Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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alle uguali. In un caso o nell’altro è sempre carità, si tratta solamente di girare le cose bene, di intenderle bene. Scelta bene una via: la mia vocazione è questa, e quel problema: sono chiamata o non son chiamata non si propone più, fino alla morte. E… Ma adesso ho quella difficoltà, e se mi fossi sbagliata?. Se ti sei sbagliata il Signore aggiusterà lui. Sta’ su, perseverante! Il Signore aggiusta lui, cioè ti premierà lo stesso. La perseveranza è amore costante. Così si deve dire dei propositi fatti negli Esercizi, con l’approvazione del direttore spirituale o della Maestra secondo l’argomento di cui si tratta e del proposito che forse in particolare ha suggerito il confessore, il quale può dire: Adesso hai già imparato a far la meditazione, ora impara a far bene anche l’esame di coscienza. Quindi il proposito è sempre sulla pietà, ma la pietà ha tante parti: l’esame di coscienza, la Visita al santissimo Sacramento, ecc. In sostanza, [stare] ferme sulla strada, sempre, e questo vuol dire amore perseverante, vero amor di Dio. Altrimenti è più una sentimentalità: Oggi tutto questo, domani tutto quello, che praticamente vuol dire: Tutto niente. Stare fermi su ciò che abbiamo riconosciuto più necessario per la nostra anima e che è stato benedetto da Dio con la conferma del confessore e della Maestra e così il tuo lavoro spirituale è fatto nell’ubbidienza. Fermezza!



III
L’ESAME DI COSCIENZA



Tre sono le pratiche di pietà che danno il buon spirito e occorre che prima della professione le aspiranti ne abbiano già acquistato una cognizione teorica e pratica, e cioè abbiano già fatto l’abitudine a far bene l’esame di coscienza, la meditazione e a far bene la Visita al santissimo Sacramento. Se si fa bene la Visita al santissimo Sacramento, nella vita non si è mai soli, si è sempre con Gesù e, anche se mancasse la cappella, c’è Iddio, non
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siamo soli, quindi sempre possiamo parlare con il Signore, sempre aprirgli l’animo e sempre domandare le grazie necessarie giorno per giorno, secondo le circostanze, i bisogni. Chi fa bene la meditazione comincia bene la giornata. Vi sono degli orologi che bisogna caricarli una volta al giorno, al mattino, cioè dare di nuovo quello che si chiama la corda, così la nostra anima bisogna caricarla al mattino, cioè accumulare forza per la giornata con la meditazione. In terzo luogo, è poi tanto necessario l’esame di coscienza. Chi impara l’esame di coscienza impara a dirigersi da sé, e chi non impara l’esame di coscienza non sa mai dirigersi. Chi impara l’esame di coscienza sa anche lasciarsi dirigere, e chi non impara l’esame di coscienza non sa neanche lasciarsi dirigere. Che cosa sia l’esame di coscienza l’avete imparato nei libri ed è descritto anche nel libro delle nostre preghiere dove è detto anche il modo di farlo. L’esame di coscienza va fatto sopra il proposito nei suoi tre punti quando si tratta dell’esame particolare, e cioè sulla parte della mente, della volontà, [del cuore], e allora si esamina il proposito su tutti i tre punti. Vi sono tre specie di esame di coscienza. Vi è un esame di coscienza che si può dire superficiale, quello di coloro che considerano solamente le parole e le azioni, e anche questo lo fanno in modo leggero, breve, di sfuggita quasi, e dimenticano l’esame sui pensieri e sui sentimenti che sono i due punti principali. Allora l’esame di coscienza è superficiale: superficiale l’esame di coscienza preventivo al mattino, superficiale l’esame nella Visita, superficiale l’esame alla sera, superficiale l’esame di coscienza per la confessione, per il ritiro mensile, e così pure l’esame sui vari punti nello stesso corso di Esercizi. [Sono] persone che non si santificano interamente, non santificano cioè tutto il loro essere, fanno qualche cosa, ma sono come chi volesse
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pulire la stanza e dà quattro colpi di scopa di qua, quattro colpi di scopa di là e così, oltre a non togliere l’immondizia, trova ancora la polvere su tutti i mobili. L’esame di coscienza può essere dunque superficiale; [invece] andiamo giù, cerchiamo di leggere nel nostro cuore. Che cosa desidera il nostro cuore? Che cosa invece odia e detesta? Cercare se il cuore è umile o è superbo, cercare se il nostro cuore è generoso o freddo.

A volte si va avanti per dei mesi, degli anni in grande tiepidezza, e non ci si accorge; allora la vita resta noiosa, non si sente più il gusto della vita religiosa. Ancor più riflettere sui pensieri, perché i pensieri sono i semi delle opere, e chi semina grano può raccogliere grano, ma chi semina ortiche raccoglierà ortiche, e chi semina erbacce raccoglierà erbacce, secondo i pensieri che si seminano nella mente. [Così avviene] specialmente se l’aspirante continua a pensare a suo modo e non si uniforma alle idee dell’Istituto, della Congregazione, e non uniforma i suoi pensieri a quelli delle Maestre che dirigono, che hanno l’ufficio di formare l’anima e di formarla paolina. Proprio, riformare i pensieri! [C’è] gente che non ha fede e non si accorge che vive secondo principi naturali, [ha] una maniera di vivere secondo gli uomini comuni, cioè secondo i ragionamenti dei mondani.
La santità del Vangelo, però, è una sola e la santità canonizzata è solo quella del Vangelo. La santa Cabrini1 è venuta in America e si è fatta santa, [perché] ha portato i principi che aveva appreso nella vita religiosa da giovane, e quindi la vera fiducia in Dio, il modo di contare su Dio, di pensare soprannaturalmente. Ecco, perciò, non esami superficiali, ma esami profondi, esame sopra ciò che si dice, cioè sulle parole, e su ciò che si fa, cioè sulle opere. Impariamo a leggere il libro della nostra coscienza: come è il nostro cuore, come è il nostro amore.
Vi è poi un secondo grado di esame di coscienza, quello delle persone che adempiono veramente ciò che è prescritto nelle Costituzioni. A tempo debito, al
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mattino, fanno l’esame preventivo: Che cosa dovrò fare oggi? In quali pericoli mi incontrerò? Con quali persone dovrò trattare? Quale virtù dovrò esercitare in questo o in quel caso? Come mi comporterò nell’ufficio che mi è stato assegnato? Come mi comporterò fuori, quando dovrò conversare con persone estranee, ecc.? Si ripensa ai propositi fatti negli Esercizi e nella Confessione e si applicano alla giornata, e poi si va alla Comunione per ottenere le grazie di adempierli, si fa quindi la meditazione per rafforzare la volontà e osservare i propositi. Questo è l’esame preventivo come è stabilito. Fanno poi l’esame durante la Visita al santissimo Sacramento e l’esame breve alla sera. Quello breve, e in generale quello della Visita, vedo che si fanno beni-no; negli altri tempi, nel fare l’esame di coscienza, voglio direche si corre un po’. È naturale che quando si devono cercare le cause delle nostre colpe bisogna andare a fondo: Ma perché mi accade sempre di aver dispiaceri con le sorelle e di offendermi? Qual è la ragione? Perché in fondo sono superba, oppure manca la preghiera. Vi è inoltre un esame di coscienza che si può dire abituale, non soltanto fissato da tempi stabiliti nelle Costituzioni, ma un esame di coscienza che è frutto della fedeltà alla pratica dell’esame abituale determinato nelle Costituzioni. Ciò che è stabilito nelle Costituzioni ha un fine, cioè un frutto da ottenere: l’abituale riflessione su noi stessi, in maniera che a poco a poco la persona viva come in un abituale raccoglimento e sempre rifletta su ciò che sta per fare, che sta per dire, che pensa interiormente, sui sentimenti che passano nel cuore. È bene cheguardi questo? È bene che ascolti quello? È bene che dica queste parole? Piace a Dio che faccia quest’opera? Per esempio, come devo fare il mio apostolato perché riesca di gradimento a Dio e mi guadagni dei meriti? E questa preghiera, come devo farla? Riflettere alle cose che si stanno per fare e alle cose che si stanno per dire, non solo, ma riflettere sui sentimenti.
Vi sono dei cuori su cui passeggiano tanti insetti, tanti
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animalucci, sono sentimenti un po’ di orgoglio, un po’ di ira, un po’ di sensualità, è tutto un fascio, però non si ascolta. La persona raccolta, la persona riflessiva non è malinconica, è invece una persona lieta che vigila su se stessa, è un’assistente di se stessa. Bisogna sempre assistere noi stessi e riflettere sui pensieri: Quel che sto pensando piace o dispiace a Dio? È conforme o contrario a qualche virtù? La mia mente è raccolta o divagata? Io ho fede viva oppure una fede languida? [Essere] assistenti di noi stessi! La stessa assistenza che si deve fare alle aspiranti e alle novizie deve portar a questo, che ognuna poco per volta divenga assistente di se stessa, altrimenti non si è mai formati. Non si è mai formati se bisogna sempre seguire la persona dovunque va: Chissà se fa bene in quel luogo? Chissà se si comporterà bene se la mando in quel posto? Chissà se non la espongo a pericoli? Chissà se non debba improvvisamente capitarle vicino per vedere che cosa fa o per sentire che cosa dice? Si è formati invece quando si è abituati a riflettere su di noi, ad assistere noi stessi e guidarci. Il pensiero della presenza di Dio: Dio mi vede, vale più della presenza di dieci superiore insieme, quando si è proprio ben formate. Dio mi vede, mi sente, nota tutto quello che faccio. Le persone che sono formate, anche se le mandaste in Australia fanno bene, e se le mandaste invece solo in cucina dove devono lavorare, fanno bene, vivono sotto l’occhio di Dio, perché hanno imparato ad assistere se stesse. [Altrimenti] finché non si è così, non si è formate, si è delle persone che operano per rispetto umano, per la gente che vede, che sente, ma quella non è vita religiosa.
Operare e parlare bene e pensare bene, perché c’è Dio che vede tutto, anche i nostri pensieri e i nostri cuori. Ti vede Dio anche al buio, Dio vede anche ciò che tu pensi: Qui è tutto chiuso, nessuno mi osserva. Ti osserva Dio. C’è un proverbio che dice: Notte buia, pietra nera, sulla pietra una formica nera, Dio la vede, questo vuol dire che Dio vede tutto, anche ciò che
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a noi sembrerebbe che non si veda. Infelice chi incomincia a dire: Qui nessun mi vede, qui nessuno mi sente.
Abituarci ad assistere noi stessi. Questa riflessione sopra di noi è necessaria, perché noi abbiamo tante passioni, abbiamo la fantasia, la memoria, la mente, abbiamo il cuore, la lingua, il tatto. Guidare noi stessi è più difficile che guidare l’automobile. E vado a scuola per imparare a guidare l’automobile, e questo va tanto bene, s’imparerà in poco tempo, ma a guidare noi stessi ci vogliono tanti anni, quanto dura la formazione, cioè quanto dura la preparazione alla vita religiosa. Sarà un gran frutto della preparazione alla vita religiosa se si è riusciti a riflettere su noi stessi e guidare noi stessi.
Se non stiamo sempre attenti, a volte basta un attimo per andare fuori strada, per commettere un errore, uno sbaglio, per commettere un difetto, magari un peccato. Così, se l’autista si addormenta un momento mentre la macchina corre, dove va a finire la macchina? O va a sbattere contro un’altra, o va a sbattere contro un muro, o cadrà nei fossi… o va a sapere! Sempre vigilanti! Gesù diceva: «Vigilate! Sempre. Vigilate et orate»2, vigilate e state attenti. Ora, l’abitudine dell’esame di coscienza frutterà la riflessione su di noi. L’anima allora abituata a riflettere su se stessa conosce i propri difetti, le sue debolezze e quando qualcuno l’avverte: Guarda che hai commesso quel difetto. Lo so, lo conosco anch’io. Mi dispiace, hai fatto bene ad avvertirmi, ti ringrazio, aiutami perché possa correggermi. Altri invece: Ma che cosa mi dici? Che ho commesso quel difetto? Io?. E si fanno proteste e si prende magari a guardare con occhio sinistro chi ha osato avvertirci, perché chi non riflette su se stesso vede solo i difetti degli altri, non i propri. Poveri noi! Quante volte chi riflette su se stesso compatisce di più gli altri. Lei ha questa debolezza, io ne ho un’altra, e se vedessero proprio dentro, quante persone che mi stimano non mi stimerebbero più.
Non ci vuole
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molto a diventare umili, perché noi conosciamo tutta la nostra fragilità. Si leggono delle belle lettere che magari ci lodano e sembra che io abbia fatto miracoli, ma non si sa di che ordine. Che miracoli hai fatto? [Hai lasciato] cadere tutta la pila di piatti che portavi. Invece una resta indifferente, tanto Dio sa tutto, non conta, non ci esalta proprio niente [ciò che dicono gli altri], e non si turba neppure quando riceve un rimprovero, un richiamo, oppure anche [quando] le si attribuisce un difetto che non ha: Questo proprio non l’ho fatto, ma vada per ciò che non hanno veduto, sarà in penitenza di ciò che è stato nascosto, e va avanti con tranquillità. Per poco che riflettiamo su di noi vediamo tali e tante cose che ci viene proprio nel cuore una grande carità verso gli altri, un grande compatimento, non ci stupiamo più di nulla: Se il Signore non mi avesse tenuto la sua mano sul capo, io ne avrei fatte delle più grosse di quella persona, il Signore con me è stato misericordioso. E questa ha questo e quell’altro difetto, se mi metto a far l’elenco dei miei difetti, basterà un quaderno?
Non arrivate poi a questa esagerazione di voler dire in confessionale tutti i difetti, altrimenti comincereste al mattino e alla sera sareste ancora lì. Dunque ciò che importa è di aver la volontà ferma: detesto tutti i miei difetti anche quelli che non conosco, mi accuso di tutti i peccati della vita passata, anche di quelli che non conosco, tutto ciò che è dispiaciuto a Dio dispiace anche a me. Quindi adesso compatisco gli altri, adesso cercherò di togliere prima la trave dal mio occhio e poi dirò al fratello, alla sorella: «Permetti che tolga dal tuo occhio la pagliuzza»3. C’è gente che parla parla, e sembra che sia come un mulino, prima di aver parlato non sa che cosa deve dire, mentre dice non sa che cosa si dica, dopo che ha parlato non sa che cosa ha detto. Eh, un po’ di riflessione!...
Domandate questo: riflettere. Altrimenti nella preghiera si fantastica e non si prega, le nostre cose restano
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1 Francesca Saverio Cabrini (1850-1917), nativa di Sant’Angelo Lodigiano, religiosa e missionaria tra gli emigrati italiani all’estero, fondatrice delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù. Canonizzata nel 1946.

2 Cf Mt 26,41: «Vegliate e pregate».

3 Cf Lc 6,42.