Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

ISTRUZIONE V
LA PURIFICAZIONE DELL'ANIMA

[48] Se la santità consiste nell'unione con Dio per l'inabitazione della SS. Trinità, per l'incorporazione in Cristo, per l'effusione dello Spirito Santo, noi dobbiamo mirare a questo e quanto più l'anima è penetrata dallo Spirito Santo, tanto più sarà santa.
A compiere questo lavoro, però, due devono essere impegnati: Dio e l'anima. Quindi: sforzo di volontà e grazia di Dio.
Bisogna appoggiarsi continuamente a Cristo mentre si compie lo sforzo. Come cominciare, come proseguire, come arrivare alla meta, nel cammino della perfezione?
Le anime incipienti (che cominciano a salire il monte di Dio e a lavorare seriamente per la perfezione), si distinguono per i caratteri seguenti: vivono abitualmente nello stato di | [49] grazia, hanno un certo desiderio di perfezione, ma conservano ancora l'affetto al peccato veniale e sono esposte a ricadere, di tanto in tanto, in alcune colpe gravi. Hanno però una volontà ferma, risoluta. Vogliono la perfezione, desiderano sinceramente di santificarsi e ogni giorno lottano, pregano, si consigliano, si esaminano e tornano a pregare e a consigliarsi.
Tuttavia conservano qualche affetto al peccato veniale: non è ancora morta la superbia; desiderano ancora piacere agli uomini. Vogliono sì obbedire, ma vogliono pure le approvazioni dei superiori. Vogliono progredire, ma desiderano pure che il confessore si mostri contento. E questo affetto si nota sovente anche negli atti esterni: quando fanno scuola assumono un certo qual sussiego; quando prendono la penna in mano si atteggiano a sapienti! C'è molto insomma, da purgare! Ma se c'è volontà, se l'anima è docile, ci penserà Iddio a farla passare per delle notti tenebrose che serviranno a purificarla. Generalmente entrano in questa categoria quelle anime che si danno all'osservanza regolare. Dal fervore con cui praticano le cose comuni si vede che sono entrate decisamente per questa via.
Vi sono varie categorie di incipienti1:
~
a) le anime innocenti le quali, non contente di schivare il peccato grave, vogliono fare qualche cosa di più per Dio e bramano perfezionarsi.
[50] b) I convertiti che, dopo aver commesso peccati gravi, ritornano sinceramente a Dio e che, per allontanarsi completamente dall'abisso, vogliono avanzare nelle vie della perfezione.
c) Gli intiepiditi che, dopo essersi dati una prima volta a Dio e aver fatto qualche progresso, caddero poi nel rilassamento e nella tiepidezza: costoro hanno bisogno, quand'anche fossero già pervenuti alla via illuminativi, di rifarsi alle pratiche austere della via purgativa e riprendere da capo il lavoro della perfezione.
stere della via purgativa riprendere da capo il perfezione.
Le anime incipienti, a qualunque cattive tendenze, le tre grandi concupiscenze: «concupiscentia carnis, concupiscentia oculorum, superbia vitae»2, che sboccano nei sette vizi capitali.
Avendo già parlato dell'orgoglio, parliamo ora dei tre vizi che fanno capo alla concupiscenza della carne: la golosità, la pigrizia, la sensualità.
La golosità non è che l'abuso del legittimo diletto che Dio volle associare al mangiare e al bere, tanto necessari alla conservazione dell'individuo.
La golosità è l'amore disordinato dei piaceri della tavola, del bere e del mangiare. Il disordine consiste nel cercare diletto del nutrimento per se stesso, considerandolo, esplicitamente o implicitamente, come fine.
La persona golosa si porta troppo spesso col pensiero e col desiderio, in cucina, a tavola. Fa | [51] distinzione tra cibo e cibo; dopo aver mangiato ci pensa ancora; spesso ricusa di prendere medicine perché di cattivo gusto, ecc.
Si penserà: Ma tra le religiose non esiste questo difetto! Eh, già! Purtroppo anche tra le religiose vi può essere! È una tentazione del diavolo il quale riuscì a tentare in questo anche Eva che, vedendo il frutto bello, dilettevole al gusto, lo mangiò3.
~
Eppure Eva era santa allora, nello stato di giustizia originale.
La golosità rende l'anima schiava del corpo, abbrutisce l'uomo, ne infiacchisce la vita intellettuale e morale, toglie il gusto delle cose spirituali. Quanto più un'anima è golosa, tanto più rimane insensibile agli inviti della grazia, tanto meno gusterà la Comunione, la divozione alla Madonna.
La mortificazione della gola è il primo passo che naturalmente, spontaneamente, fanno le anime che sentono di essere chiamate ad una vita più elevata. Naturalmente bisogna anche prendere il cibo necessario, ma la mortificazione della gola sta nell'essere padroni di essa, nel non prendere nulla, senza necessità, fuori pasto, nell'essere indifferenti quanto ai cibi, nel togliere tutto ciò che è superfluo, nel prendere medicine amare quando sono necessarie e, in generale, non alzarsi mai da tavola senza aver fatto una piccola mortificazione.
[52] È quella premura eccessiva, quell'«ardenter concupiscere», quel «troppo», l'eccesso che bisogna evitare. La pigrizia o accidia è una tendenza all'ozio, o almeno alla negligenza e al torpore nell' operare. È la tendenza a sovrabbondare nel riposo. Per voi il riposo necessario e sufficiente è quello stabilito dalle Regole. Se a qualcuna non basta, penseranno i superiori ad aumentarlo.
La pigrizia è quella mancanza di sforzo nelle pratiche di pietà, quell'indolenza nell'esame di coscienza. Indolenza nello studio, nell'apostolato che richiedono applicazione costante della mente e l'energia di volontà.
L'indolente lascia che nel proprio cuore crescano le erbacce che consumano tutti i succhi vitali.
E quante cose si lasciano crescere nel cuore, che non piacciono a Dio, quante virtù si tralascia di praticare perché non si vuol fare lo sforzo, la lotta!
Questa sì ch'è una vera penitenza: il fare ogni giorno quanto è dovere, con applicazione della mente, con l'impiego di tutte le forze fisiche, con generosità. Che cos'è se non pigrizia, quell'operare disamoratamente, con lentezza?
Terza passione da combattere è la sensualità. Per combattere questa, bisogna prima combattere la sensibilità, il cuore: né simpatie né antipatie, ma il cuore a Dio con costante affetto, con amore forte, vero.
~
Le antipatie alle volte si manifestano fra persone che vivono assieme, vicine e alle volte fra persone che vivono lontane.
Le antipatie nelle comunità creano tanti | [53] sospetti, disunioni, modi di fare che disgustano e rompono la bella serenità che deve regnare nella comunità.
Le antipatie si vincono facendo il contrario di quello che l'antipatia suggerisce. Se quella persona ti è antipatica, preparale il più bel sorriso, in modo che possa credere che tu l'ami più d'ogni altra. Questa non è ipocrisia, ma è vero amore. Non c'è da far altro che il contrario di quello che si è tentati a fare: «Age contra»4. E poi, se ti esamini profondamente, troverai forse che quell'antipatia nasce dalla tua superbia: perché ti ha corretta, non la puoi più vedere! Oppure da invidia, rancore, ecc.
L'antipatia è una di quelle passioni che si combatte prendendola di fronte. La simpatia, invece, come ogni tentazione contro la purezza, si combatte e si vince fuggendo. Se tu hai pensieri cattivi, non devi fare altro che pensare ad altro. Se il cuore arde di cose impure, allontana la paglia, fuggi, frenando la gola, la pigrizia, ecc. Senza ragionare, perché il ragionamento infiamma il cuore e ci fa vittime della tentazione.
Ridurre le relazioni con le persone verso cui si sente simpatia, al puro necessario, quando non si possono evitare del tutto.
Per vincere occorre mortificare il cuore, gli occhi, il tatto; mortificare la fantasia che porta a vivere fuori della realtà; non leggere alcuni libri.
Formare bene i principi nella mente, affinché si occupi davvero e solo di ciò che è di gloria | [54] di Dio, formar bene la volontà affinché si eserciti nella virtù, formare bene il cuore affinché ami veramente e profondamente il Signore.
È molto importante poi badare alla lotta contro la curiosità che è una deviazione del desiderio di sapere.
La curiosità ci porta a voler sapere cose che non dobbiamo sapere, a leggere libri non fatti per noi, col pretesto di averne bisogno. Certe insinuazioni sono proprie del diavolo. Quanto più si sviluppa la fantasia, tanto più si diventa incapaci di propositi fermi, santi. Non si è più positivi, non si è più capaci di grandi cose, allora.
~
Mortificare, mortificare! Non veniamo a patti con le nostre tentazioni: Andrò fino lì: non è ancora peccato grave; questo non m'impedisce la Comunione, non mi merita l'Inferno, ecc.
Chi concede sempre, a poco a poco perde i lumi dell'intelligenza, la volontà s'indebolisce, le tentazioni si fanno più forti, il cuore traballa e si rotola verso il precipizio.
Non venire a patti ma ragionare così, risolutamente: Questo piace a Dio? Lo faccio. Questo non piace? Non lo faccio.
~

1 I tre punti che seguono sono riportati quasi alla lettera da: Tanquerey A., Compendio di teologia ascetica e mistica, n. 637.

2 Cf 1Gv 2,16: «... la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita».

3 Cf Gen 3,6.

4 Fare il contrario di quel che si vorrebbe fare.