Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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56. DIMOSTRARE CON LA VITA LA RICONOSCENZA AL SIGNORE
(Domenica XIII dopo Pentecoste)

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via A. Severo 56, 5 settembre 19651

Il Vangelo di san Luca, capitolo XVII.
Gesù andava a Gerusalemme scendendo i confini della Samaria e della Galilea. Nelle vicinanze di un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi che, fermatisi alla distanza prescritta dalla legge, gridarono. «Gesù Maestro, abbi pietà di noi». Visto che erano lebbrosi, Gesù disse loro: «Andate e mostratevi ai sacerdoti incaricati di constatare la guarigione». Durante il cammino si trovarono guariti. Uno di loro, che era samaritano, vedendosi guarito tornò indietro glorificando Dio ad alta voce, si prostrò ai piedi di Gesù chinando la fronte a terra. Gesù si meravigliò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Soltanto questo straniero è venuto a ringraziar Dio?». Poi disse, allora, al sanato:. «Alzati e va pure, la tua fede ti ha guarito»2.
Certo la lebbra è come un significato del peccato; la lebbra che investe il corpo, e il peccato investe l'anima. Peccati in tante anime! Anche ai nostri giorni ci sono ancora dei lebbrosi, e ce ne sono anche in Italia. E quante suore si immolano nel servizio dei lebbrosi! Perché facilmente la lebbra si attacca agli altri, a chi serve.
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Oh! Qui abbiamo da ricordare il rimprovero che Gesù ha fatto parlando al lebbroso guarito. E le parole: «Uno di loro, che era samaritano, vedendosi guarito tornò indietro glorificando Dio ad alta voce, si prostrò ai piedi di Gesù chinando la fronte a terra. E qui è il rimprovero di Gesù. «Gesù si meravigliò: Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Soltanto questo straniero è venuto a ringraziare Dio? Poi disse al risanato: Alzati, va pure, la tua fede ti ha guarito».
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Il Signore Gesù rimprovera la ingratitudine dei nove, notando che colui che era venuto a ringraziare il Signore, era un samaritano. Tra i samaritani e i Giudei vi era una certa inimicizia e, anche, i Giudei avevano un certo disprezzo per i samaritani. Ed è stato proprio un samaritano che venne a ringraziare Gesù, mentre gli altri, che erano Giudei, gli altri non son venuti a ringraziare. Molte volte noi siamo privati di grazie perché non siamo riconoscenti alle grazie ricevute.
Oh! Allora, questo è il secondo punto, la seconda parte della preghiera: [prima parte,] l'adorazione, e segue il ringraziamento; poi la terza parte, chiedere perdono; la quarta parte, chiedere le grazie.
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Quindi, il secondo punto: ringraziamento. Che cosa significa ringraziamento? Il ringraziamento può essere a parole e può essere coi fatti. Se noi ci confessiamo e poi otteniamo il perdono, il ringraziamento qual è? È di non commetterne più. Perché, non sono tanto le parole, quanto sono i fatti, come questo samaritano è venuto a ringraziare il Signore e prostrarsi ai piedi di Gesù, riconoscente.
Noi abbiamo ricevuti innumerevoli grazie, anche materiali; ma vi sono specialmente grazie spirituali che riguardano l'anima nostra. E tante volte noi abbiamo ricevuto la comunione; tante volte ci siamo confessati; e tutto quello che c'è stato nella nostra vita di cristiani e di religiosi, ecco, è tutto un complesso di grazie che il Signore ha dato a noi; grazie particolari, e quindi ci voleva un ringraziamento particolare, corrispondente alla quantità, alla grandezza delle grazie ricevute.
Se noi siamo cristiani per la grazia del battesimo, allora vivere cristianamente. Se abbiamo ricevuto la cresima, grazia, dono, e che noi corrispondiamo secondo 1'impegno che viene dalla cresima, cioè in particolare l'apostolato. E se ci sono le comunioni, e dopo dobbiamo vivere Gesù Cristo in noi. E così, se abbiamo avuto una vocazione, grazia grande, ora il ringraziamento [è] di corrispondere alla grazia ricevuta, cioè, alla vocazione. Non tanto le parole, le quali sono anche necessarie. E rispondiamo, tante volte, "Deo gratias". Ma soprattutto che noi viviamo la vita religiosa, quello che è stata la nostra chiamata e quello che abbiamo professato; questa vocazione professata per mezzo dei santi voti.
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C'è da pensare, e da considerare, e da esaminare se queste grazie, che sono grazie privilegiate... ci vuole anche una riconoscenza corrispondente. In particolar modo, l'osservanza della povertà e castità e obbedienza. E poi la vocazione secondo gli impegni che sono nelle Costituzioni. Le Costituzioni da osservarsi secondo la natura particolare di ogni Istituto, vivere secondo l'Istituto. In particolar modo quelli che sono gli impegni: l'apostolato sacerdotale, l'apostolato eucaristico, l'apostolato liturgico; cioè, l'apostolato sacerdotale, liturgico, eucaristico.
Ecco, questo dev'essere la riconoscenza di fatto, di opere, di vita. Allora resta una continuità di ringraziamento per tutta la vita, quando si vive la vita religiosa in generale e si vive la vita religiosa in particolare, secondo l'Istituto, di noi e di voi; secondo quindi lo spirito dell'Istituto. Oh, quello è il ringraziamento. Ora, quando si progredisce nella vita religiosa, allora c'è il ringraziamento. E se si perfezionano gli apostolati, è un ringraziamento vitale, di tutta la vita, è un ringraziamento continuato. [Non] basta solo: «Mi avete condotto in questa Congregazione»; questo comprende, ma poi oltre le parole ci siano le opere, cioè la vita, la vita. Quando si cominciano a lasciare da parte quello che è prescritto in qualche forma e poi si trascura, allora c'è l'ingratitudine.
Oh! Adesso, chiediamo questa grazia: di essere giusti con Dio, cioè, avendo ricevuto la grazia, usare bene la grazia. E quante grazie il Signore dà, e poi tante volte non è corrisposto, e quindi sono private di doni, le anime ingrate; sì, anime ingrate.
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Allora, che cosa viene da conchiudere adesso? Il ringraziamento ci sia a voce, ma soprattutto che sia con la vita, coi fatti, con le opere. Da notare, parlando di un punto in particolare: si riceve Gesù nella comunione, bisogna però che noi facciamo un ringraziamento corrispondente. Prima vi era nella Messa, vi era l'ultimo Vangelo, vi erano le Ave Maria, gli oremus, ecc. che prolungava, questo, il ringraziamento alla comunione. Ora questo è tolto; ma questo che è tolto nella celebrazione all'altare, ma non è tolto il ringraziamento, e quindi continuare il ringraziamento. Oh! E poi se non si può fare immediatamente, si farà più avanti nella giornata, oppure un po' dopo, quando c'è il tempo.
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Oh! Quindi, se vogliamo che la grazia del Signore Gesù penetri tutta l'anima nostra: nella mente, nella volontà, nel cuore, in noi, ci sia il ringraziamento, perché possiamo dire, in una maniera materiale, si digerisca Gesù. E come si digerisce, fisicamente o spiritualmente? Spiritualmente. E cioè: la nostra mente che sia uniformata alla sua; e il suo cuore al posto del nostro cuore; e si digerisca Gesù, cioè, che noi abbracciamo tutta la sua volontà, i suoi desideri, e compiere tutto quello che è nei disegni di Dio. Bisogna digerirsi Gesù Cristo. Bisogna adoperare questa parola un po' materiale, ma il significato digerire vuol dire che il cibo sostenga, sia digerito. E così, che sia digerito Gesù con la mente: uniformare i nostri pensieri a Gesù; la nostra volontà, alla volontà di Gesù; al cuore sacratissimo di Gesù, il nostro cuore. Gesù pregarlo così: che tu sia il mio cervello, e che tu sia la mia volontà, e che tu sia il mio cuore. È tutto il nostro essere che si immedesima. Perché, quando si arriva a dire: vivit vero in me Christus?1. Perché l'uomo vive di cibo, e così vive, l'anima, di Gesù Cristo; non di pane materiale, ma del pane soprannaturale.
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Quando Gesù aveva moltiplicato i pani, poi Gesù parla dell'Eucaristia, e loro non riconoscendo, non accettarono la spiegazione e la profezia; cioè quello che aveva annunciato che avrebbe dato il pane eucaristico, e si sono allontanati pensando: ma costui adesso è diventato pazzo; come mai vuol darci a mangiare il suo corpo e bere il suo sangue? E si allontanavano. Ma san Pietro, a nome degliApostoli: Noi non ci allontaniamo; tu, o Gesù, hai parola santa, la tua parola è salvifica1.
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Oh! Occorre, allora, che noi facciamo questo esame, se vi è la riconoscenza in noi. Qualche volta manchiamo anche di riconoscenza con gli uomini, ma è molto più grave dimenticare di ringraziare il Signore, ecco. Bisogna distinguere: quando si dice: "Deo gratias", non s'intende di dirlo a chi fa il dono umano, alla persona, ma s'intende di ringraziare Dio. "Deo gratias", non "tibi gratias".
Tra i santi che si mostrarono più riconoscenti e delicatissimi, quei che erano, che sono coloro che ringraziano: san Benedetto Cottolengo. Ed era esigentissimo sul punto del ringraziamento; di tutto.
Il "Deo gratias" risuona ancora in tutti i luoghi, il "Deo gratias", ancora adesso. Perché? Perché da per tutto si ricevono grazie; e se viviamo un momento di più, è "Deo gratias" che dobbiam dare. Ringraziare. Così, tutto.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 129/b (= cassetta 194/b.1). In PM, nessun indizio cronologico. Questa meditazione è stata registrata sullo stesso nastro della meditazione n. 52, nella quale vi si trova un dato certo (cf c594). - dAS, 5 settembre 1965 (domenica): «m.s. per cappella CGSSP (PD)». (cf c9 in dAS).

2 Lc 17,11-19.

1 Gal 2,20.

1 Cf Gv 6,51-69.