Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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31. IL PECCATO1



Avete già compreso quale sia l’argomento della meditazione. Domandiamo a Maria Immacolata, madre nostra, la grazia di odiare il peccato con tutta l’anima e di combatterlo in ogni tempo. Maria Immacolata non solo non commise mai colpa né grave né leggera nella sua vita, ma incominciò la sua esistenza «tutta bella»2. Il Signore, per privilegio singolarissimo, la conservò immacolata, perché doveva essere un giorno il tabernacolo, l’arca santa, doveva un giorno essere come la pisside per contenere il Figlio di Dio incarnato: «E benedetto il frutto del tuo seno»3.
Nella Comunione noi ci nutriamo di questo suo frutto. Sopra l’altare4 della chiesa superiore [del santuario Regina Apostolorum] vi è scritto: «Venite, filii, comedite fructum meum: Venite, o figli, mangiate il mio frutto»5. Il frutto benedetto del tuo seno, o Maria! Mai il peccato, perché nel nostro cuore, nella nostra anima, nel nostro essere noi non solo abbiamo da ricevere Gesù, ma da vivere Gesù e lasciar vivere Gesù in noi.
Il peccato: ecco, il grande male del mondo! Domandavano quale fosse il più grande male del mondo. Chi diceva la guerra, chi diceva la peste, chi diceva la morte e chi diceva la pazzia, ma un giovane, più assennato dei suoi compagni, ebbe il coraggio di dire: Il più gran male è il peccato. Tutti
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gli altri mali si possono convertire in merito, in quanto possiamo accettarli dalla mano di Dio e da una parte scancellare la pena dovuta ai peccati commessi e dall’altra parte guadagnare nuovi meriti per il cielo. Quindi tutto si può convertire in bene: «Omnia cooperantur in bonum»6, ma non il peccato che è puro male. È vero che dopo il peccato si può adoperare l’arte di trarre profitto dalle medesime colpe, ma in sé il peccato è male, soltanto male. E il pericolo più grave sta qui: che sempre il demonio, sempre i sensi, sempre la fantasia, sempre le passioni lo fanno vedere come un bene.
In generale non si commette il male per il male, ma si commette il male sotto l’aspetto o sotto l’apparenza di conseguire un bene, come [sarebbe] mangiare un veleno che è stato raddolcito, infatti, pur sentendo il gusto piacevole, non si evita la morte. Si può gustare un poco di miele e morire. Eva gustò un poco di frutto vietato e la morte entrò nell’anima sua e nel mondo. La tentazione porta con sé un grande inganno e solo le anime illuminate da Dio lo sanno scoprire e sanno fuggire la colpa. Perché il peccato è un così grave male? Perché il peccato chiude il paradiso per il quale siamo creati e apre l’inferno.
La morte ci sospinge verso l’eternità. Avremo una delle due sorti: o salvi o dannati, o sempre felici in cielo o sempre infelici nell’inferno, bruciati in quelle fiamme. Fra non molto sarà decisa la nostra sorte. La causa della perdizione delle anime è il peccato, il peccato che entra nell’anima, il peccato che non siamo sicuri di poter ancora confessare e di cui specialmente non siamo sicuri di averne poi il dolore. Può essere che, certe
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volte, sia relativamente facile fare una confessione in punto di morte, ma il farla con dolore sufficiente, questo è tutt’altra cosa. Chi si è immerso nel peccato, chi ha sempre amato il peccato, è poi così facile che in punto di morte si penta davvero e ottenga il perdono?
Il peccato poi porta il rimorso. Quel giovane, quella persona che ha commesso il peccato, se ha ancora un po’ di fede, alla sera prima di andare a letto, che cosa penserà? Il suo sonno come potrà essere riposante? Dico: Se ha ancora un po’ di fede, perché tra i mali del peccato vi è anche questo: togliere, o diminuire almeno un poco per volta la fede, cioè il timore della morte, il timore del giudizio di Dio, il timore dell’eterna perdizione. Bisogna che ci mettiamo davanti il gran problema, che consideriamo la vita nel suo complesso. La vita sulla terra è come la prefazione del libro, di un libro interminabile, ma da questa prefazione dipende tutto il resto, dipende l’eternità. Il peccato toglie dall’anima la grazia e toglie la pace; il peccato è la rovina delle vocazioni; il peccato toglie le benedizioni di Dio dalla nostra vita. In certi momenti possiamo essere ciechi e credere invece di essere stati astuti, trovarci nel numero degli stolti, e non accorgerci neppure che la benedizione di Dio è mancata sopra i nostri giorni, sopra le nostre iniziative. Si cercano mille spiegazioni, ma non c’è da far altro che discendere giù nel profondo dell’anima: Vi è la grazia di Dio o vi è il diavolo? Infatti lo Spirito Santo viene cacciato dalla nostra anima per causa del peccato il quale introduce il demonio.
Ah, se i mondani conoscessero in quale stato
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si trovano!... Come sono poveri! Come sono disgraziati! A quali pericoli vanno incontro, specialmente se considerassero che vivono, mangiano, dormono sull’orlo dell’inferno, e che una morte improvvisa li può sorprendere. Oh, non si fermerebbero un momento, correrebbero da un confessore e, pentiti, chiederebbero al Signore misericordia, farebbero penitenza e, più di tutto, si convertirebbero allontanando anche le occasioni della colpa. Il peccato. Non c’è da stupire che S. Domenico Savio dicesse: La morte, ma non il peccato7, ma non si trovò nell’occasione di dover scegliere la morte a preferenza del peccato.
S. Maria Goretti8 invece si trovò nell’occasione e scelse la morte piuttosto che il peccato. È santa e intreccia il giglio alla palma rosseggiante di sangue.
Noi abbiamo resistito al peccato così? L’abbiamo temuto così il peccato? Si dice che S. Giovanni Crisostomo, vescovo di Costantinopoli9, sia stato imprigionato perché, nel suo zelo intrepido, aveva osato rinfacciare all’imperatrice il male commesso. L’imperatrice furiosa radunò i suoi consiglieri per sapere quale castigo dare al vescovo. [C’era] chi consigliava l’esilio, chi consigliava la morte. Ma un consigliere più saggio fece osservare che se Giovanni Crisostomo veniva esiliato, avrebbe trovato là altre persone a cui predicare e avrebbe egualmente zelato la salute delle anime, come era suo desiderio più vivo. Se poi l’imperatrice l’avesse fatto morire, egli avrebbe ricevuto la corona del martirio e sarebbe stato onorato da tutto il popolo. E allora, quale castigo? Un castigo solo si potrebbe dare a quest’uomo che teme solo il peccato, il castigo di farglielo commettere. Questo però è impossibile,
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perché egli teme più il peccato che la morte e senza il suo consenso il peccato non ci sarebbe.

Vi è in noi un vero timore del peccato? [Vi sono ] persone che si avvicinano al peccato e si mettono nell’occasione. Perché frequenti quella persona, quel compagno? Non ti accorgi che sotto i bei sorrisi si nasconde il peccato, il serpe, il pericolo? Perché quel libro? Perché quelle fantasie? Perché quegli sguardi? Perché quei sentimenti? Molte volte verrebbe da dire che si scherza con il peccato come si scherza con il fuoco. Ma che cosa potrà succedere? Se maneggi la pece, l’inchiostro, non avrai poi le mani sporche? Si teme davvero il peccato?
Allorché la tentazione ci assale, siamo pronti a ricorrere alla Madre della purezza, alla Vergine delle vergini, a Maria con una giaculatoria, con un’invocazione calda, fiduciosa? E siamo pronti a cambiare pensieri e occupazioni? Si teme il peccato sapendo di essere in un mondo così perverso? Che cosa facciamo noi, che siamo così circondati dal male, dal fango? Vi sono di quelli che vanno a buttarsi nel pericolo, sapendo che in quel luogo si possono vedere, si possono sentire cose che offendono Iddio o che sono per noi pericolo. Come ci regoleremo? Che cosa vuol dire, per certe persone, uscire così facilmente? Che cosa vuol dire quel comportamento che hai avuto nelle vacanze? Vuol dire che del peccato avevi poco o niente timore, se pure non lo andavi cercando.
Bisogna, alle volte, che l’esame di coscienza sia fatto più profondamente sui pensieri, sui voleri, sui ricordi, sulle immaginazioni, sui sentimenti, sui desideri, sulle affezioni. Il serpe talvolta è già nascosto nell’anima, il suo morso già si sta compiendo e la persona ancora non se ne avvede, e pure avvedendosene, anche in
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confuso, non ricorre subito ai mezzi che sono consigliati per mettere in fuga il nemico.
Esame profondo di coscienza ricordando ciò che dice il Papa nella Sacra Virginitas10: il timore del peccato, il pudore sacro. La cosa è di somma importanza, se il Papa verso la fine della sua enciclica vi insiste così a lungo richiamando le parole dei Dottori della Chiesa e le parole della Scrittura. Il Papa è l’oracolo dello Spirito Santo, è il padre che ama i figli e li mette in guardia dai pericoli. Il timore del peccato si manifesta con il pudore per cui la persona sta lontana e arrossisce anche solo trovandosi di fronte a un pericolo. Come s’è comportato S. Luigi?11, S. Stanislao Kostka12 che sveniva al solo sentire la parola peccato? Come si è comportato S. Giovanni Berchmans?13. Come si sono comportati tanti santi, i quali sono giunti a quel grado di santità, perché in primo luogo hanno fuggito la colpa?
Peccato e grazia non possono stare assieme, vizio e santità non stanno assieme. Se uno è preso dal vizio, certo non sta salendo verso il monte della santità. Bisogna quindi venire ad una risoluzione: o vogliamo essere del mondo e del diavolo,
o vogliamo essere di Dio e della nostra Madre santissima. Tra lo spirito del mondo e lo spirito di Dio vi è un abisso. [Vi sono] persone che vogliono essere di Dio e intanto vogliono giocare con il diavolo. Un Dottore [della Chiesa] dice: Non potrà godere Iddio chi gioca con il demonio. [Vi sono] persone però che vogliono essere un po’ di Dio e intanto vogliono giocare con il diavolo, [cioè] nello stesso tempo essere mondane. E allora chi la vincerà? «Chi ama il pericolo perirà in esso»14. Non c’è altro che il «fuget» in certi casi. Vi sono altre tentazioni che si vincono diversamente, ma per certe tentazioni, fa notare il Papa, in quella stessa
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enciclica, non c’è che fuggire15. Temere, scappare, scacciare ogni pensiero ed evitare ogni occasione.
Per evitare il peccato, quanti giovani, quante giovani hanno cercato il convento, si sono consacrati a Dio per mettersi al sicuro! Che cosa vuol dire, ad esempio, che in questi tempi tanti giovani e anche non giovanissimi, chiedono e cercano la Trappa? Vogliono essere trappisti16, perché? Comprendono bene che il peccato è sparso in tutto il mondo e si respira un po’ tutte le volte che si esce.
Noi non ci mettiamo in guardia, mentre essi hanno cercato di assicurarsi la salvezza dell’anima, ma non è necessario sempre ricorrere ad un ordine [religioso] strettissimo. Noi abbiamo una missione, la quale alle volte ci mette in maggior difficoltà. Vi sono pericoli e vi stiamo involontariamente vicino; dobbiamo fare e trattare cose che possono essere per noi pericolose.
Preghiamo la nostra Madre santissima e sotto il suo sguardo facciamo l’esame di coscienza non solo per cercare quel che c’è stato nella vita passata, ma per cercare se c’è in noi il vero orrore alla colpa, il timore della colpa, l’odio al pericolo, la paura del peccato. Poi domandiamo perdono al Signore perché tutti, siamo certi, abbiamo ragione di umiliarci.
Ora che abbiamo più luce da Dio, non sentiamo maggiormente il dovere di lottare contro la colpa? Non sentiamo il bisogno dell’aiuto di Dio, della grazia, della difesa di Maria?
Non vi allontanate un istante, diciamo a Maria, perché posso vacillare e cadere: Succurre cadenti17. I propositi devono essere suggeriti dalle parole del Maestro divino: «Se il tuo occhio destro ti è occasione di caduta, cavalo e gettalo via date. È meglio per te che uno dei tuoi membri perisca,
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piuttosto che il tuo corpo sia gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è occasione di male tagliala e gettala via da te, perché è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che tutto il tuo corpo vada nella Geenna»18. Il Maestro divino vuol dire: Se una cosa ti fosse cara come l’occhio, la mano, ma ti fosse occasione di male, strappala. Ogni sacrificio e qualsiasi sacrificio non sarà troppo per evitare il peccato. I martiri che hanno dato la vita, che cosa ci insegnano? E noi abbiamo già sofferto qualche pena, qualche dolore? Abbiamo già fatto come dice la Scrittura: «Agonizare pro anima tua»?19. Purtroppo vi è un gran pericolo che a forza di vivere a contatto con il male e respirare quest’aria di male nel mondo, ci si faccia come una specie di abitudine e non si senta più tanto l’orrore della colpa. Anche questo sarebbe un pericolo e forse più grave, perché potrebbe togliere dall’animo e dalla fronte quel sacro pudore che è uno dei mezzi principali per conservare il giglio, l’innocenza.
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1 Meditazione tenuta a Roma alla Famiglia Paolina il 2 settembre 1955.

2 Allusione alle prime parole dell’inno mariano Tota pulchra .

3 Cf Lc 1,42.

4 Precisamente, le parole indicate sono incise sulla porticina del tabernacolo dell’altare maggiore.

5 Cf Pr 9,5: «Venite, mangiate il mio pane, …».

6 Cf Rm 8,28: «Tutto concorre al bene…».

7 Domenico Savio (1842-1857), piemontese, aspirante della Società Salesiana, ancora adolescente percorse con impegno la via della perfezione cristiana.

8 Maria Goretti (1890-1902), nativa delle Marche, ancora adolescente, per di fendere la purezza subì il martirio alle Ferriere di Nettuno nel Lazio.

9 Giovanni Crisostomo (347-407), vescovo di Costantinopoli, uno dei quattro maggiori Padri della Chiesa orientale, grande commentatore di S. Paolo.

10 Pio XII, Lettera enciclica Sacra Virginitas , 25 marzo 1954, AAS 46(1954), pp. 161-191, in Enchiridion delle encicliche, vol. 6, EDB, 1995, nn. 1042-1043.

11 Luigi Gonzaga (1568-1591), nativo di Mantova, giovane gesuita, si distinse per lo spirito di servizio e di santità.

12 Stanislao Kostka (1550-1568), giovane gesuita polacco, si distinse per ladevozione all’Eucarestia e per l’osservanza della vita comune.

13 Giovanni Berchmans (1599-1621), belga, giovane chierico gesuita, si distinse nella santità per l’osservanza della vita comune.

14 Cf Sir 3,25.

15 Cf Pio XII, Sacra Virginitas, o. c., n.1038.

16 Ordine religioso cistercense riformato, sorto nel sec. XII in Normandia (Francia) che prende il nome di Trappa dalla prima abbazia di Notre Dame de La Trappe.

17 Espressione dell’antifona mariana Alma Redemptoris Mater : «Soccorri chi vacilla».

18 Cf Mt 5,29-30.

19 Cf Sir 4,33: «Per l’anima tua lotta con tutte le forze» (Volgata).