2. LA BONTÀ E L’APOSTOLATO1
Nell’anno consacrato a Gesù Maestro2, qual è la penitenzapiù conveniente per il tempo di Quaresima? È quella di praticare la bontà, la quale è frutto di carità. Nel Vangelo leggiamo che il Maestro divino «non spezzava la canna già incrinata e non spegneva il lucignolo fumigante»3, cioè che stava per smorzarsi, ma sapeva incoraggiare tutti e, anche se v’era una semplice scintilla di buona volontà, faceva sì che quella scintilla potesse un giorno dar luogo a un fuoco ardente, a un incendio di bontà, di carità. Perciò, quale penitenza? Rassomigliare al Maestro divino in questa bontà. Che cosa sia la bontà è più facile capirlo che dirlo. La bontà è il fiore della carità, cioè nasce da un amore soprannaturale a Dio e alle anime, alle sorelle, agli uomini. Un amore soprannaturale vicendevole fra le varie persone che sono in casa, specialmente trattandosi di Figli e Figlie di San Paolo, il grande maestro della virtù della carità, della carità paziente, benigna, non invidiosa, ecc.4.
1. La bontà! Per le suore vi è una divisa: è l’abito che portano, l’abito esteriore, per cui si distinguono dalle altre persone e dalle altre istituzioni di suore. Ma questa divisa esteriore dovrebbe ricordare una divisa interiore. E propriamente la divisa delle Figlie di San Paolo dovrebbe essere questa: la bontà
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d’animo. La bontà d’animo suppone la carità e ha tanti frutti e tante manifestazioni. Essere buone! Buone nei pensieri: pensare bene; e buone nei sentimenti: desiderare veramente il bene; buone nelle parole: parlare in bene, con bontà, non condotte dalla passione o dal capriccio, ma con bontà; operare il bene, cioè fare quello che la carità richiede.
Vi sono due capitoli delle Costituzioni da leggersi bene, specialmente in tempo di Quaresima, quello che parla dell’umiltà e quello che parla della carità vicendevole5. Dell’umiltà: mettetevi all’ultimo posto, quindi cercare quello che è più umile nel posto, nella posizione, nell’ufficio, nella sottomissione. Dobbiamo allontanare quel difetto di non volersi sottomettere l’una all’altra. Alle volte questo avviene anche nei singoli reparti, non si vuol dipendere l’una dall’altra e non si accetta nessun consiglio, fosse anche il migliore. Si danno delle testate, perché si vuol fare ciò che è nella nostra mente, e qualche volta l’idea, il pensiero non è esatto.
Ci vuole bontà! Sempre felici se altri ci insegna, se altri ci avverte, se altri ci indica vie migliori. Questa bontà, praticamente, è poi quella che forma l’unione e l’unità dell’Istituto, perché i principi generali sono fondamentali, ma nella vita pratica, quotidiana, questa unione e unità dipendono dalla bontà d’animo. Far del bene: guardarci dal chiuderci nell’egoismo, dal voler fare quel che si vuole, quel che si pensa, quello che è nelle nostre intenzioni, dal fissarci sopra qualche cosa: questo è egoismo. Occorre che noi abbiamo occhio a quello che vuole Dio. È ottimo quello che è conveniente in Congregazione e quello che porta noi all’umiliazione, alla cooperazione vicendevole.
Questa bontà d’animo si deve poi manifestare nelle parole: «Non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati»6, [ossia] si manifesta nel trattamento. L’essere troppo loquaci o troppo muti sono difetti che vengono dall’amor proprio. Vigiliamo se in noi domina il Signore o se domina l’io che non lascia più posto a Dio. E può darsi che non lasci neanche posto a Gesù nella Comunione, perché egli viene per
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portarci i suoi beni, ma se noi abbiamo già la mente e il cuore occupato da capricci e abitudini prese, allora non c’è più posto per Gesù. Gesù non può dirci più niente, non può darci le sue grazie per progredire.
La bontà poi deve manifestarsi man mano che si va avanti negli anni. Sempre bisogna pensare e riflettere: se noi trattassimo gli altri bene, se avessimo bontà con tutti, le nostre giornate sarebbero più liete, vi sarebbe più ottimismo, non capiterebbe quell’accasciamento e scoraggiamento che talora ci sopraffa. Bontà! Vi è da dare un avviso? Darlo con bontà. Vi è da prenderlo? Prenderlo con bontà; sempre la bontà! Questo poi è da applicarsi in modo particolare nelle conferenze, nelle esortazioni e consigli: riceverli con bontà, non con animo contrario, con animo ribelle. Questo già ci dice che non siamo con Dio, perché: «Chi ascolta voi, ascolta me; chi non ascolta voi non ascolta me»7. Dobbiamo emendarci. Non diamo tanto facilmente la colpa all’una o all’altra, ma facciamo noi l’esame di coscienza su ogni punto. Vi può essere chi non sa umiliarsi e chi vive di egoismo, ma vi è anche chi sa umiliarsi e sa vivere di amore soprannaturale a Dio, alle anime e specialmente alle sorelle. Quindi in Quaresima facciamo progredire questa bontà.
2. In secondo luogo: la bontà nell’apostolato. Ognuno ha il suo posto in quello che è il secondo fine della Congregazione. Allora, bontà! Portare come contributo tutto quello che possiamo; quello che abbiamo di esperienza, di intelligenza, di forze, portarlo. Bontà! Guardarsi dall’essere di quelle che stanno a guardare le altre, bisogna che vediamo quello che portiamo noi. Per parte mia, do quanto posso dare? Mi applico con l’intelligenza, con la mente, con le forze fisiche, con l’affetto, l’amore, la generosità del cuore, l’energia della volontà? Guardarsi dagli individualismi, dai campanilismi che sono i nemici della carità. Dare invece, sempre dare. Questo è il senso della parola di S. Paolo: «Vi è più felicità nel dare che nel ricevere»8. Darsi! Quando una si chiude in sé, pensa come vuole secondo il suo individualismo, sottrae alla Congregazione,
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perché sottrae le forze e commette un peccato che è contro la socievolezza, la vita comune. Naturalmente non si ruberanno i soldi della Congregazione, ma le si toglie quello che noi tutti in coscienza le dobbiamo dare, secondo la nostra salute, la nostra energia, intelligenza, posizione, abilità e tutto quello che in sostanza possiamo dare. Aveste anche portato milioni e poi sottraete le energie…, riprendetevi i vostri milioni e andate a darli ad altri9.
Dare noi stessi è importante: la nostra volontà, le nostre forze. Abbiamo nell’Istituto innumerevoli mezzi per contribuire al suo bene e a quello delle anime. Siamo in una vocazione felice. Donarsi generosamente! E non mettere ostacoli, non fare eccezioni o esimersi dall’apostolato, specialmente di redazione o di propaganda. Donarsi, essere buone, industriose. Sempre più la propaganda collettiva: sempre più sapienti nell’apostolato cinematografico, particolarmente in quello che riguarda il noleggio e l’istruzione alle case, perché possano profittare delle esperienze altrui, degli insegnamenti altrui. Donarsi!
3. In terzo luogo è utile che riflettiamo un poco sopra ciò che ancora possiamo fare [anche] solo in minima parte. Il Papa ha stabilito una Commissione pontificia per la cinematografia, la radio, la televisione10, con lo scopo di coordinare le forze dei cattolici, di promuovere l’azione e renderla sempre più forte. Noi siamo tenute all’apostolato, e questi apostolati entrano nelle nostre Costituzioni11. Sappiamo quanti pericoli vi sono, e quanto il male sa utilizzare i mezzi moderni, e noi dobbiamo portare il nostro piccolo contributo. Per far fronte a tutto occorrerebbe portare un grande contributo, noi portiamo il contributo piccolo dell’azione e quello grande della preghiera. I nemici sono forti, potenti. In questo senso noi non li eguagliamo, ma anche il sassolino può atterrare la statua del gigante con il piede
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d’argilla12. Tante cose si erigono contro il bene, ma hanno i piedi di creta...
Perché il santo Padre ha costituito questa Commissione pontificia di cui ha nominato i membri, e perché vuole che operi? Da anni gli ultimi Pontefici ci invitano a vigilare sopra il cinema, la radio e ultimamente sulla televisione13. I cattolici hanno fatto qualche cosa, ma troppo poco rispetto al bisogno. Vi sono oggi ventimila sale cinematografiche nel mondo. Si sono costituite iniziative per i noleggi e anche per la produzione; vi sono stati tanti tentativi e riunioni di cattolici. Molti di questi si obbligano ad astenersi da spettacoli non buoni e a favorire quelli buoni. Ma intanto si producono annualmente quasi tremila pellicole e di queste, quante se ne possono vedere? I due terzi non si potrebbero vedere da nessuno. Dell’altro terzo, una metà si può vedere solo da adulti e l’altra metà da tutti. Ecco come stanno i cattolici di fronte al grande movimento cinematografico.
Quanto alla radio, vi sono cinquecento emittenti nel mondo che ogni giorno, per tante ore, predicano e parlano. Ma la maggior parte di queste emittenti, molto spesso, non ha rispetto né per la Chiesa, né per Gesù Cristo, né per la legge naturale. E quanto odio di classe seminano, quanto odio fra le nazioni! Le loro dottrine sono contrarie alla famiglia, all’amore cristiano. Quante volgarità, sciocchezze, cose scandalose! Radio che si fanno sentire in tutte le case, anche dai bambini e da persone che avrebbero ancora delicatezza di coscienza. Quanto c’è da fare e da pregare!
La televisione poi assomma i pregi e i difetti del cinema e della radio, come sono il cinema e la radio così sarà la televisione. Allora, secondo l’invito del Papa, bisogna che pensiamo a questi grandi problemi così necessari e difficili. Occorre bontà, cioè pensare a quante anime vengono guastate e condotte sulla via della perdizione.
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Il vostro apostolato sia tutto ispirato dalla bontà, dall’amore alle anime. Pregare e operare sempre in umiltà, sapendo che il Signore ci chiede ciò che possiamo fare e ci dà grazia di poter fare quello che è troppo difficile per noi. Il Signore può fare in modo che nel mondo questi [nostri] mezzi di comunicazione del pensiero siano più forti, più potenti, coprano la voce del male. Preghiamo tanto. Quando si è in adorazione, non si fa apostolato minore di quando si è in propaganda
o si lavora nella parte tecnica; le braccia incrociate, quando fanno l’apostolato della preghiera, operano più che le braccia occupate nel lavoro stesso.
Che Iddio sia sempre con noi, ma che abbiamo questo cuore impastato di bontà. Le Figlie di San Paolo si rivestano di bontà in maniera tale che si possa dire: La loro divisa è quella di S. Paolo, la carità descritta da lui: «… paziente, benigna, non insolente, non orgogliosa, ecc…». «Chi piange che io non ne soffra? Chi si rattrista senza che io venga a consolarlo?»14. Sempre la carità di S. Paolo.
La statua di S. Paolo ce lo rappresenta con la mano sul petto, quasi a indicare: «Chi mi separerà dalla carità, dall’amore di Gesù Cristo?»15. «Mi sono fatto tutto a tutti, appunto per amore di Gesù Cristo e delle anime»16.
In questo tempo di Quaresima, allora, mettiamo in prima linea: Mea maxima poenitentia: charitas, bonitas, longanimitas17, e tutti quei caratteri che S. Paolo scrive riguardo alla vera carità. Soprattutto non sottrarre mai le forze all’Istituto, questo non solo sarebbe mancare di carità, ma mancare di giustizia. Dobbiamo portare il massimo bene alla famiglia [religiosa] da cui riceviamo tutti i beni, cominciando dal pane fino alla Comunione, al Vangelo, alla vita eterna. Tutto si riceve in Congregazione, perciò si dia tutto. Questa è la vera bontà. Il divin Maestro ci dia il suo spirito di mitezza e di umiltà, ci dia il suo spirito interiore. La nostra bontà non sia semplice esteriorità, fatta di complimenti e di sorrisi, ma sia la bontà che salva, che
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si spende, che aiuta, che soccorre e si fa tutta a tutti: bontà di vere sorelle!
In Congregazione si possono sopportare tante cose, ma non bisogna sopportare le mancanze di carità. Le superiore correggano, richiamino e, se si tratta di membri ostinati, tagliarli fuori. In Congregazione non sopportare mancanze di carità, perciò tutti esaminarci bene, perché «mentre si vuole togliere la pagliuzza dall’occhio del fratello e della sorella non dimentichiamo la trave nel nostro occhio»18. Oh, la bontà di Gesù! S. Ambrogio19 un giorno fu rimproverato così: Dicono che sei troppo buono, che perdoni subito a uno che si pente e mostra una lacrimuccia, sei troppo largo con i poveri e non distingui i veri bisognosi dagli altri, da quelli che non meritano l’elemosina. E S. Ambrogio rispose: Rispondete a quanti mi accusano di queste cose, che Ambrogio si sforza sì di essere buono, ma ancora non ha raggiunto la bontà di Gesù e vorrebbe tanto raggiungerla!.
Ora, propositi e preghiera.
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1 Meditazione in dattiloscritto, carta pesante, manifesti Sampaolofilm, fogli 8(17,5x22), tenuta a [Roma] il 2 marzo 1955. Secondo la cronistoria di don Speciale(1955, p. 1763), al mattino il Primo Maestro tenne la meditazione alla comunitàdi via Antonino Pio. Al pomeriggio andò a Grottaferrata e predicò alle Figlie di San Paolo il ritiro con due meditazioni. Di qui la tematica simile. Sr Epifania Maraga (1919-2007), poiché l’argomento trattato è il medesimo, ritiene che la prima meditazione sia un’elaborazione del ritiro di Grottaferrata e allega un foglio dovedice: “Queste tre sono state molto e molto cambiate, perciò non tenerne conto. Vedi originale”. Secondo la ricerca fatta si tratta invece di tre meditazioni distinte: unatenuta al mattino a Roma e due tenute a Grottaferrata nel pomeriggio. Le curatricidei dattiloscritti successivi hanno messo come titolo: “La bontà e l’apostolato”.
2 Cf Meditazioni varie 1955, n.1, nota 2.
3 Cf Mt 12,20.
4 Cf 1Cor 13,1-13.
5 Cf Costituzioni della Pia Società Figlie di San Paolo, ed. 1953, artt. 163-175.
6 Cf Lc 6,37.
7 Cf Lc 10,16.
8 Cf At 20,35.
9 L’espressione di Don Alberione è molto significativa per la vita religiosa,perché a Dio si deve dare soprattutto quello che si è, prima di quello che si ha.
10 La Pontificia Commissione per il cinema, la radio e la televisione fu istituitada Pio XII con Statuto del 16 dicembre 1954, come organo della Santa Sede per lo studio dei problemi di questi mezzi che hanno attinenza con la fede e la morale.
11 Cf Costituzioni della Pia Società Figlie di San Paolo , ed. 1953, art. 2.
12 Cf Dn 2,34.
13 Il 30 gennaio 1948, con Lettera Prot. N. 153.561, della Segreteria di Stato di Sua Santità, veniva istituita la Pontificia Commissione di Consulenza e di revisione ecclesiastica dei film a soggetto religioso o morale. In pari tempo venivano nominati il presidente e quattro membri. Questa minuscola Commissione dava inizio ad una nuova pagina di storia dell’attività pastorale e culturale della Chiesa.
14 Cf 2Cor 11,29 (Volgata).
15 Cf Rm 8,35.
16 Cf 1Cor 9,22.
17 Mia massima penitenza: la carità, la bontà, la longanimità.
18 Cf Mt 7,4-5.
19 Ambrogio (c. 340-397), arcivescovo di Milano, Padre e Dottore della Chiesa. Vero pastore e maestro, scrisse opere liturgiche, ascetiche, commentari sulla Scrittura. È considerato il padre della liturgia ambrosiana.