Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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II
BADARE A SE STESSI

[13] S. Paolo scriveva ad un vescovo: «Guarda a te stesso»1. Se lo diceva ad un vescovo, tanto più si può dire ad una suora. Vi sono di quelli che si occupano di tutto e sanno tutto, eccetto ciò che forma il proprio dovere. A voi non deve succedere questo, ma il contrario. Dovete badare a voi stesse e in quanto al resto il Signore vi guiderà e così vi santificherete.
Badare a se stessi vuol dire non occuparsi d'altro, ma solo di quello che ci riguarda.
S. Bernardo si domandava spesso: «Bernarde, ad quid venisti?»2. Non dovete guardare ciò che non vi spetta: il governo della Chiesa, la condotta dei sacerdoti, delle altre suore, ecc. Diceva un vescovo ad una suora: Nei tuoi [14] | giudizi, sta' a ciò che spetta a te soltanto. «A voi figliuole, diceva S. Paolo, non tocca parlare, ma ascoltare»3. Non tutte devono occuparsi del governo della Casa, ma solo alcune. Non vogliate perciò curiosare, sapere quel che fanno i superiori, ciò che fanno le altre.
Pensare a ciò che non vi riguarda è solo perder tempo, spesso è anche peccato, tanto più quando si giudica. Dante diceva: «Chi sei tu che vuoi sedere a scranna e giudicar da lungi mille miglia con la veduta corta di una spanna?»4.
Vi sono suore che rappresentano una bella parte in mezzo al mondo, altre che rappresentano una parte molto meschina: le prime sono quelle che badano a sé, le seconde quelle che vogliono giudicare gli altri.
Saper tacere è gran virtù. Voler parlare di ciò che non si sa, è un voler pubblicare la propria ignoranza in tante cose.
La religiosa non deve impuntarsi, non deve giudicare, deve operare silenziosamente: questo è il suo ufficio. Bisogna guardar se stesse, avere un grande amore all'esame di coscienza, tener l'occhio continuamente sui propri sensi, sul cuore, sulle intenzioni.
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Dice l'Imitazione: «Guardando te stesso non sbagli mai»5.
Guardare se stesse significa avere sempre l'occhio sul progresso spirituale. Vado avanti? Sono attenta? Ho spirito di raccoglimento?
[15] | Non basta progredire solo esteriormente. Vi sono di quelle che vedono solo se stesse ed il proprio dovere: sono umili, discrete, raccolte, attente, benevoli, puntuali, coraggiose, sono il vero ritratto della suora che tiene il suo posto. Questo importa molto. Qual è il vostro compito? Farvi sante: guardate dunque voi stesse. Cosa vale se avete fatto anche bella figura, ma non avete aumentato i vostri meriti?
Vestir l'abito è solo una cosa accessoria, spesso aumenta ancora i pericoli. Non è l'abito, né il nome, né una distinzione o un'altra, un ufficio o un altro che conta, ma vincere voi stesse, le vostre passioni naturali, rimaste anche dopo il Battesimo: la superbia anzitutto, l'amor proprio. «Togli l'amor proprio per intero e sarà tolto tutto il nero» diceva P. Anglesio6.
Ricordatevi che il vostro padre S. Paolo era molto umile. La superbia causa l'incostanza, la distrazione, lo scoraggiamento, la facilità a parlare. È una pessima pianta la superbia. È necessario badare a voi stesse per vincere la superbia. Quanta superbia in ogni cosa! Ora si mostra in vanità, ora in intenzioni storte, ora in taciturnità, ora in molte parole, ma è sempre superbia.
Dopo la superbia viene l'avarizia, che è fine umano, terreno nelle cose divine, sia esso spirito di vanità o altro. Poi viene l'impurità che può mostrarsi sotto la veste di antipatia verso qualcuna e simpatia verso qualche altra persona. [16] | Finché c'è antipatia è segno che ancora non si è delicati nella purezza.
Poi c'è l'invidia per chi è più favorito, per chi fa meglio: tutti ne hanno un po' in fondo all'anima. Poi viene l'accidia che è l'essere lenti, negligenti nei nostri doveri. Quando ne siamo annoiati e tutto ci pesa è facile che ci sia dell'accidia. Poi la golosità e l'ira. Quante volte queste cose sotto false apparenze di zelo, vengono a disturbarci!
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Bisogna mortificare le passioni, eppure molte hanno tanta superbia da non volersi neppure fermare a esaminarsi su di esse. Bisogna invece che le smorziamo, che non le lasciamo operare. Guai a chi non si vuole confessare di queste cose! È un inganno dell'amor proprio che ci vorrebbe solo far fermare su cose di perfezione. Niente biscottini, ma pane, pagnotte. Partite sempre dai difetti capitali: sono questi che si devono tener d'occhio e tutti li abbiamo.
Chi non vuol vedere le macchie che ha sul viso non si specchia, ma così non si pulisce.
Se il demonio riesce a convincere una suora a [non] esaminarsi e a parlare solo di perfezione, di amor di Dio, di anime, di vittime, ecc., costei perde la vocazione che è la voglia di farsi santi, perché non combatte sul proprio io, non lavora più seriamente per acquistare la virtù.
Quando non c'è la seria volontà di farsi sante, di essere perfette, non c'è più la vocazione, anche se si è ancora in Congregazione, se si veste [17] | ancora l'abito, anche se si fanno ancora le pratiche di pietà. Queste sono solo il mezzo per vincere se stesse.
La vocazione è la volontà continuata a farsi santi, seguendo i consigli evangelici; dopo la professione questo diventa dovere esplicito.
La vocazione è la chiamata che Gesù fa a certe anime di attendere alla perfezione.
È necessario un serio esame sui vizi capitali, ricordando le istruzioni già avute al riguardo e gli avvisi particolari. La santità di un'anima si misura dall'umiltà, e questa comincia dal riconoscere i propri difetti.
Alcuni credono di dover solo esercitare l'umiltà individuale, invece bisogna anche esercitare l'umiltà come Congregazione, cosa che è molto difficile, finora non c'è affatto, chiedetela a Gesù. Non vi ho mai parlato di questo, e saranno otto o nove anni che vi penso. Pregate, riflettete qui sopra e se è necessario chiedete spiegazioni.
Temo molto di quelle che pensano alla perfezione come a qualche cosa di aereo. La santità non consiste in altro che nel combattere i vizi capitali e crescere nell'amor di Dio, cioè nella carità verso Dio e verso il prossimo.
È necessario quindi crescere nell'amor di Dio. Questo amore è un calore, una prontezza nel servizio del Signore, prontezza
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che è l'opposto della tiepidezza, della lentezza nelle cose riguardanti Dio e in quelle riguardanti il prossimo. Quando la carità è ardente tutto pare leggero, tutto si fa [18] | volentieri e con prontezza, qualunque cosa venga proposta. La carità ci porta a lavorare per il prossimo, a pregare per esso, per illuminare le anime. Chi vince se stesso, acquista l'amor di Dio, e quest'amore non nasce se non in chi ha vinto se stesso.
Badare a noi stessi vuol dire attendere alla nostra perfezione, lasciando da parte le cose che non ci riguardano. Per questo attendere al raccoglimento; non vogliate sapere le cose altrui; parlate poco. Siate brevi anche nelle lettere, in portineria. Dite sempre solo il necessario.
Avete spesso da parlare col prossimo; state attente a parlare solo e bene di quello che vi spetta; in quello che è il vostro apostolato siate pure un po' abbondanti. Dicevano di una: [Non] parla mai, ma quando parla del suo apostolato, le sa tutte lei.
S. Paolo si rallegrava di aver contristato i fedeli, perché si erano corretti7.
«Io, dice S. Paolo, in mezzo a voi, vi spiegavo una cosa sola: Gesù Cristo e Gesù Cristo crocifisso»8. Il vostro ufficio non è di parlare del tempo che fa, di ciò che dice il parroco o di ciò che fa la sua perpetua, il vostro ufficio è di esercitare il vostro apostolato, di spandere lo spirito della Congregazione, la divozione a Gesù Maestro, alla Madonna, a S. Paolo; siate attaccatissime alla vostra Regola che è santissima.
S. Giovanni Berchmans parlava pochissimo, ma quando si parlava della Madonna, s'infiammava tutto.
[19] | S. Francesco di Sales era ovunque tanto assorto in Dio e nel suo lavoro che un giorno a tavola inzuppò il pane nell'acqua preparatagli dal domestico perché si lavasse le mani.
Voi non dovete conoscere altro che Gesù Cristo, la vostra Congregazione, il vostro apostolato. Il vostro sollievo non deve essere fatto di mondanità, ma di cose sante. Quando si mette il velo e non si cambiano i pensieri, non si è preso il velo, non si è suore. Con tanta voglia di sapere a destra e a sinistra, come si
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può progredire? Non importa che non sappiate i monumenti delle grandi città o chi è presidente della repubblica francese, sappiate conoscere voi, il vostro cuore, i vostri sentimenti; lasciate i pensieri e le preoccupazioni del mondo; per interessarvi di questo potevate non farvi suore.
Se non si ha buon spirito, si avessero anche sette veli sulla testa e sette abiti, non si sarebbe suore. Badate a voi stesse, tanto più che siete molto in pericolo di occuparvi di altro e di distrarvi e avete un ufficio che richiede anche di conoscere il male che c'è per evitarlo; date quindi il primo posto alle pratiche di pietà: se a queste si dà il primo posto, va bene, se si trascurano, è cattivo segno.
Badare a voi stesse vuol dire combattere per vincere i difetti, l'amor proprio, e crescere nell'amor di Dio, ed a questo si riesce se si dà la dovuta importanza alle pratiche di pietà, al raccoglimento. Quanta pena ci daranno in punto di morte tante parole vane!
[20] | Chiediamo il dolore dei peccati, incominciamo davvero ad attendere alla perfezione. Oh, di quante grazie abbiamo bisogno! Badiamo a noi stessi. Chi bada a se stesso santifica tutto; nei giorni lieti si fa dei meriti, nei giorni tristi se ne fa ancor di più.
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1 Cf 1Tm 4,16.

2 «Bernardo, per quale motivo sei venuto qui?». Cf Meditazione 1 (1929), nota 7.

3 Cf 1Cor 14,34.

4 Alighieri Dante, La Divina Commedia, Paradiso XIX, 79-81.

5 Cf Imitazione di Cristo, II, 5, 2.

6 Anglesio Luigi (1803-1881), succede nel 1839 a Giuseppe Benedetto Cottolengo nella guida della Piccola Casa della Provvidenza a Torino.

7 Cf 2Cor 7,9.

8 Cf 1Cor 2,2.