Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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10. QUARESIMA: TEMPO DI PURIFICAZIONE

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via Portuense 739, 10 marzo 19651

Siamo arrivati al tempo quaresimale, e il tempo quaresimale è particolarmente destinato alla nostra purificazione, come il tempo pasquale ha il suo carattere proprio: la santificazione, la vita soprannaturale. Tuttavia in noi non si distinguono nettamente la purificazione e poi la santificazione. Quando noi attendiamo alla purificazione facciamo anche il posto a Dio, perché quando togliamo dell'io entra a prendere il posto in noi, Dio. Quindi non si distinguono nettamente perché l'anima è una sola.
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Ora, parlando della purificazione, in primo luogo, ricordiamo quello che la liturgia presenta, specialmente la Epistola e il Vangelo delle Messe, e poi un po' tutto il complesso della liturgia. In secondo luogo dobbiamo guardare a Gesù crocifisso. E l'Imitazione dice: la vita di Gesù Cristo è stata tutta una croce e insieme un martirio1. Ora, se il Maestro ci ha preceduti così, ascoltiamo il suo invito: «Chi vuole venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»2, ecco. Non lasciare andare a morire Gesù Cristo solo, dobbiamo morire a noi stessi: rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
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Particolarmente l'insegnamento viene dalla Messa, e cioè, la Messa per cui si rappresenta e si ripete quello che è stato sul calvario. Noi non possiamo essere degli spettatori che vedono curiosamente crocifiggere il Signore, dobbiamo prendere, invece, la nostra parte di sacrificio. E perché la Messa sia ascoltata bene: unire il sacrificio di noi al sacrificio di Gesù Cristo sofferente. Se vi erano sul calvario dei curiosi, Maria non stava a curiosare; tutt'altra parte. Ella prendeva la sua parte di dolore: et tuam ipsius animam pertransibit gladius1. E cioè, se Gesù era inchiodato, la spada del dolore penetrava il cuore di Maria. Allora questa è la Messa bene ascoltata. E quindi ogni mattina: l'offerta di quello che la natura vorrebbe, desidererebbe. Quindi la purificazione.
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Questa purificazione riguarda, in primo luogo (per capire meglio, non è il principale, ma per capirci meglio): i sensi esterni, cioè: regolare gli occhi, la vista; regolare l'udito; regolare la lingua; regolare il gusto; regolare l'odorato; regolare il tatto, il quale tatto è il senso più esteso perché si estende a tutto il corpo, mentre gli altri sensi si restringono alla testa, come gli occhi son nella testa e non è altra parte nel corpo che possa servire a vedere. Quindi la modestia negli occhi sempre; e gli occhi che il Signore ci ha dato, perché li usiamo a servizio di Dio stesso. E così quello che si ha da ascoltare, che sia solamente buono quel che si ascolta e si escluda quello che non è nei disegni di Dio che si usi l'udito per il male. Ugualmente bisogna dire della lingua, sì; e sempre la lingua che sia usata santamente e serva per l'amore a Dio, preghiera; e per l'amore al prossimo quando dobbiamo fare servizio adatto e per le conversazioni necessarie. Così tutti i sensi. Disciplinare il corpo. Non c'è bisogno che dobbiate fare dei digiuni particolari, ma disciplinarci, sì, e disciplinarci nel nostro corpo, e sia nella giornata, quando siamo in luogo privato, siamo soli, o quando ci presentiamo al pubblico o in conversazione; e poi che siamo disciplinati anche nella notte stessa; e regolarci sì, in maniera che non siamo facili assecondare quel che è il gusto o non volere accettare quello che è disgusto. Regolarci, disciplinarci, ecco, nei sensi. E se noi sappiamo governare la lingua facciamo un grande passo nella virtù. Quindi disciplinarci.
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Inoltre la mortificazione si deve estendere ai sensi interni, particolarmente alla fantasia, alla memoria, ecco. La fantasia la quale può giocarci dei brutti tiri, ecco, degli inganni. Scancellare, per quanto è possibile, le impressioni ricevute; e poi quello che si è veduto, che si è sentito. E scancellare, quanto possibile, quei ricordi che sono nella mente; ma facilmente, se son fatti, si riproducono nella fantasia. Quindi regolare anche le nostre facoltà interne, e quello che dobbiamo... ecco. Però non sempre abbiamo un governo diretto nell'interno, e tuttavia vi è, almeno, un governo interno, ma fatto secondo la filosofia, ecco. E cioè, cambiare [oggetto]: se c'è una fantasia non buona, pensa al Crocifisso; e se viene un'altra fantasia, considera Gesù nel presepio; e se ne viene un'altra ancora pensa all'Ostia Santa che state adorando nelle vostre Visite. Regolare con saggezza il nostro interiore. Non camminare sempre, solo di impressioni, e allora la vita non cammina nella via della santità. Bisogna sempre che ci sia una disciplina nei sensi esterni e nei sensi interni.
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Ma ancora più importanti sono le mortificazioni che riguardano i pensieri, e riguardano la obbedienza, e che riguarda il sentimento interiore. Quindi regolare la nostra intelligenza, meglio, la nostra mente e sempre cercare di muovere e promuovere pensieri buoni, santi, pensieri che riguardano Dio, che riguardano gli uffici che ci sono e che riguardano lo studio, e la fede in generale, e tutto quello che è buono, tutto quel che è santo, tutto quello che è bello, tutto quel che piace a Dio1. Sì, pensare rettamente. Anche lì ci vuole il governo indiretto perché non abbiamo il governo diretto sopra la nostra mente. Dando alla nostra mente oggetti, come per esempio, ricordare quello che si è sentito nella meditazione, ecco, allora se ne vanno i pensieri che non sono da tenersi.
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In modo particolare poi la volontà, questa potenza in noi, la volontà. Distinguere bene quando si obbedisce perché si obbedisce a Dio, sì; cioè, noi ci sottomettiamo al volere di Dio, sì; così, non pretendere sempre che si capisca quel che viene detto, quel che viene disposto. No. Perché, se noi facciamo solamente quello che comprendiamo e facciamo una cosa perché siam persuasi che quella cosa è da farsi, è buona, allora c'è proprio la sottomissione della nostra volontà a Dio? Oppure facciamo quel che facciamo perché siam persuasi che quello è utile, utile particolarmente nel senso naturale. Ora, alle volte, si fa proprio l'obbedienza a noi stessi, perché c'è la persuasione e non si riflette che... O che capiamo o che non capiamo, pensare alla volontà di Dio, allora c'è sempre il merito. Ma quando uno invece fa quello che vuole perché gli è utile, allora si obbedisce a noi stessi o, meglio, si obbedisce alle nostre persuasioni. Forse tante obbedienze non sono veramente obbedienze; almeno, se non son tante, il pericolo c'è. Quindi tutto in ordine al volere santo di Dio.
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E poi ci sono da regolare i sentimenti del cuore. E il cuore orientato verso Dio, il paradiso, Gesù, l'Eucaristia. E poi il cuore orientato verso tutto quello che è buono, che è santo, che è l'ufficio che ciascheduno ha, e le Costituzioni che bisogna amare e seguire. E poi allontanare, invece, tutti i sentimenti o di superbia o di ira, di orgoglio, d'invidia. Eliminare dal cuore quello che dispiace al Signore.
Allora, regolare i sensi esterni; regolare i sensi interni, e regolare le potenze dell'anima nostra: la mente e la volontà e il cuore, il sentimento, ecco.
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La Quaresima diviene tutta una scuola e tutto un indirizzo tale che noi dobbiamo immaginarci Gesù come viveva: e quando era in preghiera, e quando stava lavorando al banco di falegname o quando doveva trattare con persone varie; e poi nell'apostolato e nel ministero pubblico, ecc., ecco. Egli aveva un comportamento, anche esteriore, sempre uguale, sempre ordinato, sempre disciplinato. E perché? E perché l'interno suo, santissimo, con la sua mente, con la sua volontà, col suo cuore. Tutto.
Il tempo di Quaresima è un tempo di disciplinarsi; in generale, ecco: i sensi esterni, interni e le potenze dell'anima nostra. E immaginare, per quel che riguarda l'esterno, come era Gesù, e in quegli anni della vita privata, e in quegli anni di ministero pubblico, e in quel tempo della passione e morte.
In quel libro del Trattato della Perfezione Cristiana1 si fa notare che vi son molte anime che amano Gesù, ma non lo amano crocifisso. Amano Gesù fin tanto che non chiede rinunce. Ma dobbiamo pensare che il segno maggiore di amore che ci ha dato Gesù è di aver dato la sua vita. E pensare che egli ci invita: «Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»2. Seguire il Maestro Divino.
Sia lodato G.C.
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1 Nastro 79/b (= cassetta 175/a.2). Per la datazione, cf PM: «Siamo arrivati al tempo quaresimale...». - dAS, 10 marzo 1965: «Andato [il PM] in via Portuense dalle PD». - VV: «PM: Quaresima - Mortificazione dei sensi - 1965».

1 Imitazione di Cristo, libro 2, cap. 12, n. 7: "Tutta la vita di Cristo fu croce e martirio".

2 Cf Mt 16,24.

1 Lc 2,35.

1 Cf Fil 4,8.

1 A. ROYO MARIN, Teologia della Perfezione Cristiana, Roma EP, 5a ed. 1963.

2 Cf Mt 16,24.