Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

III
IL LAVORO INTERIORE

[110] Siete sempre più sparse e più lontane dalla Casa Madre e Paese che vai, usanza che trovi e voi imparate tutte le lodi che si cantano fuori, dal Veneto alla Sicilia. No, prendete le lodi della Chiesa romana, seguite il canto liturgico che troverete sul Liber Usualis1, avrete così un canto unico e un modo unico di cantare. Tenetevi strette alla Chiesa romana; il distintivo di essere di Gesù Cristo è di essere con la Chiesa romana, col Papa. Imparerete pian piano, perché non si può essere d'un tratto perfetti, ma tutti i giorni dobbiamo perfezionarci un pochino; anche se non capite il latino, non importa, cantate lo stesso, il Signore capisce ciò che non capite voi e quando si cantano le lodi liturgiche è come quando si prega con la Chiesa: questa preghiera [111] | ha molta più efficacia di quella che deriva dalle iniziative individuali.
L'argomento da trattare in questa istruzione è un po' difficile, abbiamo quindi bisogno della grazia del Signore che ci assista, dello Spirito Santo che illumini, riscaldi i nostri cuori e muova la nostra volontà. Vedremo: 1) cosa si intende per lavoro interiore; 2) necessità del lavoro interiore; 3) come si pratica il lavoro interiore.

1. Il lavoro interiore è la lotta che noi facciamo alle nostre passioni disordinate. È il governo del nostro cuore per portarlo a Dio. Quindi il lavoro interiore comprende due punti: lotta e governo, affinché il nostro cuore sia tutto di Dio. Questo è un lavoro che si compie nello spirito e all'esterno si manifesterà poi. Se una pianta è viva o morta, non si può quasi dire nell'inverno, perché è del tutto spoglia, ma in primavera sì, perché se è secca non mette foglie, se è viva, sì. Così, un'anima, se fa il lavoro interiore si nota poi dopo un po' di tempo. All'esterno alle volte non si nota subito; nella vestizione le suore vengono vestite tutte d'uno stesso abito, poi seguono lo stesso orario, le stesse pratiche,
~
ma vi sono poi i segni che rivelano se nell'interno vi è lavoro o no. Segni rivelatori sono le parole che si dicono, le virtù esterne, lo spirito di sacrificio, l'obbedienza, la delicatezza, l'amore a Dio che si mostra in opere. I segni rivelatori vengono dopo. Noi ci fermeremo a considerare l'interno, ciò [112] | che fa vedere se la pianta è viva. Dice la Scrittura parlando di un vescovo: «Tu sembri vivo, ma la tua anima è morta»2, e glielo dice perché si era raffreddato nella virtù e aveva bisogno di quel richiamo. Anche per noi a volte passano annate senza lavoro interiore, col cuore addormentato; si canta anche forte, si prega con le labbra, ma il cuore non è attivo, non vi è il vero lavoro interiore.
Che cos'è dunque questo lavoro? Il lavoro interiore è il lavoro contro le nostre passioni per dominarle, per reprimerle. Noi abbiamo tutti delle passioni nell'anima e passione vuol dire, patire le impressioni. Per esempio: Eva vede il frutto proibito; è bello e le sembra che debba essere anche gustoso, sente l'acquolina in bocca, l'insidia del diavolo: «Mangialo, prendilo!»3. Eva resta impressionata e sta lì dubbiosa; pativa l'impressione del gusto, dell'insidia diabolica, la curiosità, il desiderio erano eccitati: questa è la passione. Tutti le abbiamo e siamo soggetti a dei patimenti, a delle impressioni.
Le passioni, per sé, non sono né peccato né virtù e finché si tratta di passioni, anche i santi, anche Gesù Cristo le ebbero, perché la passione è connessa con la natura umana; se Gesù Cristo non avesse avuto le passioni non sarebbe stato vero uomo. Gli angeli non hanno le passioni, perché non sono uomini, ma anche la Madonna le ebbe. Le passioni, pur non essendo di per sé né buone, né cattive, possono divenire però [113] | occasione di bene o di male.
Possono essere occasione di bene e Dio ce le dà per questo. Dite: Che cos'è quel palpito del cuore di Gesù verso il Padre, verso i peccatori? Quella delicatezza, quel piangere di Gesù alla vista di Gerusalemme, quel piangere di Gesù presso la tomba di Lazzaro, quel sentimento di compassione verso gli infelici? Sono le passioni. Che cos'è quel sentire dopo una predica, dopo la Comunione tanto desiderio di far bene? È la passione buona.
~
Le passioni sono a noi date da Dio con buon fine, ma possono anche essere occasione di male, perché una figliola, se va spesso, ad esempio, con una persona mondana, anche se da principio non v'è nulla di male, pian piano comincia a svilupparsi in loro la passione cattiva. S. Teresa [d'Avila] a quindici anni cominciò a leggere libri mondani, non proprio cattivi, ma vuoti, frivoli e in seguito a questa lettura cominciò ad amare il molto chiacchierare, il parlatorio e a far preghiere fredde, Comunioni tiepide, finché Gesù misericordioso, che le voleva bene, le fece un giorno vedere l'inferno aperto ed in esso un posto vuoto, preparato per lei, se non cambiava. Cos'era questo? La passione, l'impressione cattiva, che poi avrebbe attirato S. Teresa al male.
Prima che Adamo commettesse il peccato, le passioni erano poco forti, la grazia di Dio sovrabbondava, Adamo aveva il dono dell'integrità, ossia la grazia era in lui così forte che dominava ogni passione. Eva per voler sapere tutto ciò che sapeva Dio commise il peccato, e spesso anche [114] | noi facciamo il male sotto pretesto di bene. Dopo il peccato originale la ragione si è indebolita e non è più capace a dominare, lo diciamo tante volte e anche S. Paolo lo dice: «Sento in me una legge contraria alla mia ragione e che mi trascina al male»4. È la passione. Le passioni dopo il peccato di Adamo sono molto più ribelli, mentre la volontà è assai più debole. È come se prima ci fosse stato un lupacchiotto che, sebbene piccolo, se non si sta attenti, fa degli scherzi, ma poi questo lupacchiotto, essendo cresciuto, è diventato molto più violento; così sono le passioni: il peccato originale le ha fatte più forti e la nostra volontà che dovrebbe tenerle legate, si è indebolita. Perciò le passioni ci trascinano ora molto più facilmente.

[2.] Bisogna frenarle, volgerle al bene. Guai se non le freniamo! Ecco il lavoro interiore, che è il primo lavoro; in seguito bisognerà prendere il cuore frenato, diventato docile, condurlo a Dio.
La madre di Andrea Corsini5 sognò di essere diventata madre di un lupicino; essa lo prese, lo portò all'altare della Madonna e
~
il lupo si cambiò in mansueto agnello. Ecco ciò che dobbiamo fare noi: prendere le nostre passioni che sono i lupi, frenarle, farne degli agnelli e darle a Gesù.
Quante e quali sono le passioni? Secondo S. Francesco di Sales esse sono dodici, ma nel catechismo le principali sono sette, perché comprendono anche le altre. Noi potremo ridurle anche a una sola. I sette vizi capitali comprendono anche le altre passioni, bisogna frenare questi: [115] | ecco il lavoro interiore. Direte che è molto difficile frenare sette lupi, ma frenato quello che fa da capo, il capitano, ossia la passione predominante, si dominano anche i soldati.
Dice un bel libro: «Molti fanno dei lavori spirituali attorno a sé, orazioni, discipline, ecc., ma con tutto questo non progrediscono niente se non dominano le passioni»6. Qual è la nostra passione? È la superbia? Quella bisogna frenare. È la pigrizia? Allora quella bisogna dominare, reprimere. È necessario che noi entriamo nel nostro cuore e con molto studio e diligenza dominiamo quei moti interni di vanità, di ira, sentimenti di stima, di amor proprio, tendenza alla comodità, a schivare la fatica, ecc. La passione chiede, è come un lupo che cerca di divorare gli agnelli. Noi rispondiamogli di no! Vale più il cuore frenato per adempire la volontà di Dio, che un mese di digiuni; vale più un'umiliazione sopportata volentieri, che una settimana di discipline: cosa ne possono le spalle se la testa è dura?
Vi sono delle figlie che non fanno mai al mattino il loro esercizio di pietà, Messa, Comunione, ecc., sciupano tutto, perché non partono dalla lotta contro il difetto predominante; le loro preghiere non toccano il punto giusto e così sprecano la confessione settimanale, il ritiro mensile, gli Esercizi annuali. Se gli Esercizi non vi fanno dire: Voglio obbedire a qualunque costo, voglio piegare questa mia testa, questo cuore altero, voglio vincere la mia superbia, atterrare una buona volta questo io!, non valgono a [116] | nulla, non ottengono il fine. Quando uno conclude solo con queste risoluzioni: Voglio pregare un po' di più, farmi un po' più buona; andrò di più dal direttore spirituale, ecc., gli Esercizi sono sciupati, e la passione predominante è più viva di prima.
~
Non basta vestir l'abito esteriormente, bisogna formare l'interno, formare il cuore. Comprendendo questo, voi distinguerete subito la pietà vera dalla pietà falsa. Il Signore se ne fa poco delle pratiche esterne. Egli cerca il cuore; non valgono a nulla le cose esterne se non c'è l'amore a Dio, si possono fare anche le pratiche di pietà per amor proprio, per farsi vedere.
È necessario prima togliere il cuore dal male, frenarlo, e ciò anche nelle piccole cose. Le anime sante non si distinguono né dall'abito, né dal lavoro, né dal molto pregare, né dalla molteplicità dei ragionamenti spirituali, né dal riuscire abilmente negli uffici; si distinguono dall'aver ridotto a morte l'io, le passioni. Quando le nostre passioni sono vive, tutte le altre cose nostre sono morte: dominate invece le passioni, tutto è vivo; ma finché c'è vivo l'io, non regna Dio. È quindi molto utile e necessario che noi dominiamo le nostre passioni e le riduciamo al niente.

[3.] Le passioni sono molte, ma una è la principale. È necessario che negli Esercizi cerchiamo la passione che domina. Tutti l'abbiamo questa passione predominante.
Il segno da cui si vede che si sono fatti gli [117] | Esercizi consiste nella lotta contro le passioni, nella riforma del cuore, nel suo dominio; non basta prender qualche pratica esterna in più, bisogna dichiarare guerra alla passione che domina. Bisogna negli Esercizi proporre per tutto l'anno quale passione frenare, nei ritiri tornarvi su e rinnovare il proposito, nelle confessioni settimanali fermarsi lì, vedere il progresso o le sconfitte. Ogni mattina proporre, ogni sera esaminare. Se c'è questo lavoro, c'è tutto, se manca questo non c'è niente; possono esserci anche Comunioni, preghiere, ecc., ma senza frutto o per amor proprio, ed è difficile in questo caso scoprirlo, perché se il nostro amor proprio si pasce di cose mondane ce ne accorgiamo, ma se si pasce e vive di cose spirituali non ce ne accorgiamo. Il compiacersi, ad esempio, di essere un'anima rara, di proporre certi punti difficili al confessore, ecc., è amor proprio sottile e vivo. Se abbiamo dominato il nostro io, tutto il resto va bene, ma se non lo abbiamo dominato, tutto il resto è lavoro inutile.
Vi sono delle figlie che cantano e si fanno sentire più di tutte, lavorano materialmente, pare che facciano tanto, ma non badano se al mattino hanno fatto il loro proposito, se nel cuore c'è
~
l'amor di Dio; e cosa vale allora farsi sentir da tutti, far tante opere esteriori? È tempo perso!
Bisogna che il lavoro sia fatto fin dal mattino nell'esame preventivo. Bisogna che nell'esame di coscienza, nella confessione, nel ritiro, negli Esercizi, torniate a esaminarvi sulla passione [118] | predominante, disposte a non far pace con essa; questo è il lavoro spirituale, interno, vedere se il cuore è sano e di Dio, non trascinato per terra e dai capricci. Vi sono delle figlie nel mondo, che hanno i polmoni ammalati e si imbellettano, perché non si veda il pallore al di fuori, ma che vale darsi la cipria, il belletto al di fuori, cantando forte, gridando nelle preghiere più di tutte, se di dentro c'è il cuore malato? Figliuole di San Paolo, vigilate, lavorate, perché il Signore sia contento di voi, perché possiate sempre offrirgli un cuore sano!
Il cuore della santità sta nel vincere noi stessi, nel dominare le nostre passioni; Gesù infatti ha detto: «Se uno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso: Abneget semetipsum!7», cioè domini le sue passioni e il cuore.
~

1 Libro in lingua latina, di uso comune, per la Messa e l'Ufficio divino propri delle domeniche e delle feste, con musica di canto gregoriano, secondo i monaci benedettini di Solesmes, approvato dalla S. Sede.

2 Cf Ap 3,1.

3 Cf Gen 3,4.

4 Cf Rm 7,22-23.

5 S. Andrea Corsini (1302-1373), fiorentino. Dopo una adolescenza spensierata divenne carmelitano, sacerdote, vescovo di Fiesole. Fu operatore di pace.

6 Cf Scupoli L., Combattimento spirituale, cap. I.

7 Cf Mt 16,24.