19. LE SETTE PAROLE DI GESÙ IN CROCE
Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via Portuense 739, 12 aprile 19651
La Bibbia e la liturgia sono così unite che costituiscono, in fondo, un'unica cosa. E cioè la liturgia è la realizzazione della Bibbia, cioè, è la Bibbia trasformata in liturgia, sia per quel che riguarda la parola di Dio, che è il Verbo del Padre, è la parola del Padre: In principio erat Verbum2, e poi: Verbum caro factum est3. E si può anche dire che la parola di Dio si è incartata, e cioè, nella Bibbia. E allora la liturgia [la] rinnova e [la] mette davanti alla popolazione, non soltanto perché ci son le cerimonie e le leggi liturgiche, ma perché si comprenda che cosa è stato, cosa è nella Bibbia: l'insegnamento, da una parte e, dall'altra parte, glorificazione di Dio e santificazione delle anime.
E perciò in questa Settimana, in modo particolare, seguire bene la liturgia. Ma se si è letta la Bibbia, quanto più si capisce la liturgia della Settimana; in primo luogo, per quello che riguarda la parte del Nuovo Testamento, e poi quello che riguarda l'Antico Testamento che è la prefigura; è predetto quello che sarebbe stato nel Nuovo Testamento. E così la liturgia è poi sempre la verità e la via e la vita, e la Bibbia ugualmente. Formano un tutto uno.
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Bisogna ricordare in particolare, adesso, le parole di Gesù Cristo in croce.
La prima parola di Gesù Cristo, quando è stata elevata la croce a vista di tutti, e mentre che tutti lo insultavano e lo sfidavano a discendere, egli, il vero Redentore, l'amante dell'umanità, degli uomini: «Padre, perdona loro perché non sanno quel che si facciano»1. D'altra parte, tutte le volte che pecchiamo, anche noi non sappiamo cosa ci facciamo, perché è il danno nostro quando si fa del male, qualche peccato o grave o veniale; non sappiamo cosa ci facciamo perché non siamo illuminati o non abbiam meditato. Quindi pensare a Gesù nel tabernacolo, che ci vede, qui. Egli prega: «Padre, perdona loro perché non sanno quel che si facciano». Sentire la parola dal tabernacolo così.
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Secondo luogo: sono stati crocifissi due ladroni, uno a destra, l'altro a sinistra di Gesù e, appena elevati sulla [croce] a vista del popolo, tutti e due insultavano Gesù. Ma uno fu toccato dalla grazia di Dio (e ciò che è la grazia del Signore è la luce nella mente) e allora si è ravveduto, e cioè, si rivolse a Gesù, come era pentito, e come ha fatto l'atto di fede: Signore, ricordati di me quando sarai nel regno tuo1. Proprio un ladrone, il quale è il primo a professare, nel Nuovo Testamento, la regalità di Gesù Cristo: «quando sarai nel regno tuo, ricordati di me». [E Gesù gli rispose: «In verità ti dico: oggi sarai con me in paradiso»]2. È stato un privilegio. E, sia per questa confessione, sia per la sua umiliazione, e sia per la fiducia, e sia per quanto ha sofferto ancora, perché ai due ladroni quando Gesù era già spirato, sono [state] rotte le gambe; ha fatto il purgatorio così, e non più a lui il purgatorio.
Ecco allora noi dobbiamo considerare, a questo riguardo, dobbiamo considerare lo spirito di fede che abbiamo nelle pratiche nostre. E poi il nostro cuore unificato al cuore di Gesù o, meglio, che il cuore di Gesù sia in noi, che sostituisca tutti i sentimenti nostri umani; si sostituiscano i sentimenti, i desideri di Gesù. E fare una purgazione, così da non portare più niente alla domenica seguente, cioè il giorno di Pasqua.
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Gesù, a un certo punto: «Ho sete»1, fece sentire. Si capisce che, trattandosi di un crocifisso è certamente una febbre fortissima in quei momenti, sete. Ma oltre la sete fisica, c'era la sete del cuore di Gesù, più che delle labbra, e cioè la sete delle anime. È venuto dal Padre per guadagnare le anime.
E abbiamo noi qualche sete spirituale delle anime? Se noi ci uniformiamo al cuore di Gesù, a Gesù stesso, rileggendo l'Epistola di domenica scorsa, sentire in noi: quod et in Christo Iesu2, cioè avere un cuore simile, unificato e quasi sostituito, in certo modo, al nostro cuore. Avere il cuore per tutta l'umanità, per tutti gli uomini che vivono sulla terra e quelli che vivranno ancora, e poi tutti quelli che non hanno ancor conosciuto il Vangelo e quelli che già sono arrivati al cristianesimo. Ma quanti son distaccati dalla Chiesa Romana! E quanti sono i cristiani anche cattolici che forse hanno offeso il Signore! E poi, entrando in noi stessi, domandar perdono al Signore di tutte le infermità, le miserie dei religiosi e delle religiose, dopo essersi consacrati a Dio, ecco. «Ho sete», [dice] Gesù. Queste anime che ha chiamate a sé con privilegio, in privilegio, e non sempre, anzi quando entra la tiepidezza si strascina la vita religiosa, non si vive nella gioia e [non] la si considera la preparazione immediata al cielo. Questo dovrebbe essere sempre.
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Altra parola di Gesù in croce, parola dolcissima per noi: «Donna, ecco tuo figlio»1, indicando Giovanni, e: «Giovanni, ecco tua madre»2. Gesù ci aveva già dato tutti i suoi doni, le ricchezze che aveva portato dal cielo, e cioè: la dottrina cristiana, la rivelazione, e già ci aveva dato la Chiesa, il sacerdozio, lo stato religioso, ecc. Rímaneva ancora un dono che Gesù ci ha fatto come estremo, come un dono ultimo: «Ecco tua madre».
Riconoscenza e amore a Gesù che ha voluto darci questa madre, madre santissima, madre misericordiosissima e madre potentissima presso Dio. Ringraziare. E poi dire sempre bene l'Ave Maria e i rosari e le altre divozioni che sono divozioni mariane.
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Gesù, a un certo punto, sulla croce fece come un filiale lamento o, meglio, una filiale confidenza col Padre: «Perché, o Padre... ut quid dereliquisti me?»1. Perché, o Padre, mi hai abbandonato? Sì, il Padre ha abbandonato il Figlio ai crocifissori, ai suoi nemici. Questa era una confessione di Gesù, e cioè, che con questo si redima il mondo, e cioè, [con] gli estremi dolori di Gesù. E allora, ecco, questo è ciò che completa la redenzione, l'ultima pena; non tanto le mani e i piedi crocifissi, ma l'abbandono nelle mani dei nemici. E poi la pena che egli aveva, Gesù, e cioè: il sangue mio sarà sparso inutilmente per tante anime. È una confidenza filiale e preghiera insieme verso il Padre celeste, fiducia.
E sappiamo noi soffrire qualche cosa? E c'è sempre quasi la ripugnanza della natura per qualche privazione o sofferenza. E quando ci sono pene interiori, se le accettiamo bene e le offriamo a Gesù crocifisso, allora scancelliamo quello che c'è stato interiormente o di pensieri o di sentimenti, di volontà.
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Era venuto il momento di conclusione della sua vita, e cioè: «consummatum est1. Tutto è fatto per cui sono stato mandato dal Padre celeste a redimere l'umanità: e si è incarnato, è vissuto nella vita privata, è vissuto la vita pubblica e la vita dolorosa, e anche istituita l'Eucaristia per rimaner sempre in mezzo agli uomini. Tutto è compiuto quel che voleva il Padre: consummatum est.
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E allora si capisce che egli, Figlio del Padre celeste, in fiducia: «Padre, rimetto nelle tue mani il mio spirito»1.
Ecco, quando si parte dalla terra per andare nell'eternità, che noi abbiamo questi sentimenti: dopo aver compiuta la nostra missione, se l'abbiam compiuta, anche con delle imperfezioni, ma se avremo compiuto quel che il Signore voleva da noi, sì, rimettiamo il nostro spirito nelle mani di Dio. E quindi, la nostra anima affidata alla misericordia di Dio, a Gesù che ci riceverà in paradiso: «Nelle tue mani rimetto il mio spirito», nelle mani di Dio Padre, nelle mani di Gesù redentore, nelle mani dello Spirito Santo.
E allora mandò un grido, e quindi piegò la testa e spirò sulla croce2.
Meditare le sette parole di Gesù Cristo in croce recitando i misteri dolorosi, oppure si meditano i misteri stessi del rosario.
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Ma la Settimana si conchiude bene, e cioè, con la risurrezione. E quindi, dal giorno della risurrezione, in tutto il tempo pasquale, preferire i misteri gloriosi. Essi ci fanno vedere quella vita che è di là, la vita felice in paradiso. E quindi i cinque misteri gloriosi: l'ascensione di Gesù Cristo al cielo, la discesa dello Spirito Santo, e la gloria di Maria in cielo, sì. E siamo attesi lassù anche noi, e quindi meditare il paradiso e meditare la risurrezione finale nostra. Dopo l'ascensione, anche noi, invitati da Gesù, entreremo nel gaudio eterno: «Venite, o benedetti nel regno del Padre mio»1. Per dir bene i misteri, c'è anche questo modo.
Per entrare direttamente in paradiso, dopo che l'anima si sarà separata dal corpo, [bisogna essere] puri; che l'anima sia del tutto purificata e unita a Gesù Cristo. Se si vuole propriamente evitare tutto quel che impedirebbe l'ingresso immediato, dopo la morte, prima dei misteri gloriosi: come capiamo e come saremo purificati? Le Otto Beatitudini, leggere2. Sono, quindi, l'immissione nell'immediata beatitudine. Se noi le viviamo, queste Otto Beatitudini sulla terra, allora c'è la preparazione diretta, sicura. E basta meditarle. Poi, se si vuole, invece, si meditino di preferenza i misteri (che ci sono le indulgenze).
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Allora la Settimana ha due parti: la purificazione e la santificazione. E prolungare poi questa risurrezione nel tempo pasquale, siccome la liturgia continua a far sentire la risurrezione di Gesù Cristo e poi l'ascensione al cielo e poi lo Spirito Santo che viene da Gesù Cristo mandato agli Apostoli. Perché Gesù Cristo aveva detto: Lo Spirito che vi manderò, egli prenderà da me. Lo Spirito Santo prende da me - dice Gesù - e lo darà a voi1. Gesù che manda lo Spirito Santo con le sue grazie. Lo Spirito Santo riceve da me e dà, a suo tempo, a voi. E così Gesù ha mandato lo Spirito Santo, ha compiuto la promessa fatta agli Apostoli.
Così ricordare anche noi la cresima, la cresima che è il dono, sacramento con cui si comunica la grazia, la luce dello Spirito Santo.
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Così, se si capisce la Bibbia, allora nella liturgia abbiamo parti importantissime, come per esempio, quelle del Passio del Nuovo Testamento. Ma se si vuole capire bene il Nuovo Testamento bisogna partire dalla caduta di Adamo e poi quello che è stata la preparazione alla redenzione nel tempo antico, Testamento Antico, ecco. Allora la pietà è più illuminata, e quando è più illuminata, vi è anche maggiore partecipazione alla liturgia stessa. Questo a poco a poco, non subito. Ma la Bibbia deve essere la lettura [preferita] perché, quale parola dobbiam sentire? Di quale parola e di quale libro possiamo servirci meglio di quello che è là, e quel che è scritto da Dio? La lettera di Dio agli uomini, la Bibbia1.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 79/h (= cassetta 178/b). Per la datazione, cf PM: «Questa settimana si chiama Settimana Santa. e si è partiti da ieri...». - dAS, 12 aprile 1965: «m.s. Alle ore 6, meditazione alle PD di Casa Generalizia, via Portuense».
2 Gv 1,1.
3 Gv 1,14.
1 Lc 23,34.
1 Lc 23,42.
2 Lc 23,43.
1 Gv 19,28.
2 Fil 2,5 (Domenica delle Palme, Epistola).
1 Gv 19,26.
2 Gv 19,27.
1 Mt 27,46.
1 Gv 19,30.
1 Lc 23,46.
2 Cf Mt 27,50; Gv 19,30.
1 Cf Mt 25,34.
2 Mt 5,3-10.
1 Cf Gv 16,14.
1 Cf S. GREGORIO MAGNO Ep. V, 46.