57.
L'UMILTÀ
L'insegnamento del Vangelo di oggi è questo: che gli umili sono graditi a Dio e si arricchiscono di meriti per l'eternità e i superbi sono infelici, sono fra i più disgraziati degli uomini.
In quel tempo Gesù disse ai farisei questa parabola: «Un uomo fece una grande cena e invitò molti. All'ora della cena mandò il suo servo a dire ai convitati: Venite perché tutto è pronto. Ma tutti insieme presero a scusarsi. Il primo disse: Ho comperato un podere e bisogna che vada a vederlo: ti prego di scusarmi. Il secondo gli disse: Ho comperato cinque paia di buoi e vado a provarli: ti prego, abbimi per scusato. Un terzo disse: Ho preso moglie e quindi non posso venire. E il servo tornò a riferire queste cose al padrone. Allora questi, sdegnato, disse al servo: Presto, va' per le piazze e per le vie della città e conduci poveri, storpi, ciechi, zoppi. Poco dopo il servo tornò: Signore, disse, è stato fatto come hai ordinato ed ancora c'è posto. Il padrone gli disse: Va' fuori per le strade e lungo le siepi e forza la gente a venire affinché si riempia la mia casa. Vi assicuro che nessuno dei primi invitati assaggerà la mia cena» (Lc 14,15-24).
Dunque, gli invitati al simbolo della comunione che è questo convito preparato da quel signore, sono quelli che stavano bene e che rifiutarono. Uno era ricco, perché aveva la villa; l'altro ricco, perché aveva comperato cinque paia di buoi; l'altro era felice: «Ho preso moglie, quindi non posso venire». E allora chi ha invitato il padrone che aveva preparato la grande cena? Ha invitato poveri, storpi, ciechi, zoppi; e poi ancora: «per le strade, lungo le siepi, la gente che trovi».
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Vedete, la più grande disgrazia di una persona è sempre la superbia; la più grande fortuna di una persona è l'umiltà. Già l'abbiamo considerato ieri che l'umile si trova sempre bene con le persone con cui convive, con cui ha da fare, con cui lavora nell'apostolato; vive bene. Chi non ha umiltà è orgoglioso, superbo, si tiene superiore per qualche cosa: o perché ha un vestito migliore, o perché ha un ufficio più distinto, o perché la sua persona è più presentabile, perché gode la stima degli altri, o perché forse ha più intelligenza, forse più bella voce, forse viene da una famiglia più distinta. L'orgoglio, la superbia si nutre di tante cose. E tutto quello di chi è? Se hai salute, ad esempio? È di Dio. «Ma io prego già più bene, credo d'aver già progredito molto nella virtù». E ciò perché crede di sentire delle dolcezze per un'unione particolare con Dio; e in se stesso si compiace di queste cose, tanto più poi se riceve una lode per qualche ragione. Il povero superbo! Non c'è uno che sia più infelice del superbo, il quale fa le cose per farsi vedere, lavora magari, fa bene una cosa, tratta gli altri per essere stimato una persona gentile, eccetera. Perdono i meriti! A volte hanno anche faticato molto. E poi? C'è l'amor proprio e il merito se ne è andato, perché: «Receperunt mercedem suam» (Mt 6,2): cercavi la lode e già sei pagato, perché cercavi solo la lode e l'hai avuta; cercavi la stima e l'hai avuta; ti compiacevi di te stesso e hai già abbastanza la soddisfazione. Per l'eternità non c'è merito. L'orgoglio impedisce tanti meriti! Oltre che superbo, diviene anche odioso. Nella vita di comunità, quando c'è un superbo, si vive in disagio. Ma occorre vivere con Dio, per Dio! Quello che si fa per Dio e solo per Dio è meritevole per la vita eterna. Ecco. Guai a mirare alla gloria nostra, al nostro amor proprio, dominati dall'amor proprio.
Oh, allora ecco: il Signore «exaltavit humiles»: esaltò sempre gli umili. Maria, umilissima serva: «Ecco l'ancella del Signore!».
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Se si fa l'analisi della vita quotidiana, se si fa l'esame proprio per noi, innanzi a Dio, ci sentiamo bisognosi di tanta comprensione, e umiliati perché non e ancora stato acquistato quel grado di virtù che dovremmo aver acquistato, quel progresso spirituale che dipende dall'umiltà. Quando si cerca Dio e la sua gloria ecco, tutto è santo, e anche il dormire guadagna meriti, e il mangiare e il bere o qualunque altra cosa che si faccia come dice san Paolo: «Omnia in gloriam Dei facite»: fate tutto per la gloria di Dio (1Cor 10,31). Questa gara a servire gli altri, questo voler mettersi all'ultimo posto, aspettare a dire il nostro parere in questo o in quello, esponendolo umilmente quando già gli altri hanno espresso il loro parere, è umiltà. Certuni vogliono sempre aver ragione! Ma la vogliono, anche se la cosa è chiara, vogliono aver ragione; e poi se la tengono; e poi guardano gli altri dall'alto in basso perché si ha un ufficio, una professione distinta, perché si è oggetto di speciale riguardo da parte degli altri.
La superbia toglie la pace nelle famiglie. L'umile porta sempre la serenità e la bontà, e viene fatto grande da Dio, perché ha operato per il Signore in umiltà. Due pregavano; ma uno invece di pregare ammirava se stesso, perché si credeva già santo; e l'altro che si credeva peccatore bisognoso tanto di Dio, stava in fondo inginocchiato, picchiandosi il petto: «Signore, abbi pietà di me!». La stessa preghiera, alle volte, è una preghiera ispirata dalla superbia; la preghiera più bella è quella fatta in umiltà, loda Dio e aumenta il merito per noi.
Che delusione per chi si presenta al tribunale di Dio dopo aver operato nell'amor proprio! Ho faticato, ho faticato, e non ho guadagnato niente. L'altro ha faticato umilmente, ha fatto tutto per Dio, è ricco, e ricco per l'eternità. Ecco allora, vedete, questi ricconi, questi signori che la sanno lunga, che sono istruiti, che hanno le loro idee, che disprezzano anche le cose più sacre alle volte. Nessuna pietà ci sarà per il ricco.
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E non vengono alla comunione; credono di umiliarsi inginocchiandosi con i bambini e con le donne alla balaustra. Si invita quel padre di famiglia a fare la Pasqua, a ricevere la comunione. E lui: Beh, è una cosa buona, mando i bambini e la moglie. E così i bambini e la moglie si accostano alla comunione, prendono Gesù, che è la ricchezza. Questo è un esempio un po' largo, che si capisce facilmente. Ma anche tra le anime pie c'è tanta superbia. L'amor proprio si nutre di qualsiasi cosa, è come la gramigna che nasce dappertutto e basta che ci sia un po' di terra, anche non tanto buona, che essa ha vita e cresce. E invece come nascono i gigli? Come nascono i grandi santi nella Chiesa? Gli umili? All'umiltà segue sempre la fede e seguono le virtù, i doni di Dio, i doni dello Spirito Santo e quindi la perfezione.
Se abbiamo un male da detestare particolarmente e come primo, è la superbia; quindi a capo dei peccati capitali sta la superbia, sta l'orgoglio che trascina poi agli altri peccati. A causa della superbia non si prega abbastanza, e l'anima non si sente abbastanza forte da chiedere aiuto a Dio. Allora come va la preghiera quando siamo pieni di orgoglio? La preghiera sarà esterna; ma davanti a Dio piacerà?
«Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum». Maria! E si arriva a sdegnare perfino le sorelle, le compagne, eccetera. Ma ci sono dei misteri di miseria in noi, che si considerano come misteri superficialmente, ma in fondo hanno una causa comune: la superbia. Essa rende difficile la vita, mentre l'umiltà rende la vita gioiosa, lieta, ricca di meriti. E prepara un bel Paradiso! Si vogliono vantare i diritti, le ragioni, e si trova un motivo per fare ciò che si vuole, e qualche volta il motivo è di essere più furba a farla franca, a non essere scoperta. E così stolta la superbia ed è così sapiente l'umiltà! Mettere a capo l'umiltà, così seguiranno tutte le altre virtù, come alla superbia segue ogni disordine.
Chiedere la grazia dell'umiltà, che vuol dire verità.
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