Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

2. [FAMIGLIA PAOLINA E RAPPORTI INTERNI]
Ritiro mensile

I. [Vocazione religiosa e servizio dell'autorità]

Sia questa una giornata di Ritiro raccolto, una giornata santa, dedicata a tre fini: 1) riparare il passato; 2) vedere quale sarà la volontà di Dio a vostro riguardo; 3) risoluzioni pratiche per l'avvenire.
Chi vi ha raccolte in Congregazione? S. Paolo. E voi siete venute un po' ciecamente (nel senso che non potevate ancora conoscere quale sarebbe stata la vostra vita in seguito). Avete avuto, in sostanza, questa grazia: di essere venute molto per tempo e di aver avuto uffici speciali.
Due esami, dunque: per voi e rispetto alle altre. Voi avete un fine speciale; quindi due esami: se avete lavorato per la vostra santificazione e se avete lavorato per il bene delle altre, per sviluppare la Congregazione. Possiamo noi dire che nessuna sia stata esclusa dalla Congregazione per causa nostra? Che abbiamo fatto il possibile per condurre le altre a quella santità a cui Dio le chiamava? Fare una Confessione più dolorosa delle altre accusando sia le mancanze individuali e sia quelle commesse come membri della Congregazione.
Dio vi ha chiamate: voi avete sentita la sua voce, un po' confusamente, ma l'avete sentita. Io credo che vi siano stati dei difetti nell'entrata, nel mezzo e anche adesso. Si commette difetto nell'entrata se uno non entra in religione per cercare disprezzi, umiliazioni, penitenze.
Chi segue Gesù deve cercare proprio di imitarlo, nella povertà di Betlemme, nell'obbedienza di Nazaret, nel disprezzo della crocifissione.
Gesù ebbe la pienezza della desolazione. La vocazione religiosa è la chiamata a seguire Gesù più da vicino, e noi che cosa abbiamo cercato nel seguire la vocazione religiosa? S. Alfonso diceva ai suoi: «Chi non entra qui per cercare umiliazioni e disprezzi, non entri, ché non è a suo posto». Chi non entra qui per rinnegare le tendenze del cuore, le passioni, non entri, che qui non troverà il suo posto.
~
Voi come ci siete entrate, come ci siete restate? Avete cercato il «novissimum locum», il «recumbe in novissimo loco»1? Se siete state un po' umiliate, se avete avuto qualche prova, vi siete comportate come spose di Gesù? Noi, grandi prove non le abbiamo, perché non ne siamo ancora capaci. Voi dovete avere molta devozione a Gesù Eucaristia: ma vedete un po' quanto egli è umiliato nell'ostia! Fare una vita eucaristica vuol dire fare una vita schiacciata, schiacciata, schiacciata. E alle volte noi abbiamo orrore di chi ci dice una parola un po' pungente. Gesù nell'ostia sta in silenzio: noi siamo capaci di tacere oppure ci difendiamo sempre? Gesù va anche nelle anime immonde e noi abbiamo orrore al peccato? Abbiamo proprio la vita eucaristica di Gesù, o andiamo solo in chiesa ad ammirarlo? Nella vita religiosa si entra per schiacciare la volontà, e noi l'abbiamo schiacciata? Si entra per trovare umiliazioni, sacrifizi, lavoro, santificazione e noi siamo già santi oppure carichi di difetti? Si entra per esercitare l'apostolato che è la fruttificazione della santità individuale e noi? Alle volte diciamo solo delle belle frasi agli altri, ma non andiamo in cerca del sacrificio, della fatica, dei disprezzi. Non facciamo come i farisei che si davano l'aria di persone sante e osservanti, ma in realtà addossavano solo agli altri i più gravi pesi2. Quante volte nascondiamo sotto l'abito delle spose di Cristo, solo dell'orgoglio e sotto il velo una testa dura che non vuole mai piegarsi e sottomettersi! Non v'è santità se non si rinunzia alla propria volontà, ai propri gusti. Quando un'anima non ha ancora il desiderio di soffrire, di essere umiliata, non è perfetta religiosa.
In secondo luogo, un esame sugli uffici avuti, sulla influenza esercitata sulle altre con l'esempio e con l'ufficio. Possiamo stare sicuri che nessuna è più indietro nella santità per causa nostra? Siamo sicuri che si sia fatto tutto il bene che si doveva, l'apostolato con retta intenzione?
Spesso siamo zelanti nel difendere il nostro onore, il nostro posto, ma per l'onore di Dio non ci muoviamo, non ci scomponiamo, dormiamo i nostri sonni tranquilli. Si desidera l'ufficio ma non il peso dell'ufficio; l'onore ma non l'onere. Se noi, nei
~
nostri uffici vogliamo solo che ci rispettino, che ci riveriscano, che ci servano, noi non adempiamo il nostro ufficio. Gli uffici sono i servizi della Congregazione. Se noi pretendiamo dei riguardi perché siamo in un posto elevato, se pretendiamo far filare le altre e non disturbarci noi, non abbiamo lo spirito religioso, ma l'ufficio ci fa perdere lo spirito. Quando si ha qualche ufficio, si deve servire le altre, precederle con l'esempio, nel sacrificio, nella rinunzia, giovare alle altre: «Non tam praeesse, quam prodesse»3. Non si deve precedere solo per comando, ma per esempio. Tanto peggio, poi, se si precedesse per simpatie o antipatie! Pensiamo noi qualche volta quanto facciamo soffrire le altre, povere figliuole che servono tacendo? Dio non premierà mica secondo l'ufficio che abbiamo adesso, ma secondo l'umiltà del cuore. Che non ci capiti questo brutto scherzo: che le altre vadano su su e noi stiamo poi indietro. Questo può succedere a tutte, ma specie a quelle che per molto tempo hanno avuto incarichi speciali. Un re era salvo insieme al suo portinaio; ma si trovava nella gloria del Paradiso, tanto più in basso del portinaio, quanto sulla terra era stato più in alto di lui.
Abbiamo portato4 la vocazione sulla volontà di Dio o abbiamo impedito la volontà di Dio, il progresso? Bisogna vedere se noi cerchiamo veramente Dio o il nostro io. Se cerchiamo, nella Congregazione, l'onore di Dio o il nostro onore. Chissà al giudizio che cosa ci dirà il Signore? Nella distribuzione degli uffici siamo ragionevoli, giusti? Siamo forse abituati a dire: Fate invece di: Facciamo? Non stiamo a godere i frutti delle fatiche altrui! La parte più difficile, più penosa, va riservata a chi guida, a chi visita, a chi vigila sulle altre. Ho letto ieri, una lettera che si può chiamare sacrilega: valersi dell'autorità per indurre al peccato, per nascondere, per coprire il male. Bisogna mettere subito quella persona all'ultimo posto, per alcuni anni, affinché si orienti di nuovo, e non abbia a perdere anche se stessa. Per quanto scarnifichiamo oggi il nostro amor proprio, ce ne resta ancora sempre. Talvolta crediamo di non avere più bisogno di obbedienza, di povertà, di vigilanza, mentre l'ultima suora può essere più avanti di noi nella santità. S. Giuseppe era ignorante nelle scienze profane, ma la sua anima quanto era vicina a Dio! Bisogna
~
vedere, alle volte, anime innocenti, che sono tutte di Dio, che non conoscono l'ambizione, che non sanno posare: credono di meritare sempre gli abiti più brutti, i cibi più grossolani, gli uffici più umilianti. E noi che vogliamo salvare il mondo, in pratica non facciamo altro che salvare l'amor proprio. Ah, quanti superiori, quante persone che ora fanno bella figura, faranno poi una figura meschina al tribunale di Dio! Non è il predicare, il coprire cariche importanti, l'essere anziane nell'Istituto, di professione, quello che conta davanti a Dio, ma la pazienza, la silenziosità, l'amor di Dio, il sacrificio che conta. Come ci ha salvato Gesù? È dalla croce che scaturisce la vita! Se non si arriva alla croce, anche se si fosse professoresse, dottoresse, se tutti ci riverissero, non riusciremmo a cavare un ragno dal buco (cioè un difetto dal cuore). Tutte hanno influenza nella Congregazione. Siccome la Congregazione è, come la Chiesa, il corpo mistico di Gesù5, se il sangue che in essa circola non è buono, tutta la Congregazione ne soffre. Quando si trascura l'osservanza dei voti, la regolarità, ecc., tutta la Congregazione ne risente danno. E poi ci vuole fortezza; molte volte si hanno le lacrime in tasca. Ci vuole della fortezza, non della gelatina profumata. «Fortem virili pectore»6: una fortezza virile: «Mulierem fortem quis inveniet?»7. Le nostre madri, brave cristiane, forse avevano più sacrificio e più fortezza di noi. Non scandalizzarsi di tutto, ma diventare donne forti.
Ripariamo affinché possiamo piacere a Dio. E che non abbiamo altra volontà in noi che quella di Dio. Mettiamo quattro pietre sul nostro amor proprio, affinché non trionfi: sotto di esse si vedrà meglio ciò che avremmo dovuto fare e ciò che dobbiamo proporci per l'avvenire.

II. [Il progetto di Dio]
Il Signore vi ha dato la grazia di fare del bene per tanti anni: tutto merito di Dio; a noi il dovere di ringraziarlo: «Nos tibi semper et ubique gratias agere»8. Colla riconoscenza si guadagnano altre
~
grazie. Guardando in avanti, che cosa possiamo fare individualmente e come membri della Congregazione, per il maggior servizio di Dio? Di nuovo un duplice esame: uno riguardo a ciò che dobbiamo fare noi e uno sul modo di far progredire la Congregazione. Siamo tutti d'accordo nel dire al Signore: Se ciò che facciamo non vi piace, impeditelo, fate che ridondi a nostra umiliazione e a vostro onore. Noi dobbiamo andare volentieri incontro alle umiliazioni, ai disprezzi, non solo quando sappiamo di meritarle, ma proprio quando ci pare di non meritarle, quando si è fatto del bene. Gesù, nella sua passione ebbe tutti contrari, tutti gli si slanciarono contro; nessuno ne prese le difese9. Se egli avesse ragionato così: «Se fossero solo i miei nemici contro di me, lo sopporterei, ma sono proprio quelli che ho beneficato, che ho amato tanto»10, non avrebbe sopportata la passione, non ci avrebbe redenti. Ma Gesù non ha ragionato così. Ha subìto disprezzi, ingiurie, proprio da parte di quelli che aveva maggiormente beneficato. Ha dato il suo sangue per coloro che lo flagellavano, ha pregato per i suoi crocifissori11.
Noi, individualmente, come dobbiamo disporci alla volontà di Dio? Occorre: conoscerla, abbracciarla, pregare per compierla.

Conoscerla. «Domine, ut videam»12. Sono cieca! Il Signore non ha solo dei comandi, dei desideri, dei consigli in generale, ma sopra ogni anima ha dei disegni speciali, disegni mirabili, copiosissimi, amorosissimi, bellissimi. Signore, fatemi conoscere la vostra volontà su di me, fatemi conoscere i punti su cui devo lottare, come devo comportarmi nella giornata, come fare l'esame, la meditazione, la Visita. Il Signore ci illuminerà: abbiamo molta confidenza in lui. Inoltre bisogna disporre la volontà a quello che vuole il Signore. S. Teresina chiedeva di essere la palla di Gesù13 affinché egli potesse agire con lei come il bambino fa della sua palla. Siamo arrivate noi a questo punto? L'abate Chautard verso la fine della sua vita [poteva dire]: «Il Signore mi
~
ha sempre fatto fare ciò che io non volevo, sono sempre stato in continua lotta con me stesso»: ecco un'anima che non riservava più niente per sé, ecco la palla di Gesù. E noi? L'abbiamo perduto tutto il nostro amor proprio? Diciamo proprio di cuore: Sempre, tutto e solo e fino a quando vuole Iddio? Disposti a morire in questo momento, questa sera, come ad andare avanti molti anni ancora e dire come S. Paolo: «Non recuso laborem»14? Non avere alcun desiderio, né di vivere né di morire, ma abbandonarsi totalmente alla volontà di Dio. Questo è lo stesso che fare l'adorazione; è amare il Signore con tutto il cuore sopra ogni cosa. La nostra volontà è stemperata nel cuore di Dio o è un pezzo duro che non si piega? S. Francesco di Sales dice che la nostra vita è fatta di momenti. In ogni momento Gesù viene a noi con la volontà di Dio da compiere e la grazia sufficiente: a noi sta la scelta di accettare o no questa divina volontà. Il momento passa, ma nell'eternità viene fissato come merito o come demerito.
Pregare per avere la nostra volontà docile alla volontà di Dio. Vedere che cosa vuole da noi il Signore nella Congregazione. Tenerci indifferenti a stare nel posto superiore come a stare nell'ultimo posto, a visitare come a essere visitate, a riprendere come a essere riprese. Oltre a questa indifferenza, però, la nostra preferenza dovrebbe essere quella di Gesù: non a comandare, ma ad ubbidire, non a vivere comodamente, ma a faticare, non a vivere in una città come Roma, ma in un borgo come Nazaret, non a ricevere il premio del bene fatto, ma la croce, l'essere cacciate dal mondo e, cacciato dal mondo, Gesù si è messo nell'Eucaristia dove prega per noi. La nostra preferenza quindi dev'essere per l'umiliazione e per il sacrificio, eccetto che la volontà di Dio sia manifestata diversamente.
Esame sull'avvenire della Congregazione. Che cosa vorreste aver fatto, se foste in punto di morte, per la Congregazione? La Chiesa è il corpo mistico di Gesù Cristo15. Anche le piccole società che sono nella Chiesa, sono il corpo mistico di Gesù Cristo. Lo Spirito Santo ne è l'anima, come è l'anima della Chiesa. Anche la vostra Congregazione è quindi il corpo mistico di Cristo
~
Voi dovete riprodurre in voi stesse Gesù Cristo. Notiamo però, che, se ogni società è corpo mistico di Gesù Cristo, ognuna lo rappresenta in una maniera speciale. Ad es.: gli istituti che hanno uno scopo caritativo, lo rappresentano specialmente nel suo cuore; gli istituti dedicati all'insegnamento, lo rappresentano specialmente come Maestro. Il B. Eymard ha messo nel suo stemma: Vita eucaristica; S. Domenico il motto: Veritas; S. Francesco: Caritas.
Il vostro Istituto ha lo scopo di riprodurre Gesù Cristo integralmente. Quindi è molto elevato il vostro ufficio, la vostra missione. Per riprodurre integralmente Gesù Cristo, vi stanno le Figlie di San Paolo, le Pie Discepole, le Suore di Gesù buon Pastore: verità, vita, via. Le tre parti riproducono tutto il Cristo: il merito di una parte ridonda anche a vantaggio delle altre due. Dobbiamo quindi essere contenti di arricchirci di tutti i meriti delle due sezioni alle quali non si appartiene. Partecipando non si perde, come non perde la mano che prende il pane e lo dà alle altre membra del corpo, perché, mentre nutre le altre, nutre pure se stessa. Essere un corpo mistico è una felicità, non è mica come stare a casa dove uno fa un ufficio e l'altro un altro.
Ora voi dovete far filar diritta la Congregazione su questo punto, senza obiezioni, in silenzio, cercando le vie di bene, eliminando i difetti, togliendo gli ostacoli, i membri infetti, il male. Nella Società San Paolo questo si fa da sé, essendovi i sacerdoti e i laici: non v'è bisogno di distinzioni speciali, mentre fra di voi è molto utile fare questa divisione delle tre famiglie. Tutte le tre parti usano, in parte, tutti i mezzi di tutte e tre; così tutte si valgono specialmente della stampa. Dovete proprio conglutinarvi assieme, amarvi, aiutarvi a vicenda, difendervi e cercare che ogni membro sia a suo posto. Dio vi illuminerà, vi guiderà. Non siete mica voi che vi siete formate!
È il Signore che ha portato, che ha fatto, che ha maturato e vi eleva ad un grado tale di santificazione (come Congregazione) che è il più alto che vi sia nella Chiesa. Dire al Signore: Fate di me ciò che volete; siate voi a vivere in me, non io con la mia volontà, i miei capricci. Siate voi, o Signore, a vivere nella Congregazione; noi ne parleremo sempre con venerazione, la tratteremo sempre con rispetto, poiché voi vivete in essa. E allora il Signore che ha creato la nostra Congregazione, vivrà lui solo in essa e la farà passare per quelle vie per cui l'ha destinata. Togliamo
~
il peccato, tante ambizioncelle, viste umane nella Congregazione. Viva solo Iddio, il Cristo in noi e nell'Istituto. Dio farà bene se lo lasciamo fare, se lasciamo che si sostituisca liberamente a noi che abbiamo la vista tanto corta. Qualche volta noi vedremo e qualche volta non vedremo: fidiamoci di Dio, stiamo sicuri che, con gli occhi bendati e dando mano a lui, camminiamo molto meglio che da soli, con gli occhi aperti, con i nostri progetti e le nostre vedute.

III. [L'istituzione femminile e la Società San Paolo]
Come fare, in concreto, a salvarsi; a che cosa si riducono i comandamenti e i consigli, in pratica, minutamente? Alle Regole. Esse sono il mezzo di santificazione, il mezzo ordinario, sicuro, datoci dalla Chiesa. Se osserverete bene le Regole, in punto di morte potrete fare come S. Giovanni Berchmans che le strinse al cuore come la cosa più cara insieme al crocifisso e al Vangelo.
I religiosi e le religiose sono tutti soggetti alla Santa Sede, anche quelli di diritto diocesano; soltanto che questi ultimi sono assistiti e aiutati dal vescovo della diocesi. Quando poi l'istituto è cresciuto, viene tolto dall'assistenza del vescovo, per essere assistito direttamente dalla S. Sede. Quando è di diritto diocesano, nelle varie diocesi i vescovi possono intervenire, ma solo fino ad un certo punto. Quando l'istituto ha raggiunto una certa estensione e una certa importanza, merita anche un certo riconoscimento e questo consiste nel Decreto di lode. La Chiesa non fa delle rivoluzioni, dei cambiamenti repentini: per questo nelle nostre prime Costituzioni il Card. Laurenti ha già voluto che fossero indicati i fini specifici delle varie sezioni (anche le altre due sezioni16 erano già istituite fin dal 1929).
La Congregazione dei Religiosi non ha voluto che ci fosse un solo apostolato ad esclusione degli altri due, ma li ha voluti includere tutti tre. Il vostro Istituto delle Figlie di San Paolo ha lo stesso fine della Società maschile, ma nel modo che è consentaneo
~
alla donna. Si ritenne «che poteva riuscire di molto aiuto alla Pia Società San Paolo l'istituzione della Pia Società delle Figlie di San Paolo»17. Nelle Costituzioni, in sostanza, il fine primario e quello secondario non furono mai cambiati. Dovete cercare di entrare molto nello spirito della Chiesa che ha approvato le vostre Costituzioni. (Le opere moderne furono introdotte come aggiunta alle altre opere ordinarie) 18. Stiamo dunque nel fine: richiamiamoci al fine.
Siccome i tre apostolati si servono tutti e tre molto della stampa, fine nostro speciale, è quasi naturale che gli altri siano tenuti un po' indietro (non perché manchino di importanza). Siccome siete state istituite in adiumentum19 alla Pia Società San Paolo, non potrete mai essere indipendenti da essa. Ci vuole perciò, come ha detto il Card. La Puma20, maggiore intesa fra i superiori massimi e distinzione più netta fra gli altri. La direzione della stampa e tutto quanto è dottrina, deve passare in revisione alla Pia Società San Paolo. I Consigli siano tenuti con l'assistenza del Superiore della Pia Società San Paolo, (così il Card. La Puma). Il Visitatore della Pia Società San Paolo è anche vostro Visitatore dal 28 gennaio di quest'anno 1941. A lui dire bene, chiare le cose, senza contraddirvi [rispetto] ai primi atti [canonici] della S. Sede e del Vescovo che sono i più importanti. Quanto al governo interno: vi è la Prima Maestra, il Consiglio e le Superiore dei tre rami che sono alla sua dipendenza21. Intanto che cercherete
~
di mettervi bene a posto nel governo, io credo che dovrete uniformare bene la vostra condotta alla ultima edizione delle Regole22; tuttavia quelle in vigore sono quelle antiche a cui bisogna attenersi nell'ammissione alla professione.
Tutto deve dipendere dalla Prima Maestra: le parti dell'Istituto che sono meno vicine devono dipendere di più dalla Prima Maestra, altrimenti avvengono delle divisioni. La maniera per conservare l'unità sta nella carità e nell'umiltà.
Il motivo dei tre noviziati distinti si deve ricercare nella necessità di una distinta preparazione ai vari apostolati. Unendovi insieme triplicherete le forze: avete bisogno di maggior accordo, di maggior accordo. Sebbene tutte abbiano l'adorazione, l'hanno in modo particolare le Pie Discepole le quali devono, in alcune circostanze, vestire il loro abito speciale, perché ci vogliono anche segni speciali23.
Più presto farete a mettervi a posto, nel vostro essere, più presto la Chiesa vi approverà e vi benedirà. L'approvazione verrà nel momento opportuno24. Per essere superiore si deve avere la vocazione ad essere immolate per l'Istituto, sopportare qualunque cosa per l'Istituto. Chi non ha la vocazione a soffrire, non ha neanche la vocazione ad essere superiora.
...25 Ogni gruppo accetta le sue postulanti, però la vera accettazione, che consiste nell'ammissione alla vestizione, dipende poi dalla Prima Maestra, come pure l'ammissione alla professione, per tutte e tre le sezioni.
Le amministrazioni devono essere tre, ma si riassumono poi tutte in una, in quanto che il resoconto di ogni casa si deve dare alla superiora locale e questa a sua volta alla superiora particolare della sezione che, a sua volta ancora, deve tutto passare alla Prima Maestra. Le case delle Pastorelle, delle Pie Discepole e
~
delle Figlie di San Paolo, si riassumono nella loro superiora, la quale poi comunicherà alla Superiora generale. Una casa amministra se stessa con la propria Maestra, questa comunica con la superiora del gruppo e questa alla Prima Maestra. Ogni gruppo deve avere il suo Consiglio, che non è decisivo come quello della Superiora generale, ma è tale da poter assistere la Maestra. Anche nelle case la superiora deve essere assistita almeno da due persone. L'esercizio dell'autorità nelle case è, più che altro, esercizio di pazienza: la Chiesa ha provveduto in modo tale che tutti si facciano dei meriti.
... La Società delle Figlie di San Paolo, nelle sue tre sezioni, deve essere tutta retta dalla Superiora generale. Le consigliere devono riferire alla Prima Maestra, prendere gli incarichi che dà la Prima Maestra e rispondere alle sue domande. Nessuna si creda di poter fare da sola: nessuna ha il suo regno: tutte hanno gli incarichi che dà la Prima Maestra.
Eccetto quello che si riferisce al fine secondo, e ai mezzi per conseguirlo, tutte le altre cose sono di diritto canonico (comune), così come le ha stabilite la Chiesa per tutti gli istituti. Conservate l'unità nell'obbedienza e nella carità: tutto vada a finire alla Prima Maestra da cui tutte devono dipendere. Nei Superiori massimi tra le due Società: maschile e femminile, ci deve essere maggior intesa. E poi, siccome ora non si è ancor messo a posto l'Istituto delle Figlie di San Paolo, certe cose si devono ancora fare dal Primo Maestro o dal Maestro Giaccardo. È molto difficile formare i capi. Più presto realizzerete il vostro governo e più presto si avrà l'unità e si andrà avanti bene. Non bisogna però pretendere che tutto divenga chiaro così in un colpo; diverrà chiaro man mano che le cose si faranno. Nelle tre sezioni non ci sono gradi diversi: ci vuole intelligenza per tutti e tre gli apostolati, perché tutti e tre parimenti difficili.
... Ordinariamente non è nella natura delle cose il passaggio da una sezione ad un'altra: per questo si hanno formazioni diverse. Essendo l'Istituto in formazione, ci sono ancora tante cose provvisorie. Bisogna rispettare le anime, non credere di esserne i padroni.
L'Istituto è tenuto a certe cose solo in quanto è in grado di compierle: non bisogna pretendere di essere grandi quando si è piccoli. Bisogna ascoltare di più: solo così si realizzerà l'unità. Quando si avrà la virtù sufficiente si capiranno tante cose che
~
adesso non si capiscono ancora. Dovete intendervi sui punti essenziali, fondamentali. Le Costituzioni sono approvabilissime: siamo noi che non siamo approvabili.
Lo scopo di questa giornata è che vi uniate bene: poi si realizzerà quello che è il vostro scopo e sarete di efficacissimo aiuto alla Pia Società ed entrerete dappertutto e farete molto bene. Fra venti anni quelle che entreranno troveranno già l'Istituto ben formato, voi non l'avete trovato, perché siete entrate prima. Bisogna svilupparsi, non credersi qualche cosa. Dobbiamo dire a tutte: realizziamo il disegno che Iddio ha sopra di noi, siamo docili. Non bisogna andare a dettare; bisogna far silenzio, far fare silenzio: non tanti cambiamenti, non tante cose che portino agitazione.
Il nostro fine secondario è l'apostolato, sono le anime: non siamo delle venditrici di libri.
La divisa è stabilita dal decreto e non si può cambiare.
Non bisogna mai dividere: tenere sempre fermo lo spirito. Penetrare bene lo spirito delle Costituzioni (rileggere i Decreti). Non sarebbe troppo leggere e meditare per un anno intero le Costituzioni, esaminando se realmente pratichiamo quanto esse stabiliscono. L'impegno vostro sia di stare a quello che è fondamentale. Coll'opera della stampa siete più dipendenti dalla Pia Società, siete in una posizione speciale perché avete da fare un bene maggiore: non siete in una posizione di umiliazione, ma di privilegio.

IV. [Conoscere, imitare, vivere Gesù Cristo]
Stabilire ogni anima nostra e la Congregazione «in Christo Jesu»26, secondo si esprime S. Paolo, in modo che sia Gesù che viva27 e noi siamo sue membra. Questo si deve fare per tre fini. Per avere merito maggiore, perché il merito è in proporzione della riproduzione del Cristo in noi e nella Congregazione. Non è il caso che insistiamo sulla preziosità dei meriti e sulla necessità di non lasciarseli sfuggire. Se si possono guadagnare tre ordini di meriti: onorando e riproducendo Gesù Maestro Via, Verità
~
e Vita, è assai meglio che guadagnarne una serie sola. Amatevi quindi tra voi, amate i tre apostolati con cui si deve riprodurre Cristo tutto intero.
Nei primi secoli della Chiesa si predicava tutto il Vangelo, poi si considerò in Cristo particolarmente l'umanità ed infine il di lui sacratissimo Cuore: ciò è buono, ma riassumere tutto il culto che i secoli hanno dato al Cristo, è molto più meritorio. Amare la Congregazione, ma non solo a parole, bensì far vivere in essa il Cristo intero. Se noi siamo guidati dal Cristo come Congregazione, anche individualmente vivremo in Cristo, avremo la sua stessa vita e i suoi stessi meriti: egli infatti è il capo e noi le membra del suo corpo mistico28. La Congregazione perciò, riproducendolo interamente, avrà un grande merito, ma uno stesso merito avranno pure tutti gli individui.
Stabilitevi bene in Gesù: siate incorporati in lui, secondo si esprime S. Paolo che ha usato e ha formato tanti termini per spiegare questa vita in Cristo. In tal modo, oltre ai meriti per la vita eterna, la Congregazione e i singoli membri hanno la forza di fare tutto ciò che è la volontà di Dio a loro riguardo. È chiaro che da soli nulla possiamo, ma con Cristo tutto è possibile: «Omnia possum in eo qui me confortat»29. In Gesù la forza di compiere i doveri, per osservare i voti, per adempiere agli uffici che si hanno. «In Christo Jesu», si può anche comandare, perché non siamo più noi che parliamo, ma è il Cristo; e gli altri bisogna che ascoltino, perché si parla «in Cristo Gesù». Acquisteremo quindi la forza necessaria: ciò ci deve dare molta speranza e confidenza per il progresso della Congregazione, perché Gesù che è Dio, fa quello che vuole. Bisogna però far morire il nostro io, per far posto a Dio.
Non riempire la valigia di cose inutili, altrimenti non ci sta più la roba utile. Fare il posto a Gesù, ma in modo che possa starvi interamente. Ciò è difficile: l'amor proprio si sentirà sempre, ma bisogna combatterlo, non dargli mai ragione, non farlo mai trionfare. In Cristo Gesù avrete molta forza, pur essendo debolissime: diventerete capaci a tutto. In Cristo Gesù poi, avrete in cielo la gloria, la gloria sua. Godrete in lui: «Intra in gaudium
~
Domini tui»30. Finita la vita presente godrete la felicità del Cristo in cielo. Per questo bisogna fare tre cose: 1) conoscere Gesù Cristo; 2) imitare Gesù Cristo; 3) amare Gesù Cristo, cioè: vivere Gesù nella mente, nella volontà e nel cuore. Studiare per conoscere sempre meglio Gesù Cristo, in maniera che egli domini i nostri pensieri e la nostra mente pensando o a Dio o alle cose che sono di Dio. Togliere quindi i pensieri vani, inutili, e tanto più i peccaminosi. Avere un'ambizione sola: conoscere Gesù Cristo.
Imitare Gesù: Io imito Gesù Cristo31, dice S. Paolo. Considerare bene la vita di Gesù e uniformare ad essa la nostra: «Vi ho dato l'esempio, affinché come ho fatto io, facciate anche voi»32, disse Gesù. Gesù ha fatto molte cose imitabili da noi, ad es. il suo modo di trattare con i peccatori, il compatimento e il perdono che usava con chi era caduto, possono benissimo essere imitati. E perché viva il Cristo nella Congregazione, bisogna essere osservanti dei voti, non per avere il gusto che gli altri cedano alla nostra volontà, ma perché si serva Dio. Vedere che si osservino bene i tre voti e si osservino per amor di Dio. Vi sono delle case che alle volte tendono un po' a sottrarsi all'obbedienza: bisogna essere osservanti, essere zelanti dell'osservanza regolare, non uno zelo amaro, ricordare i difetti passati solo in quanto è necessario per farli detestare, non umiliare, non sfogare la nostra amarezza. Si faccia l'obbedienza da tutti in santa letizia. Per la castità non insistere molto sulla parte negativa, ma piuttosto sulla positiva: amor di Dio e amore alle anime. Quando c'è Dio, non c'è più posto per il diavolo. È un frutto della propaganda il passare sopra a tante cose senza neppure accorgersi: in generale si acquista la superiorità di passare sopra a molte tentazioni senza riceverne molto disturbo. Se nel cuore v'è l'amor di Dio, non c'è più posto per altre cose. Attente a quelle che si abbandonano per qualche tempo alla tiepidezza e lasciano nel loro cuore un po' di posto al diavolo. Non essere però esagerate nel temere e non insistere tanto sul male, ma insistere invece sul fervore.
Zelo per la povertà. La nostra povertà deve avere un solo modello: Gesù Cristo. Fare come Gesù a Betlemme, a Nazaret,
~
sulla croce. La nostra povertà può avere santi eccessi come quelli di Gesù che morì senza un sorso d'acqua.
Riguardo ai voti abituatevi a interpretare in bene se non è evidente il contrario. Non avere la tendenza a sospettare specie con le uguali, non fare quel governo di sospetti e di spionaggio che urta: queste non sono cose che piacciono al Signore. Far osservare i tre voti: così si vivrà in Cristo Gesù; ma prima osservare noi queste obbligazioni, anzi, precedere le altre in questa osservanza. Tenetevi tutte uguali nella Congregazione, nei tre apostolati, così vivrà il Cristo intero. Se vi mettete bene, c'è maggior sicurezza di unità in quanto ogni suora può rivolgersi alla propria Maestra e, se non è ascoltata, può appellarsi alla Prima Maestra, e poi anche alla Congregazione dei Religiosi: ma bisogna fare la scala. Ditelo che sono libere, che le vie sono aperte. Le divisioni si creano quando si va a finire fuori di casa, subito, senza passare per le Maestre: allora uno si intesta, crea diffidenze. Se le suore sanno di potersi appellare a chi opera secondo giustizia (la virtù che urge più di tutte), si va avanti bene. Quando morì Mons. Re, nessuno dovette chiedere giustizia, perché il pio vescovo aveva osservato bene questa virtù. Essa si osserva senza dover dare ragione di tutto, ma facendo rettamente le cose davanti a Dio: allora le suddite avranno fiducia nelle superiore.
L'unità fra le Figlie di San Paolo e la Pia Società San Paolo non deve essere nella direzione e nell'amministrazione, ma nell'apostolato, perché uno è lo spirito, una l'origine, uno il fine da conseguirsi; sono come due rette parallele che camminano sempre daccanto e si incontreranno solo nell'eternità in Cristo Gesù. Ricordate sempre la finale delle Regole: «Centuplum accipietis et vitam aeternam possidebitis»33.
Stabilire un formulario per chi va a visitare onde abbia chiaro il proprio compito e non si lasci sfuggire nulla. Chi visita deve avere un incarico particolare, messo per iscritto dalla Prima Maestra, onde evitare agitazioni e dubbi, e perché le singole suore sappiano regolarsi. Chi visita porti del bene ovunque. Fate come fa il nostro Visitatore che preferisce parlare coi superiori onde evitare pettegolezzi. Sia lodato Gesù Cristo.
~

1 Cf Lc 14,10: «Va' a metterti all'ultimo posto».

2 Cf Mt 23,4.

3 «Non tanto presiedere, quanto giovare agli altri».

4 Il significato è: Abbiamo impostato la vocazione sulla...

5 Cf Rm 12,4-5.

6 Inno di Vespro del Comune delle Sante.

7 Pr 31,10: «Una donna forte chi potrà trovarla?» (Volgata).

8 «Noi, sempre e dovunque, ti rendiamo grazie»: dal Prefazio della Messa.

9 Cf Lc 23,13-25.

10 Cf Sal 55,13.

11 Cf Lc 23,34.

12 Mc 10,51: «Signore, che io veda».

13 S. Teresa di Gesù Bambino e del Volto santo (1873-1897), Opere complete, Scritti e ultime parole, Libr. Ed. Vaticana - Ed. OCD, Roma, 1997, pagg. 1613. Lettera 36, del 20 novembre 1887 a sr Agnese di Gesù, p. 322.

14 Cf At 25,11: «Non rifiuto di morire».

15 Cf Rm 12,5; 1Cor 12,12-13.

16 Corretto: da “edizioni” in “sezioni”. Probabilmente è una svista, perché il senso suggerisce: sezioni.

17 Espressione che si trova nel Decreto di approvazione diocesana, firmato da mons. G.F. Re il 15 marzo 1929. Il decreto è riportato in C. Martini,FSP. Note per una storia. Doc. 45, p. 404.

18 Cita l'articolo due delle Costituzioni del 1929, riformulato secondo il Decreto di approvazione. L'articolo recita: «Il fine secondario si è questo: che i membri lavorino alla salute delle anime e servano la Chiesa secondo le loro forze e condizione, specialmente con l'apostolato della Stampa. Le Figlie di S. Paolo cureranno quindi la spiegazione e divulgazione, in modo popolare della Dottrina Cristiana, particolarmente col mezzo della stampa, oltre il modo comune della Scuola e del Catechismo».

19 «In aiuto».

20 Il Card. Vincenzo La Puma, prefetto della Sacra Congregazione dei Religiosi. Deve trattarsi di una lettera, ancora non reperita, corrispondente a quanto don Alberione scrive a don Giaccardo il 3 giugno 1941 : «Ho ricevuto espresso mandato... di regolare meglio le relazioni con la parte femminile; farò un progetto con la Prima Maestra; poi lo manderò a vedere, e sarà un bene» (cf Arch. Postulazione). Quanto segue deve essere lettura e commento di tale progetto.

21 Cf LMT 53, del 14 giugno 1939: «Il Signore ha disposto la Famiglia Paolina delle Figlie perché tante e tante anime venissero a prendere santità, ed a dare Gesù nell'apostolato. La via pratica l'ho indicata: la Prima Sig.a Maestra, si mette più in alto e più distinta (non separata) con tre Suore che rappresentino i tre apostolati; visita ogni casa ; disporrà le cose che riguardano le anime in primo luogo e poi le cose generali, facendosi centro di tutte; le esecutrici e consigliere ed anche relatrici sono le tre Suore dei tre apostolati».

22 Si tratta del testo preparato da allegare alla domanda per ottenere dalla Santa Sede il Decretum Laudis.

23 Nell'adorazione al SS. Sacramento le Pie Discepole vestono lo scapolare bianco con manto azzurro.

24 La domanda alla Santa Sede per il DecretumLaudis è stata inoltrata da Maestra Tecla il 28 gennaio 1942.

25 Questi puntini di sospensione, come i successivi, fanno pensare che nella trascrizione sia stato tralasciato qualcosa.

26 Cf Rm 6,11. 23; Ef 2,6-7; 3,21, ecc. : «In Cristo Gesù».

27 Cf Gal 2,20; Col 1,27, ecc.

28 Cf 1Cor 12,27; Col 1,18.

29 Fil 4,13.

30 Mt 25,21 : «... prendi parte alla gioia del tuo padrone».

31 Cf 1Cor 11,1.

32 Gv 13,15.

33 Cf Mt 19,29: «... riceverete cento volte tanto e avrete in eredità la vita eterna».