48. IMITARE L'UMILTÀ E LA FEDE DI MARIA SANTISSIMA
(Assunzione della B.V.M.)
Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Ariccia, Casa Divin Maestro, 15 agosto 19651
La giornata in cui celebriamo l'Assunzione e la glorificazione e l'incoronazione di Maria, Regina del cielo e della terra e dispensiera delle grazie. Due parti particolarmente sono da considerarsi, e cioè: la Epistola della Messa e il Vangelo della Messa; e il Vangelo anche della domenica odierna2.
È preso, per la Epistola, dal libro di Giuditta. Che cosa indica? Oloferne assediava la città e ormai i cittadini non potevano più liberarsi e non avevano neppure più il sostentamento e neppure l'acqua. E allora erano pronti [ad] arrendersi al nemico, Oloferne, il quale aveva 180 mila soldati. E già il sacerdote che era nella città, già aveva stabilito il giorno in cui arrendersi. E allora sarebbe stata una distruzione della città e una carneficina di quegli abitanti. Ma il Signore ha illuminato Giuditta, la quale, condotta dalla luce dello Spirito Santo, ecco, essa venne accolta da Oloferne (...). E Oloferne, nella notte, dormendo e ubriaco, Giuditta tolse la spada di Oloferne stesso e gli troncò il capo. E poi prese il capo, messo in un sacco, e accompagnata da un'ancella, porta la testa di Oloferne. E allora la testa di Oloferne fu elevata alla vista di tutti. E i soldati di Oloferne, scompigliati, fuggirono. E la città fu salva.
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Questo indica Maria. Per causa del peccato originale, tutti morti. Morti, in che senso? Noi sappiamo che Adamo ed Eva avevano due vite: la vita umana e la vita di grazia. Come adesso noi abbiamo la vita umana e la vita di grazia. Ma peccando, Adamo ed Eva, perdettero la grazia e quindi si ridussero ad una semplice vita umana. E poi ancora la ribellione interiore per cui le passioni, tante volte, sovrastano alla grazia, e allora, non solamente si conduce una vita umana, ma si conduce, tante volte, una vita che è irragionevole, e cioè, il peccato, per cui l'uomo cade in una condizione miserabile. E, purtroppo, il senso, le passioni, tante volte, sovrastano alla grazia e allo spirito, all'anima.
Ora, il Signore, mentre castigò Adamo ed Eva, promise la "Donna"1 la quale salverà il genere umano. E in che modo? Mediante il Figlio di Dio che si sarebbe incarnato, e morirà sulla croce per salvare tutti. E così Maria, per mezzo del Figlio, ha salvato il genere umano. E cioè, tutti quelli che vogliono, si avvicinino a Gesù Cristo, e [accettino] la sua dottrina, i suoi esempi, la sua santità, la sua passione e morte. Ecco, tutti possono avere la santità, possono avere la salvezza.
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E allora il canto di Giuditta, essa stessa, ma poi il popolo, che ricevendo Giuditta in trionfo: «Il Signore ti ha benedetta con la sua potenza, con il suo aiuto hai annientato i nostri nemici. O, figlia di Dio, tu sei benedetta dal Signore, Dio altissimo, più che ogni altra donna della terra». E allora si parlava solo di Giuditta, e cioè: «Benedetta dal Signore altissimo più che ogni altra donna». Ed è Maria la grande Donna. «Benedetto sia il Signore, creatore del cielo e della terra, che diresse la sua mano nel troncare la testa al nostro più grande nemico». E: «Tu sei la gloria», allora, che viene anche applicato a Maria nei canti: «Tu sei la gloria di Gerusalemme, la gloria d'Israele, l'onore del nostro popolo». Tu gloria Ierusalem, ecc. E allora qui è simboleggiata Maria, ed è simboleggiato il trionfo nell'assunzione di Maria.
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Maria si portò a visitare santa Elisabetta. E che cosa? «Benedetta tu sei, tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno». Così Elisabetta salutò Maria. «Come ho potuto meritar la grazia che venga a me la Madre del mio Salvatore? Infatti, appena il suono del tuo saluto è giunto al mio orecchio, il bambino mi è balzato, per il giubilo, nel seno. Tu beata che hai creduto, perché si adempiranno le cose a te predette dal Signore».
Ecco, qui abbiamo la prima dimostrazione del potere di Maria, della sua dignità, e come la dispensiera delle grazie. E arrivando Maria, ecco il Battista che era già [di] sei mesi, sussultò nel seno di Elisabetta, e cioè fu santificato, quindi; perché il Figliuolo di Dio già si era incarnato nel seno purissimo della Vergine. E Maria, dispensiera delle grazie. E qui dà il primo saggio del potere di Maria, dispensiera delle grazie. E così, fino al termine.
Ora, Maria nella sua umiltà: «L'anima mia glorifica il Signore»; quindi, il Magnificat. «Il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore; egli ha rivolto lo sguardo alla miseria della sua schiava». Non la chiama "serva", la chiama "schiava". «Ecco, fin d'ora tutte le generazioni mi chiameranno beata, perché cose grandi ha fatto in me l'Onnipotente. Santo è il suo nome, e la sua misericordia si estende in ogni età su quanti lo temono». Ecco, noi abbiamo da considerare Maria, distributrice della grazia, sì.
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Ma bisogna che impariamo la lezione del Vangelo anche di oggi: Due salirono a pregare nel tempio. E vi era il fariseo il quale si avanzò fino all'altare e poi, stando in piedi, come fosse quasi una sfida, mostrando che egli era veramente l'uomo giusto: pagava le piccole imposte che vi erano, e poi parlava dei suoi digiuni, della sua preghiera. E, solamente, solo io così, in sostanza, io non sono come tutti gli altri uomini che son peccatori. Ed aggiungeva: quell'uomo che è in fondo al tempio, ecco, anche lui peccatore.
E intanto, invece, colui che era umile, non osava alzare lo sguardo all'altare e stava inginocchiato con la testa china picchiandosi il petto: "Signore, abbi pietà di me che sono peccatore", ecco. E allora, che cosa avvenne? Che il fariseo tornò a casa più peccatore di prima: andò al tempio a fare un atto di grande superbia, sfidar Dio, e credendosi degno di ogni lode. E l'altro, saggio, il pubblicano, il quale riconoscendo i suoi torti, i suoi peccati, si picchia il petto e poi tornò a casa giustificato, cioè santo. Il primo tornò a casa con un peccato di più; questo ritorna a casa purificato dai suoi peccati.
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Bisogna sempre che teniamo presente le due disposizioni per ottenere qualche cosa dal Signore, e cioè, sempre l'umiltà. Come la Chiesa vuole che, prima cosa iniziando la Messa: «Mi confesso a Dio onnipotente, ecc., mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa». Bisogna che partiamo di lì, la Messa; e che partiamo sempre di lì ogni preghiera, ogni Visita al Santissimo Sacramento. Ma poche sono le anime che hanno quell'umiltà, la quale conduce e fa il posto alla santità, alla grazia. Quando il nostro cuore è libero da tanti pensieri di superbia, di vanità, di stima di noi stessi, ecc... il cuore se è pieno di questo, bisogna svuotarlo, il cuore, e cioè, riconoscere che siamo assolutamente nulla; e purtroppo siamo meno di nulla. Nulla, perché è lui che ci ha creato e tutto ci ha dato finora; se viviamo... ha continuato tanti giorni quanti sono i giorni della vita, e tutto è stato un arricchimento di grazia. E, troppe volte, non abbiamo risposto a tutta la grazia. Siccome abbiamo avuto preferenze, noi, e cioè, chiamati alla santità speciale con la consacrazione a Dio, le nostre mancanze anche, alle volte, non sembrano grandi mancanze, ma per noi che abbiamo più grazia, le mancanze sono più pericolose; e alle volte vi sono mancanze che sembrano piccole trasgressioni, e alle volte sono più gravi di altri che sono ignoranti e che non ebbero la grazia che noi abbiamo. Ecco, bisogna che si svuoti il cuore del nostro io perché ci possa entrare Dio. E quindi, l'atto di umiltà: svuotare dell'io il nostro cuore e mettere Dio. Sì, fede. E togliendo il nostro io con l'umiltà, con la fede entra Dio in noi.
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E allora, tutte le lodi di Maria che dà a Dio: Magnificat anima mea Dominum1. E poi lei, nel Magnificat fa gli atti di riconoscimento delle grazie ricevute e quindi ne loda e ne ringrazia il Signore. Ma poi si umilia, si umilia, e: divites dimisit inanes: quei che si credono... se ne vanno vuoti; e invece, quelli che son poveri ricevono da Dio. E perché? Perché han fede in Dio e non hanno fede in se stessi.
Perciò è tanto importante che noi conserviamo questa attitudine e questa disposizione continuata di umiltà e di fede. Quanto ci umiliamo, altrettanto riceviamo. Tanto liberiamo il nostro io dal nostro cuore, tanto Dio prende possesso di noi. E quante volte non gli lasciamo fare quel che vorrebbe fare in noi! E se c'è questa disposizione di umiltà piena, allora il cuore resterà pieno di Dio.
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Ecco, chi è stato così perfettamente? Maria. Umile, piena di fede; pienamente credette a Dio. E tutto si compì. Quel che voleva Dio si è compiuto in lei.
Portiamo questo pensiero, questi pensieri per la giornata. Imitiamo la preghiera di Maria nell'umiltà e nella fede. E Maria è stata esaltata sopra tutti gli uomini, tutti i santi e tutti gli angeli del cielo e quindi regina sopra a tutti. Perché? Perché ebbe le disposizioni: l'umiltà e la fede. Ecco Maria è stata così esaltata, ebbe un'abbondanza di grazia straordinaria, ma ella si tenne nelle disposizioni giuste, nella verità.
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Proprio delle anime umili se ne incontrano poche; e molte volte, moltissime volte, il Signore non può riempire il cuore perché non c'è la fede. Se qualche volta ricordate sorelle che son già passate all'eternità e hanno lasciato dei buoni esempi di virtù e grazia e meriti, bisogna riconoscere che in esse c'era l'umiltà e la fede. C'è da stare attente perché la parte esteriore della preghiera e delle cerimonie e del canto e del suono, ecc. - tutto questo è necessario e bisogna che ci sia - e cioè, il sacrificio della Messa, la presenza reale di Gesù, sì, tutto questo esteriore deve essere come il corpo della preghiera, delle funzioni, ma bisogna che dentro ci sia l'anima, disposizioni di umiltà e di fede. E quindi la giornata sia, così, illuminata.
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Tenerci per quel che siamo: nulla, e possiamo dire anche il nulla, perché abbiamo anche peccato: mea culpa mea culpa, mea maxima culpa. E poi subito: et ideo precor: per questo prego. E preghiamo il Signore e preghiamo la Vergine e preghiamo i santi e gli angeli del cielo. Allora, la fede. Questa condizione può averla l'ultima suora, l'ultimo cristiano.
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Come san Giuseppe: più umile che così, e più fede che così, e allora, dopo la Vergine, il più gran santo.
E una umiltà straordinaria nel discepolo Borello1 e nel canonico Chiesa2 di cui qualche volta avete sentito parlare. L'umiltà e la fede, ecco. Ora, i processi di beatificazione camminano e si è già arrivati a un certo punto. Si capisce, i processi vanno a lungo. Sì, desideriamo e anche qualche volta più che desideriamo.
Oh, ma voglio dire che il falegname di Nazaret, san Giuseppe, è il più esaltato; ma lui credette sempre alla parola di Dio, all'invito di Dio, all'angelo che ha parlato in nome di Dio, e fu docile fino al termine3. Sempre umiltà e sempre fede, e tutto in lui si compì.
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E così Maria, tutto in lei si compì, i disegni di Dio. Quante volte ci opponiamo a Dio e lo teniam fuori e rifiutiamo veramente la grazia! Ma noi non vorremmo ammettere che rifiutiamo la grazia, ma se c'è la superbia la rifiutiamo davvero perché il Signore non può riempire il cuore nostro.
Allora sempre: Ecce ancilla Domini1: la serva di Dio. E: si faccia di [me] tutto [quel che hai detto] e cioè: diventata la Madre di Dio e corredentrice della salvezza dell'umanità.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 169/c (= cassetta 191/b.1). Per la datazione, cf PM: «La giornata in cui celebriamo l'Assunzione di Maria... Ma bisogna che impariamo la lezione anche del Vangelo di oggi: Due salirono a pregare nel tempio...» (Domenica X dopo Pentecoste che nel 1965 cadeva al 15 di agosto). - dAS (cf c468).
2 Epistola dell'Assunta: Gdt 13,22.23-25; 15,10. - Vangelo dell'Assunta: Lc 1,41-50. - Epistola della Domenica X dopo Pentecoste: 1Cor 12,2-11. - Vangelo della Domenica X dopo Pentecoste: Lc 18,9-14.
1 Cf Gn 3,15.
1 Lc 1,46-55.
1 Fratel Andrea Borello, ssp (cf vol. IX, 1964), numero marginale 193 e relativa nota.
2 Francesco Chiesa (sacerdote). Dal giorno 11 dicembre 1987, Venerabile Chiesa Francesco di Lorenzo, nato il 2 aprile 1874 a Montà (Cuneo); entrato nel seminario vescovile di Alba (Cuneo), fu ordinato sacerdote il giorno 11 ottobre 1896. Fu professore nel seminario di Alba di svariate materie. Canonico dal 27 agosto 1913, parroco dei Santi Cosma e Damiano, in Alba, dal 21 settembre 1913. Morì ad Alba il 14 giugno 1946. Fu maestro, confessore, direttore spirituale, consigliere e sostegno continuo di Don Giacomo Alberione, nella sua vita seminarile e nella sua attività di apostolo della stampa, e di fondatore di diverse Congregazioni religiose. E sepolto nella Chiesa di San Paolo Apostolo, in Alba. È Servo di Dio.
3 Cf Mt 1,18-25; 2,13-15; 2,19-23.
1 Cf Lc 1,38.