Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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8. MARIA ASSUNTA1


[I. Maria modello di confidenza in Dio]



Come dall’Introito del giorno2, che è molto bello, Maria è assunta in cielo. S. Giovanni, secondo le parole di Gesù sul Calvario, ebbe in custodia Maria: «Ecco tua Madre»3. Maria [però] era già scomparsa dalla terra, passata all’eterno riposo, quando Giovanni ebbe la visione: «Un’apparizione in cielo: una donna splendente come il sole», che indica la grazia, come un prisma di cristallo che risplende tutto penetrato dal sole; «con la luna sotto i piedi», [simbolo] dei mutabili, degli stolti che mutano ogni giorno, ogni ora, anzi ogni momento; ma la luna è posta sotto i piedi di Maria. «Con dodici stelle sul capo», che raffigurano le dodici virtù4.
Gli Apostoli, volgendo gli occhi al cielo, videro gli angeli che venivano ad incontrare Maria; non c’è stata per essi maggior festa da preparare che quella dell’Assunzione di Maria in cielo.
Qualcuno invece di salire discende, invece bisogna ascendere per virtù di Maria. Ci vuole molta fiducia in Dio, in Dio che lavora l’anima; i propositi sono atti di amor di Dio, ma sovente sono troppo appoggiati al nostro buon volere che è sempre debole. Confidare di più nella grazia di Dio, è il Signore
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che fa i santi. Se un’anima progredisce è lo Spirito Santo che la lavora, [mentre] il confidare in noi è egoismo, è un insulto fatto a Dio, è un errore di tattica, è come dire: Voglio lavorare da me, anche senza dir parole, perché siamo fatti così, ci appoggiamo sul nostro io, e facciamo ridere il paradiso.

Maria è santissima, la sua ascesa, il suo cammino ascendente l’ha iniziato dall’immacolato concepimento, e ciò vuol dire che Dio l’ha preparata, e da Dio fu colmata di grazia.
Noi ci facciamo santi, perché lo vogliamo noi? Tutto è di Dio! Maria ha avuto la pienezza dell’infusione dello Spirito Santo fino all’ultimo privilegio che fu l’assunzione. Tutto è di Dio: Maria è stata da Dio assunta in cielo.
Necessità quindi di confidare in Dio. Il Signore priva di grazie certe anime e certe altre le penetra con la sua grazia, le eleva, entra in quelle anime con la luce, con la forza o con il trasporto. «Nessuno viene a me, ossia si fa santo, se il Padre mio non lo attira»5, non lo eleva, non gli manda lo Spirito Santo. Abbiamo sempre di mezzo il nostro io: Io faccio, io propongo, io dispongo; tutto ciò è zero, ci crediamo qualche cosa e facciamo solo ridere. Il nemico nostro è la confidenza in noi, e il gran segreto dei santi è la confidenza in Dio, che dà la luce, la grazia di capire, dà la volontà e il compimento dell’azione: non c’è niente, né buona volontà, né progresso chenon venga da Dio. Un bel pensiero? È venuto da Dio. Siamo persuase che se Dio non ci avesse create, noi non ci saremmo? Ora, nella santità è tanto più vero, immensamente più alta e più vera questa verità. Sono niente, niente, niente, sono carica di debiti con Dio e con tutti. Il proposito che facciamo è già di Dio, e se farò qualche passo nella virtù è Dio che mi aiuta a farlo. Nessuno cammina nella santità, «se non lo attira il Padre mio». Dobbiamo dire a Gesù che supplichi per noi il Padre, perché ci attiri.
Considerare il progresso di Maria che fino all’ultimo passo, in tutta la vita, fu un prodigio di grazia. Condannare la fiducia in noi che ci acceca e ci fa sbagliare strada, [perché] c’è l’errore di partenza e di tattica. Diciamo da una parte che vogliamo
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farci santi e dall’altra non ci moviamo, perché è l’orgoglio che ci domina: crediamo di pensare, certe volte di insegnarla lunga agli altri e diciamo: Mi metto, vedrà. Che cosa vedremo? [Vedremo] fare un capitombolo più grosso del primo, come il sasso che staccato dal monte dopo il primo metro ruzzola più forte, dopo il secondo con più velocità, e man mano che precipita, la velocità sarà sempre maggiore6.

La volontà è dono di Dio, è di fede; noi in pratica siamo degli eretici e condanniamo gli eretici che negano l’aiuto di Dio che è la grazia, la vita soprannaturale, così che secondo loro l’anima non si santifica; ma noi sappiamo che l’anima si mette il mantello dei meriti di Gesù Cristo, e il Padre vede solo quello. Siamo degli eretici praticamente, si vive come se il bene fosse fatto da noi, non crediamo che tutto viene da Dio; [invece] i doni dello Spirito Santo, le virtù teologali: fede, speranza e carità, la grazia, tutto viene da Dio. Si legge nella storia di una vocazione che quella persona tutto aveva fatto lei; e Dio che fa? Condanniamo questa fiducia in noi e crediamo alla fiducia in Dio? E che la confidenza in noi è il grande nostro nemico? Ci vuole però che l’Assunta ci prenda e ci porti alla confidenza in Dio.
Ciò non significa stare inoperosi, ma non opporsi a Dio, mettere l’umiltà. Ognuna deve pensare a sé: io ho l’apostolato della vita interiore, perciò gli altri non c’entrano, non guardiamo agli altri, ma a noi. Abbiamo la cappella piccola e non restringiamo ancora il posto a Gesù, se il mio apostolato principale è la vita interiore e bado solo a quello, sono nella via della Madonna. La nostra condotta è sempre nella silenziosità operosa per prendere da Dio? Ciò vuol dire che si deve avere umiltà e fede, vuol dire che se annullo il mio essere, avrò Dio con me. Questo apostolato è concesso a certe anime. Come si preparò Maria? Chi fece suonare l’ora dell’incarnazione che tardava? Maria con la sua vita interiore; ella pregava e Dio lavorava la sua anima.
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Poi vi è l’apostolato della sofferenza. Ci sono anime che devono essere immolate su questo altare, [perché] nelle anime vi sono talvolta cose misteriose con sfumature diverse. Gesù, che vuol preparare ad ognuno un bel posto in cielo, ha creato le anime in maniera diversa, con lo stesso spirito, come dice S. Paolo, ma con la diversità nell’operazione che è dallo Spirito Santo7. Vi sono anime che soffrono molto più di altre che soffrono in un letto: non è uguale la sofferenza di chi soffre nel cuore pene interne. Queste soffrono di più, un martirio interno che nessuno conosce, come Maria e se Maria è la regina dei martiri, lo è per il suo martirio, per la sofferenza sconosciuta agli altri.
Apostolato dell’esempio. Cosa vogliamo fare con le chiacchiere a destra e a sinistra, se prima non precede l’esempio? Possiamo anche dare il resoconto in cifre a fine d’anno alla Prima Maestra, ma queste cose esterne non significano che si sia perfette Figlie di San Paolo; lo si è invece se ci si regola secondo le Costituzioni e l’indirizzo della Prima Maestra. Diceva una suora: Ora mi sono accorta che il mio direttore spirituale sono le Costituzioni. Se si leggono […]8, si vede come governare se stessi, si vede ciò che è scritto sulla carità vicendevole, sulla povertà, sull’obbedienza, ecc. Tutto è apostolato.
Quante volte si sente dire: Io ho niente da fare; e c’è tutto da fare! Ognuna deve sentirsi nella solitudine davanti a Dio e chiedersi: Io faccio il mio dovere nella parte che il Signore ha riservato a me? Guardarci tanto dalla stima degli altri e dal giudicare gli altri. Efficacissima è la preghiera. Nel mondo soprattutto che cosa manca? L’orazione o l’attività? Non tanto l’attività esterna, ma lo spirito di preghiera. Ciò che salverà il mondo è la vita interiore, la vita di Dio che si ottiene con la preghiera. Gesù solo per tre anni fece l’apostolato esterno, ma esercitò le virtù nascoste quotidiane nei trent’anni di vita privata. Esercitare le virtù interne. Egli credeva un dovere abbandonare Maria per attendere alle cose del Padre suo. Quando esercitiamo la vita interiore, interviene l’angelo a difendere
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l’apostolato. Vita interiore con l’esempio, la sofferenza, la preghiera. Poi viene l’apostolato delle edizioni. L’interiorità precede la vita esteriore: fiducia in Dio, fare ciò che Dio vuole da noi, non la mia, ma la volontà di Dio, e così si andrà a Dio. Entri bene nell’anima: Da me nulla posso, con Dio posso tutto, per amor di Dio voglio far tutto, a Dio l’onore, a me il disprezzo9. S. Francesca Chantal10 si fece con un ferro caldo la croce sul petto, non già che noi dobbiamo fare lo stesso: noi non possiamo far niente, è Dio che fa tutto. Fiducia: con Dio posso tutto. Quante anime, vissute dietro le grate, con nessun apostolato esterno, risplenderanno al giudizio e si vedrà il loro apostolato di vita interiore, di esempio, di sofferenza, ecc.

Dice il Primo Maestro che teme di andar via e lasciare come quando è venuto, [perché] è Dio che fa e la sua grazia; [quindi] sbarazzarci del nostro io. Vi sono anime che dicono: Abbiamo troppa vita esteriore, non mi sento di darmi tanto all’attività. Mi pare piuttosto che devi chiudere il tuo cuore, non avere pretese, ma protenderti in avanti e desiderare, operare in modo di andare vicino alla Madonna. Questo è santissimo farlo, ma c’è quel ‘protendersi’ che è falsissimo, quando cioè andiamo fuori rotaie come fa il treno. Le rotaie sono due: diffidenza di noi e confidenza nel Signore; questo ci fa santi, noi dobbiamo solo accompagnare la sua grazia, ci vuole solo la corrispondenza, rettificare le idee, prendere l’io e buttarlo giù dalla finestra per mettere nel cuore Gesù. Siamo dei pazzi, facciamo dei bei propositi, ma poi di lì a un po’ siamo con propositi diversi, perché contiamo su di noi. Contiamo piuttosto sullo Spirito Santo, sull’infusione dei suoi doni. Il Signore distribuì i suoi doni nella Pentecoste come voleva lui. Buttiamo l’io dalla finestra e seppelliamolo che non venga più fuori. I nemici nostri non sono tanto fuori, ma qui in noi. Confidenza in Dio!
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Vi sono anime che al solo pensare che Gesù è con noi sentono l’intimità, sentono di dover dire: Eccomi, che cosa vuoi? Confidare, confidare, confidare in Dio, questa può essere la grazia da chiedere a Maria: da me nulla posso, tutto [posso] in Dio, compiere la sua volontà. Maria disse: «Ha guardato la nullità mia»11; così possiamo dire anche noi: Dio ha guardato il nostro nulla. Ma ella ha lasciato operare Iddio, fu docile nelle mani di Dio, come era docile allo Spirito Santo. Lasciamoci lavorare anche noi: Signore, fa’ di me ciò che ti piace.
L’ottava dell’Assunzione sia concepita in questo spirito: lascio lavorare lo Spirito Santo in me, cioè assecondare la grazia, tutto posso in Dio. Poi si termina con la festa del Cuore di Maria, cuore aperto come un calice a ricevere la divina grazia. Quindi sbarazzarsi dell’io, confidenza in Dio, lasciarsi lavorare dallo Spirito Santo. Nessun peccato veniale deliberato in questa casa; che lo Spirito Santo trovi il suo posto, perché se ci siamo noi, non viene lo Spirito Santo. Il nemico è in noi, l’amico è Gesù nel tabernacolo, e ricevendolo ogni mattina, gli faremo posto in noi. Il Signore ha pietà di chi vuole, per mezzo di Maria, chiedere vivamente questo sbarazzarsi dell’io per fare posto a Dio.


[II. Camminare nel fervore come Maria]


L’Assunta porti anche a noi il desiderio di andare a godere con lei, vicino a lei, in quella patria beata. In paradiso nulla entra di macchiato, quindi ci vuole la purezza, l’immacolatezza del cuore [che si raggiunge secondo uno di questi] metodi: il preventivo che non aspetta che si faccia il male per castigarlo o per correggerlo, ma lo previene per evitarlo; il metodo positivo che comprende non solo la parte negativa: non fare il male, ma [anche] compiere il bene; e il metodo attivo che si studia di compiere il maggior bene possibile.
Il paradiso è il premio, ma c’è chi avrà meritato di più e chi di meno; non tutti godremo allo stesso modo e, se in cielo
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si potesse piangere, ma [là] non si piange più, sarà per i meriti perduti, ossia per aver trascurato le occasioni di esercitare le virtù. Ora nelle Famiglie Paoline c’è la tendenza di chiedere: Mi lasci fare il voto del più perfetto, o il voto di progredire ogni giorno. [Andare] adagio con i voti, la promessa [si può fare], ma ci vuole fortezza, generosità e soprattutto umiltà, perché il Signore concede agli umili le sue grazie. Proponiamo di schivare ogni venialità; delle debolezze o fragilità ne commettiamo tante, anche i santi non ne andavano esenti, ma è lo stato di fervore che conta nella vita religiosa e ci fa fare tanti meriti.

La santa Madonna era Immacolata, era fervorosa, era generosa, come lei dobbiamo praticare queste virtù perché Gesù abbia a deliziarsi del profumo delle viole, dei gigli e delle rose che trova in noi. Per fare ciò, come ho ricordato ieri, togliere da noi il male, buttar tutto nella pattumiera e fare il posto a Dio che lavora le nostre anime. Diffidiamo di noi e confidiamo in Dio per potere alla fine della vita andare a godere con Maria nostra madre la beatitudine eterna. Ciò che ritarda il nostro ingresso in cielo sono le venialità, la tiepidezza: è l’essere attaccati alla terra, a noi stessi curando troppo i nostri piccoli mali, è l’essere appiccicati che impedisce di volare al cielo, perciò cuore puro! Impressionandoci troppo e arrestandoci davanti alle difficoltà, non camminiamo in avanti. Abbiamo giurato amore eterno a Dio, [quindi] andare fino in fondo per trovare lui solo, e sempre in tutto solo lui. Al fomite della concupiscenza, all’attaccamento all’orgoglio, all’invidia, alla lussuria, ecc., a questi vizi opporre le virtù: i gigli di purezza, le viole dell’umiltà, le rose della carità, non solo non avere certi sentimenti contro la carità, ma pensieri santi, desideri di bene. Com’è consolante quando alla sera ci si trova con la giornata piena nell’esercizio delle virtù, dell’umiltà e della carità, anche se non ci sono state occasioni di male, perché non occorre che ci siano per praticare le virtù. Chiediamo in questa ottava dell’Assunta, che si conclude poi con la memoria del Cuore Immacolato di Maria, un cuore puro, staccato da tutto, e soprattutto l’umiltà che ci fa vivere di Dio, mentre l’orgoglio ci allontana da Dio.
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1 Ritiro, due meditazioni, in dattiloscritto, carta vergata, fogli 3 (prima meditazione), fogli 1 (seconda meditazione), formato (21,5x28), tenute il 15 e il 16 agosto1955. Non è indicato il luogo. Dalla cronaca di don Speciale tuttavia, risulta che nel giorno dell’Assunta il Primo Maestro andò a Napoli e tenne il ritiro (1955, p. 1881). Per questo la meditazione del 15 e del 16 sono da considerarsi parte del ritiro. Ciò è probabile, perché la macchina da scrivere usata per i dattiloscritti è la medesima. Il contenuto della seconda meditazione è piuttosto breve.

2 Cf Ap 12,1: «Un grandioso prodigio è apparso nel cielo: una donna ammantata di sole, sotto i suoi piedi si trovava la luna e sul capo di lei una corona composta di dodici stelle».

3 Cf Gv 19,27.

4 Prendendo spunto dal versetto dell’Apocalisse, vari santi hanno visto nelle dodici stelle più i privilegi che le virtù di Maria. Ad esempio cf S. Bernardo, Sermo de 12 praerogativis B.M.V. ex verbis Apoc. XII .

5 Cf Gv 6,44.

6 L’espressione usata dal Primo Maestro richiama un principio della fisica già affrontato da Aristotele e matematizzato da Galileo Galilei: Motus in fine velocior: Il moto è più veloce verso la fine.

7 Cf 1Cor 12,4-6.

8 Originale: il capitolo del governo.

9 Invocazione che Don Alberione ereditò dalla spiritualità di S. Francesco di Sales, cambiando l’ultima espressione “ a me l’umiliazione” con “a Dio l’onore, a me il paradiso”. S. Francesco di Sales (1567-1622), vescovo di Ginevra, Dottore della Chiesa, predicatore della fede, autore di opere di spiritualità.

10 Giovanna Francesca Chantal (1572-1641). Rimasta vedova si fece religiosa, e sotto la guida di S. Francesco di Sales diede inizio all’Ordine della Visitazione.

11 Cf Lc 1,48.