con la mente, con il cuore, con la volontà, con tutto il nostro essere.
Esame sui propositi e sugli avvisi ricevuti in
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confessione, perché il confessore ha notato una necessità nell’anima, conoscendola da molto tempo, oppure anche da poco, essendosi l’anima aperta totalmente. Vi sono certi avvisi che non bisogna mai dimenticare, sono detti in due parole, ma comprendono un largo senso. Poi gli avvisi esterni, specialmente quando negli Esercizi sentite la Maestra o chi avete l’occasione di sentire. Alle volte manca proprio qualche [piccola] cosa per lanciarsi verso Dio. Vi è forse un filo che tiene legato l’uccellino nelle sue ali e gli impedisce di lanciarsi, è un niente alle volte, ma è un niente, è un filo che bisogna rompere. Una volta riportata vittoria su un punto, si risparmiano infiniti guai, e si rompe con quel difetto che forse era il principale e ci inclinava verso il basso. Allora l’anima si potrà lanciare verso il Signore. Poi l’esame sopra i doveri naturali, i doveri cristiani, i doveri religiosi paolini. I doveri naturali. L’amore alla verità: mai la bugia, l’inganno, l’ipocrisia; l’amore alla verità: mai pensieri stolti o giudizi contro la carità, pensieri inutili, frivoli, sciocchi, di cose che non ci appartengono, non ci giovano. Santificare la mente è la prima necessità. La mente sovente è legata un po’ alla fantasia, e tra la fantasia e il pensiero si va a cose inutili se non nocive; si sta alle volte dei mesi sotto il dominio di certe fantasie, di certe azioni. Santificare la mente è il primo dei doveri cristiani, dei doveri religiosi. [Coltivare] fede viva, il pensiero dei novissimi. Imparare nello studio, nell’apostolato, santificare la mente. Poi doveri di onestà. L’amore verso Dio; il sesto comandamento, cioè la castità, la delicatezza, e anche un uomo che non abbia il Battesimo deve osservarlo. Vi sono degli errori, e certo che se uno manca alla
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castità dopo [aver fatto] i voti fa doppio peccato; ma vi manca e fa peccato ugualmente anche chi non è cristiano.

Su questi doveri naturali insistere, perché avviene che vi sono anime che vorrebbero lanciarsi in finezze di amore e studiano mezzi e cercano libri e vanno con il lanternino a scrutare per trovare un confessore adatto per loro, e poi trasgrediscono il primo comandamento che impegna alla carità, e il sesto che obbliga anche chi è ebreo e chi non ha ricevuto il Battesimo. [Vi sono poi] il settimo comandamento, l’ottavo, il quarto, tutti di legge naturale, più gravi dei doveri cristiani, dei doveri religiosi. Prima di tutto esaminarsi sui comandamenti, e su di essi dobbiamo prima esaminare i nostri pensieri.
Non mancare contro la giustizia. A volte si fanno dei ragionamenti che sono davvero contro la giustizia e tutto per fine di bene, per delicatezza di coscienza! Ci sono dei ragionamenti così bislacchi! Cercare di avere una mente purissima che ragioni bene: quello che è bene è bene, quello che è giusto è giusto, quello che non è né bene né giusto, non lo è. [Quindi] non facciamoci illusioni di coprirli con dei pretesti e con delle ragioni che crediamo spirituali. Non ci sono né doveri verso la famiglia né doveri verso la Congregazione che ci obblighino ad essere ingiusti: mai, mai. Rispettare la fama degli altri, la stima, conservare i segreti: sono tutti doveri di legge naturale. E rispettare anche le persone distanti. Le suore si rispettino fra di loro. In sostanza, parlando dei doveri naturali bisogna richiamarci ai comandamenti, che cosa comportano e che cosa
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proibiscono. I comandamenti sono tutti di legge naturale meno la parte positiva. Vediamo di non lasciarci illudere, cioè andare a cercare finezze e mancare a ciò che è più grave.
I doveri cristiani sono tre. 1. Credere a Gesù Cristo, al suo Vangelo. 2. Amare Gesù Cristo, vivere Gesù Cristo in noi. 3. Imitare Gesù Cristo. Credere con fede viva, amare di amore puro Gesù, seguire, cioè imitare Gesù Cristo nella sua umiltà e nella sua carità.
Poi vengono i doveri religiosi. Su questo è più facile che si faccia bene l’esame di coscienza. I doveri religiosi sono: vita comune, povertà, castità, obbedienza, apostolato.
Così avete uno schema su cui fermarvi nell’esame di coscienza. Stiamo bene attenti poiché il diavolo ci può portare ad esaminarci su certi punti e non lasciarci fermare a scoprire il demonietto che ci sta dentro, che è proprio quello che ci rovina, quello che magari ci trascina al male ed è il difetto principale che ci fa chiudere gli occhi. Preghiamo molto per avere la luce di Dio: se questo dispiace a Gesù io non lo farò e se c’è da togliere questa cattiva pianta la strapperò. Così bisogna amare Gesù. Non lasciare che qualche cosa si abbarbichi come un tumore, ma strapparlo definitivamente.
Il Signore vi benedica tanto in questo esame di coscienza. Non andare negli scrupoli, guardare le cose come sono, non accusarsi di peccati dove non ci sono, ma quel che è, è: la verità.
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1 Meditazione tenuta a Roma, il 10 settembre 1955, durante un corso di Esercizi spirituali di cui non si ha altra notizia.

2 Cf Gb 17,1.

3 Cf Sal 70,2.

4 Cf Fil 1,23: «Desidero di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo».