Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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32. LA SCHIETTEZZA1



[…].Voi avete delle belle statue, che bel S. Paolo, che bella Regina Apostolorum!
Come si fa a fare le statue? Voi che cosa siete buoni a fare? A cantare, a comporre bei libri e anche a giocare? Come si fa a fare le statue? Ci vuole una forma dove si mette dentro il gesso, materia liquefatta, che asciugando costituirà la statua. Ma come si fa a fare dei paolini? Ci vuole la forma, poi mettervi dentro noi, bisogna allora che ognuno si sia liquefatto, ossia che rinunzi alla sua volontà, si metta nelle mani dei superiori con docilità e si lasci formare: Insegnatemi cosa devo fare, metto la mia volontà nelle vostre mani, io voglio diventare paolino. Lasciarsi formare nella vita paolina. Un predicatore, durante gli Esercizi, ripeteva sovente: Mettete la vostra volontà nelle mie mani, se volete che gli Esercizi siano ben fatti… altrimenti non posso darvi la forma.
Per acquistare la forma: confessarsi bene, dire tutto; se mandati in tipografia, chiedere di imparare; nella scuola accettare avvisi, correzioni e apprendere tutto, tutto dalle cose più semplici alle cose più alte.
Si sono incontrati due santi: un ragazzetto sveglio e un sacerdote. Il giovane veniva per consigliarsi sulla vocazione e il prete lo esamina sul catechismo, se a casa è ubbidiente, se fa bene i lavori nei campi, sulla sua condotta... Poi il giovane domandò: Che cosa le sembra che io possa fare? Posso farmi prete?. Il sacerdote rispose: Mi pare che ci sia buona stoffa.
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Se io sono buona stoffa, mi metto nelle sue mani e lei faccia di me un buon abito da prete. E sono due santi2.

Ciò che importa è questo: aprirsi, lasciarsi guidare, dire tutto con schiettezza a chi si deve. Non basta entrare con il corpo nell’Istituto, si entra veramente quando si porta l’anima, quando si dice all’assistente, al Maestro: Io voglio fare tutto quello che lei mi dice. Qui c’è qualcuno che deve ancora entrare e ci sono di quelli che sono qui da vari anni, ma che non sono ancora entrati propriamente nell’Istituto. Il corpo è una cosa e lo spirito è un’altra. A volte ci sono giovani che si aprono subito con candore, altri invece coprono e se si domanda: Hai difficoltà ad ubbidire? No. Ti piace studiare? Sì. Hai tentazioni su questo punto? No. Ma questo voler coprire, nascondere, occultare, ecc., vi mette nell’impossibilità di formarvi. Mai riescono bene quelli che dicono bugie! Mi richiamano la figura di quel giovane che sembrava che avesse una vocazione terribile, diceva che andava a Messa e faceva la Comunione ogni giorno, ecc., e poi quando entrò nell’Istituto aveva ancora da fare la Prima Comunione. Sincerità, schiettezza, altrimenti ingannate non i superiori, ma voi! Ma quando conoscono che ho il tal difetto.... Se vai dal medico, non vai a dire che stai bene, vai a dire i mali, ciò che ti disturba, per avere la cura e guarire.
Dire come siamo: schiettezza, sincerità, come diceva quel giovane: Allora tagli e mi faccia... abito da prete. Ci sono regioni dove c’è una grande schiettezza, si dicono fin troppi particolari, e vi sono invece regioni in cui trovi tutte le porte chiuse..., l’anima si chiude, è taciturna, se la interrogate dice bugie... La schiettezza è un grande mezzo per la riuscita, come la bugia è grande impedimento per la formazione. Il giovane accetti subito la direzione spirituale che in principio è come avere confidenza con i superiori. I vostri superiori non sono qui per formare solo dei giovani educati, sono qui per formare dei paolini. Detestare come la peste la bugia e l’ipocrisia. Pensate così: Tutti quelli che riescono bene sono persone schiette. Nascondere il serpe nel seno non è ucciderlo; se c’è, meglio è scoprirlo e ucciderlo. Apritevi bene con i Maestri, dite tutto: le
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difficoltà anche negli studi, [difficoltà] di famiglia, ecc. Sarete così cera molle in una forma di candela. Se la forma è bella e vi si mette scagliola liquida, verrà fuori una bella statua. Prego il Signore che vi dia questa bella grazia: la schiettezza! Gesù è verità. Chi non è vicino alla verità non è vicino al Signore.
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1 Predica, in dattiloscritto, carta vergata, fogli 1 (22x28), tenuta a Lisbona e rivolta alla Società San Paolo. La includiamo nella raccolta delle Figlie di San Paolo perché questa parola del Primo Maestro è ugualmente utile nella formazionedelle Figlie. Vi è anche un dattiloscritto successivo. Mancano le parole iniziali. Nel dattiloscritto è segnata come data: mese di dicembre 1956. Dalla cronistoria di donSpeciale, però, risulta che il Primo Maestro è a Lisbona l’11-12 dicembre 1955, di ritorno dal Brasile (cf Cronistoria 1955, p. 1918). Probabilmente la data del 1956è un errore di battitura. Collochiamo quindi la meditazione nel 1955 datandola fral’11 e il 12 dicembre.

2 Don Alberione allude all’incontro tra Don Bosco e Domenico Savio.