Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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in cielo, in paradiso. Pensate quante suore, quante religiose sono già lassù in cielo gloriose, felici! Quanti apostoli, quante vergini, quante suore hanno lavorato in tutti i campi, nelle opere caritative, nelle opere di istruzione, nelle opere missionarie, nelle opere delle edizioni, della stampa, ecc. Oh, e sono già lassù in cielo! Coraggio, dunque! Essere suore veramente fedelissime, veramente fervorose, suore fino al fondo dell’anima, oggi, sempre, onde possiate un giorno essere lassù unite alle tante altre suore che già godono il premio delle loro fatiche. La loro gloria è molto superiore alla gloria dei semplici fedeli anche buoni. La suora avrà un premio molto più grande. Coraggio quindi, sempre guardare al cielo, e pregando andare avanti con generosità, con fedeltà piena al Signore.

Ripetere ogni giorno la consacrazione con i santi voti, anche brevemente, particolarmente nei momenti difficili: «Io tutto mi dono, offro e consacro al Signore, mente, volontà, cuore, occhi, udito, corpo, lingua, tutto al Signore!».



VI
IL PARADISO


[I. Aumentare la fede pensando al paradiso]



Mi avete chiesto un ritiro mensile1, dovrebbe essere di tre prediche, allora facciamone tre in una.
La prima predica riguarda il paradiso. Noi siamo creati per il cielo, il Padre celeste ci ha creati, ci ha messo sulla terra perché noi possiamo dargli prova di amore, di fede, di osservanza della sua legge, di fedeltà, poi ci attende in paradiso. La vita presente è una prova e c’è chi subisce bene la prova e chi non la subisce bene, come vi sono degli studenti che alla fine son promossi perché hanno studiato, e vi sono degli studenti che non sono promossi perché non hanno studiato.
Vi sono due vie: vi è la via stretta che conduce al paradiso, e vi è la via larga che conduce all’inferno. Che cosa vuol dire via stretta? Via che richiede sacrificio, mortificazione e dedizione, dedizione ai nostri doveri, via che importa che noi rinneghiamo noi stessi: dominiamo gli
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occhi, la lingua, l’udito, il cuore, la fantasia, la mente. Dice S. Paolo: «Quali sono le anime che appartengono a Gesù Cristo? Sono quelle che crocifiggono la propria carne e i propri desideri, i propri gusti»2. Crocifiggerli significa mortificarli, ossia rinnegarsi in quello che il senso, il cuore chiede: questa è la via stretta. Vi è poi la via larga, la via della libertà eccessiva, esagerata, la via dove non si osservano i comandamenti di Dio, né si adempiono i propositi, i voti; questa via larga è più comoda per vivere, ma non è la più sicura per morire, per l’eternità. Se ci stanno davanti due vie, la via buona e la via cattiva, il Signore soggiunge: «Elige ergo vitam»3, cioè ti sta davanti la perdizione eterna, l’eterna dannazione, e ti sta davanti l’eterna salvezza, la vita eterna. Eleggi, scegli dunque, la vita eterna cioè il paradiso.
Non guardiamo soltanto alle cose presenti. Vi sono tante giovani che vivono più di fantasia che di pensiero, di convinzione, di ragionamento, si lasciano guidare dalle impressioni del mondo, dalle apparenze, dalla voglia di soddisfare le proprie passioni e dimenticano il cielo. S. Paolo dice: «Non considerate quello che vedete e che attrae, ma considerate quello che non si vede e ciò che deve guadagnare tutto il nostro animo, tutto il nostro spirito, cioè il paradiso»4. Credo la vita eterna, il cielo. Arrivare fino al punto: «Cupio dissolvi et esse cum Christo»5, desidero di chiudere presto la mia vita per svegliarmi con Cristo in paradiso. S. Francesco d’Assisi, che abbiamo celebrato ieri, è morto recitando quel versetto del salmo: «I giusti, i santi mi aspettano in Paradiso perché anch’io andrò a ricevere il premio con loro»6. Le vostre sorelle che vi hanno già preceduto in paradiso, tante vergini che hanno santificato i loro anni giovanili e si sono offerte al Signore, vi aspettano in paradiso. Allora, coraggio, paradiso! Questo è il canto dell’esule. Noi siamo esuli figli di Eva, gementi e piangenti su questa terra7, perché tante cose vediamo che non vanno bene, tante cose vorremmo fare ma non
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sempre ci riusciamo e ci sentiamo anche tanto inclinati al male.
Rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi , guardami con occhio buono, o Madre, e dopo questo esilio mostrami Gesù in paradiso. Una figlia mi ha risposto: Ma io vorrei vederlo già anche sulla terra. E me l’ha scritto con convinzione. Lo vedrai se hai fede. Le anime che fanno bene la Visita entrano in intimità con Gesù, si sentono prese da Gesù, parlano a Gesù con confidenza, lo sentono, accolgono le risposte che egli dà, e avvertono che egli comunica loro lo Spirito Santo, una fede più viva, un amore più intenso e una speranza più sicura; camminano nella certezza: Sono sulla via della santità, voglio continuare. La vita paolina è una via di santità doppia, cioè del doppio merito che si può acquistare sulla terra e del doppio premio che si può ottenere in paradiso. Quale doppio merito? Far bene noi, e insegnare agli altri. E si ha un premio perché noi abbiamo fatto bene, e un secondo premio per il bene fatto agli altri. In paradiso quindi, dice S. Francesco di Sales, quelli che hanno insegnato bene e specialmente hanno scritto bene, ricevono come una seconda gloria, che si chiama aureola di gloria.
Ora, svegliandosi al mattino, vedere di pensare al paradiso: Ecco, entro nel mio lavoro quotidiano, cominciano le mie occupazioni, che cosa faccio? Io lavoro oggi per il paradiso, entro nel mio lavoro per il paradiso, e tutto quello che farò mi procurerà meriti. Lo svegliarsi e tutto quello che farò fino all’entrata in cappella al mattino, le divozioni, poi le ricreazioni, l’apostolato, lo studio, lo stesso prendere i pasti e lo stesso riposo, tutto per il paradiso. «Homo aeternitatis sum»8: io sono un uomo che penso al paradiso, all’eternità, e considero le cose presenti solo in quanto mi servono per acquistare meriti, per guadagnarmi un paradiso più bello. Avanti, dunque, paradiso!
Sono da compiangersi quelli che si
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dimenticano del paradiso, come fanno pena! Portate [in propaganda] tanti libri sul paradiso, insegnate la via del paradiso, date i suggerimenti migliori, mostrate i mezzi per salvarsi, in primo luogo la divozione a Maria che porta ogni bene. Poco per volta le anime nostre prenderanno più coraggio e noi vedremo anche qui i frutti dell’apostolato. Paradiso! Spronare quelle che pensano poco al paradiso, rallegrarsi con quelle che pensano molto al paradiso.
Quindi, la prima predica è fatta: pensare e aumentare la fede nel paradiso. Dice S. Giuseppe Cafasso9: Una donna che esce di casa e va al mercato sa che cosa va a comprare, non c’è bisogno che le dicano: Ricordati che devi comprar la tal cosa, ricordati che devi andare nella tale piazza, nella tale bottega. A questo ci pensa lei. E noi, perché viviamo senza pensare a quello che dobbiamo fare sulla terra, cioè guadagnare il paradiso? Vi sono persone che lo dimenticano del tutto e se lo ricordano solo, appena appena, quando sentono qualche predica
o leggono qualche libro. Il pensiero del paradiso deve portare tutti al fervore. Non basta quello che facciamo per il paradiso; infatti, dice S. Paolo: «Mentre avete tempo operate il bene»10, e Gesù nel Vangelo: «Camminate mentre avete la luce, non aspettate la notte»11. Ciò vuol dire: Fate il bene mentre siete in salute; viene la morte, [tutto] è finito, non si può più fare il bene, non si possono più fare i meriti. Occupiamo bene il tempo, riempiamolo di meriti, tutte le giornate [siano] piene.


[II. Recitare bene il rosario, specialmente i misteri gloriosi]



Adesso veniamo alla seconda predica. Per progredire nel pensiero del paradiso occorre la divozione a Maria, quindi in questo mese di ottobre [pregare] molti e santi rosari. Oh, direte, ma noi il rosario lo recitiamo tutto l’anno! Sta bene. Alla mamma bisogna pensar tutti i giorni, e i bambini ricorrono tutti i momenti alla mamma, ma [a Maria] ricorrere in modo particolare in ottobre con il rosario.
I misteri del rosario sono quindici: cinque gaudiosi, cinque dolorosi, cinque gloriosi. Noi stasera pensiamo solamente ai gloriosi. Tutte li sapete, li recitate, e nel libro [delle preghiere] vi è anche scritta
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la grazia da chiedere. Orbene, noi chiediamo al Signore, per intercessione di Maria, di ricordare il paradiso. Ricordare la risurrezione di Gesù Cristo: dovremo risorgere anche noi; ricordare la sua ascensione al cielo: anche noi dovremo salire al cielo dopo la risurrezione finale; ricordare la venuta dello Spirito Santo sopra gli Apostoli e Maria: lo Spirito Santo venga sopra le nostre anime per infiammarci di desiderio, di amore all’apostolato come ha infiammato gli Apostoli. E subito dopo aver ricevuto lo Spirito Santo cominciarono a predicare. Le Figlie di San Paolo hanno bisogno della grazia dello zelo, dell’amore alle anime, di una fede viva, ecco, chiederla con Maria. Come chiederla? Domandando l’infusione della luce e della grazia dello Spirito Santo.
Abbiamo poi il quarto e il quinto mistero glorioso: nel quarto mistero chiediamo una buona morte e nel quinto chiediamo la grazia di avere sempre la protezione di Maria, Maria incoronata regina del cielo e della terra. E noi, guardando il paradiso, contempliamo lassù Maria incoronata, Maria nostra Madre, Maria nostra Maestra, Maria nostra Regina. I misteri gloriosi allora, che frutto devono portare? Questo: farci ricordare il paradiso, farci domandare la grazia di condurre una santa vita per avere una santa morte, ottenerci la grazia perché nella vita possiamo far tutto il bene che ci è possibile con letizia, con generosità. Quando entra qualche tristezza nell’anima, recitare i misteri gloriosi che portano gioia [e pensare]: Anch’io risusciterò, anch’io spero di avere Maria che mi assista in punto di morte. Maria seguì Gesù, suo figlio, quando condannato a morte, camminava verso il Calvario e là fu crocifisso, agonizzò e morì. Maria fu la consolatrice di Gesù nell’ agonia. O Maria, prega per noi adesso e nell’ora della nostra morte, allora speriamo di vederti accanto a noi ad assisterci in quel momento e perciò speriamo una santa morte.
Nel quinto mistero onoriamo Maria anche come
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mediatrice di ogni grazia, quindi Maria è la nostra speranza: Speranza nostra, salve .

Recitare i misteri gloriosi per mettere sempre più nell’anima il ricordo del paradiso, recitare i misteri gloriosi, perché tutti gli uomini abbiano la fede nella verità, nel dogma del paradiso. Ora, quei libri che parlano del paradiso, che già furono stampati in Italia, è bene che siano diffusi dappertutto. Gli uomini pensano tutti alla terra. E il paradiso? Intanto sulla terra si sta poco, nell’altra vita si sta un’eternità. Che cosa significa eternità? Una durata senza fine, e sempre presente, là non passa mai il tempo, perché non c’è il tempo, c’è solo l’eternità; là non ci sono orologi che contino le ore, non ci sono calendari che facciano ricordare che giorno è oggi e che giorno sarà domani, là non c’è il numero degli anni, tutto è solo e sempre presente.

E gli uomini arrivano fino in punto di morte senza aver provveduto per l’eternità. Se uno non pensa a provvedersi il cibo quando deve fare un lungo viaggio o a provvedere i mezzi per procurarsi il cibo, si dice che è uno stolto, che non pensa a quel che fa, non provvede ai casi suoi, così il numero degli stolti riguardo all’eternità e al paradiso è infinito. Quanto poco vi si pensa! Vi sono stati santi che non facevano quasi altra meditazione che il paradiso, e vi sono predicatori che più di tutto parlano del paradiso. Il beato Felice da Nicosia, quando parlava del paradiso ne discorreva con tale vivacità, che sembrava quasi che avesse già visto il paradiso, e a tutti rimaneva un’impressione profonda, un ricordo consolante, il ricordo del paradiso. Sì, [pensiamo] sempre a questa terra, e il paradiso? Quindi recitare molto bene i misteri gloriosi e recitarli, non dico di assoluta preferenza, ma con un po’ di preferenza, perché siamo poco inclinati a pensare al futuro, al cielo, perciò abbiamo da recitare più frequentemente questi misteri.


[III. Progredire un tantino ogni giorno]



Adesso la terza predica. La terza predica è questa: «Progredire un tantino ogni giorno»12, è tutta qui, potrebbe
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anche essere brevissima. Noi portiamo dalla nascita tante inclinazioni cattive e poi abbiamo contratto molti difetti vivendo nel mondo, oppure essendo un po’ trascurati. Ebbene, progredire un tantino ogni giorno significa correggerci un po’ ogni giorno dei nostri difetti, ogni giorno acquistare un po’ le virtù religiose, specialmente l’umiltà, la carità e poi le tre virtù caratteristiche della religiosa: povertà, castità, ubbidienza. Progredire ogni giorno, togliere le imperfezioni, togliere i difetti e detestare tutti i difetti, perché se non possiamo correggerli tutti, possiamo però detestarli tutti, allora se non sono volontari, non offendono Iddio. Naturalmente è utile fare un proposito speciale, particolarmente prendere di mira quella virtù che ci sta più a cuore, e combattere specialmente quel difetto che ci domina di più. Vi sono persone che fanno tanti propositi: non bisogna che i propositi siano troppi, diversamente si finisce con il far poco. Pochi propositi, ma come? Rinnovati ogni giorno prima o dopo la Comunione, ricordati nell’esame di coscienza specialmente nella Visita, riflettere su questi propositi quando andiamo a confessarci, poi nel ritiro mensile, e quindi successivamente, quando si fanno gli Esercizi spirituali, vedere quanto si è progredito nell’osservanza. Pochi propositi, ma il segno che un’anima è impegnata per santificarsi è questo: mantenere sempre fino alla fine dell’anno gli stessi propositi, averli sempre presenti, essere sempre più impegnata nell’acquisto di quelle virtù che le stanno a cuore. Allora si finisce col progredire un tantino.
«Nessuno diviene santo di colpo», dice l’Imitazione13, ma poco per volta, tutti i giorni. Se c’è una lunghissima scala da salire, che abbia per esempio cento scalini, e una persona volesse di colpo salire i cento scalini, può? Non può. E se facesse uno sforzo per salire cento scalini o per discendere di colpo i cento scalini, che cosa succederebbe? Invece, prendendo le cose con calma, uno scalino per volta, ma sempre avanti, sempre
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avanti, anche se il suo camminare è piuttosto misurato, ma continuo, ecco, alla fine si sale, e certamente si raggiunge la meta. Chi sta fermo, chi è ozioso, chi è freddo, non sale. Il fervore è progresso, perché il fervore è un camminare in avanti, non è sensibilità che può esserci e può anche non esserci, è un camminare in avanti: oggi un po’ più umile, oggi un po’ più ubbidiente, oggi un po’ più generosa, oggi un po’ più attenta ai suoi studi, oggi più delicata di coscienza, ecco, un tantino ogni giorno, sempre, sempre. Allora si raggiungerà un certo grado di santità, di perfezione, ma per progredire un tantino ogni giorno bisogna avere molta grazia di Dio, molta forza interna dello Spirito Santo. Quindi belle Comunioni, belle Visite, belle Messe, bei rosari, frequenti giaculatorie, e chiedere consigli, poi vigilare su noi stessi, su quel che facciamo, su quel che diciamo, sui pensieri, sui sentimenti interni, adoperare i mezzi per progredire ogni giorno. Qualche volta verremo anche un po’ a stancarci, ma allora si ricorre di nuovo a Gesù, di nuovo a Maria. I santi ci fanno coraggio dal paradiso. Raccomandiamoci a loro: Voi che siete già lassù al sicuro, che avete vinto la prova, la battaglia della vita e che avete guadagnato il paradiso, guardate noi che siamo ancora in pericolo, che viviamo in molte tentazioni, e che abbiamo tante cattive inclinazioni. Guardate noi, abbiate pietà di noi e soccorreteci con le vostre preghiere.
E nello stesso tempo noi guardiamo i loro esempi e diciamo così: «Se tutti questi si son fatti santi perché non io?»14. Anch’essi avevano le mie tentazioni, le mie difficoltà; anch’essi hanno avuto delle contrarietà, delle sofferenze e si son fatti santi, e perché non io?
Ora il Signore vi benedica.
Prima predica pensare al paradiso; seconda, recitare il rosario, specialmente bene i misteri gloriosi; e terza: progredire un tantino ogni giorno, non una fiammata che dopo si spegne, ma un tantino ogni giorno.
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1 Ritiro tenuto il 5-6.10.1955, ma dal testo risulta che la meditazione è stata tenuta il giorno dopo la festa di S. Francesco. Trascrizione da registrazione su nastro magnetico: A6/an 16b ac 29a. Alcuni periodi hanno richiesto l’intervento delle curatrici per conservare il senso.

2 Cf Gal 5,24.

3 Cf Dt 30,19: «Scegli dunque la vita».

4 Cf Col 3,1-2.

5 Cf Fil 1,23: «Desidero di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo».

6 Cf Sal 142,8: «I giusti mi faranno corona quando mi concederai la tua grazia».

7 Espressione della Salve Regina.

8 Cf Qo 12,5.

9 Giuseppe Cafasso (1811-1860), sacerdote della diocesi di Torino, noto come direttore spirituale. Si dedicò all’assistenza dei carcerati e dei condannati a morte. Insegnò specialmente la morale alfonsiana. Fu uno degli autori più letti e seguiti da Don Alberione, cf AD 133.

10 Cf Gal 6,10.

11 Cf Gv 9,4.

12 Principio pedagogico che Don Alberione inculcava e ribadiva con insistenza nella formazione.

13 Cf Imitazione di Cristo , I, XIII, 1.

14 Cf S. Agostino, Le Confessioni VIII,11.