ISTRUZIONE IV
FARE LA VOLONTÀ DI DIO SULL'ESEMPIO DI S. GIUSEPPE
[24] Qualche volta per indicare che una persona è osservante si dice che è fervorosa come una novizia. Non è un'espressione troppo felice questa, ma rappresenta un fatto ed è questo: spesso, persone che si sono consacrate a Dio, andando avanti negli anni perdono il fervore acquistato nel noviziato, mentre con le nuove grazie acquistate con la professione si dovrebbe progredire nel cammino della perfezione. Il noviziato dev'essere l'inizio del fervore; in seguito si deve andare di virtù in virtù e non di difetto in difetto come qualche volta avviene. Il giorno del maggior fervore deve essere l'ultimo giorno della nostra vita, l'anno del maggior fervore, l'ultimo anno della vita.
Si attenda al noviziato con molta umiltà, perché il maggior pericolo s'incontra dopo la professione, le maggiori tentazioni si hanno | [25] dopo aver emesso i voti. Non lasciamo entrare in noi la superbia, quella certa presunzione per cui siamo portati a credere di poter fare a meno di qualche mezzo di perfezione, della vigilanza e della preghiera incessante. La preghiera della Figlia di San Paolo dovrebbe essere quella dell'Oremus della Messa di Sessagesima: «Deus qui conspicis, quia ex nulla nostra actione confidimus: concede propitius; ut contra adversa omnia, Doctoris gentium protectione muniamur: O Dio, che vedi come noi non confidiamo in nessuna nostra azione, concedici propizio d'essere difesi contro ogni avversità dalla protezione del Dottore delle genti».
La religiosa che non si cura di progredire andrà di difetto in difetto; diventerà sempre più impaziente, dura, esigente, brontolona, distratta, superba, arrogante, capricciosa, libera di sé. Ma ci sono i voti perpetui!... Sì, ma ci sono anche i difetti perpetui; mentre si ha l'obbligo perpetuo di tendere alla perfezione, c'è la preoccupazione perpetua di fare la propria volontà. Esaminiamoci, esaminiamoci.
Un esempio del come si deve fare la volontà di Dio lo abbiamo in S. Giuseppe. S. Giuseppe è il primo santo dopo la SS. Vergine, ma qual è il segreto della sua santità e della sua alta perfezione? Il segreto sta qui: era spoglio di tutto, dei suoi gusti
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e delle sue tendenze. Tutto per lui era il divino volere, tutto cercava di conformare al divino volere. Conobbe per tempo che la volontà di Dio era di unirsi in matrimonio | [26] con Maria SS. e sebbene le sue preferenze non fossero per il matrimonio, si dispose a fare il volere di Dio che aveva su di lui disegni altissimi. Gesù doveva essere il giglio piantato in mezzo a due altri gigli: Maria e Giuseppe. Venne poi il dubbio penoso e S. Giuseppe visse in angoscia silenziosa e prudente finché non ebbe la rivelazione dell'angelo: «Joseph, fili David, noli timere»1: Giuseppe, figlio di David, non avere incertezza. Poteva opporre difficoltà, abbandonarsi al rammarico; invece no, l'angelo aveva parlato, la volontà di Dio era manifesta, ed egli non cerca altro, riprende la sua serenità, e silenzioso come era sempre stato, adempie il divino volere.
Uscito l'editto di Cesare, senza lamenti e senza troppe parole si portò a Betlemme povero e dimesso in compagnia di Maria SS. prossima a divenire madre. Qui non si lamentò della provvidenza per non aver trovato alloggio, non uscì in lamenti contro chi negava un riparo non tanto a sé quanto a Maria SS. che egli sapeva essere la Madre di Dio. No, no. Cercò un misero rifugio in una povera grotta sperduta nella campagna e invitò Maria ad adattarcisi alla meglio. Ivi nacque Gesù. E quando fu il tempo della presentazione di Gesù al tempio Maria e Giuseppe, pur non essendovi obbligati, adempirono la legge con grande sottomissione, perché quella era la volontà di Dio. Quando poi si trattò di andare in Egitto, Giuseppe partì senza fare alcuna obiezione e, quantunque incontrasse tante | [27] difficoltà, rimase sereno in quella terra che non era la sua, finché il Signore non mandò l'angelo a chiamarlo. A tutti questi comandi non solo non replicò, ma non rispose neppure. Ritornato col Bambino e la Madre sua in Palestina, pregò il Signore a ispirargli in quale città dovesse andare e il Signore gli fece conoscere essere sua volontà che egli si stabilisse a Nazaret. Anche questa volta Giuseppe non fece motto e ubbidì, adempiendo così le profezie riguardanti il Salvatore. Ecco uno strumento docilissimo nelle mani di Dio! Ecco il santo della divina volontà!
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Egli trascorse gli anni nel silenzio, nel lavoro e nella preghiera: adempì silenzioso il suo dovere, obbedì alla legge, si portò tutti gli anni a Gerusalemme. E quando Gesù fu smarrito e ritrovato nel tempio, non fece osservazioni: parlò Maria e Giuseppe tacque. Ritornato a Nazaret compì silenziosamente e laboriosamente la volontà di Dio e con questo si fece santo. Venuto il momento di lasciare questa terra, non desiderò di vivere più a lungo né di partirsene più presto. Quando al Signore piacque se ne morì, rimanendo sempre fisso nell'unico desiderio che ebbe in vita: fare la volontà di Dio.
No, no, S. Giuseppe non sapeva ragionare, far obiezioni, non aveva gusti, né preferenze: per lui vi era una legge sola, la legge di Dio.
Quando noi ci lasciamo lavorare da Dio facciamo molto presto a farci santi, ma quando vogliamo mettere la nostra volontà, i nostri | [28] gusti, i nostri capricci e i nostri programmi facciamo un gran pasticcio e non progrediamo. Alle volte perfino nel fare i propositi vogliamo fare a modo nostro, facendo entrare anche in questo la nostra volontà.
Ah, se noi fossimo come una cera molle che si lascia plasmare da Dio come vuole, quanta santità in noi, quanto maggior bene nell'apostolato! Lo vedremo al giorno del giudizio quante volte abbiamo impedito la grazia di Dio in noi, quante volte abbiamo difeso la nostra volontà. Gesù, il nostro Salvatore poté dire: «Quae placita sunt ei facio semper»2. E noi possiamo dire altrettanto?
Chiediamo a S. Giuseppe la grazia di deporre la nostra volontà e di desiderare solo quella di Dio. Allora progrediremo più in un giorno solo che non in cento, mille giorni di lavoro fatto secondo i nostri gusti, le nostre preferenze e i nostri progetti.
La perfezione sta tutta in quell'espressione di S. Paolo: «In corde puro, in conscientia bona et in fide non ficta»3 vale a dire: nella purezza del cuore, nella buona coscienza, nella fede non falsa.
Tante non accettano i consigli e i desideri che vengono espressi, fanno in modo che la volontà di Dio sia la loro e poi dicono: Facciamo la volontà di Dio! Eh già, facciamo la volontà di Dio,
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dopo che se la sono combinata a proprio gusto! Ma questa è superbia che cerca di coprirsi con una veste di umiltà. Non ci vogliono | [29] finzioni nella vita religiosa. Non createvi una coscienza imbrogliata, non fate mille progetti. Semplicità, semplicità ci vuole, semplicità che consiste nel fare la volontà di Dio, ma nel farla di cuore. Tutto il resto: far progetti difficili, irrealizzabili, vien dal maligno. Ma ci sono delle ragioni!... E S. Giuseppe non aveva delle ragioni? Egli cercava soltanto la volontà di Dio. Se ci mettiamo a cercare delle ragioni ne avremo sempre una. La semplicità sta tutta qui: nel fare la volontà di Dio, senza esprimere neppure il nostro desiderio (a meno che l'esprimerlo non entri anche nella volontà di Dio). Chiediamo a S. Giuseppe di fare la volontà del Signore «con cuore puro e con fede sincera e non finta» come ci dice S. Paolo.
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1 Mt 1,20.
2 Gv 8,29: «Io faccio sempre le cose che gli sono gradite».
3 1Tm 1,5.