Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE III
LA PERFEZIONE

[19] Tutto il lavoro della perfezione cristiana si riduce a due cose: fare e sopportare. Fare il bene e sopportare tutte le contrarietà che s'incontrano per la via della perfezione. L'unico impedimento per cui Dio non può santificare la nostra anima è sempre la nostra volontà. Togliere dunque questo impedimento, il nostro amor proprio, le nostre preferenze. Quand'è che lasceremo lavorare il Signore nell'anima nostra, così da renderla bella e cara a lui?
Parliamo ora della perfezione. La perfezione di un'anima è quel lavoro per cui uno tende a togliere i difetti e a mettere nel suo cuore l'amor di Dio. La perfezione è il primo dovere del religioso. Quando si fa professione non si è perfetti ma si tende alla perfezione, si deve lavorare per diventare perfetti.
La religione infatti ci costituisce in uno stato di perfezione, in uno stato in cui si deve lavorare per diventare santi con la pratica dei voti nella vita comune.
[20] Il vero lavoro incomincia con l'emissione dei voti. Dalla professione deriva proprio questo dovere di tendere alla perfezione: questo è pure lo scopo principale per cui si entra nella vita religiosa. Perché il Signore ci dà il tempo, ci lascia in vita? Perché progrediamo. Guai a chi non progredisce. Se quando abbiamo fatto professione ubbidivamo già, adesso dovremmo essere molto più ubbidienti, più delicate, più osservanti della vita comune. Guai a chi non progredisce perché spreca la vita.
Il Signore inoltre ci dà continuamente mezzi nuovi: comunioni, confessioni, rosari, avvisi: tutti questi mezzi hanno lo scopo di aiutarci a progredire nel servizio di Dio.
Ognuno nella propria vita ha un dovere di stato: il nostro dovere di stato è quello di tendere alla perfezione; così chi non si sforza di progredire trasgredisce un dovere fondamentale della vita religiosa, un dovere di stato. E come se la caverà al giudizio di Dio? Gesù progrediva in età, in sapienza e grazia presso Dio e gli uomini1. E i santi? Non si davano pace di fronte ai loro difetti:
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quale sforzo facevano per progredire ogni giorno di più! Ma al termine della vita giunsero a possedere un grado sublime di virtù.
S. Giovanni Berchmans2 aveva fatto il proposito di progredire un po' tutti i giorni. S. Francesco di Sales diceva: «Da un po' di tempo l'anima mia gode di tanta pace e questo mi fa presagire il prossimo stabilirsi di essa in Dio». Ebbene quale differenza tra loro e noi! Talvolta noi pensiamo | [21] che certe osservanze vadano bene solo per le principianti, per le novizie. Si crede di poter disporre un po' liberamente; di poter interpretare a capriccio le regole, i comandi e i consigli, e magari si è poi pretenziosi, esigenti, arroganti col prossimo.
Passati otto o dieci anni dalla professione che cosa rimane ancora di certe religiose? Spesso si riducono a vivere da buone donne secolari, se pure non si pretendono tante comodità, tante attenzioni, servizi, particolarità o che so io. Si ha ancora il lustro e la superbia della vita religiosa ma solo per ingannare il mondo.
Se col passar degli anni noi crediamo di poter fare a meno di certe osservanze e di non essere più tenute all'obbedienza, allora pensiamo che la nostra vita religiosa ha fatto fallimento. Dobbiamo perfezionare la pietà in modo che l'ultima comunione che faremo sia la più fervorosa, che l'ultimo giorno di vita ci trovi più benigni, più caritatevoli, più pazienti, più larghi col prossimo. Eppure spesso avviene proprio il contrario. E mentre si pretende che gli altri siano perfetti e pronti ai nostri comodi si va dicendo: Devono fare gli altri; oh, tocca agli altri! E tu ti accontenti di mandare avanti gli altri e di startene tranquillamente indietro? Ma, e al giorno del giudizio che risponderai a Gesù Cristo giudice che è morto per te?
Che grande sbaglio è mai questo: pensare che tocchi agli altri! Sì, sì, ma anche il Paradiso toccherà agli altri... Allora si deve sempre fare | [22] come i bambini? Certamente. «Se non vi farete come bambini non entrerete nel regno dei cieli»3 ha detto Gesù. Dei bambini si deve conservare la semplicità, il candore, la schiettezza e nello stesso tempo si deve acquistare la prudenza, la fortezza, lo spirito di sacrificio e il coraggio che sono le virtù degli
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adulti. Di S. Tommaso dicevano che quantunque avesse tanta sapienza, pure aveva l'anima simile a quella di un bambino.
Il P. Wermehersch, gran luminare del sapere, un uomo a cui accorrevano, per consiglio, vescovi e cardinali, con una semplicità che meravigliava, consegnava le lettere aperte al suo Superiore chiedendo in carità il francobollo per spedirle; ed era già vecchio, e le sue lettere erano generalmente risposte a quesiti di teologia o diritto canonico. Sarebbe poi una gran cosa se noi facessimo ciò che facevano queste grandi anime?
Come potremo essere fedeli al S. Vangelo che dice: «Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro che è nei cieli»4 se non ci sforziamo di progredire? Dio è tanto misericordioso, saggio, benigno e noi cerchiamo di essere misericordiosi, saggi, benigni?
La pratica si riduce poi a questo: ogni giorno nel fare l'esame di coscienza confrontare un giorno con l'altro, una settimana con l'altra settimana, un mese con l'altro mese; vedere se siamo diventati più forti, se abbiamo praticato i propositi che avevamo fatto. Ogni mese, nel ritiro mensile, domandiamoci se siamo stati più diligenti nella pietà, più pazienti, più caritatevoli, | [23] più osservanti. Dopo due, tre, quattro, dieci anni di vita religiosa quanto siamo migliorati? Come sono le nostre Comunioni? Come stiamo riguardo alla pazienza, alla carità, all'osservanza della vita comune? Se non abbiamo migliorato ci siamo resi colpevoli davanti a Dio. Chi non progredisce si rende responsabile della perdita delle grazie, del tempo che Dio gli ha concesso. Si diventa colpevoli per il fatto stesso che non si corrisponde alle grazie del Signore. Esaminiamoci bene.
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1 Cf Lc 2,52.

2 Giovanni Berchmans (1599-1621) belga, giovane chierico gesuita, si distinse nella santità per l'osservanza della vita comune.

3 Cf Mt 18,3.

4 Cf Mt 5,48.