Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE VI
LA MORTIFICAZIONE ESTERNA

[37] Invochiamo l'angelo custode perché ci aiuti a praticare quanto stiamo per dire.
Siamo in Quaresima, dobbiamo parlare della mortificazione: argomento importante, ma ripugnante.
Sempre ci deve accompagnare la mortificazione, ma in Quaresima vi è un obbligo più stretto.
Mortificazione vuol dire: mortuum facere: rendere morto ciò che non deve vivere. Dobbiamo mortificare le nostre passioni in modo che non abbiano più dominio su di noi; dobbiamo praticare la mortificazione per guadagnarci il cielo, per imitare Gesù Cristo la cui vita fu tutta croce e martirio. Dobbiamo praticare la mortificazione per scontare i nostri peccati. Dobbiamo praticare la mortificazione, se vogliamo fare del bene, perché tutti i doveri di stato, tutte le virtù costano fatica e per praticarle ci vuole la mortificazione.
[38] Dice S. Vincenzo de' Paoli1 che la mortificazione è come l'abbiccì della vita spirituale. Se non c'è la mortificazione non si farà mai alcun progresso nella via della virtù. Del resto Gesù ha pure detto: «Chi vuol venire dietro di me, (cioè chi vuol essere cristiano), rinneghi se stesso»2, cioè la propria volontà, i propri desideri; freni il cuore, domini la superbia.
In pratica, questo significa vincere la pigrizia (ad es. al mattino, al segno della levata esser pronte a balzar fuori del letto, anche se sentiamo ripugnanza); mandar via tutte le fantasie e tutti i pensieri che vengono in mente, per applicarci alla meditazione, alla preghiera.
Rinnegare se stessi vuol dire frenare la fantasia, moderarsi nel cibo, riflettere a quello che si deve fare nello studio, nell'apostolato; sopportare i caratteri diversi che possiamo incontrare, perdonare le offese ricevute, frenare la lingua.
Inoltre Gesù ha detto di prendere la propria croce e seguirlo. Se noi non ci adattiamo a mortificarci, bisogna che rinunziamo
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ad essere vere religiose, perché la vita religiosa è tutta una vita di mortificazione in quanto che è vita di obbedienza, di purezza, di povertà. Una persona è buona religiosa in quanto si mortifica per diventare osservante; ma non osservante dei propri capricci, bensì dei suoi voti, dell'orario, della vita comune, ecc.
Mortificarsi in tutto e sempre. Mortificare gli occhi, altrimenti non si sarà mai raccolti. | [39] Dagli occhi passa il peccato. Quelli che fissano, che osservano certe persone, certi oggetti, finiscono coll'avere la mente e il cuore disturbati.
E c'è poi da stupire se cadono? Ci sarebbe da stupire se fosse il contrario. Se si apre la finestra è certo che entra l'aria.
Ma allora non possiamo noi vedere? Vedere sì, ma non fissare. Non fissare nemmeno le persone con cui si parla (non è bene mettersi proprio di fronte a loro), pur usando, si capisce, quell'educazione che è necessaria. E ciò, non soltanto riguardo alle persone che possono costituire maggior pericolo, ma riguardo a tutti. Non bisogna abituarsi a fissare in volto le persone.
Impariamo dai santi. Il giovanetto Savio Domenico3 custodiva gelosamente i suoi occhi. Un giorno, durante una passeggiata, tutti i suoi compagni si erano fermati ad osservare attentamente i giuochi che si facevano dai saltimbanchi, dai giostratori, nei grandi baracconi. Domenico mortificò i suoi occhi, e ai compagni che gli domandavano il perché della sua mortificazione, rispose: «Io voglio riservare i miei occhi per vedere la Madonna in Paradiso».
Non è male vedere le cose necessarie; ma è male fissarle. Non si va sempre cogli occhi chiusi quando si cammina, per timore dell'aria, ma quando il vento solleva la polvere, allora sì che si chiudono gli occhi!
In secondo luogo mortificazione dell'udito.
Perché stare a sentire certe mormorazioni? Poi si perde il rispetto, la carità verso il prossimo. | [40] Certo, se si vuole, c'è sempre da mormorare, perché nessuno è perfetto, ma non bisogna farlo. Alcune insinuano proprio la mormorazione. Che brutta cosa! E chi riparerà? E non sapete che qualche volta con ciò si commette un vero peccato? Sia il mormoratore e sia chi sente, fanno danno a se stessi!
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Ma non c'è proprio niente di bene da dire? Se poi è una più anziana che sente mormorare, bisogna che imponga silenzio. Guardiamo noi stessi, - deve subito dire - domani noi potremmo cadere in peccati più gravi di una bestemmia. (Un pensiero cattivo acconsentito: e che cosa ci vuole ad arrivare lì? Crediamo forse di essere invulnerabili?).
La mormorazione offende Dio, fa male a chi la sente, fa male alle persone di cui si mormora. Ma non sapete che la mormorazione è più grave che rubare? Certuni si guarderebbero bene dal rubare un soldo; ma quando si tratta di mormorare non hanno nessun ritegno. Ed è più importante la fama che il denaro.
Quando si sparla dei superiori, delle sorelle, quanto Purgatorio ci si ammucchia! Ma dico solo delle cose vere!. E le cose vere si possono dire tutte? E poi, siamo sicuri che le cose siano proprio così, oppure siamo noi che abbiamo gli occhiali neri?
Mortificare la lingua: non parlare fuori di tempo. Vi erano due suore che non finivano più di parlare in chiesa. Ma, e il rispetto al luogo | [41] sacro? Il silenzio nelle ore stabilite, si osservi specialmente al mattino e alla sera.
Mortificazione di lingua. Alle volte vi sono delle persone pie che non fanno altro che criticare i preti e i religiosi o si lamentano di quelli che non vanno in chiesa o del male che c'è nel mondo. Che giova questo? Vale più dire un'Ave Maria che il trattenersi per due ore a deplorare i mali della società.
La religiosa non deve fermarsi a parlare di cose che non la riguardano. Dica pure che non sa: farà assai più buona impressione. Come si restituirà la fama che si è tolta alle persone con tante chiacchiere? È quasi impossibile! Eppure certune sembrano delle giustiziere: criticano tutti, giudicano di tutto. Se si commette un difetto in una casa, tutte ne parlano. Non è così che si deve fare. Seminate sempre del bene. Evitate i discorsi che sono contrari all'obbedienza, alla carità, allo stato religioso.
Parlare quando lo richiede la giustizia e la carità. Parlare molto con Dio nella preghiera.
Mortificazione poi, della gola. Anche se si è dispensate dal digiuno, non mancano le occasioni di mortificare la gola. Ognuno per sé ha tante maniere per rendere meno gradito il cibo, per astenersi da qualche boccone che ancora si desidererebbe, ecc.
Mortificazione del tatto. Dominare la pigrizia che ci assale specie in alcune ore del giorno. Sopportare i mali con pazienza:
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andremo di | [42] male in male, fino alla morte. Mentre si deve aver cura della salute e non abusarne, perché non ci appartiene più, ma è del Signore, si devono sopportare volentieri i mali fisici, la fatica che si sente nell'apostolato.
Scegliere i lavori più umilianti, certi uffici che sembrano di ultimo ordine. Questo è assai prezioso davanti a Dio.
Bisogna essere preparate a tutto. Certune non si sporcherebbero mai le mani. Altre non sono capaci a certi uffici, eppure sdegnano quelli per cui sono capaci, forse perché un po' umilianti. Gesù era Dio, eppure non sdegnò di fare il falegname. Andiamo ad imparare le belle lezioni che ci vengono dalla casetta di Nazaret, noi che siamo tanto superbi!
Non va bene fermarsi a chiacchierare in due, per le scale, nei corridoi, negli angoli, sommessamente, senza bisogno. Andate in chiesa, andate a cucire, a lavorare! Non vogliate essere di quelle che vogliono intendersi di tutto ciò che avviene nelle altre case, e finiscono poi col far entrare in casa un po' di mondo.
È assolutamente necessaria la pratica della mortificazione. Se non vi è mortificazione di occhi non vi può essere innocenza; se non vi è mortificazione di udito non vi può essere raccoglimento; se non vi è mortificazione di lingua, non si imparerà mai a pregar bene; se non vi è mortificazione di tatto, non si può essere religiose.
Vi sono persone che alle volte pensano di | [43] usare mezzi straordinari di penitenza. Su questo punto non consiglio né sconsiglio. Ma in generale conviene tenere questa regola: prima si facciano tutte le mortificazioni ordinarie.
Qualcuna può dire: Io sono molto tentata, vorrei portare il cilicio! Il più bel cilicio è il mettersi a lavorare molto intensamente ed allora certe cose non vengono neppure più in testa.
Talvolta diciamo che il diavolo ci tenta. Siamo noi che ci tentiamo, perché non ci mortifichiamo!
Quando non si sta bene si deve riposare, ma non mai oziare!
Guardiamo Gesù crocifisso, il nostro modello. Vogliamo seguirlo? Pratichiamo la mortificazione.
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1 Vincenzo de' Paoli (1581-1660), francese, padre dei poveri, fondatore dei Preti della Missione e delle Figlie della Carità.

2 Cf Mc 8,34.

3 Domenico Savio ( 1842-1857), oggi santo, entrò dodicenne a far parte dell'Oratorio di don Bosco a Torino.