Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE I
L'ORGOGLIO

[11] I vizi capitali sono quelli che esprimono e che in pratica esercitano la concupiscenza nostra. Contro di essi dobbiamo quindi combattere. Nel sacramento della Cresima siamo stati fatti soldati per combattere contro i nemici di Gesù Cristo, i nemici della salute delle nostre anime.
Tra i vizi capitali si trova ordinariamente, la passione predominante, contro la quale si deve combattere con maggior energia.
Vediamo ora come si deve combattere la superbia, l'ira e l'avarizia, passioni che derivano tutte dall'orgoglio. Per l'orgoglio naturale infatti, desideriamo la stima altrui, sentiamo invidia verso coloro che ci superano e siamo talvolta portati all'ira.
Per l'orgoglio (che è un eccesso di stima verso | [12] di noi) ci compiacciamo di quello che abbiamo, di quello che siamo mentre dovremmo solo sentirne riconoscenza verso il Signore. Per l'orgoglio vorremmo che tutti avessero stima di noi, che avessero cura della nostra persona.
Consideriamo invece l'umiltà della Madonna la quale, elevata alla dignità di Madre di Dio, si chiama sua serva1; consideriamo l'umiltà di Gesù che volle nascere in una povera stalla. Gesù ebbe gli abiti più semplici e più poveri e noi alle volte ci impuntiamo perché l'abito non è come lo vorremmo noi.
Gesù si cibava come i più poveri di Nazaret e scelse Nazaret, paesello che godeva poca fama: «Quid boni a Nazareth?»2. Abitava in una casetta poverissima e condusse una vita povera, ordinaria. Ecco l'umiltà!
E che modo semplice di trattare avevano Gesù, Maria e Giuseppe! Nessuna posa, nessuna parola rara, nessun sussiego, nessun atteggiamento di gente che sa dare consigli. Chi avrebbe dato uno sguardo a quella povera casetta, andando a Nazaret? Noi ci stimiamo chissà che!... Noi pretendiamo tutti i riguardi: guai se ci mettono al secondo posto quando crediamo che ci tocchi il primo!
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Orgoglio! Orgoglio che nasce con noi e muore con noi!
La voglia di essere stimati dagli altri ci toglie la retta intenzione e ci fa perdere i meriti. L'orgoglio ci porta a lasciare la preghiera: siamo già persuasi che i nostri propositi bastino. | [13] L'orgoglio ci fa mettere nei pericoli: ci si crede invulnerabili e non si hanno più tanti riguardi: si vuole veder tutto, sentire tutto, andare con chi non si dovrebbe andare, ecc. L'orgoglio ci porta a disprezzare gli altri, ad avvilirci di fronte ad un'osservazione, a ribellarci, ecc. Talvolta ci si appella a Dio quando invece dovremmo temere il suo giudizio. Dovremmo aver vergogna di una fotografia fatta sul nostro spirito e sul nostro corpo.
L'umile invece, dopo aver fatto il suo dovere, chiede di essere avvisato, corretto.
S. Francesco Saverio3, dopo aver fatto tanti miracoli, aver battezzato milioni di persone, scriveva al suo superiore in ginocchio.
L'umile teme sempre di aver rotto la carità. Non sa le arti dell'inviluppare, del nascondere, del coprire il male: è chiaro, limpido in confessione; ovunque si porti, spande il buon profumo di Gesù Cristo4: profumo di carità, di preghiera, di buon esempio, di povertà.
Così faceva la Madonna quando, attraverso le montagne della Giudea, si recava alla casa di Elisabetta. Ecco l'umiltà!
Noi dovremmo abbassarci molto più di Maria: noi siamo peccatori e non meritiamo altro che castighi.
Lotta all'orgoglio che si annida un po' in tutte le anime. Questo orgoglio porta all'invidia che si manifesta in due maniere: ci si rattrista perché altri hanno doni superiori ai nostri, | [14] oppure ci si avvilisce perché non si riesce a superare gli altri.
Credi forse di diventar grande abbassando gli altri? Fai un peccato e cadi ancor più in basso, come fece Caino.
L'invidioso fa danno a se stesso, perché commette peccato, si abbassa, si priva delle grazie di Dio.
Le virtù degli altri non si devono invidiare, ma imitare e pregare Dio che le accresca. L'umile impara da tutti e accumula nel proprio cuore le virtù degli altri e diventa grande presso Dio.
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Altra conseguenza dell'orgoglio è l'ira che è un eccesso di collera.
Vi è un'ira giusta: quella che fa dare il giusto castigo a chi lo merita, come l'ira di Gesù nel tempio5; ma l'ira vizio capitale è quell'eccesso nel castigare che ha colui il quale scatta quando l'amor proprio rimane ferito. Quante volte sotto parvenze di zelo dell'amor di Dio, zeliamo invece l'amor proprio! S. Teresina sapeva vincere l'ira col più bel sorriso.
Tante volte avrete occasione di disgustarvi, per tanti motivi: il vincersi in tali circostanze è di gran merito.
L'ira più pericolosa è quella che abbiamo talvolta contro noi stessi. Indispettirci perché vediamo ancora dei difetti in noi, non è virtù: è un voler rimediare ai peccati commessi con un altro peccato. Non dobbiamo avvilirci in tal caso, ma umiliarci e dire: questi sono i frutti del | [15] mio orto. Dobbiamo aggrapparci ai meriti di Gesù Cristo, alla sua croce e confidare solo in lui. Questa umiltà ci porta anche a far penitenza dei nostri peccati, ci fa trovare deliziosa la meditazione sulla passione di Gesù Cristo, ci porta a chiedere consiglio, a far approvare i nostri propositi, ecc.: questa umiltà piace a Dio.
Vincere l'orgoglio con la semplice umiltà del cuore di Gesù. Vincere l'invidia dando noi stessi per il bene altrui, ad imitazione di Dio che è carità infinita. Vincere la nostra ira, imitando la mansuetudine del cuore di Gesù. Questa è la via della santa umiltà.
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ISTRUZIONE I
L'ORGOGLIO

[17] Ho dovuto lottare contro me stesso da ieri a oggi per il timore che non si ricavi il frutto che si dovrebbe da questi Esercizi. È infatti una cosa penosa questa che, facendo un po' di riassunto e pesando tutte le cose che sono venuto a sapere, mi pare che si possa dire così: quelle che dopo la professione hanno progredito sono l'uno e mezzo su dieci; il cinque su dieci sono andate indietro; tutte le altre sono rimaste stazionarie. Il peggio si è che si sono guastate le idee per cui si crede zelo ciò che è passione e si difendono, credendo di dare gloria a Dio coltivando idee false. E vedevo che le cose dette agli Esercizi e ai Ritiri non si prendevano bene, non si facevano fruttificare. Su trecentosessantacinque giorni dell'anno non se ne trova uno buono per mettere a posto le idee e il cuore. Stentate a mettere a posto le idee!
Alcune che hanno una qualche influenza, hanno la profonda persuasione di essere | [18] infallibili e si credono di una spanna superiori ai sacerdoti. Questo è pericoloso; allontana le grazie di Dio; toglie la pace e il merito per la vita eterna.
Qui non si tratta di cose esterne. Riformare il cuore è difficile! Qui si tratta della formazione delle aspiranti e delle novizie. Bisognerebbe proprio rimediare. Per questo ho dovuto lottare molto con me stesso, per timore che anche questa volta non ricaviate dagli Esercizi quel frutto che dovreste ricavare.
Perciò non parlate mai fra di voi in questi giorni, in nessun tempo, neanche per consigliarvi. Sentite la voce di Dio che vuol farsi strada in questi giorni. E confidate: Gesù non manca di parola.
La grazia di correggervi ve la offre e la pace che ha promesso nella vita religiosa ve la darà certamente. Ma questa posizione di superbia, di false idee, vi chiude il cuore alla grazia. Detestate la superbia individuale e anche quella collettiva che è diventata il difetto predominante della comunità.
È necessario detestare i pensieri e i sentimenti più che le opere. Aprite il cuore alla grazia. Ridiventate bambine.
C'è poi una falsa idea anche sulla natura della giustizia e della sincerità.
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Da che cosa nasce questo stato? È necessario che vi dica questo quanto più chiaro mi è possibile e stamane ho offerto la Messa perché il Signore prenda la vostra testa e vi trasformi le idee.
[19] La causa è la superbia. Vi sono anche altri difetti, come la pigrizia, ma questi sono facilmente correggibili. La radice è la superbia. Questa passione rode il cuore come una ruggine. V'è pure un orgoglio collettivo; qualcuna ha scambiato questo orgoglio con lo zelo: crede di zelare Iddio, sostenendo le proprie idee, e invece danneggia la comunità.
L'orgoglio è frutto del peccato originale. Eva, colla sua testa mobile e incapace di pesare le insinuazioni del serpente, si lasciò adescare dalla visione di grandezza: «Eritis sicut dii»1 e mentre prima conosceva solo il Paradiso e il bene, poi conobbe anche il peccato.
L'orgoglio si manifesta: nello stimarci troppo; nel voler che gli altri ci stimino.
L'orgoglio chiude gli occhi sopra i difetti. Ci sono alcune che si ostinano nelle loro idee e le difendono perfino davanti al confessore. Non si trova più un giorno buono per dir loro una parola, per insinuare un buon principio di giustizia, di salvezza, di santità.
L'orgoglio inoltre porta ad aprire gli occhi sui difetti altrui. Le superiore sono maggiormente nel pericolo di chiudere totalmente gli occhi sui loro difetti.
L'orgoglio porta a non stimare niente le maestre che fanno scuola, chiude il cuore alla riconoscenza. Ci sono di quelle che giudicano tutti, perfino i sacerdoti. Ma siccome questo è toccare Gesù Cristo stesso, egli si vendica e costoro avranno poi mille difficoltà e tentazioni e | [20] diventeranno miserabili. In pratica, poi, si dice come diceva il fariseo: «Io non sono come tutti gli altri»2.
L'orgoglio toglie il senso della giustizia, fa mettere le vere virtuose in un angolo, fa spadroneggiare, senza badare ai diritti di Dio e delle anime.
In secondo luogo l'orgoglio porta a farsi stimare. Non si può soffrire che altri ci correggano. Nelle relazioni coi superiori è una ribellione; colle uguali è una mania di sovrastare, di star
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lontane da esse; colle inferiori è un voler schiacciare, senza tener conto dei loro diritti.
Gli effetti dell'orgoglio sono micidiali. Offende Dio e può alle volte arrivare a peccato mortale. Fa perdere la pace, porta a tanti peccati veniali. Vi sono persone che vivono in continuo stato di peccato veniale deliberato perché il loro pensiero e il loro cuore è tutto impregnato di orgoglio. Fa disprezzare le grazie di Dio. Allora il Signore permette che l'orgoglioso diventi inutile, malato, incompreso e che tutte le sue intraprese non vadano a buon fine.
L'orgoglio porta alla presunzione. Si presume delle proprie forze, della propria salute, della posizione, abilità, furbizia e quindi non ci si consiglia. L'orgoglioso non è prudente e va spesso soggetto ai castighi di Dio il quale permette che trovi l'umiliazione nella sua stessa superbia.
L'orgoglio porta alla vanagloria. Ci si attacca alla stima degli uomini, in un modo esagerato, sciocco. Ti compiaci talora di quelle tre o | [21] quattro persone che ti circondano e ti lodano e non hai più riguardi per le altre senza pensare che chi ti loda è la tua rovina.
E alcune si fanno servire dalle suore virtuose in una maniera indegna di una religiosa, peggio che se quelle fossero le loro serve.
Talvolta talune sono piene di difetti; tutti ne parlano e l'interessata non se ne accorge e se qualcuno si fa avanti a manifestarglieli, costui diventa suo nemico.
Questo orgoglio ha pure un'altra conseguenza deleteria: rende inutili molte preghiere, molto apostolato, perché si costruisce sull'arena3 e non c'è la benedizione di Dio. L'umile invece attira a sé le benedizioni del Padre celeste perché Iddio si compiace di quelli che si stimano bambini e impotenti e talvolta concede virtù eroiche a delle anime che non sono ora tenute in nessuna considerazione.
L'orgoglio porta a non voler più direzione e ad innalzarsi anche sopra i sacerdoti, mentre la vostra posizione è mettervi in basso; chi si mette al disopra della fonte non può ricevere l'acqua della grazia di Dio: l'acqua non cade in alto.
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L'orgoglio ha connesse due altre passioni: l'invidia e l'ira, sebbene quest'ultima non sempre derivi dall'orgoglio. Invidia che fa sentire dispiacere per tutte quelle che si distinguono; invidia che a volte porta perfino a desiderare il male alle altre e a rattristarci perché le altre si elevano. L'invidioso non sta a suo posto. Alcune smaniano entro se stesse per non aver | [22] ancora avuto un posto distinto: questo si nasconde bene, ma traspare ugualmente all'esterno.
L'invidia odia il bene come Caino4. Alcune proprio perché virtuose sono malvedute.
Eh, via! Detestiamo questa invidia! E ce n'è molta tra voi, ce n'è molta tra voi, ce n'è molta tra voi: non solo invidia individuale, ma anche collettiva. Quanto più l'orgoglio si vuole comprimere e nascondere, tanto più sprizza fuori. Volete continuare a lasciar crescere quest'erbaccia? E si perde la vocazione. Cosa importa se non si sveste l'abito? È peggio stare in comunità con l'abito e non avere lo spirito, perché si dà scandalo. Certune spargono tanta di questa inosservanza. Sarebbe meglio dare uno scandalo solo allontanandosi dalla comunità che vivere in essa abbassando il livello morale di tutte le altre.
Altra passione è l'ira. Ecco: quella si accende di sdegno perché teme che le abbiano mancato di rispetto e teme rivali. Alle volte è solo uno scatto, ma sovente è un sentimento persistente. E continuano sempre a parlare e sparlare e dire!... Oh, non vedi che il tuo cuore è pieno di ruggine? Per cui le opere tue sono tutte arrugginite?
Vi sono invece anime belle che, quando vedono le altre a far bene, sono contente e, per una santa emulazione, cercano di imitarle e sono contente che nella comunità vi sia il fervore.
Rimedi contro l'orgoglio.
Bisogna essere ben persuasi che la | [23] passione predominante per noi (nove casi su dieci) è la superbia, e quindi la virtù principale da acquistarsi è l'umiltà. E anche quella che non ha superbia come passione predominante, non ne è priva. Bisogna combattere energicamente questo vizio. Esso ha falsato molte idee e ci fa vedere tutto nero. Esso falsa il cuore per cui le labbra recitano
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ancora delle preghiere, la persona veste ancora l'abito religioso, ma la mente e il cuore sono lontani da Dio.
È necessario venire alla radice. È necessario tenere bene in mente questi princìpi: Io sono nulla, io valgo nulla; il Signore deve intervenire in mio aiuto. Il segno di croce di S. Francesco di Sales: «Da me nulla posso - con Dio posso tutto - per amore di Dio voglio far tutto - a Dio l'onore, a me il disprezzo». Io non merito nulla, non mi si deve nessuna lode, nessun riconoscimento. Ripetere queste cose al mattino, nell'esame, al confessionale, negli Esercizi, sempre. Il ragionamento, però non fa la virtù: ci vuole la grazia per renderci umili, quindi pregare e pregare senza stancarsi. Tenere come idea base: qual è la virtù vostra individuale e dei gruppi e di tutta la comunità? È l'umiltà. E la prima virtù è l'umiltà, la seconda l'umiltà, la terza l'umiltà; e se cento e mille volte mi domanderete questo, altrettante vi risponderò: l'umiltà. E con l'umiltà viene ogni benedizione di Dio, perché quando voi vi abbasserete, il Signore si rivolgerà su di voi e vi benedirà. «Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam!»5.
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1 Cf Lc 1,38.

2 Cf Gv 1,46: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?».

3 Francesco Saverio (1506-1552), gesuita spagnolo, compagno di sant'Ignazio, missionario in Asia.

4 Cf 2Cor 2,15.

5 Cf Mt 21,12-13.

1 Cf Gen 3,5: «Sarete come dei» (Volgata).

2 Lc 18,11.

3 Cf Mt 7,26.

4 Cf Gen 4,1-16.

5 Gc 4,6: «Dio resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia».