VII
LA VOCAZIONE
[147] 1. Cos'è la vocazione. Considereremo semplicemente la vocazione allo stato religioso, perché vi è una chiamata generale di Dio al paradiso e che tutti hanno.
Il Signore destina tutti gli uomini al paradiso, ma chi per una strada e chi per un'altra. Vi è distinzione: alcuni sono chiamati per la via comune dei comandamenti, altri per la via speciale dei consigli evangelici. La via dei comandamenti comprende l'osservanza dei precetti di Dio e della Chiesa; la via dei consigli è quella che comprende l'osservanza di cose che non sono necessarie, ma che servono a far guadagnare più meriti e quindi un posto speciale in paradiso. I consigli evangelici sono parecchi, ma i più importanti sono specialmente tre: povertà, castità, obbedienza, esercitati nella vita religiosa. All'osservanza [148] | della castità, obbedienza, povertà, tutti i cristiani sono tenuti in qualche modo. Una figlia è obbligata ad obbedire ai genitori; ognuno è obbligato ad osservare la castità secondo il proprio stato; alla povertà, a distaccare il cuore dalle cose del mondo e darlo a Dio, sono tutti obbligati. Ma nella vita religiosa queste tre virtù sono più perfette, perché sono scelte anche per voto. Voi avete grande stima dei voti e anche nel mondo se ne ha grande stima. Si sa che il voto essendo libero è assai più gradito a Dio. In religione si fa voto di ognuna di queste tre virtù, ma se si manca [ad esempio all'obbedienza]1 si fa mancanza doppia, perché si manca alla virtù dell'obbedienza e al voto religioso. Se però si osservano questi voti si ha anche doppio merito, uno per l'osservanza della virtù cristiana e l'altro per l'osservanza della virtù della religione, cioè per il voto. Tutto quello che si fa in religione per questo motivo ha doppio merito. Se una religiosa fa tutto quello che fa una figlia pia nel mondo, ad esempio nell'Azione Cattolica, ha sempre doppio merito, per il voto religioso, e così in tutto quello che fa sia che preghi, che
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lavori, che dorma, sia in ricreazione o a passeggio, perché non elegge per volontà propria né orario, né ufficio, ecc., ma fa tutto per obbedire ai superiori che dispongono ogni cosa secondo la volontà di Dio.
Altro vantaggio è che queste tre virtù nella vita religiosa sono più strette; in famiglia, per esempio, l'ubbidienza riguarda certe cose, ma sottomettere il giudizio, fare a puntino l'orario è solo [149] | della vita religiosa. In religione vi comandano sì, ma il comando è più completo, perché è secondo le Regole approvate dalla Chiesa, ed è dunque il meglio che una figlia possa fare, mentre quel che comandano i genitori, sarà anche buono, ma non sempre è il meglio. In religione vi è l'orario che vi manda alla Visita ad un'ora fissa, alla confessione settimanale, al ritiro mensile: tutto è determinato nelle Regole della pietà. Nella vita religiosa l'obbedienza è più perfetta, perché vi comanda cose più perfette e, osservandole, siete sicure di farvi sante, mentre in famiglia se una figlia vuol farsi santa, bisogna che scelga lei i mezzi più adatti per raggiungere la santità.
La vita religiosa importa un altro vantaggio: l'osservanza della virtù per tutto il giorno, ad ogni momento. Nella giornata della suora tutto dev'essere per Dio, tutto regolato, mentre nel mondo una figlia determina da sé, ad esempio, se deve andare a Messa, l'ora in cui andrà, il lavoro che farà poi, ecc.; determina, sceglie lei. Neppure la forma dell'abito o delle scarpe può scegliere una religiosa, ed è proprio per questo che i secolari dicono: C'è troppo rigore, è come in prigione!. Se ci facciamo schiavi di Dio, non c'è niente di più libero della soggezione ai legittimi superiori. La vita religiosa è la vita più libera, è il meglio. Inoltre tutto ciò che si fa in famiglia riguardo al lavoro non ha fine di apostolato, come avviene nelle famiglie religiose di vita mista2.
[150] | La vita religiosa deve essere scelta volontariamente e ci sono le prove anche prima di venire. Bisogna far domanda prima di venire e si esige tanto di contributo materiale, sia pure il solo corredo, che dimostri la volontà libera di entrare. Ci sono sei mesi di probandato, un anno di noviziato, in cui si dà prova di voler andare avanti nella perfezione, tre anni di voti annuali, due di voti biennali, quindi vi sono circa sette anni in cui si decide
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liberamente e si dice alfine che si è decisi di servire Dio coi voti perpetui, fino all'ultimo respiro.
Abbiamo parlato del voto di obbedienza, ma vi è anche il voto di povertà, per cui si rinunzia alla proprietà di tutto il lavoro che si fa in religione.
Quello che una religiosa riceve non è suo, è della Congregazione; quello che acquista, che produce è tutto della Congregazione; sarebbe come una persona che desse in casa tutto quel che guadagna. Venendo, molte di voi non hanno rinunziato a niente, perché non avevano niente, ma rinunziate a tutto ciò che potrete produrre; questo nel mondo non avviene, perché si può disporre liberamente di ciò che si produce. Una signorina che desse tutto ciò che guadagna ai poveri, è proprietaria di quel che guadagna, lo usa lei come vuole, invece nella Congregazione, nessuna è proprietaria di quel che guadagna o che ha; la proprietaria dei beni della Congregazione è la santa Sede, rappresentata dai superiori. Venendo a cadere la Congregazione, la santa Sede [151] | rimane proprietaria di tutto. In religione non si è proprietari che del merito acquistato con il lavoro fatto, questo merito non può toglierlo nessuno.
La povertà importa che una non possa disporre dell'uso, né dell'usufrutto delle cose. Quando si entra in Congregazione non si deve rinunziare ai beni che si possono avere dalla famiglia, ma si dà alla Congregazione tutto, ogni lavoro che si fa, ogni regalo che si riceve: Questo orologio l'hanno dato a me; è mio. No, se i superiori ti danno il permesso perché ti serve, lo puoi tenere, altrimenti no.
Non si può regalar nulla neanche di ciò che si è portato da casa; ci vuole il permesso. In noviziato poi, se si desse qualche cosa senza il permesso, la donazione è invalida. Se si aveva qualche cosa, bisogna che la Congregazione determini a chi deve andare; si dimostra molto amore alla Congregazione, alla nuova famiglia, mettendo a sua disposizione tutto ciò che si può avere.
È molto diversa la povertà religiosa da quella di chi vive nel mondo; anche un vescovo, un parroco è padrone, amministratore, dispone per testamento di ciò che ha, invece la religiosa no, eccetto che si tratti dei beni che le vengono dalla famiglia, ma questo si deve fare prima della professione. La Congregazione a sua volta dispone per il vestito, nutrimento, abitazione, ultima malattia, sepoltura, posto in camposanto, ecc.
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Il voto di castità. La castità, come si è detto, [152] | è obbligatoria ed è virtù grande per tutti, ma nella vita religiosa è più stretta, più perfetta. La vita in religione è tutelata, perché l'amore di Dio dev'essere frutto della bella virtù, e ciò vuol dire che l'anima non solo rinunzia al peccato, ma a tutte quelle soddisfazioni che potrebbe lecitamente avere. Il suo cuore è tutto di Dio, e Dio la innalza ad uno stato così perfetto e sublime che è simile alla vita condotta dalla beata Vergine Maria, Regina, Vergine e Madre.
La vocazione è dunque la chiamata di Dio a seguirlo in uno stato perfetto con l'osservanza dei tre voti: povertà, obbedienza e castità, nella vita comune. Nessuno può entrare in questo stato senza esservi chiamato e perciò bisogna pregare per conoscere chiaramente la volontà di Dio.
In generale la volontà di Dio che riguarda tutta la vita è la volontà più grave che pesi su di noi. Tutti più o meno hanno qualche cosa da piangere in punto di morte, ma sono rimorsi di falli commessi in poche ore, fosse pure in pochi anni, ma quando si è stati fuori della volontà di Dio tutta la vita, è duro comparirgli davanti al giudizio; dover chiedere perdono di non aver mai ceduto alla sua volontà è doloroso! Quando si entra nello stato a cui si è chiamati è più facile farsi santi, ma quando si entra in uno stato a cui non si è chiamati, tutto è più pesante, tutto è più difficile. Nello stato in cui si è chiamati, ci sarà anche da penare, perché la croce non ci abbandona mai, ma sarà sempre assai meno di ciò che si può penare nello stato in cui non si è [153] | chiamati, perché nel primo si incontrerà la croce, ma insieme Gesù Cristo che aiuta a portarla e la rende leggera, tanto da poter dire con S. Paolo: «Superabundo gaudio in omni tribulatione mea»3.
2. Il modo di corrispondere alla vocazione e i segni per riconoscerla. I segni da cui si vede che si è chiamati da Dio alla vita religiosa sono questi: una grande tendenza alla pietà, al ritiro dal mondo, quei movimenti della grazia che si sentono nel cuore dopo la santa Comunione, dopo gli Esercizi spirituali, dopo una buona lettura, ecc. Non bisogna però fidarsi del tutto di questi segni, ma bisogna manifestarli, siano tendenze o ripugnanze ad
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uno stato o ad un altro. I segni definitivi a cui ci si deve attenere per conoscere la volontà di Dio sono: il consiglio del confessore per ciò che riguarda l'interno, e quello di chi vi guida per quanto riguarda l'esterno.
Allora potete conoscere tranquillamente la volontà di Dio. In questo non hanno diritto a giudicare né i genitori, né i parenti, né amici, perché l'anima è di Dio.
Per conoscere la volontà di Dio, bisogna prima di tutto pregare e il Signore non manca mai di far conoscere la sua volontà a un'anima sincera che preghi. Egli si manifesta, ma non crediamo che ci dica proprio quel che vogliamo noi, a volte ci dice proprio quel che non vogliamo. Inoltre bisogna consigliarsi con buoni religiosi anziani, possibilmente negli Esercizi. Per ultimo rifletterci, pensare specialmente nei tempi in cui [154] | si è maggiormente raccolte, ché allora si è più disposte a sentir la voce di Dio.
Quello che più importa è corrispondere alla chiamata del Signore. Ascoltatela, è la voce del Padre che chiama e se vi chiede il cuore e ve lo chiede tutto, dateglielo tutto, è una grande grazia, è una grazia di privilegio.
Bisogna poi corrispondere con generosità e non star lì a lesinare col Signore: ancora un anno; otto giorni... è tutto tempo di meriti che perdete.
Date al Signore il più bello, il fiore integro, fresco, quando non l'ha ancora toccato nessuna mano; quando è già sgualcito e sciupato, volete portarlo alla Madonna e al Tabernacolo? Portatelo integro, profumato, Gesù ne è ben degno, nessun altro lo è tanto!
Corrispondere con generosità significa abbracciare la vita religiosa senza eccezioni. Per far la vostra volontà state a casa, è meglio, ma quando si è abbracciato uno stato, bisogna praticarlo senza eccezione. Lo stato religioso è l'unico stato in cui si deve tendere alla perfezione per obbligo di coscienza e chi non si sforza di progredire, sia anche anno per anno, fa peccato grave.
Sicuro che la vita comune ha i suoi sacrifici, ma volete darvi al Signore per accompagnarlo sul Tabor o sul Calvario? Al Tabor si arriva dopo il Calvario. Chi non è adatto alla vita comune, non è chiamato alla vita religiosa, e quando un'anima è chiamata è segno che ha delle belle [155] | qualità; i folli, ad esempio, non sono chiamati, perché non sono capaci di conoscere l'obbligo maggiore dei voti e le preferenze che ha la vita comune. Chi cerca
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sempre il meglio, non è fatto per la vita comune, è fatto per la perfezione nel mondo, non per la vita religiosa. Bisogna che voi siate pronte all'ubbidienza come nelle cose di fede. Chi capisce il mistero della santissima Trinità? È un mistero, ma è anche il merito più grosso che ci facciamo col crederlo; la vita religiosa dev'esser fatta così: fare anche se non si capisce, e sottomettere il giudizio entra pure nei doveri religiosi.
Preghiamo il Signore che ci dia grazie e benedizioni, che i nostri meriti siano grandi e che alla fine della vita possiamo dire: Tutto quel che voleva il Signore io l'ho fatto; e come diceva S. Paolo: «Ora aspetto la corona di gloria in paradiso!»4.
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1 Originale: «... ma se vi si manca si fa mancanza doppia, perché si manca alla virtù dell'obbedienza e al voto religioso». Corretto secondo il ciclostilato.
2 Cf Esercizi spirituali, luglio 1932, VIII, nota 4, p. 459.
3 Cf 2Cor 7,4: «Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni mia tribolazione».
4 Cf 2Tm 4,8.