Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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23. SANTIFICARE LE NOSTRE CASE1



Le nostre case sono sacre, sono di Dio, perché le case noi possiamo fabbricarle, ma una volta fabbricate sono della Chiesa, non nostre. Sono cioè date alla Chiesa e dopo non si può, ad esempio, venderle senza il permesso della Chiesa. Si possono migliorare. Veramente sono le case di Dio, «Domus mea»2, case di Dio dove abita in realtà il Signore. Qui nella vostra cappella vi è Gesù: «Iesus adest et vocat te: Vi è Gesù e ti chiama»3. Vi ha chiamate stamattina e siete venute, vi chiamerà per la Visita, e verrete: case di Dio! Le nostre case poi sono case di apostolato. Se fate partire da qui le vostre stampe: Famiglia Cristiana e tutti i libri che voi stampate o diffondete, ecco sono case di apostolato, perché la redazione, la parte tecnica e anche l’indirizzo e la preparazione della diffusione è da qui. Le nostre case quindi sono sacre; edificarle come sacre, in omaggio a Gesù, in omaggio alla santissima Trinità, ma poi riempirle di meriti, di apostolato e riempirle di santa letizia, di belle vocazioni.
Le case nostre sono anche «porta del cielo: hic domus Dei est et porta coeli»4. Perché porta del cielo? Il perché è chiaro. Noi diventiamo cristiani in chiesa: noi in chiesa ci confessiamo, riceviamo la grazia, nella chiesa delle nostre case si celebra la Messa, si riceve la grazia, si compiono tutte le funzioni sacre, i bei canti, gli inni che si cantano al divino Maestro, alla Regina degli Apostoli, a S. Paolo, dove proprio noi meritiamo e guadagniamo il cielo.
Inoltre, nelle nostre case, nella vostra casa qui, vi vien dato il catechismo, l’istruzione religiosa, tutta la formazione alla vita religiosa paolina nella penetrazione, nella conoscenza, nello
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studio delle Costituzioni, e tutto un complesso di avvertimenti, di avviamenti e di indirizzi. Veramente la casa che il Signore vi ha dato è casa di santificazione, o porta del cielo, e ancor più è casa di pace, di serenità. Un muro vi divide dal mondo. Ecco, quando Gesù pregò, dopo l’ultima cena, disse degli apostoli: «Hi de mundo non sunt. Ecco come parlava al Padre: Questi non appartengono al mondo. Sicut et ego de mundo non sum: anch’io non ho lo spirito del mondo»5; e voi non avete lo spirito del mondo. Quelli che sono mondani, che pensano solo a questo mondo, a questa terra, quelli che pensano alla famiglia propria, ai propri interessi e qualche volta anche a cose illecite stanno di là; di qua c’è la casa di santificazione, la casa di perfezione.

[Essere] chiamate alla vita religiosa vuol dire [essere] chiamate alla santificazione, alla perfezione, quindi case speciali [dove] tutto è diverso per il loro fine, per il loro spirito. Certo, [queste] sono [fatte] anche di muri come le altre case . Quando noi parliamo o predichiamo [usando] la Parola di Dio, e diciamo delle parole e spendiamo anche del fiato, la finalità e la sostanza di ciò che diciamo è cosa divina; non così quando facciamo discorsi politici, oppure facciamo dei discorsi vani o semplicemente parliamo di cose naturali. Così [la nostra, sia] veramente casa di Dio, casa di santificazione, casa di orazione. Volevo perciò dire: questa è una grazia; come si corrisponde a questa grazia? Usando santamente la casa. I muri sono puliti, possono venire sporcati, sporcati come? Ciò che sporca il muro [delle nostre case] è principalmente il peccato. Se si fanno mormorazioni, oppure se uno si nasconde per fare qualche gherminella, allora si sporcano i muri, ma la macchia non si vede sul muro. Iddio però la vede e la vedono gli angeli: «Et angeli tui sancti habitent in ea, qui nos in pace custodiant»6. Mi hanno detto che siete circa centodieci. Dunque ci sono circa centodieci angeli custodi. Non disgustare l’angelo custode: «In omni loco angelo tuo reverentiam habe: In ogni luogo,
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abbi riverenza per il tuo angelo»7. Non sporcare il muro. «Non fare, dice S. Bernardo, alla presenza dell’angelo ciò che non faresti alla mia presenza». Soltanto non sporcare i muri con il peccato, non fare mancanze in questa casa? Certo, questo è il primo punto, che mai il diavolo qui ci entri, eh! La portinaia custodisca bene, perché il diavolo non entri mai qui! «Angeli tui sancti habitent in ea»8. Occorre invece usare bene di tutta la casa, anzitutto della cappella: ascoltar bene la Messa, far bene le Comunioni, far bene le Confessioni, bene la Visita al santissimo Sacramento, il rosario, ecc. Questo è il luogo dove noi parliamo con Dio, è il luogo dove si attingono le grazie.

Dal Tabernacolo Gesù dice: «Di qui io voglio illuminare». Nelle nostre cappelle è utile che ci siano queste tre sentenze: «Di qui, dice Gesù, io voglio illuminare. Non temete, io sono con voi. Abbiate sempre il dolore dei peccati»9, cioè l’umiltà. Quando c’è l’umiltà le grazie vengono, dal Tabernacolo esce una sorgente di acqua viva che discende nelle nostre anime. E allora le vocazioni fioriscono: «Florete flores: fiorite!»10. E l’apostolato prende sempre più il suo aspetto soprannaturale e si moltiplica, e diventa sempre più adatto per fare il bene alle anime. Di qui ogni grazia: «In me gratia omnis »11. Quindi in primo luogo usar bene la chiesa. Naturalmente è facile che voi ascoltiate volentieri le istruzioni, le prediche che vengono fatte, anche le letture, ma specialmente abbiate grande stima, grande riverenza, adorazione al Vangelo. L’adorazione al Vangelo precedette l’adorazione alla croce, perché questa venne diffusa dal Trecento in poi. Invece sembra che l’adorazione del Vangelo avvenga subito, appena S. Matteo ebbe scritto il proprio Vangelo, scritto specialmente per gli ebrei. Quindi in chiesa esporremo il Vangelo che per noi è anche modello dei libri; è il libro da cui dobbiamo prendere la sostanza di ciò che insegniamo con le nostre edizioni.
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Santificare anche i locali di studio: studiare e prestare molta attenzione all’insegnamento che vi vien dato. Qualcuna dice: La mia mente è già un po’ arrugginita, è da molto che non l’adopero più. Veramente la mente non dovrebbe mai arrugginirsi, perché si deve sempre cercare di imparare o dal libro o da altre cose. Adesso potete studiare anche meglio. Il bambino alle volte non studia perché non ne capisce l’importanza, ma voi, alla vostra età, capite bene l’importanza dello studio, perché non si può essere maestri, cioè non si può portare al mondo la verità, se non si conosce. Il nostro apostolato esige di saper molto e, più saprete, più bene farete. Chi non sa, che cosa farà? Non sa. Ma chi sa, sa far tante cose in sostanza, in ogni occasione della vita saprà fare qualcosa di bene, qualche merito, e saprà prendere e corrispondere alle varie grazie, e dalle varie occasioni ricavare tesori di cielo.
Poi, santificare anche il riposo. Cominciare bene la giornata è gran cosa. Sono stato in una casa dove mi hanno dettoche la levata si fa molto presto e in fretta. È bene cominciare la giornata con la sveltezza, perché si ricevono le prime grazie del mattino. Chi invece ritarda, disperde o lascia cadere le prime grazie. Subito si ringrazia il Signore per la buona notte: Benedicamus Domino ; subito si saluta la Madonna, subito si offre la giornata, subito si ripete la domanda: Fateci santi12. Quindi comincia una specie di gara santa per arrivare presto in chiesa, e avere qualche minuto in più per pregare. Alla sera poi va chiusa bene la giornata, come se nella notte dovessimo passare all’eternità. Perciò chiedere il perdono delle negligenze fatte nella giornata, fare un atto intenso, perfetto di amore a Gesù, mettersi sotto il manto di Maria e addormentarsi vegliate dall’angelo custode. Santificare anche la notte, cioè offrire al Signore lo stesso riposo. E come diciamo: Date, Signore, la vostra santa benedizione al cibo…, e offriamo anche il cibo che prendiamo al Signore, perché è di volontà di Dio che lo prendiamo, [così anche il riposo].
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Santificare tutti i corridoi, mai parole che non piacciono al Signore. E se il Signore vi sente? E vi sente, no? E ci vede il Signore dappertutto. Santificare anche i luoghi dove uno si trova solo, i momenti in cui non vi sono persone che ci vedono: Diomi vede. È questa la sentenza che i santi scrivono volentieri nei vari locali, nei corridoi e anche nelle camerate di riposo, ecc. Dio mi vede: [stare] sempre alla presenza di Dio e santificare il riposo.
Santificare l’apostolato, che non è in questa casa, ma nell’altra, però è una casa sola, sebbene divisa in parti. Imparare presto l’apostolato e meglio che si può. Vedete che le edizioni, la stampa, ecc., oggi progrediscono tanto, tanto, sia per il contenuto, sia nella forma esterna. Oggi vi sono mezzi sempre più celeri, più perfetti per la stampa e in generale per l’apostolato. Anche l’organizzazione dell’apostolato, della diffusione, ora si può avvalere dei mezzi moderni che sono a disposizione. Ebbene, imparare presto e poi progredire. Vedete, quando si arriva ad avere le macchine, l’offset, la rotocalco, allora ci vuole la fotografia, la pittura, allora ci vuole il ritocco: quanto lavorano bene parecchie vostre sorelle che sono in Roma! Bisogna poi dire che la redazione, lo scrivere, precede la tecnica e la stampa. Anche quando voi siete a studio, in realtà siete unite con l’apostolato, perché chi si prepara a scrivere, chi si prepara a capire, si prepara a fare l’apostolato con maggior capacità e con maggior intelligenza. Santificare la casa quindi, intieramente, affinché voi, custodite dagli angioli, facciate con loro due cori: un coro in cielo con gli angeli e un coro sulla terra per cantare le lodi di Dio e fare la sua volontà: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra13. E l’inno dice: «Illi canentes iungimur, almae domus aemuli»14: noi ci uniamo agli angeli e vogliamo fare la volontà di Dio in questa casa perfettamente come la fanno gli angioli in cielo.
La casa è in uso e chi la usa bene si santifica. Questa casa dopo la lasceremo, ma chi la santifica, mentre opera qui, fabbrica
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per sé una casa in paradiso: «Dispone domui tuae, quia morieris tu et non vives»15. Disponiti, preparati la casa in paradiso, perché morirai, infatti non starai sempre qui. Verranno altri al nostro posto, verranno altri, e la casa noi la lasceremo. Vi era un santo il quale aveva un fratello. Questo santo era religioso, frate, e il fratello invece era uomo di mondo, gli piaceva tanto divertirsi, era veramente ricco, aveva possibilità, e un bel giorno si costruì una bella villa, una bella casa. Quando la bella villa fu finita, andò a chiamare, invitò a venirla a vedere anche suo fratello frate, religioso. Lui l’accompagnava, gli faceva vedere la sala, le stanze da letto, gli faceva vedere i luoghi di ricreazione, ecc. E il fratello frate andava avanti e guardava e diceva: Che bello, che bello! Ma lo diceva superficialmente, tanto per accontentare chi l’aveva invitato. Quando finalmente la visita fu finita, una visita molto minuta, e il religioso stava per uscire, il fratello gli fece questa domanda: Dunque, dimmi proprio sinceramente: Ti piace, è bella questa casa?. E il buon frate: È bella, ma ha un gran difetto, sai, ha un gran difetto. Quale? Io lo rimedio subito. Oh, non ci sono rimedi. Ma qual è dunque questo difetto?. Vi hai fatto la porta. Ma è un difetto fare la porta? È una necessità la porta. Guarda, hai fatto la porta, un giorno da qui quattro becchini ti porteranno via, chiuso in una cassa, e andrai a dormire al cimitero16. È così? Voi andrete a dormire in paradiso, il corpo al cimitero. L’anima in paradiso, in una casa che vi avranno costruito gli angeli, se state buone, se santificate ora questa casa. Ma, guardate di farla bella la casa lassù! Guardate di farla bella, perché nella vita di padre Petit17, chiamato il santo della letizia, si dice che gli angeli lo hanno avvertito: Noi facciamo qui la casa a voi secondo la materia che ci mandate, se dalla terra ci mandate dei bei meriti, meriti preziosi, facciamo una casa bella, e se invece ci mandate pochi meriti o magari delle opere cattive, vi
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prepariamo una casa meno bella o non ve la facciamo affatto in paradiso.

Dunque, pensare sempre così: santificare questa casa ogni giorno, anche se in questa casa doveste essere malate, afflitte e soffrire, anche se aveste tentazioni e se nella giornata vi venisse incontro qualche piccolo scontento. Ecco, santificare questa casa, mirando a prepararvene una in cielo: «Domus non manufacta, dice S. Paolo, casa che non è fatta con le mani degli uomini, aeterna preparatur in coelis»18. Abbiate sempre presenti queste parole di S. Paolo: «Una bella casa, non fatta da uomini, ma fatta dagli angeli, una casa eterna, se mandiamo loro della buona materia, cioè dei meriti»19.
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1 Meditazione tenuta durante gli Esercizi spirituali, a San Paolo, Brasile, il[22.11.] 1955. Trascrizione da registrazione su nastro magnetico: A6/an 19a ac 34a.

2 Cf Mt 21,13.

3 Cf Gv 11,28.

4 Cf Gen 28,17.

5 Cf Gv 17,16.

6 «E i tuoi santi angeli abitino in questa casa e ci custodiscano nella pace». Preghiera latina medioevale.

7 Cf Es 23,21.

8 Cf Breviarium Romanum, 2 ottobre, Santi Angeli custodi” , II Nocturno, Lectio V, S. Bernardo, Discorso 12 sul Salmo 90:« Qui habitat», in SBO, IV, 457.

9 Cf AD 152.

10 Cf Sir 39,19.

11 Cf Eccli 24,25: «In me ogni grazia…» (Volgata).

12 La giornata si incominciava e si chiudeva con la recita in comune della coroncina: Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi, invocazione di S. Giuseppe.Benedetto Cottolengo usata nella Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino, e introdotta da Don Alberione nelle sue comunità.

13 Cf Mt 6,10.

14 Cf Breviarium Romanum, Comune della dedicazione di una chiesa, inno delle Lodi.

15 Cf Is 38,1: «Disponi riguardo alle cose della tua casa, perché morirai e non guarirai».

16 Aneddoto riportato da S. Alfonso M. de’ Liguori, in Apparecchio alla morte, cap. II.

17 Petit Adolfo (1822-1914), gesuita belga, apprezzato predicatore di Esercizi spirituali, noto come seminatore di gioia.

18 Cf 2Cor 5,1: «…una dimora eterna, non costruita da mani di uomo».

19 Cf 1Cor 3,12.