Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE XIII
L'APOSTOLATO

[110] Si entra nella vita religiosa per santificarsi di più e con maggior facilità: questo è il primo fine di ogni Istituto. Ma, nello stesso tempo, si entra per trovarvi il più efficace degli apostolati. Non è possibile che un'anima piena di amor di Dio possa tenere tutto in se stessa. Quando la conca è piena e continua a ricevere altra acqua, necessariamente si riversa e si riversa tanto più abbondantemente quanta più acqua riceve.
Alcune anime si danno esclusivamente all'apostolato della preghiera (vita contemplativa); altre si dedicano particolarmente alle opere esterne (vita attiva); altre conciliano l'una con l'altra, come fece la Madonna, Regina degli Apostoli.
La Madonna ha dato Gesù al mondo: ai pastori, ai Magi, al Tempio, in Egitto, sul Calvario | [111] e nel giorno dell'Ascensione lo riconsegnò al Padre.
La Madonna sta bene con l'ostensorio in mano; anzi ella stessa è l'ostensorio che porge Gesù alle anime. Così ogni anima religiosa deve tenere e porgere Gesù. Deve avere tanto di preghiera, tanto di zelo, tanto di amore, da riversarne sugli altri.
V'è in cielo la SS. Trinità «ab aeterno»: il Padre manda il Figlio sulla terra e tuttavia lo ritiene presso di sé. Il Figlio discende in terra e tuttavia rimane ancora in seno alla SS. Trinità. Ciò vuol dire che la SS. Trinità non perde nulla della sua interiorità. Vuol dire che bisogna comunicare agli altri il soprappiù: «de plenitudine»1. L'anima religiosa non deve mai effondersi troppo, comunicandosi agli altri non deve perdere la sua vita interiore.
Voi non avete un fine generico, ma un fine particolare: il vostro apostolato, e ciascuna nel proprio posto.
Con l'apostolato voi esercitate la carità verso il prossimo. Apostolato è dare il bene, comunicare il bene, in qualunque maniera esso si faccia. V'è l'apostolato dell'esempio, della parola, della preghiera, della stampa; v'è l'apostolato parrocchiale, l'apostolato liturgico, ecc.
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La Vergine li ha esercitati tutti ed è quindi modello per tutti gli apostoli; è la Regina degli Apostoli. Gesù li ha esercitati nel modo più perfetto: egli è l'Apostolo del Padre.
Portare del bene! Beati noi se porteremo | [112] sempre e dappertutto del bene. Satana pure ha i suoi apostoli: sono i libri, i giornali cattivi; sono i maestri dell'errore, sono quelli che, colla radio, col cinema, diffondono il male e tirano le anime all'Inferno.
Gesù Cristo, durante la sua vita terrena, all'inizio della sua missione pubblica, cominciò a formarsi un gruppo di uomini scelti. Dopo aver passato una notte in preghiera, al mattino, tra la moltitudine che lo seguiva, ne scelse alcuni e li chiamò apostoli2. Ad essi affidò la continuazione dell'opera sua tra i popoli, promettendo loro di non abbandonarli mai: «Ecce ego vobiscum sum omnibus diebus, usque ad consummationem saeculi»3.
Se voi sarete fedeli al vostro apostolato, sarete sempre degne figlie della Chiesa e Gesù sarà sempre con voi. Gli Istituti sono fiorenti a misura che si mantengono fedeli alla vita interiore e al loro apostolato specifico.
Nei miei primi anni di sacerdozio ebbi occasione di trovarmi in un paese di circa quattromila abitanti. Vi era un parroco zelantissimo, il quale, in venti o venticinque anni dacché si trovava colà, aveva rinnovato tutto il paese sul sistema del Cottolengo, imperniando la sua opera oltre che sul clero, anche sulle suore.
Aveva con sé il vice-parroco e un cappellano; ma poiché questi erano troppo occupati dal ministero sacerdotale, che richiedeva gran lavoro, perché bisogna pensare che in quel paese duemila su quattromila si accostavano settimanalmente | [113] ai sacramenti, non poteva arrivare a tutto, come avrebbe desiderato. Allora fece venire un gruppo di suore. Ad esse affidò le opere caritative: ospedale, ospizio dei vecchi, i poveri, nonché altre piccole opere come la distribuzione del pane di S. Antonio, ecc.
Vedendo poi che queste ancora non bastavano, fece venire altre due o tre suore dello stesso Istituto e affidò loro la cura della chiesa e l'organizzazione delle opere parrocchiali: canto sacro, pulizia, paramenti, preparazione delle funzioni, ecc. Successivamente fece venire altre suore (sempre dello stesso Istituto) e a due affidò le scuole elementari e il catechismo; ad altre la
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cura della biblioteca parrocchiale e del bollettino; ad altre affidò la cura di un laboratorio e quindi della gioventù e delle donne a cui facevano conferenze. Stabilì poi l'adorazione perpetua. Insomma: in breve quel paese fu completamente rinnovato. E le suore erano solo dodici: sempre in gran movimento e attività. In tempo di guerra tennero perfino un ufficio di informazione per i prigionieri.
In tutti i loro apostolati queste suore dipendevano oltre ché dalla superiora della Casa Madre, dal parroco il quale distribuiva i vari lavori per tramite della superiora locale4.
Vedete dunque come si può essere unite al sacerdote!
Per voi, il vostro sacerdote è la Pia Società S. Paolo e la vostra superiora è la Prima Maestra.
[114] Nel vostro apostolato dovete dipendere in tutto dalla Società S. Paolo. Se vi togliete di lì, voi vi togliete dall'onore, dalla stima, dalla gloria, dalla potenza che dovreste avere.
Questo tanto più perché voi avete la missione di insegnare e l'insegnamento è proprio del sacerdote.
Se si camminasse proprio secondo lo spirito della nostra istituzione, si dovrebbe arrivare a questo: l'Italia dovrebbe essere come una grande parrocchia in cui il parroco, non potendo arrivare a tutte le opere, si servisse di voi e voi, in sua dipendenza, dovreste, col vostro apostolato, rinnovare tutte le anime.
Questa dev'essere la vostra posizione.
E non dividersi. Occorre una tale intesa da riuscire veramente una potenza nello spirito di Dio. È certo una gravissima tentazione quella di voler fare diversamente.
La vostra Congregazione è in pericolo su questo punto: dovete star molto attente.
Fate penetrare queste idee giuste nell'Istituto. Dovete voi, come Maestre, come capigruppo, compiere quest'opera di rinnovamento. Se vi comportate diversamente, se volete fare da sole, fate ridere i vostri avversari. Occorre essere un esercito disciplinato. Avete capito un po' questo? È il punto sostanziale degli Esercizi. Pregateci sopra affinché non si vada più soggette
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a queste tentazioni. Voi potete benissimo dipendere dalla Pia Società S. Paolo senza | [115] che questa s'interessi di direzione e di amministrazione. Se si fosse destinati alla divisione, io avrei dovuto dire: le Figlie di San Paolo avranno un terzo dell'Italia e la Società S. Paolo i due terzi; ma io mi fido che voi stiate nell'indirizzo avuto, che entriate nella vera natura della cosa: separazione sì, divisi no; separazione sì, divisi no; separazione sì, divisi no. Questo vi darà coraggio, sicurezza e difesa e renderà più potenti i due Istituti.
Certo, la Pia Società S. Paolo non ha mica solo le spese vostre! Non è mica lo stesso formare una suora e formare un sacerdote. Per formare un sacerdote ci vuole assai di più. In questa atmosfera di serenità e di concordia, voi camminerete tranquille.
Vanno soggetti a tentazioni non solo gli individui, ma anche le comunità. Ed è poi così: v'è chi tira la barca. E vi può essere qualcuna che, colle sue chiacchiere vuole cambiare il fine dell'Istituto. Ma bisogna non ascoltarla! State attente! Se faceste un po' un passo importante qui sopra! Sapeste quanto progredireste anche solo in un anno!
Occorre che siate tutte un cuore solo e che comprendiate la posizione giusta, vera e quale sia la natura della vostra istituzione.
Noi abbiamo lo stesso campo di lavoro: non possiamo dividere nettamente come i salesiani. Siete come quelle suore in quella parrocchia. Non ho trovato un esempio migliore, più corrispondente al vostro caso. E ci ho pensato | [116] molto, ma mi è parso l'esempio più adatto ad indicare la vostra giusta posizione.
Il Signore ci dia la grazia di comprendere la vera posizione, la giusta separazione che non è divisione. E questo vorrei che si ottenesse prima che io chiuda gli occhi, perché sarebbe per me una gran pena (e non è tanto la pena mia che conta, ma l'andare contro la volontà di Dio) se si continuasse così!
Voi dovete essere «associate allo zelo sacerdotale». Prima di istituire la Congregazione avevo preparato quel libro La donna associata allo zelo sacerdotale5 proprio per voi. Questa è la volontà di Dio.
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Il sacramento che ci dà lo zelo è quello stesso che ci fa soldati di Cristo: la Cresima. Che lo Spirito Santo discenda su di voi come discese sugli Apostoli, nel cenacolo, da cui uscirono infiammati d'amore e cominciarono a predicare la parola di Dio. E molta gente si convertì a Cristo. Discenda anche su di voi lo Spirito Santo e vi riempia di zelo.
Per far meglio l'apostolato, tener presente: è più zelante chi parte dall'Eucaristia. Le anime eucaristiche sono sempre le più efficaci nell'apostolato perché esse riempiono la conca e poi riversano il sovrabbondante.
Mettete nel vostro cuore molto amore a Gesù e poi non potrete non parlare, come capitò agli Apostoli, i quali, ripieni dello Spirito d'amore, non poterono più star zitti.
In secondo luogo: sia unito l'apostolato, per | [117] tutta la Congregazione. Centro unico: tutto lì, fermamente, senza lasciarsi guidare da piccoli interessi o da vedute particolari: tutto questo deve scomparire nel bene comune, universale. C'è un bene universale da conseguire, il quale è da anteporsi a qualsiasi bene privato: questo è obbligo, non consiglio; è obbligo religioso.
Unite molto, molto, molto.
Quanto poi all'apostolato: far questo o far quello, avete le circolari. Ma in generale si tengano presenti questi due princìpi: 1) prendere la via che favorisce di più l'unità fra di voi e con la Pia Società S. Paolo nel senso detto prima. La divisione è la più grande tentazione; è la vittoria del diavolo. Separazione sì, divisione no. 2) Scegliere ciò che favorisce la maggior diffusione, il maggior bene alle anime. Ma questo - si capisce - sempre, sempre in dipendenza dai vostri superiori. Nei casi particolari ritenete sempre questi due princìpi.
E piacerà il vostro apostolato al Signore? Non temete: il vostro apostolato piace molto al Signore.
In questo apostolato una fa un lavoro e una ne fa un altro; ma è tutto l'Istituto assieme che fa l'apostolato.
Prima ci poteva essere qualche dubbio, ma ora, dopo i passi che ha fatto la Congregazione in questi ultimi tempi, si può essere certi: l'apostolato è ormai canonizzato, è approvato dalla Chiesa6 con tali e tanti favori che ad altri Istituti vengono concessi
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solo dopo due secoli | [118] di vita. A patto però che l'apostolato si mantenga sempre nella sua natura, sempre sano. E cioè: le cose da diffondersi sono quelle della Congregazione; le altre devono essere per un semplice servizio al clero: non se ne tenga neanche il conto, o se ne può tenere un conto a parte.
Voi portate tanti ragionamenti, ma intanto cominciate a lavorare per altro e, per tirare gli altri sulla buona strada, andate fuori di strada voi!
Vedete: ho detto di far annegare tutto nel bene generale: le vostre energie dovete spenderle a questo fine, perché per questo l'Istituto è stato approvato. Il tempo occupato in una cosa non si può più occupare in un'altra. Su questo punto l'esame sia schietto, sincero. Si raddrizzino le idee. Non ci sono cambiamenti repentini da farsi, ma correggere le idee, sì, affinché, mettendovi nella giusta posizione, possiate guadagnare tanti meriti.
Tutto l'Istituto deve vivere nella carità perché l'apostolato suppone la carità: «In caritate veritatem facientes!»7.
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1 Cf Gv 1,16: «... dalla pienezza».

2 Cf Lc 6,12-16.

3 Mt 28,20: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

4 Don Alberione allude, con probabilità, al suo ministero pastorale in qualità di vicecurato nella parrocchia di S. Bernardo in Narzole, nel circondario di Alba (Cuneo), da marzo a ottobre del 1908. (Cf G. Barbero, Il sacerdote Giacomo Alberione, pagg. 155-158; L. Rolfo,Don Alberione, pagg. 69-71).

5 G. Alberione, La donna associata allo zelo sacerdotale, Alba, Scuola tipografica “Piccolo operaio”, 1915. È stato tradotto in varie lingue, dove la FP era presente. In Italia ha raggiunto la nona edizione nel 1954.

6 Allude al Decretum Laudis, concesso alla PSSP, il 10 maggio 1941.

7 Ef 4,15: «Vivendo secondo la verità nella carità».