Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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43. L'OBBEDIRE È SAPIENZA

Esercizi Spirituali (3-11 agosto 1965) alle Pie Discepole del Divin Maestro
addette al servizio sacerdotale e liturgico.
Ariccia, Casa Divin Maestro, 4 agosto 19651

Questa sera parliamo dell'obbedienza. Possiamo, in qualche maniera, distinguere fra obbedienza e obbedienza: vi è un'obbedienza a quello che viene disposto dall'esterno; quella che viene da Dio direttamente; quella che viene da chi ci guida. Ma vi è anche un'obbedienza che riguarda la voce di Dio interna, la voce dello Spirito Santo che entra nell'anima e fa sentire la sua voce. Facciamo qualche esempio: in noi abita lo Spirito Santo, in tutte le anime che sono in grazia di Dio. e qualche volta, anche nelle anime che non sono in grazia di Dio. Le anime che sono in grazia di Dio, supponiamo una delle voci dello Spirito Santo: "Tu sei chiamata alla vita religiosa", quella voce intima che parte dal cuore, ecco. Qualche volta si potrà anche dubitare se è la voce di Dio e allora sottoporre il problema a un sacerdote che abbia una certa maturità, che comprende e vede se sia la voce di Dio o non sia la voce di Dio. "Sta lontano da questo pericolo" - la voce dello Spirito Santo -. Oh, in questo caso devi allontanarti da questo pericolo, e allora la voce dello Spirito Santo è da ascoltarsi. Qualche volta il Signore insiste perché l'anima si muova, entri in fervore e quindi compia tutta la volontà del Signore. Qualche volta l'ispirazione dello Spirito Santo c'è anche nel peccatore: "Convertiti, fa una buona confessione".
Adesso però non parlo delle obbedienze interiori che sono poi le continue obbedienze, la voce dello Spirito Santo momento per momento, supponiamo per pregar meglio, ecco, per compiere meglio questa cosa che è stata disposta ecc.
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Parlando, però, dell'obbedienza esterna, abbiamo da considerare che tutta la rovina dell'umanità è stata la disobbedienza ed è la disobbedienza ancora. E tutta la salvezza dipende dall'obbedienza; tutta.
Il Signore, nel paradiso terrestre, aveva concesso [ad] Adamo ed Eva che potessero nutrirsi di tutti i cibi del paradiso terrestre. Ha proibito un cibo1. Adamo ed Eva sono stati sottoposti, quindi, alla prova dell'obbedienza al Signore. Ma Adamo ed Eva sono stati tentati ed hanno disobbedito2 è [stata] la rovina per l'umanità. Se prima avessero subìto la prova, dopo sarebbero entrati direttamente in cielo, ma hanno disobbedito e hanno, disgraziatamente, perduto la loro condizione. E così, per noi: siamo in quella condizione in cui i nostri progenitori ci hanno lasciato, nella condizione in cui ora si nasce.
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Oh! E tutta la salvezza è venuta dall'obbedienza, cioè da Gesù Cristo, il Figlio di Dio che il Padre ha mandato, a salvarci, ecco. E secondo la volontà del Padre, il Figlio di Dio si è incarnato. E quindi san Paolo dice chiaramente: per la disobbedienza di un uomo, Adamo, la rovina; per la salvezza, l'obbedienza di un Uomo-Dio, cioè Gesù Cristo1. Così, tutta la nostra sapienza è proprio quello di obbedire; e quello che è il disobbedire è la rovina delle anime.
Ora, come ha operato il Figlio di Dio incarnato, il Figlio di Dio, Gesù Cristo? Nacque dalla Vergine, e nacque secondo erano i disegni del Padre, e obbedì costantemente: e nella vita privata, e nella vita pubblica, e nella vita dolorosa.
La vita privata: subditus illis2. Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato, è la sapienza del Padre, e certamente Maria e Giuseppe ne sapevano molto meno; possiamo dire infinitamente meno, loro, rispetto a Gesù Cristo, al Figlio; eppure: oboediens, subditus illis; sempre obbediente a Maria ed a Giuseppe, ecco.
Allora, non è il sapere di più per cui dobbiamo obbedire; il sapere di più sta nel fare la volontà di chi guida e quindi la sapienza di guadagnare i meriti; eccetto che si tratti di peccato, perché non si può obbedire per il peccato, no; come non si poteva rinnegare... - i tiranni che intimavano di abbandonare la fede cristiana - e allora erano condannati al martirio; in quello non si può obbedire; anche a uno della famiglia il quale comandasse una cosa che sia peccato; sì. Ma in tutto quello che, o è buono, o è indifferente in se stesso, l'obbedienza [è] necessaria, e arricchisce immensamente l'anima.
E così gli anni della vita privata di Gesù.
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E poi venne il momento in cui doveva entrare nella sua missione pubblica, i tre anni in cui egli predicò il Vangelo.
E poi obbediente fino al calvario e, quindi, quando ai carnefici gli hanno ordinato di stendersi sulla croce, obbedì. E Maria stessa... Egli fu inchiodato alla presenza di Maria, e rimase sopra la croce per tre ore, fino a quando: consummatum est1. Tutto quello che era il volere del Padre era compiuto; le tre ore di agonia, consummatum est. Ecco, factus oboediens, Gesù, il Figlio di Dio incarnato, oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis2. E perché? Perché chi si umilia viene esaltato3.
Noi abbiamo i meriti, guadagniamo i meriti per la sottomissione, nell'obbedienza.
E quindi: propter quod exaltavit illum4. Il Padre celeste ha esaltato il suo Figlio mettendolo alla destra, in cielo.
Allora, per avere questa grazia, noi quando eravamo chierici, a ogni venerdì, alle tre, che è l'ora in cui il Signore Gesù è morto sulla croce, ci facevano inginocchiare e pregare per questo: factus oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis, propter quod Deus exaltavit illum et donavit illi nomen quod est supra omne nomen5.
Ecco, se noi vogliamo veramente arrivare ai massimi - diciamo - premi, come Gesù, al massimo premio, sì. E se tutta la vita passa nell'obbedienza, noi siamo sicuri. Se noi vogliamo cercare il meglio da noi e fare, quindi, la nostra volontà e servirsi della libertà, allora noi perdiamo i meriti. E chi è obbediente si santifica, e chi non obbedisce non si santifica. Perché? Perché fa la volontà propria e quindi serve a se stesso e, non servendo a Dio, non avrà il premio eterno.
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Bisogna ricordare, quindi, che nella vita religiosa il punto su cui tutto poggia è l'obbedienza. Vi è il voto di povertà, vi è il voto di castità, vi sono i vari uffici, gli impegni che si trovano, s'incontrano nella vita religiosa, ma quello che è il perno sopra cui volge tutta la vita religiosa è l'obbedienza. E quando c'è l'obbedienza si osserva la povertà; e non si mette l'anima nel pericolo, e quindi la castità; e poi si sa che tutto quel che viene nella giornata, come è disposto negli orari, supponiamo, e tutto quello che si deve compiere nella vita secondo gli uffici che sono assegnati all'uno o all'altro, allora si assicura che ogni momento, ogni momento arricchisce l'anima immensamente. Perché? E perché una volta che la religiosa ha emesso la sua Professione si dispone a far tutto quello che viene, in avvenire, a essere comandato, a essere ordinato: il tale ufficio, il tal altro, il tale orario, ecc., tutto è un arricchimento quotidiano, non solo, ma di ogni momento, questo, secondo la nostra disposizione, tutta la nostra disposizione; si obbedisce, e allora saremo esaltati perché abbiamo obbedito, che è l'umiltà. E chi si umilia sarà esaltato; chi si umilia, exaltabitur1. E allora, dopo aver condotto una vita tutta di obbedienza, ecco, nell'ultimo momento della vita, accettare la morte; l'ultima obbedienza che corona le altre obbedienze della vita, ecco. E perché la religiosa si sottomette al volere di Dio fino all'ultimo, passata l'anima al di là, cioè, compita la separazione dell'anima dal corpo, ecco il gaudio eterno, il grande premio, il premio misura, secondo avremo noi obbedito, sì, ecco. Allora l'ultima obbedienza sarà quella dell'accettazione della morte. Ma poi segue un'altra obbedienza, di un altro genere: Intra in gaudium Domini tui2. Entra in cielo. E questa sarà l'obbedienza felice, eterna gloria, eterna felicità. Intra in gaudium Domini tui. Entra nel gaudio del tuo Signore.
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È veramente sapienza, l'obbedienza, perché noi abbiamo, tante volte, la mente corta e non sappiamo e crediamo che sia meglio questo o meglio quell'altro. E, ma se vogliamo veramente esser sicuri di operare il bene e di guadagnare il merito, questo è sapienza, cioè sottomettersi, è sapienza; ed è vantaggio sicuro, perché quello che facciamo da noi, anche se crediamo che sia un'opera buona, è migliore sempre fare quel che è disposto dal Signore.
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Allora dobbiamo un po' considerare quali sono le condizioni di una vera obbedienza.
Le condizioni di una vera obbedienza sono varie: in primo luogo, che non abbiamo da ragionare e pretendere quello che a noi sembra più piacevole o più utile, sì. Ma noi intanto guadagniamo il merito, seguendo quello che viene disposto. L'obbedienza, sì. Oh! Poi, se anche avremo sbagliato, in questo senso, che il comando è stato sbagliato, intanto chi ha comandato ha sbagliato, e chi ha obbedito ha indovinato e guadagna.
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Oh! Il Santo Padre, parlando dell'obbedienza ai Superiori Religiosi, l'anno scorso, parlò ampiamente dell'obbedienza1. Ma in questo senso bisogna anche ricordare quello che il Santo Padre diceva: Quando abbiamo una disposizione, un ordine, dobbiamo far tacere la nostra intelligenza, il nostro ragionamento? No. Quando è disposto una cosa o un ordine, usare l'intelligenza a capire meglio quel che è disposto e a studiare il modo di fare quello che è disposto, di farlo meglio. Se sei mandato a studiare, adesso mettiti a studiare e cerca con l'intelligenza di arrivare al buon risultato. E quindi si cerca il modo di compiere più perfettamente il santo volere di Dio. E Dio ci ha dato l'intelligenza perché comprendiamo questo.
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Oh! Poi è molto importante che si pensi che le comunità camminano bene se c'è un ordine. E se fossero tante volontà che ciascheduna volesse avere la sua ragione? Eh, non sarebbe più comunità! L'obbedienza è quella che assicura il buon andamento dell'Istituto; mentre che assicura la santificazione nostra, d'altra parte assicura il buon progresso dell'Istituto, sì, dell'ordine. Oh!
Certamente che per questo ci vuole molta grazia perché tante volte in noi nascono dei movimenti, e cioè, dei ragionamenti che si penserebbe quasi che sia migliore quello che abbiamo nella nostra mente rispetto a quello che è stato disposto. Primo luogo, farlo; poi dopo che sia fatto c'è già il merito; e poi se sorgesse una ragione che [si] doveva fare diversamente, allora questo porterà il vantaggio in quanto che, chi ha ordinato, un'altra volta saprà meglio come disporre le cose. Grande responsabilità per chi deve disporre! Grande responsabilità! Che disgrazia, esser superiori! Sotto un aspetto, perché anche lì bisogna fare la volontà di Dio, anche per esercitare l'ufficio che è stato assegnato secondo la volontà del Signore.
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L'obbedienza che sia fatta con amore, per il Signore Gesù, per la maggior nostra santificazione, per il premio eterno, sì, premio eterno. Oh, ma devono certamente allontanarsi tutte le mormorazioni, e tutto il giudicare, il giudicare quello che viene disposto. Noi accettiamo sempre il volere del Signore. Che il Signore disponga per mezzo dei superiori, o secondo il volere di Dio: oggi ci può essere una malattia, ci può essere un dispiacere; la volontà di Dio si manifesta coi fatti, e cioè, secondo vuole il Signore. E così, in molte cose dobbiamo assecondare perché è la volontà di Dio: e oggi è freddo, domani è caldo; e poi vi è quello che è nella nostra vita: abbiamo attorno delle persone che sono gradite, delle persone che non sono gradite; le disposizioni che sono gradite e le disposizioni che non sono gradite. La disposizione nostra: l'obbedienza: Fiat voluntas tua1. Come? Sicut in coelo et in terra2. Come la fanno, l'obbedienza, in cielo gli angioli, così noi. La sottomissione di tutto il nostro essere, la volontà, e poi l'esecuzione di quanto è stato ordinato. Quante persone si consacrano a Dio e progrediscono poco in santità? E quante, invece, progrediscono appunto perché fanno l'obbedienza? Quale ricchezza di meriti quando la persona si dispone a tutto nell'obbedienza, e segue! E quale povertà in chi crede di sapere di più e di sfuggire alle disposizioni! Crede di essere sapiente: "Ma non mi han visto, e non hanno veduto quel che ho fatto". E cercare il buio o cercare di allontanarsi o chiudersi? Ma Dio c'è sempre, Dio c'è sempre.
Oh! Allora, per quello che riguarda l'intimo: la voce dello Spirito Santo, l'obbedienza interiore.
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Nel tempo di aspirandato, nel tempo di noviziato, nel tempo anche della Professione temporanea si va migliorando la vita esteriore nella Congregazione, nell'Istituto, e quindi è facile che poi le persone che convivono conducono una vita (...) presso a poco uguale; si cerca di fare le cose benino, non avere osservazioni, e si arriva anche a quello che si può dire: la suora è una buona suora. Ma la suora santa è diversa, è diversa; la santa suora è diversa, e cioè, tutte l'esteriorità della vita religiosa, questa è l'obbedienza esteriore, e questa è la conformità all'andamento della Congregazione e agli uffici che si hanno e agli orari che si hanno, ecc., e quindi è facile aver la impressione che si tratta di una buona suora; ma quando dopo, facendo le stesse cose, come ho detto, sentendo le voci interiori, che sono le voci dello Spirito Santo, c'è un altro ordine di obbedienza lì, e cioè, quante sono le ispirazioni o i rimorsi o gli inviti di Dio a fare questo, a muoversi in quello. Specialmente, quindi, la vita interiore allora.
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San Francesco di Sales descrive abbastanza a lungo la differenza fra la buona suora e la santa suora. Perché, dopo l'obbedienza che viene dall'esterno e dallo stato stesso in cui la suora si trova: suora buona. Ma quello che si aggiunge, la voce interiore, allora: la santità. E cosa sono queste voci interiori? Riguardano sempre lo spirito di fede e la fiducia in Dio e l'amore a Gesù e la fuga delle imperfezioni. Poi la carità benigna verso...
Quanto è diverso praticar la povertà ed essere il primo punto delle Beatitudini: «Beati i poveri di spirito»1, cioè, quel che l'amano, la povertà, la capiscono, l'amano. È molto diverso, quindi, da quello che è il segno e il senso del primo punto delle Beatitudini. E vi sono sempre quelli che hanno da soffrire; ma coloro che amano: «Beati coloro che soffrono»2, appunto in questo senso intimo; e invece, alle volte, si arriva appena appena ad accettare la volontà di Dio con una certa riluttanza o resistenza interiore, anche se non è esplicita.
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Ora, in questi Esercizi è compresa tutta la vita. E questa meditazione: se si vuole riuscire buone suore o sante suore.
Ho fatto due meditazioni qui sopra nei giorni passati1 e ho capito che qualche buon frutto ci sia stato. Questo riguarda tutti noi, cominciando da me.
Questa santificazione interiore, questa infusione di Spirito Santo, cioè i sette doni dello Spirito Santo, e dai sette doni dello Spirito Santo risultano i frutti dello Spirito Santo, e dopo i frutti, le Beatitudini. E la beatitudine è quella che ci mette proprio sulla porta del cielo. E dopo questa beatitudine che si godeva sulla terra, è la beatitudine eterna che è gloriosa, è felicità in Dio.
Farsi spesso quella domanda: sono [buona] religiosa o sono santa religiosa? Potete farlo questo. Richiamare. E ci fa pensare e, d'altra parte, c'incoraggia. Vera santità.
Oh! Pensare alle suore che da un secolo a questa parte sono canonizzate; le sante, varie e sante suore. Avanti! La santità!
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 82/a (= cassetta 189/b). Per la datazione, cf PM: «Questa sera parliamo dell'obbedienza... Il S. Padre parlando dell'obbedienza ai Superiori Religiosi, l'anno scorso» (cf numero marginale 503 in nota). «Ho fatto due meditazioni qui sopra nei giorni passati...» (cf meditazioni nn. 41 e 42 tenute alla comunità di Ariccia). «La differenza tra la buona suora e la santa suora (cf PM in c478 e in c485). - dAS: In data 3 agosto 1965 dice: «Meditazione di introduzione al corso di Esercizi Spirituali delle PD e suore Apostoline. Tiene per i due corsi meditazione di apertura e di chiusura e qualche meditazione nel mezzo (1-2)». (La meditazione di introduzione non ci è pervenuta). - VV: «Esercizi, Ariccia, 3-11 agosto 1965».

1 Cf Gn 2,16-17.

2 Cf Gn 3,1ss.

1 Cf Rm 5,19.

2 Lc 2,51.

1 Gv 19,30.

2 Fil 2,8.

3 Lc 18,14.

4 Fil 2,9.

5 Fil 2,8-9.

1 Lc 18,14.

2 Mt 25,21.23.

1 PAOLO VI, Discorso Magno gaudio affecti, 23 maggio 1964, in Insegnamenti di Paolo VI, vol. II - 1964, pp. 345-351.

1 Mt 6,10.

2 Mt 6,10.

1 Cf Mt 5,3.

2 Cf Mt 5,5.

1 Le due meditazioni ricordate sono state tenute alle suore della Comunità di Ariccia, Casa Divin Maestro (cf le meditazioni nn. 41 e 42).