Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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24. PROGRESSO E FIDUCIA1



[...] [Curare] il progresso dell’Istituto: progresso spirituale, progresso intellettuale, di studio, progresso nell’apostolato, nella vita religiosa, nell’organizzazione, nella povertà, e perciò sempre preghiamo con due intenzioni, e nello stesso tempo sempre lavoriamo e ordiniamo le cose ai due fini [delle Costituzioni]. L’ideale, il punto da raggiungere e che certamente si vuole raggiungere, è questo: che la Casa generalizia stia bene sotto la guida della Santa Sede, dipendente in tutto e secondando le iniziative, i desideri del Papa e della Congregazione dei Religiosi. Poi, tutte le superiore delle case siano unite alla Casa generalizia; tutte le Maestre di una stessa casa, tutte le suore professe siano unite alla loro Maestra; e quindi tutte le aspiranti, le novizie e quelle che operano nell’Istituto e per l’Istituto, siano bene unite alle professe. Così si avrà un corpo, un organismo ben ordinato, come ci dice S. Paolo2.
Quando è che uno sta bene? Quando stanno bene le singole membra: l’occhio è buono, l’udito è buono, la mano è forte, i piedi camminano e svelti, lo stomaco e il sangue e il cuore funzionano bene, ecc. Dal complesso risulta il tutto, ma ogni membro, cioè ogni suora, ogni figliuola, tutte guardino di camminare bene, di essere veramente membra vive, cioè sante e operanti e attive nell’apostolato. Allora si avrà un bell’organismo che produrrà ottimi frutti, frutti di santità e di apostolato, non solo dei buoni desideri, ossia foglie e fiori, ma frutti. I fiori vanno bene, ma a tavola nessuno si accontenta dei fiori, per quanto siano graditi, ci vuole qualche altra cosa: il pane, i frutti della terra e i frutti del [lavoro].
Allora, non molte parole che sarebbero le foglie, e neppure solamente dei propositi che sarebbero i fiori, ma fiori che portino
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frutti. E se un albero lascia cadere tutti i fiori? Bisogna invece che porti i frutti, e li porti fino a maturità, fin sulla tavola. Ecco, allora tutto è a posto.

In noi vi è questa tendenza che d’altra parte è naturale: quando anche cinquanta membra in noi funzionano: l’occhio, il cuore stanno bene, l’udito sente bene, il sangue circola bene, ecc., non ci badiamo neanche perché stiamo bene. Basta però che un dente ci faccia male, allora lacrime, tristezza, e corri dal medico. Ma è solo un dente, è piccolo rispetto a tutto. Quando in comunità tutto va bene, ma c’è un dente, cioè una persona che non cammina bene, che cosa succede? Magari di cinquanta persone che fanno bene quasi non ci accorgiamo, non ci avvediamo, mentre più facilmente si rileva quella persona, e ci avvediamo di colei che fa disperare. Allora, bisogna togliere il dente? O toglierlo o curarlo e l’altro si lasci curare. Bisogna accettare le correzioni, e qualche volta non sono propriamente correzioni, ma è un indicare un maggior bene, un progresso che si può ancora fare.
Ci sono suore che sono proprio in gara: «Aemulamini charismata meliora: emularsi nel bene»3, dice S. Paolo, e cercano di imparare dall’una l’umiltà, dall’altra l’applicazione allo studio, dall’altra lo zelo nell’apostolato, dall’altra la diligenza nel pregare, dall’altra lo spirito di povertà. Ecco, l’Istituto, quando c’è la gara nel bene, quando c’è l’entusiasmo, facilita la santificazione: è una fabbrica di santi. Che non si dica, quando vedono la vostra casa: Lì c’è una tipografia, ma lì c’è la fabbrica delle sante. Perché? Perché c’è la vita religiosa ben osservata, c’è la generosità per l’apostolato, lo spirito è buono, il cuore è caldo, la mente è illuminata, fanno bene, l’organismo è sano e le cose vanno bene. E non solamente l’Istituto è sano, ma porta alla santità e gli altri alla salvezza. Il Vangelo che portate è salute, salvezza, il catechismo è salute, salvezza, la Famiglia Cristiana è salute, salvezza, così i vostri buoni libri che distribuite e di cui fate propaganda. Coraggio, allora, tutte in santa gara! Quando invece incomincia a introdursi la tiepidezza e un po’ lo scoraggiamento, allora tutto ne risente; infatti se in un
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ambiente vi è una stufa, vi è un calorifero, vi è qualche mezzo di riscaldamento, nelle giornate fredde, quella stufa riscalda tutto l’ambiente.

Ma alle volte si impara dagli altri ciò che è difettoso, e ancora siamo inclinati a scusarci: E anche l’altra fa così. Impara il bene da chi fa bene. Chi è il nostro esempio? Da chi dobbiamo imparare? Innanzitutto da Gesù Cristo: «Imparate da me»4, ha detto lui. Da chi dobbiamo imparare? Da Maria, esemplare in ogni virtù. Da chi dobbiamo imparare? Da S. Paolo: «Imitate me, come io imito Cristo»5; e poi imparare dalle sorelle buone, fervorose, diligenti, da quelle che hanno vero spirito di obbedienza, di povertà, di castità e vita comune, da queste!
Occorre che chi non fa bene, non sia quasi considerato, e ognuno si guardi dall’imitarlo, perché quando un malato ha una malattia pericolosa, una malattia che si allarga, si sta attenti, si prendono le precauzioni, si fanno le disinfezioni. Così guardarsi da una che non fa bene, perché le parole o i suoi esempi possono disturbare la comunità. Invece deve regnare soprattutto la fiducia, la confidenza, perché non siamo soli a fare il nostro lavoro spirituale, a cercare di progredire e di lavorare per migliorare nello studio, nell’apostolato, nello spirito religioso. Gesù è con noi, Maria è la madre che sempre stende la sua mano su di noi, S. Paolo sempre ci protegge e ci incoraggia e ci assiste dal cielo. Non siamo soli, noi siamo solo cooperatori [di Dio]. Se avete dei cooperatori, essi vi danno un po’ di aiuto, ma chi deve farsi veramente religioso, chi deve proprio fare l’apostolato, chi deve prendere le iniziative, [siete] voi! I cooperatori vi daranno una mano, come quando la macchina non vuol partire e tutti si mettono a spingere. Ci danno una mano, però bisogna che il motore e la benzina e gli organi principali della macchina siano a posto: «Cooperatores Dei sumus»6, chi fa il più è Gesù, è il Signore, quindi fiducia! Fiducia anche nella protezione di S. Giuseppe, nell’assistenza dell’angelo custode, fiducia nelle anime purganti [certe] che,
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quanto noi mandiamo di suffragio a loro, loro tanto mandano di aiuto a noi. Non siamo soli, abbiamo per alleato Dio, per alleato l’angelo custode, Maria, S. Paolo, S. Giuseppe e le anime del purgatorio in nostro aiuto. E con tali aiuti, dobbiamo scoraggiarci? Le difficoltà che si incontrano sono soltanto perché ci facciamo meriti più grandi. Sono occasioni di santificazione, di per sé non sono disgrazie; disgrazia è il peccato che caccia Iddio, e siccome Dio è il sommo ed unico bene, se cacciamo Iddio, cacciamo il bene. Il peccato è la vera disgrazia. Ma quando c’è Dio con noi, e quando presso Iddio e presso Gesù intercedono Maria, S. Paolo, gli angeli custodi, S. Giuseppe, le anime del purgatorio, la nostra fiducia deve crescere.

Fiducia sempre! Ma io ho già commesso tanti sbagli. E se tu avessi anche perso la battaglia, cioè se per disgrazia fossi caduta anche in qualche colpa grave, non temere, in paradiso ci sono tanti peccatori convertiti, in paradiso ci sono tanti santi che un giorno non erano santi, e tuttavia a un certo momento hanno cominciato ad esserlo. Dunque farsi sante, perché sarebbe inutile stare nella casa, nella fabbrica dei santi se poi non ci si facesse sante, come sarebbe inutile portare a casa tanta carta e poi non stamparla: sarebbe solo un ingombro. Farci sante deve essere la decisione di tutte, e fiducia in Gesù che è negli alleati, negli intercessori che abbiamo presso di lui. Oggi, la giornata è offerta a Maria, Madre, Maestra e Regina, tutta glie-la offriamo, e sia una giornata bella, serena che ci prepari una domenica tutta santa, una domenica vero giorno del Signore. Maria ci porta sempre a Gesù, al Signore, ci prepara al bel giorno della domenica, in cui l’anima si ristora di più, pensa di più alle cose soprannaturali, prega di più, ed esercita maggiori virtù pure nella letizia e nel riposo dovuto, giusto e meritato. E siccome volete dire tanti rosari, adesso benedico le corone di coloro che non avevano ancora la corona benedetta. Potete tenerla in mano o anche in tasca, è lo stesso, con l’intenzione di benedirla: «Adiutorium nostrum in nomine Domini...»7.
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1 Meditazione tenuta durante gli Esercizi spirituali a San Paolo, Brasile, sabato [26.11.]1955. Trascrizione da registrazione su nastro magnetico: A6/an 19b ac 34b. Mancano le parole iniziali.

2 Cf Rm 12,4-5.

3 Cf 1Cor 12,31.

4 Cf Mt 11,29.

5 Cf 1Cor 11,1.

6 Cf 1Cor 3,9: «Siamo collaboratori di Dio».

7 «Il nostro aiuto è nel nome del Signore».