Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Preghiamo per voi, voi pregate per noi, perché il Signore ci usi sempre la sua misericordia, ma a me piace soprattutto dire: «Secundum magnam misericordiam tuam»3, Signore, abbi pietà di noi non secondo una misericordia comune, ma secondo la tua grande misericordia. Vogliamo una grande misericordia! Una misericordia che da una parte cancelli i nostri peccati e dall’altra ci dia un aumento di grazia4.



II
LA MEDITAZIONE



In ogni nazione vi sono delle particolarità buone e delle particolarità non buone, in una nazione vi sono delle necessità e delle necessità in un’altra. Qui particolarmente avete bisogno di crescere nell’istruzione e di rafforzare la volontà, curare cioè la mente e la virtù della fortezza, mentre qui è più facile avere un certo sentimento di pietà, un sentimento religioso. Allora per fortificare la volontà e d’altra parte istruire sempre più la mente ecco, abbiate impegno per fare bene le tre pratiche di pietà che sono: la meditazione, l’esame di coscienza, e la Visita al santissimo Sacramento. Con queste tre pratiche ben fatte, voi farete bene anche le altre, cioè il rosario, la Messa, la Comunione, la Confessione; e con quelle tre pratiche rafforzerete la volontà, e la mente sarà sempre più illuminata perché la nostra pietà se è solamente un sentimento, vale meno. Se invece
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la pietà è illuminata, preceduta da convinzioni, allora la pietà vale molto di più. L’adorazione si fa in primo luogo con la mente «in spiritu et veritate»1, Gesù così ha descritto la pietà: lo spirito o sentimento del cuore, la buona volontà, ma in primo luogo la mente. Allora parliamo in primo luogo della meditazione. Che cosa sia la meditazione lo sapete: è preghiera, è preghiera che si fa specialmente con la mente, a differenza della preghiera vocale che si deve fare con la mente e con la voce. Quando si canta non vuol dire che si mandi fuori solo del fiato, si seguano solo delle note o si esprimano dei bei versi, ma in primo luogo dentro ci dev’essere già lo spirito di fede, lo spirito di pietà, si devono cioè sentire dentro i sentimenti che si esprimono con la parola o con il canto.
La meditazione è orazione mentale perché soprattutto domina la mente. Ha un fine la meditazione? Il fine della meditazione è: rafforzare la volontà, fortificare la volontà, ottenere cioè il dono della fortezza dallo Spirito Santo, e la virtù della fortezza che è una delle quattro virtù cardinali. Oh, in ogni meditazione allora, che come la fate voi è una preghiera di mezz’ora, avere l’intenzione di fortificare la volontà nei propositi degli Esercizi, nei propositi della Confessione, nei propositi della mattina, cioè dell’esame preventivo, e nei propositi mensili. È preghiera, preghiera mentale, nella quale si domanda qualche cosa, cioè si domanda di esser fedeli ai voti, osservanti dei comandamenti e di praticare i propositi. Perciò non si deve andare alla meditazione senza un fine. Chi vuol far bene la meditazione ci pensa già la sera prima: Domani mediterò sulla morte e voglio chiedere la grazia di prepararmi bene; domani mediterò sull’umiltà, la mia meditazione, che è una preghiera di mezz’ora, è per domandare al Signore l’umiltà, l’umiltà proprio in qualche punto speciale, l’umiltà per esempio nell’ubbidire, l’umiltà nell’essere servizievoli con le sorelle. Un fine particolare ci vuole sempre, diversamente non si ottiene o non si ottiene completo, il frutto
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che la meditazione è destinata a portare.
Quando si va alla meditazione, se si apre un libro, qualunque cosa venga, e poi si va avanti avanti a leggere, e non si ha una grazia particolare [da chiedere], si conchiuderà forse con poco o niente. La meditazione dunque è preghiera mentale destinata a portare quei frutti determinati rafforzando la volontà nei propositi, nei santi voti e nell’osservanza dei comandamenti e delle Costituzioni. La meditazione può essere fatta superficialmente e può essere fatta invece con profondità di idee e profondità di pensieri. Quali libri scegliere? Quelli che sono più convenienti al nostro stato, e sceglierli bene; perciò per voi che siete paoline i libri che servono meglio a prepararvi alla vita paolina.

La meditazione [per noi] deve avere tre parti per essere ben fatta. La prima parte riguarda specialmente la mente e cioè si legge un tratto di un libro, supponiamo l’ Apparecchio alla Morte2, oppure si considera, si ricorda un fatto, supponiamo la crocifissione di Gesù, o si ricorda e si pensa a una massima: «Il giusto vive di fede»3, oppure Dio mi vede, mi vede dappertutto, o Il peccato è rovina spirituale per l’anima mia, ecco l’esercizio della mente, ma questo non sia considerato solo superficialmente, bensì sia proprio penetrato. Posso morire e non so l’ora, posso dunque mancar nell’atto di peccar e non vi penso4, ma [non basta] solo leggerlo, perché allora la mente non fa esercizio. Per fare esercizio bisogna che si rifletta: Posso morire ogni momento. Ecco, posso morire a letto mentre dormo, e al mattino può essere che mi trovino freddo cadavere nel letto. Posso morire per strada, ad esempio in un incidente automobilistico, oppure senza alcun incidente. Oggi ho domandato notizie di un certo monsignore che avevo conosciuto l’altra volta venendo qui, e mi hanno detto: Il giorno di S. Bernardo è stato da noi, all’indomani in un istante è passato all’eternità per
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una emorragia interna, neppure hanno avuto tempo per amministrargli i Sacramenti. Qualche tempo fa, mentre eravamo ancora a Roma, è morto l’abate della basilica di S. Paolo. Mi raccontava il sacerdote che era presente, che stando a letto discorreva con lui e con due sorelle, che erano venute a fargli visita, di varie cose, così per passare il tempo. A un certo punto si sono accorti che non dava più risposta. Cos’è? Non risponde. Era già spirato. Si andò a prendere l’Estrema Unzione che si può dare quando uno è spirato da poco.
Pensare: so che ho da morire e non so l’ora. Posso morire questa sera, posso morire domani, posso morire mentre faccio il mio apostolato o mentre sono in preghiera, posso morire appena ho fatto la Comunione e posso morire invece mentre sono in ricreazione.
Penetrare: so che ho da morire. Ecco, è certo che ho da morire, è certo che un giorno non ci sarò più, è certo che in questi locali vi saranno altre persone, io non ci sarò più, chi volesse trovarmi dovrebbe venire al cimitero e là in una tomba è la mia salma sepolta. E la mia anima? È già passata al giudizio di Dio. E non so l’ora: Non sappiamo se si diventerà vecchi o si muore giovani, non sappiamo se moriremo dopo una lunga malattia oppure all’improvviso, non lo sappiamo. E quel che è più da temersi non è la morte, è che la morte ci sorprenda in peccato. Posso morire mentre acconsento a un pensiero cattivo, mentre faccio un discorso che non piace a Dio, posso dunque mancare, posso morire prima di aver soddisfatto alle pene dei miei peccati, quindi andare in purgatorio, posso morire in uno stato di freddezza e avere in paradiso, nell’eternità, anche dopo [la purificazione] del purgatorio, una gloria minore. Posso morire presto e non essermi provveduto di meriti, senza aver accumulato i tesori che dovevo. Bisogna penetrare quella sentenza, penetrare quel fatto, supponiamo la crocifissione di Gesù Cristo, averla presente: quando Gesù è spogliato degli abiti, quando gli viene ordinato
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di stendersi sopra la croce, di allungare le braccia, e quasi vedere con la fantasia i carnefici che prendono dal cassetto i chiodi lunghi e il martello, poi appuntano i chiodi sopra le sue mani e i suoi piedi, colpiscono con pesanti colpi i chiodi, li fanno penetrare nelle carni, nei nervi in modo che si rompano anche le ossa. Possiamo pensare alle pene, allo strazio di Maria vedendo così trattato suo Figlio. Possiamo ancora andare avanti: vedere come i carnefici alzano da una parte la croce e poi la portano verso una buca già preparata, e dirizzando la croce la fanno cadere nella buca, e vi mettono terra attorno perché rimanga in piedi. E pensate, pensate lo strazio, a quello strazio del corpo che pende da pochi chiodi.

Oppure si può leggere un detto, un tratto di un libro. Supponete che leggiate il Vangelo, allora fermarsi sopra un tratto che può essere una delle parabole, queste sono più facili a considerarsi; può essere un discorso del Signore, per esempio quello che è registrato in S. Giovanni, il discorso lunghissimo che ha fatto nella settimana santa prima di cominciare la sua passione5. E può esser il discorso che Gesù ha fatto iniziando la sua predicazione: «Beati i poveri, perché di essi è il regno dei cieli. Beati i miti perché possederanno la terra. Beati quelli che piangono perché saranno consolati. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia di Dio perché saranno saziati, ecc.»6. Penetrare che cosa vuol dire: «Beati i poveri», ma il mondo dice: Beati i ricchi. Ha ragione il mondo o ha ragione Gesù? «Beati i miti», ma dappertutto c’è lo spirito di vendetta, non di perdono. Forse anch’io ho avuto spirito di rancore, lo spirito di umiliare chi mi ha detto una parola pungente? Forse ho qualche rancore nell’anima? «Beati quelli che piangono», ma io piango i miei peccati, piango i tanti mali che vi sono nel mondo, le tante offese che si fanno a Dio? Piango per le anime che sono incamminate verso l’inferno? Faccio qualche cosa per fermarle?

La mente deve fermarsi. Non andare avanti così, scorrendo. L’acqua che scorre non penetra, se la pioggia cade sul
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dorso della montagna e la montagna è poi di pietra, oppure di terreno duro, l’acqua non penetra per niente, scorre verso il basso. No, bisogna che il nostro cuore sia ben preparato. Quindi gustare le cose di Dio, per esempio, le cose che riguardano l’Eucaristia, che riguardano la Confessione, l’apostolato: gustarle! Quanti gusti cattivi abbiamo! E per alcuni i gusti sono le curiosità, le fantasie, il saziare la gola, e il dormire oltre misura, ecc. Signore, datemi i gusti veri, i gusti che aveva Maria, i gusti che avevano i santi, i gusti che aveva Gesù. In primo luogo, quindi, esercizio della mente. Con la meditazione si va alla tavola della Verità dove si fa esercizio della mente. In secondo luogo ci vuole l’esercizio del cuore, cioè bisogna pregare. [Considerando] i tre esempi che ho fatto, dunque, pregare perché la morte non mi sorprenda in condizioni cattive. Ecco, abbiamo detto: So che ho da morir e non so l’ora, posso dunque mancar nell’atto di peccar: la morte non mi sorprenda in un momento in cui sia in disgrazia di Dio, non mi sorprenda prima che mi sia santificato, e abbia accumulato tesori per la vita eterna. Altrimenti che cosa porterei al giudizio di Dio? Quindi, che la morte non mi sorprenda all’improvviso. All’improvviso vuol dire due cose: muore improvvisamente chi non è preparato, questo è un primo senso, ossia quando uno è senza meriti, non ha fatto penitenza per i suoi peccati, e non ha scancellato il purgatorio. Può avere un secondo senso [quando significa] una vita troncata in un istante: Signore, se vi piace, datemi la grazia di potermi confessare prima di morire, di potermi comunicare, di poter ricevere l’Estrema Unzione, l’indulgenza plenaria, di aver l’assistenza di un buon sacerdote, o almeno di persone care, pie che mi suggeriscano buoni pensieri. Ecco, pregare. Si può allora recitare il quarto mistero glorioso, in cui contempliamo Maria che spira nel suo letto e la sua anima passa all’eternità, muore di puro amor di Dio. E allora ripetere, ripeterlo tante volte: Prega per noi adesso e nell’ora della nostra morte .
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Ho fatto anche l’esempio di Gesù Crocifisso. Ecco, Signore, datemi un po’ di pazienza. Io non so sopportare la minima puntura di ago e tu hai sopportato i chiodi che hanno penetrato i tuoi piedi, le tue mani. Io dico sempre di amarti e di volerti bene, di volerti imitare. Oh, come son lontano! E allora dire il quarto mistero doloroso, il viaggio al Calvario, la crocifissione di Gesù Cristo, riflettendo, penetrando bene e pregando per potere quindi fare dei propositi buoni. Ecco, l’esercizio del cuore, quando interviene il nostro cuore.
Andando avanti per non essere troppo lunghi, si passa all’esercizio della volontà. L’esercizio della volontà che cosa comprende? L’esame di coscienza. Io, se dovessi morire oggi, sono preparato? Che cosa penserei se venisse un angelo a dirmi: Questa sera non ci sarai più? Sarei tranquillo o sentirei ad esempio il bisogno di confessarmi? Compiangerei la mia vita che fu un po’ vuota? Compiangerei tutte le occasioni in cui mi sono lasciata sfuggire l’opportunità di farmi dei meriti? Temerei un giudizio severo, di andare in purgatorio? Non mi pare forse di essere troppo facile a scusarmi? Oh, questo non mi obbliga, quello è solo una debolezza, questo è solo una venialità, ecc.! [Fare] l’esame di coscienza.

Oppure se riflettiamo sulla crocifissione e morte in croce di Gesù Cristo ci interroghiamo: Io abbraccio proprio la croce? So fare il sacrificio al mattino di alzarmi per amore di Gesù? So privarmi di qualche soddisfazione di gola? So privarmi di qualche curiosità di occhi? So mortificare la mia fantasia? So fare l’apostolato anche quando costa fatica? So tacere una parola che vorrei dire e che offenderebbe la sorella? So compiere prontamente quel dovere che mi è stato assegnato, quell’ufficio che mi è stato dato? Amo la mortificazione e a volte ne compio qualcuna ancorché non sia comandata? Come faccio, io? Ho in orrore il patire? Vi sono persone che hanno in orrore la sofferenza, la fatica, e non sanno mortificare il loro
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cuore, il quale tante volte inclina a rancori, e altre volte ad amicizie che sono troppo spinte. Vi sono persone che non sanno neppure sopportare un po’ di caldo o un po’ di freddo, ma allora come facciamo? Vogliamo seguire Gesù.
Si fa l’esame di coscienza e poi si fanno i propositi: scelgo questo. Il proposito è sempre da scegliersi sui propositi degli Esercizi, anche quello della meditazione porti lì o rinforzi il proposito degli Esercizi o della confessione ultima, o del ritiro mensile ultimo. Il proposito [tenga conto] del consiglio o dell’avviso che le Maestre in una circostanza particolare mi hanno dato nella direzione spirituale, o che mi è venuto da una sorella che mi voleva bene, o da un suggerimento che ho trovato in un libro buono. E notare che il proposito degli Esercizi non deve mai mancare, né quello dell’ultima confessione perché noi dobbiamo lavorare sempre nella stessa linea per arrivare a fare qualche cosa. Dite un po’, e se vi fissate in mente di andare, supponiamo a Puebla, e prendete una strada, e dopo un po’: Oh, questa qua mi sembra più bella!; dopo un altro po’ a destra, poi di nuovo a sinistra, poi ancora a destra…, non si fa niente. Alla sera, mentre potevate arrivare a Puebla in due o tre ore, dove siete? Siete ancora qui, a Messico, a gironzolare per la città. Quelli che non son fermi su un proposito gironzolano spiritualmente e non concludono niente. Ora, bisogna essere fermi.
Anche con la vocazione fermi fino alla morte, costi quel che vuole. Verrà sicuramente un giorno in cui ci pentiamo, perché troviamo difficoltà, ma quella è una tentazione e non è ilcaso di fare di nuovo una scelta. È una tentazione. Ma io ho il proposito sull’umiltà, stamattina il predicatore ha detto tanto bene della carità, e vorrei cambiare il mio proposito. Sta’ sull’umiltà, esercita l’umiltà perché l’umiltà ti porta alla carità con le sorelle, a essere servizievole, a parlare, pensare in bene e a desiderare loro il bene, e questa è umiltà. L’umiltà può aver due parti, riguardo alle Superiore e
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3 Cf Sal 51,1: «Secondo la tua grande misericordia».

4 La meditazione termina con un saluto della Prima Maestra per le sorelle degliStati Uniti, che affida a Maestra Paola che sta per farvi ritorno: “Maestra Paola portia tutte i miei saluti e quelli delle Figlie del Messico. Siamo sempre unite, ci vogliamo sempre bene. Facciamo una santa gara per farci sante. Stiamo sempre unite tradi noi, vogliamoci sempre bene, cerchiamo di compatirci, di aiutarci, di pregare avicenda affine di poter arrivare lassù in Paradiso, dove staremo sempre assieme efaremo sempre festa! Tanti auguri a tutte di una grande santità”.

1 Cf Gv 4,23: «In spirito e verità».

2 Apparecchio alla morte di S. Alfonso M. de’ Liguori .

3 Cf Eb 10,38 (Volgata).

4 Da un canto della devozione popolare.

5 Cf Gv 17,1-26.

6 Cf Mt 5,3-11.