Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE V
L'UMILTÀ

[30] Quando si è bambini generalmente si è dominati dalla passione della gola, nei giovani d'ordinario predomina la lussuria, quando si è più adulti si è dominati dalla superbia, mentre i vecchi sono tormentati ordinariamente dall'attaccamento alla vita, alle cose del mondo.
Quando si è adulti si ha dunque bisogno di molta umiltà. Il primo e principale impedimento ad abbracciare la volontà di Dio in tutte le cose è la superbia; l'umiltà invece è la virtù che prepara lo spirito a compiere il divino volere. Se noi ci sforziamo di adunare virtù senza l'umiltà, raduniamo paglia e foglie secche. È certo che la prima virtù per farsi santi è l'umiltà, la seconda è l'umiltà, la terza l'umiltà, e così di seguito. Beata virtù di cui molti parlano e così pochi possiedono! Tante anime cercano di andare avanti ma non ci riescono perché manca loro il fondamento, cioè l'umiltà.
[31] Che cosa è l'umiltà? L'umiltà è conoscere bene noi stessi, è riconoscere che tutto ciò che abbiamo ci viene da Dio, a cui dobbiamo servire. Umiltà è riconoscerci peccatori e quindi peggiori del nulla, perché il nulla è innocente.
Il vedere delle anime che hanno peccato, e molto peccato e che se la prendono per piccole mancanze di riguardo, che hanno grandi pretese, è veramente inconcepibile. Si vorrebbe che tutti parlassero in bene, che ci circondassero di premure, che riconoscessero chissà quali meriti! Questa è superbia e falsità di vita. L'umile non crede mai che lo disprezzino troppo, che gliene capitino di troppo grosse; l'umile riconosce che non può far niente di bene senza il Signore e che da un momento all'altro può cadere in chissà quale peccato. Si vedono talvolta anime ricche di virtù e profondamente umili ed altre che fanno poche cose e mettono tutto in vista perché tutti riconoscano i loro meriti e le lodino. Sono come quelli che s'imbellettano, si adornano, vestono elegantemente e poi non hanno neppure il pane per sfamarsi.
L'umile riconosce che di suo ha solo il peccato, che non merita altro che umiliazioni e castighi e se ne sta sempre in queste disposizioni.
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Altro che desiderare che lo stimino e lo amino! L'umile non si sforza di far vedere tutto il bene che ha e se ne sta sempre supplichevole e a capo chino davanti al Signore.
L'umiltà ha tre gradi. Il primo consiste nel credersi niente, anzi peggio che niente, perché | [32] si è peccatori, si spera solo nella misericordia di Dio.
Nel secondo grado l'umile desidera i disprezzi, si rallegra di essere messo in disparte, desidera, o almeno accetta volentieri di essere molestato e calunniato.
Nel terzo grado l'umile va in cerca dei disprezzi e se ne rallegra. Fra Ginepro era tanto contento quando, andando per la questua, era preso a sassate come un mentecatto e un fannullone.
Vi sono case religiose dove l'umiltà si pratica senza nominarla e ve ne sono altre dove non se ne trova affatto. Alla Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino1 vi sono anime veramente umili ed è per questo che là avvengono continuamente dei miracoli. Invece in tanti luoghi con tanto sapere, con tanta abilità, con tanto lusso si fa un bene molto limitato, perché vi si nasconde la superbia.
La casa dell'umiltà è la casa delle benedizioni di Dio, la casa della superbia è la casa dell'aridità, del disgusto, della pena, del disordine. L'albero che affonda le sue radici nella terra darà frutti abbondanti, ma l'albero che non affonda le sue radici in terreno buono, sarà sterile.
È necessaria l'umiltà? Sì, è necessaria di necessità assoluta. Il superbo è sempre odiato da Dio, l'umile è sempre amato. Basti ricordare qui h parabola del fariseo superbo e del pubblicano2.
Si è tanto santi quanto si è umili. San Macario si stimava gran peccatore e Dio lo | [33] favoriva di tante grazie. Un giorno il diavolo gli domandò: «Dimmi, Macario, perché Iddio ti ama tanto, mentre odia me? Tu ubbidisci e io non faccio mai la mia volontà, tu digiuni e io non mangio mai, tu sei casto e io pure; che differenza
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c'è tra me e te?». «Tu sei superbo, rispose S. Macario, e basta la superbia a fare il diavolo»3.
Uno può accumulare lavoro, può dar via ai poveri tutto il suo; può essere persona di molta orazione e penitenza, ma se non ha l'umiltà mette tutto in un sacco bucato. Si possono avere tante virtù, ma se manca il fondamento che è l'umiltà, tutte le altre virtù cadranno. Dall'umiltà nasce la pazienza, la carità, la fede, il bisogno di pregare e quindi ogni bene, ma dalla superbia nasce ogni male. Guardati pure nello specchio, anima nera: tra qualche anno non sarai che un carname roso dai vermi. Perché t'insuperbisci, polvere e cenere?
Per acquistare l'umiltà giova molto considerare cosa fosti. Pensa al tuo passato; se gli altri sapessero tutti i tuoi peccati, se scoprissero i tuoi pensieri, quei pensieri occulti e vergognosi che spesso ti hanno ingombrato la mente... quale umiliazione!... E il presente?
Quante sono le tue virtù? Provati a dire: Io sono paziente, sottomessa, pronta a sopportare qualunque umiliazione e qualsiasi sofferenza. È vero? Io ho una fede invitta: è vero? Mettiti alla prova. Amo Dio con tutto il cuore, amo il prossimo come me stessa: è vero? Ma se non puoi sopportare | [34] una parola pungente, se ami solo coloro che ti amano, che ti lodano, che ti danno sempre ragione anche quando non l'hai, che ti circondano di attenzioni? E nel futuro che sarai? Pensa alla morte e a ciò che seguirà. Il tuo corpo che circondi di tante cure andrà a marcire sotto terra: coloro che saranno vicini, si affretteranno a portarti via da casa perché non abbia ad appestare ogni cosa col tuo fetore. Emetterai marciume dalla bocca, dagli occhi, dal naso, il tuo capo si staccherà dal busto, le tue costole cadranno ad una ad una finché tu rimarrai un pugno di polvere che il vento potrebbe disperdere. Coloro che ti conobbero e che, forse, ti stimarono, faranno presto a dimenticarsi di te4.
Finché una non si crede la più grande peccatrice, non è umile, non è una perfetta religiosa. Dice S. Teresa: Quale impedimento è la superbia nel cammino della virtù! Se tu non ti stimi
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l'ultima di tutte, se non ti stupisci che gli altri ti sopportino, non hai fatto ancora molto progresso nella via della perfezione5.
È difficile trovare un'anima veramente umile. L'umiltà è carità, l'umiltà è pazienza, l'umiltà fa sì che l'anima davanti a Dio non osi quasi guardare l'altare, l'umiltà dà un timbro di particolare bontà alla preghiera e l'umile è sempre esaudito.
Il nostro orgoglio è il più grande impedimento a fare la volontà di Dio: è il principio della nostra rovina.
Talvolta due case vicine, due gruppi di suore | [35] non vanno d'accordo: e perché? Perché sono orgogliose. E questo lo si giustifica con buone ragioni, con apparenza di zelo, mettendo avanti il decoro (!) della Congregazione...
Io sono umiliato perché temo di non avervi insegnato bene questa virtù, perché vedo che questa virtù non è ancora praticata. Ah, come si capisce ancora poco l'umiltà di Gesù che volle nascere tra un bue e un asino!
Certe cose dimostrano proprio che lo spirito vero non è ancora entrato in molte anime. Cerchiamo almeno ora di piangere il nostro orgoglio. Ma ci sono tanti diritti da difendere! Oh, e Gesù non ne aveva dei diritti da difendere? Aveva tutti quelli del Padre e si lasciò configgere in croce con tre chiodi. Molte volte noi sotto il pretesto di difendere i diritti non facciamo altro che difendere quel serpe che è il nostro orgoglio e chiamiamo dignità, zelo, diritti della Congregazione o designiamo con altri nomi onorifici.
Daniele, quando vide che quel popolo adorava per Dio un gran serpe e lo nutriva con cibi prelibati e vittime umane, preparò una poltiglia con un potente veleno e la porse al serpe. L'indomani l'animale morì ed egli lo mostrò al popolo dicendo: Ecco che cosa adoravate!6.
Spesso noi adoriamo il nostro orgoglio che ci mangia i meriti senza che ce ne accorgiamo. Sono poche le anime umili, sono solo quelle che vivono nell'ubbidienza e nella semplicità. Chi sta a capo e non è umile guasta solo l'opera di | [36] Dio e semina amarezza. Ah, quanto disgusto si procura alle volte a chi è obbligato a ubbidire e non se ne fa caso! Ma questo è male, questo è
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non far conto della dignità del prossimo. Spesso è santo chi ubbidisce, non chi comanda. Chi però sta in alto, ha belle doti ed è umile avrà doppio merito.
Se c'è l'umiltà anche se ci sono stati dei peccati, il Signore darà la grazia di risorgere, ma se c'è la superbia, anche se ci fossero già molti anni trascorsi nella virtù più consumata, c'è sempre da temere: si potrebbe da un momento all'altro cadere nelle colpe più umilianti.
Chiedete al Signore la virtù dell'umiltà che vi renderà facile l'abbracciare la volontà di Dio e sarete a lui care e da lui benedette.
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1 Così è chiamata la cittadella della carità, iniziata nel 1832 a Torino da san Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842), dove vengono ospitati poveri, ammalati, incurabili che non trovano accoglienza in altre strutture. Per mandare avanti questo esercito di bisognosi, il Santo fece unicamente leva sull'aiuto quotidiano della Provvidenza, e li affidò alle cure delle suore e dei religiosi da lui fondati. L'opera arrivò a comprendere varie sezioni: ospedali, asili, ricoveri, orfanotrofi, scuole e officine.

2 Cf Lc 18,9-14.

3 L'esempio è tratto da: Diario spirituale Scelta di detti e fatti di santi e altre persone di singolare virtù. PSSP, Alba 1927, p. 53.

4 Cf Sant'Alfonso, Apparecchio alla morte, c. I: “L'opera della morte”.

5 Cita in modo libero da:Diario spirituale, ed. cit., p. 54.

6 Cf Dn 14,23-27.