Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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3. [OBBEDIRE AI SUPERIORI]*

Chi aspira alla vita religiosa e chi già vi è entrato deve avere particolare divozione all'eterno Padre che tutto governa e dirige e da cui proviene ogni paternità in cielo e in terra, e particolare rispetto a coloro che in terra lo rappresentano. I genitori e i superiori tengono su questa terra le veci di Dio: i genitori in quanto comunicano la vita, i superiori in quanto ordinano la vita al cielo. Il quarto comandamento: «Onora il padre e la madre»1, ci impone appunto il dovere dell'onore che ne abbraccia altri quattro: la stima, l'amore, l'obbedienza e l'aiuto.
In primo luogo l'onore ai superiori ci impone la stima: il superiore ci rappresenta il Signore, ne tiene le veci e in suo luogo ci guida. Non viene mica l'eterno Padre a comandarci questo o quello, ma egli si serve di qualche persona, come si serve dei sacerdoti per la comunicazione della grazia, l'amministrazione dei sacramenti e la distribuzione della Comunione. Gesù nell'Eucaristia è la vita, ma è il sacerdote che ce la distribuisce.
La stima verso chi comanda è facile quando il superiore associa all'autorità la virtù, nondimeno gli è dovuta sempre, perché sempre rappresenta Iddio: «Chi disprezza voi, disprezza me»2. Vanno perciò stimati in vista della dignità di cui sono rivestiti.
In secondo luogo l'onore importa amore. Ma l'amore non è fatto di sentimento, di parole, di frasi, di complimenti; non si ferma all'esteriore del superiore, non considera se sia buono o meno, se istruito o ignorante: ma vede in chi comanda il Signore e ama nel superiore il Signore. Deve avvenire precisamente quanto avviene nella divozione a Maria SS.: si ama Maria non per se stessa, ma per i favori specialissimi che ha ricevuto da Dio, e il nostro amore non si ferma in lei, ma sale al Signore. Un amore così concepito vi sarà sempre anche quando il superiore è poco buono o, come dice la Scrittura, «è discolo»3.
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Questo amore sodo e soprannaturale porta ad eseguire quanto desidera l'eterno Padre rappresentato da questa o da quella persona.
Il terzo dovere compreso nella parola onore è obbedienza, e specialmente su questo dovere si insiste quando si spiega il quarto comandamento. S'incontra di frequente l'immagine di Gesù adolescente che con una mano regge due tavole su cui sono scritti i numeri fino a dieci, e con l'altra fa cenno al numero quattro: questi numeri indicano i dieci comandamenti e Gesù adolescente raccomanda soprattutto l'osservanza del quarto quasi a dirci che tale osservanza è molto importante e da essa dipendono particolari benedizioni in terra e in cielo. Tutti devono obbedire: e i sudditi e i superiori, i sudditi nell'eseguire il comando, i superiori nel darlo. Sicuro, anche i superiori sono stretti dall' obbedienza: essi pure devono fare la volontà divina, essi pure, cioè, devono obbedire a Dio. L'obbedienza non è mai umiliazione: eseguendo gli ordini dei superiori si eseguiscono i voleri di Dio e obbedire a Dio è la più grande azione che possiamo compiere. L'obbedienza deve essere non solo esterna, ma interna, lieta e completa. Quando Iddio ci presenta un'obbedienza, ci presenta nello stesso tempo il suo aiuto, cioè la sua grazia, e ce ne promette la ricompensa. I veri obbedienti hanno grazie speciali: Dio li assiste, li guida, li protegge con predilezione e se capitano loro dei mali è solo perché Iddio vuole offrire loro l'occasione di un premio più grande: tanto più un'anima è chiamata a grande santità, tanto più avrà da soffrire.
Il vero obbediente non fa bene solo quando è controllato o vigilato, ma fa bene ovunque. Ci vuole, in sostanza, obbedienza sincera, soprannaturale, vera.
L'onore prescritto dal quarto comandamento comprende, infine, Faiuto. E che, si devono aiutare i superiori? Certo, e di aiuto materiale e di aiuto spirituale! Innanzitutto i superiori vanno aiutati con la preghiera: pregare per chi guida, per chi è preposto4 e pregare ogni giorno perché ogni giorno essi possano conoscere la volontà di Dio e interpretarne i desideri. Un buon figliuolo poi, al tempo opportuno, difende i genitori: così il buon religioso deve saper scusare, deve difendere, deve tutelare la stima
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e l'onore del superiore. Si aiutano i superiori ascoltandoli e facendo quanto comandano non solo, ma interpretandone ancora i desideri. I superiori non possono esserci sempre dietro: essi hanno da sorvegliare l'ordine della comunità; bisogna che ognuno faccia bene nel suo piccolo. Ma si deve far bene non per l'approvazione degli uomini, «quasi hominibus placentes»5, ma per il Signore.
Inoltre bisogna ancora aiutare i superiori nell'opera di santificazione che è la prima e la più importante. Ascoltiamo, facciamo, seguiamo quanto ci dicono; stiamo attente ai piccoli cenni e ai minimi desideri, senza però curarci dell'approvazione umana. Solo chi è veramente sincero farà bene sempre, sia veduto o no; solo chi ha vita interiore, chi vive sempre alla presenza di Dio vedrà in chi comanda il Signore e cercherà di piacergli in ogni cosa.
Esaminiamoci bene: spesso nell'esame si sorvola il quarto comandamento quasi non facesse più per noi: invece no. Tutte, esaminandoci a fondo, troveremo dei difetti al riguardo e avremo bisogno di correggerci.
«Vir oboediens loquetur victoriam: L'uomo obbediente riporterà vittoria»6.
«Oboedite praepositis vestris et subjacete eis. Ipsi vero pervigilant quasi rationem pro animabus vestris reddituri, ut cum gaudio hoc faciant et non gementes: hoc enim non expedit vobis: Obbedite ai vostri superiori e state loro sottomessi perché essi vigilano, dovendo render conto delle anime vostre; procurate che lo facciano con gioia e non sospirando, perché ciò non vi gioverebbe a nulla»7.
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* Meditazione stampata in CI, 8-10 [1941] 3 sotto il titolo: “Meditazioni del Sig. Primo Maestro”. Non si è riuscite a precisare ulteriormente la data. La tematica trattata la collega al ritiro del 10 luglio. Si può ipotizzare che si tratti di una meditazione rivolta alla comunità di Roma.

1 Dt 5,16.

2 Lc 10,16.

3 Cf 1Pt 2,18.

4 Cf Eb 13,7.

5 Ef 6,6: «... come per piacere agli uomini».

6 Pr 21,28.

7 Eb 13,17.