Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE XI
LA SPERANZA

[94] Un atto di dolore indirizzandolo in modo particolare allo Spirito Santo, per tutte le volte che ci siamo opposti all'effusione dei suoi doni col nostro chiacchierare e coi nostri pensieri e sentimenti contrari alle sue ispirazioni: «Nolite contristare Spiritum Sanctum!»1. E si contrista quando non si lascia lavorare nell'anima. Qualche volta, perché abbiamo la nostra volontà e non vogliamo accettare quella di Dio, ci opponiamo al dono dell'intelletto. Coi nostri chiacchierumi abbiamo impedito i doni dello Spirito Santo e siamo andati indietro, abbiamo confuso le idee e ci siamo posti nella condizione di non capire più nulla, neanche le cose più semplici. Per es. questo: v'è un centro unico; è chiaro che si deve essere unite, è così semplice! E no! In tre o quattro anni l'abbiamo reso così confuso! Si sono creati tanti centri, complicando le cose.
[95] La posizione delle Figlie di San Paolo, delle Pie Discepole e delle Pastorelle è così semplice e ognuna l'ha fatta diventare così difficile! Perché complicare, con le nostre vedute corte, con la nostra superbia, la posizione dei singoli gruppi, che è tanto chiara? Perché cacciare così lo Spirito Santo dalla comunità mentre si era già effuso? Ma noi dobbiamo difendere la Congregazione!.... Oh, è forse assalita dal Primo Maestro la vostra Congregazione? Eh, santifichiamoci un po'! Capisco che vi sono tante ragioni particolari, tante piccole cose che fanno soffrire. Ma credete voi che la vita vada avanti senza difficoltà, senza croci e senza malintesi? E tacciano quelle che parlano tanto! Ma volete farvi sante e camminare secondo la vostra vocazione o volete fare una fiammata e distruggere tutto? Ma andate avanti e lasciate che lo Spirito Santo operi nella comunità e specialmente non prendete posizioni in cose che non sono secondo la volontà di Dio: non andate indietro!
È sempre così: le teste di legno fanno chiasso come le botti vuote2. State attente! Bisogna camminare nella semplicità, senza
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creare difficoltà dove non esistono. Ci vuole così poco che basta il ragionamento umano per sapere che l'unione fa la forza! Ma capite che, ragionando diversamente, non avete neppure la virtù naturale, umana, della speranza.
La speranza cristiana suppone l'umana, perché il soprannaturale viene sopra il naturale; e se uno non ha una speranza giusta per esempio a | [96] conoscere che più persone unite assieme hanno più forza che non separate, non speri di avere quella cristiana!
Oh, un po' di semplicità! Non combattiamo le mosche coi cannoni! Abbiamo creato delle difficoltà fantastiche3: è brutto non saper ancora dominare la fantasia! E perché Gesù ha detto: «Siate semplici come colombe»4? Tacciano quelle che non hanno la testa a posto e si credono all'apogeo della sapienza! Fate un po' anche questo proposito negli Esercizi.
C'era già la semplicità; ma poi si è persa. Ora bisogna faticare per acquistarla di nuovo.
La speranza è virtù cristiana infusa, nel Battesimo, con le altre virtù teologali. Per sé, naturalmente, è una passione dell'appetito concupiscibile, ma è anche un sentimento «del cuore umano che tende a un bene onesto assente, nonostante le difficoltà che ne ostacolano l'acquisto. Questo sentimento ha larga parte nella vita umana: è quello che sostiene l'uomo nelle imprese difficili: il contadino quando semina, il navigante quando salpa per lontano viaggio, il mercante quando avvia un affare»5.
La speranza cristiana che cosa ci fa sperare? Forse di sostenerci nelle difficili imprese? Sì, ma nelle imprese che riguardano la santificazione della nostra anima. Forse di fare buon | [97] raccolto? Sì, ma raccogliere frutti di virtù per la vita eterna. Forse di arrivare al porto? Sì, ma al porto dell'eternità beata. Forse di ben mercanteggiare? Sì, ma mercanteggiare bene i talenti e i doni ricevuti da Dio6.
Il primo oggetto della speranza è il cielo; il secondo sono le grazie per arrivare al cielo.
Chi guida deve avere la speranza di condurre le anime al bene, che tutte si sottomettano alla volontà di Dio e agiscano «viribus
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unitis»7 e di portare la Congregazione all'altezza a cui deve essere portata.
La speranza è molto utile perché siamo creati per il cielo. Ci sono degli uomini che vivono per la terra, ma dopo morte diranno: «Ergo erravimus!»8: abbiamo cercato ciò che finiva e non ciò che era duraturo ed ora ne scontiamo la pena! I santi invece vivono per il cielo. Nulla hanno da cercare sulla terra: né piaceri, né onori, né ricchezze, ma solo Dio e lo troveranno! Prendiamo l'esempio di S. Gemma Galgani: cercava forse qualche cosa sulla terra? Abbandonata dai parenti, costretta a vivere in una casa non sua, come ricoverata. Cacciata dal convento! Essa non cercò onori, non piaceri, ma solo Dio, il Crocifisso e fu crocifissa con Cristo. Minata da una malattia che la costringeva a rimanere sempre sola, ella si inabissò in Dio e presto lo raggiunse e si fece santa e santa così presto!
La speranza ci consola nella vita, in mezzo alle tribolazioni e alle croci. E voi siete venute | [98] a farvi religiose con la speranza che vi hanno messo in cuore le parole del Salvatore: «Centuplum accipietis et vitam aeternam possidebitis!»9. Dio è fedele e non permetterà prove superiori alle vostre forze senza darvi la sua grazia, senza porgervi il suo braccio.
La speranza, come la fede, è infusa e richiede l'esercizio della nostra volontà, perché deve continuamente perfezionarsi, fortificarsi, compiersi fino sul letto di morte quando scopriremo sull'orizzonte una luce che si farà sempre più chiara: la luce del cielo e a questa luce, mentre vedremo il nostro corpo disfarsi, ci appoggeremo ai meriti di Cristo, alla bontà di Dio che ci ha creati per sé, alle promesse del Signore che si è impegnato di premiare anche il più lieve sacrificio. La beatitudine, ci ha promesso il Signore!
Devono esercitare la speranza particolarmente quelle persone che si trovano in difficoltà.
Gli incipienti cercano di stabilirsi nella speranza evitando i due eccessi: disperazione e presunzione10. Lo scoraggiamento che assale le anime, per tanti motivi, è una tentazione, una specie
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di disperazione. Se Giuda non si fosse disperato, si sarebbe fatto santo come S. Pietro che pure aveva rinnegato il Maestro. Bisogna sperare più di quanto si teme.
La speranza ci deve far superare lo scoraggiamento. Perché si è sbagliato ci si sconvolge! Questa è superbia! L'umile è veramente umile e cioè: quando pecca si umilia senza scoraggiarsi: | [99] «Terra dedit fructum suum!»11. Perché stupirsi di essere caduti o di essere tentati anche in cose brutte? Anche i perfetti possono essere tentati così. Dolore, umiliazione schietta, ma non scoraggiamento. Bisogna togliere la fiducia in noi e rimetterci a Dio: Il mio cuore ha dato ciò che sapeva dare; ora bisogna che io speri solo in Dio. E Dio, il divino seminatore, metterà nel cuore una semente celeste che, se troverà il cuore preparato, produrrà frutti divini.
Fiducia in Dio ci vuole! Vi sono delle persone, anche già anziane, che rinunziano, per lo scoraggiamento, a farsi sante: questa è superbiaccia. Quando c'è vera umiltà, si dice: Ora ho fatto l'esperienza che da me nulla posso; d'or innanzi voglio fare l'esperienza che con Dio posso tutto.
Bisogna sperare anche contro l'evidenza, perché è certissimo che Dio vuole dare la sua grazia. Ci vuole anche attenzione per allontanare la presunzione che ci fa esporre con facilità a tutti i pericoli col pretesto di essere forti. Schiviamo le occasioni e supplichiamo il Signore ad aiutarci.
Gli incipienti, dunque, allontanano i due eccessi. I proficienti esercitano la virtù della speranza con la filiale confidenza in Dio. I perfetti coll'abbandono totale nel Signore12.
L'anima che progredisce spera sempre in Dio. Se ha peccato, come il figliuol prodigo | [100] dice: «Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te!... Tienimi almeno come un tuo servo»13.
Filiale confidenza quando si tratta di intraprendere un ufficio difficile. Ma io... è possibile che mi faccia santa?.... Pregate, confidate! Se anche vedessimo tutti contro di noi, se tutte le cose ci andassero a rovescio, se insorgessero in noi tutte le tentazioni, se ci pare che Dio ci abbandoni, se le cose che dobbiamo compiere ci sembrano superiori all'età e alle forze, sempre ci vuole una filiale confidenza in Dio. Forse non verrà subito la grazia,
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perché dobbiamo esercitare la speranza, ma andiamo avanti, confidiamo... verrà certamente.
S. Paolo per ispirarci questa filiale confidenza, ci dice: «Se il Padre celeste ci amò tanto da darci il suo Figliuolo, come non ci darà, con lui, ogni altro bene?»14. E perché dubitare di Dio?
Iddio mi ha chiamato certamente alla santità vera. È certissimo, anzi di fede, che chi prega ottiene, quando domanda grazie spirituali per sé. Io però devo mettere la mia cooperazione perché se manca lo sforzo e vogliamo ottenere... è come voler far nascere il grano senza seminarlo. Come nell'ordine fisico, così in quello morale, dobbiamo tutti lavorare.
Le anime perfette esercitano la speranza col totale abbandono in Dio. In questo stato non manca la lotta. Nello stato di perfezione si entra ad imitare Gesù nell'ultimo periodo di sua vita, quando è più perseguitato, abbandonato | [101] da tutti gli Apostoli, tradito da uno di essi; quando il sinedrio congiura per la sua condanna e il Padre celeste lo carica di tutti i nostri peccati. Vedetelo nell'orto del Getsemani come è oppresso! Vedetelo davanti a Pilato, nel viaggio al Calvario! Vedetelo crocifisso, agonizzante! Vedetelo mentre spira!.. Siamo nello stato di perfezione. Nell'ultimo periodo Gesù subisce anche quello che è la desolazione più veemente: l'abbandono del Padre, affinché le anime che sono nella via di perfezione capiscano che per essere veramente perfetti devono arrivare a questo.
A tali anime capiteranno - dice S. Giovanni della Croce -disgrazie negli affari, calunnie degli uomini, tentazioni violente, malattie, desolazioni di spirito15. Orbene, è qui che l'anima esercita il suo soave abbandono in Dio.
Sotto il torchio di Dio, premuta sotto i colpi del Signore, l'anima s'abbandona ogni giorno più in lui. «Sfogate su di me la vostra ira!», diceva S. Gemma Galgani, la cui sublime preghiera si era ridotta a questa semplicissima parola: «Gesù! Gesù!» e pregava: «Colpite me, ma salvate i peccatori! Ancora, ancora, se così a voi piace, ma datemi la forza!».
L'anima, nello stato di perfezione, è in completo abbandono e se chiede qualche cosa, è unicamente questo: «Ancora, o Signore, di croci, ancora di sofferenze, ma datemi la forza!».
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1 Ef 4,30: «Non vogliate rattristare lo Spirito Santo».

2 Allusione alla poesia di Giuseppe Giusti (1809-1850): “Il re travicello”.

3 Sta per: “fantasiose”, “irreali”.

4 Mt 10,16.

5 Tanquerey, Compendio di teologia ascetica e mistica, n. 1190.

6 Cf Mt 25,14-30.

7 «Con forze unite».

8 Sap 5,6: «Dunque siam noi che abbiamo sbagliato» (Volgata).

9 Mt 19,29: «... riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».

10 CfTanquerey, Compendio di teologia ascetica e mistica, n. 1201.

11 Gc 5,18: «... la terra produsse il suo frutto».

12 Cf Tanquerey, Compendio di teologia ascetica e mistica, n. 1203.

13 Lc 15,18-19.

14 Cf Rm 8,32.

15 Cf S. Giovanni della Croce, La notte oscura, Libro II.