Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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32.
CHE COS'E LA MORTE?

Quest'oggi recitiamo di cuore la seconda parte dell' Ave Maria: «Prega per noi adesso e nell'ora della nostra morte», perché stamattina l'insegnamento che dobbiamo ricavare dalla meditazione è questo: preparazione alla morte. La vita nostra non avrebbe senso se non riflettessimo che alla vita presente segue l'eternità. Quaggiù tante volte non vediamo premiato il bene, né vediamo castigato il male: Allora ci si domanda: la giustizia dove sta? Non bisogna considerare solamente il tempo della vita presente. Se in fondo alla pagina di un libro l'ultimo periodo fosse incompleto, noi gireremmo foglio e così il senso sarebbe compiuto. Se invece avessimo letto solo la prima parte del periodo, non avremmo capito il senso. Così è della vita. Se passa, se si conchiude questa vita e si volta il foglio, diciamo così, ecco: ci troviamo davanti all'eternità dove il bene ha il suo premio e il male il suo castigo. La vita allora ha un senso. Siamo sulla terra per prepararci il Paradiso e la porta dell'eternità felice è precisamente la morte.
Allora, che cos'è la morte? È la conclusione del tempo che ci dà il Signore per guadagnarci il Paradiso. Non a tutti il Signore dà il medesimo tempo. Vi è il bambino che muore ancora prima di aver raggiunto l'uso di ragione; vi è invece chi arriva all'età maggiore e chi arriva alla vecchiaia. Ma in qualunque momento arrivi la morte, questa è la conclusione del tempo che il Signore ci dà. La prova è triplice, come abbiamo detto ieri: prova di fede, prova di fedeltà, di osservanza dei comandamenti e prova di amore.
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Viene il momento in cui il tempo si conclude, quello che è fatto è fatto, e non si potrà aggiungere più nulla ai meriti che l'anima si è preparata per l'eternità. Non si potrà nemmeno cadere più in peccato, perché con la morte finiscono le tentazioni, finisce il tempo della prova.
Che cos'è la morte? È la separazione dell'anima dal corpo, cioè la privazione della vita. Il nostro corpo, quando è sano, contiene l'anima, come una bottiglia può contenere un buon liquore; ma se si infrange la bottiglia, non può più contenerlo e il liquido si sparge. Così quando un membro o più membra del nostro corpo sono feriti gravemente, ecco che l'anima si separa, perché il corpo non è più atto a contenerla. Questo può avvenire per un grave incidente, oppure per una malattia grave.
Che cos'è la morte? Per chi l'accetta bene è il massimo atto di amore a Dio. Il nostro amore a Dio si dimostra quando diciamo bene: Sia fatta la tua volontà, come viene fatta in cielo, così sia fatta in terra; come la fanno gli Angeli, così vogliamo farla noi. E siccome la cosa più dura da accettarsi è la morte, allora il massimo atto di amore a Dio consiste nell'accettazione di essa. Diceva Gesù nell'agonia del Getsemani: «Padre, non sia fatta la mia, ma la tua volontà; non come voglio io, ma come vuoi tu». Massimo atto di amore che vale anche a cancellare il Purgatorio nelle debite circostanze. L'accettazione della morte è anche il massimo atto di obbedienza a Dio. Il Signore non mostra la sua volontà soltanto coi comandamenti, ma anche con le circostanze. Ad esempio, se siamo colpiti da una malattia, la circostanza dimostra qual è la volontà di Dio in quel giorno, cioè che sopportiamo con pazienza e rassegnazione il male sopraggiunto.
L'accettazione della morte è anche il massimo atto di penitenza che possiamo fare, perché noi sentiamo tanto l'attaccamento alla vita. Quando vediamo che il Signore ci chiede il dono che ci ha fatto, cioè il dono della vita. e noi ne facciamo un'offerta a Lui, è questo l'atto di maggior penitenza che si possa pensare. D'altra parte è l'atto di accettazione più difficile, perché l'attaccamento alla vita è cosa naturale e istintivamente cerchiamo di schivare i pericoli, le malattie.
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Certamente curare le malattie e schivare i pericoli della vita è un dovere. Questo però finché vuole il Signore. Quando invece il Signore ha voluto e ha segnato il tempo in cui dobbiamo lasciare il mondo presente, allora ecco la sottomissione, il volere di Dio. Questo volere di Dio ci impone dei distacchi, ad esempio, il distacco dai parenti.
Vi è chi fa il distacco in vita e allora non ha più da farlo in morte. Distacco per mezzo dei voti: distacco dagli averi, dalle ricchezze per chi ha già fatto il voto di povertà; distacco dai piaceri di questa terra per chi ha già fatto il voto di castità perfetta; distacco dalla famiglia e dalla propria volontà per chi ha già fatto il voto di obbedienza al Signore; distacco dalla vita stessa che ha offerto a Dio tutta per Lui, sempre come vuole, oggi, domani, secondo la sua volontà. Allora i distacchi sono già compiuti, perché non si è avuto fiducia nelle cose della terra, ma si è cercato il Paradiso.
Viene la morte e allora se si è cercato Dio, se si è cercato il Paradiso, arriva finalmente il momento di lasciare la terra e di entrare in possesso di quella gloria che abbiamo sempre sospirato, di quella felicità che il Signore ci ha preparato. Abbiamo desiderato di vedere Dio che sulla terra abbiamo amato, finalmente ecco che entriamo nella famiglia di Dio: la SS. Trinità, Maria nostra madre, Gesù il nostro amore, san Paolo, i Santi, gli Angeli che abbiamo pregato. Cambiamo famiglia, una famiglia celeste lassù. Perciò viene detto: «Fui ben lieto nel sentirmi dire: ce n'andremo alla casa del Signore» (Sal 121,1). Cambiamo la casa, cambiamo la valle di lacrime, cambiamo la prigione della vita presente e arriviamo alla libertà dei figli di Dio, là dove il Padre celeste farà sedere i suoi figli buoni alla mensa eterna della felicità.
Quando si annuncia la morte a certi malati ben preparati, si vede affiorare sulle labbra un sorriso di compiacenza, nonostante che di per sé la morte abbia un aspetto tetro; ma chi ha molta fede, crede che risorgerà, crede alla risurrezione della carne, crede che si risusciterà più belli, gloriosi.
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Il corpo andrà a purgarsi nel disfacimento, là nel cimitero; ma verrà il suono di quella tromba finale: «Sorgete, o morti, venite al giudizio». L'anima si ricongiungerà al corpo; quella che è bella e santa troverà il suo corpo adorno delle doti di cui era adorno il corpo stesso di Cristo risorto e di cui è adorno il corpo benedetto di Maria assunta in cielo. Quindi la morte, pur avendo la parte tetra, avrà anche la sua parte di conforto, la sua bella faccia.
«È preziosa agli occhi di Dio la morte dei suoi santi» (Sal 115,15). Perché? Perché ci sono tre specie di morti: c'è la morte dei disperati, come quella di Giuda; c'è la morte degli indifferenti, di chi ha pensato poco all'eternità; c'è invece la morte di colui che in tutta la vita si è preparato a morire bene con una vita bella, santa. E quanto più la vita fu perfetta e cioè fu scelta la miglior vita, tanto più si vedrà il volto sereno della morte che vorrà presentarsi. D'altra parte gli Angeli del cielo e Maria vengono ad assistere; coloro che sono stati devoti degli Angeli, li vedranno giungere a prendere la loro anima, e coloro che sono stati devoti di Maria, affideranno l'anima fra le sue braccia.
Del resto, «qualis vita finis ita», oppure il proverbio viene detto diversamente: la morte è simile alla vita, e chi vive bene, muore bene. Non è possibile pensare, e sarebbe un male pensarlo, che quando si è fatta la volontà di Dio, quando si è condotta una vita buona, il Signore ci abbandoni poi in punto di morte. No, non si può pensare. Quindi come si vive così si muore, generalmente. Vi sono delle conversioni anche strepitose in punto di morte, quasi imprevedibili, impreviste almeno. Casi straordinari come la morte del buon ladrone a cui Gesù disse: «Quest'oggi sarai con me in Paradiso» (Lc 23,43). Ma i ladroni erano due e uno solo finì bene, perché ebbe confidenza nella misericordia di Dio. Neppure andò in Purgatorio tanto era grande la sua fede. L'altro invece si ostinò, e come morì?
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Temere quindi per l'incertezza della veniente morte, e tuttavia aver sempre fiducia nella bontà di Dio. La misericordia di Dio si mostrerà specialmente negli ultimi momenti della nostra vita. Se vogliamo ottenere la grazia della buona morte, dobbiamo condurre una vita buona.
Per ottenere facilmente la grazia di una santa morte vi sono anche due ossequi da fare. Primo: assistere volentieri i malati e, se il Signore ci dà occasione, prepararli all' ultimo passo, affinché ricevano bene i sacramenti e poi si abbandonino alla volontà del Signore, accettando i dolori e il distacco dalla vita. L'assistere bene i malati ottiene la grazia di essere anche noi assistiti bene. Anche se dovessimo morire di morte improvvisa il Signore manderebbe i suoi angeli, manderebbe la SS. Vergine, la quale prega per noi adesso e nell'ora della nostra morte.
Un altro ossequio, un'altra pratica per ottenere più facilmente la grazia di ben morire, è quella di suffragare i defunti. Vi sono persone che hanno la devozione alle anime purganti. È tanto bello che in una parrocchia, in un paese, si tenga bene il cimitero. Il cimitero è come una predica continua ai vivi; ecco, si va per una strada, per le piazze, si va a scuola, in chiesa, eccetera; ma se si vede il camposanto si pensa che un giorno si farà la strada che conduce al cimitero, dove il nostro corpo riposerà con gli antenati già passati all'eternità. È una predica; perciò, tenerlo bene. Ma soprattutto suffragare; la devozione alle anime del purgatorio è tanto bella e preziosa.
Che cosa dobbiamo fare per assicurarci una santa morte? Tre cose. In primo luogo, nessun peccato mortale, perché chi lo commette va all'inferno, se non si pente e se non se ne confessa. In secondo luogo, togliere anche i peccati veniali, e quindi evitare il purgatorio. Fare anche le penitenze; non solo la penitenza che il confessore ci dà in confessionale dopo l'accusa dei peccati, ma anche penitenze e mortificazioni volontarie e l'acquisto delle sante indulgenze. Pagare tutti i debiti prima di lasciare questa terra.
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Terzo: acquistare i meriti, cioè andare ricchi all'eternità. Dopo la morte non si può più meritare, perciò utilizziamo bene il tempo sulla terra. Il dannato è impregnato di peccati e non può ottenere il perdono; invece chi è santo gode per i meriti che ha acquistato, ma non può aggiungerne altri. Arricchirci di meriti, utilizzare tutto il tempo e, se siamo prudenti come le vergini di cui parla il Vangelo, donarsi a Dio, donarsi interamente. Allora la nostra preparazione alla morte è buona, santa, e non ci saranno più distacchi da fare, perché ogni distacco è già stato compiuto.
Poi altre due cose: fare adesso quello che vorremmo fosse stato fatto in punto di morte; non tramandiamo al momento della morte ciò che possiamo fare adesso. Fare ora una bella confessione perché c'è tempo. Crediamo che sia così facile fare una buona confessione in punto di morte col male che si ha, con le difficoltà che si incontreranno? Fare adesso quello che vorremmo aver fatto in punto di morte e in più quello che non si potrà fare allora. Si sente dire da qualche morente: «Ah! se tornassi indietro, se rifacessi la mia vita!». La nostra vita non si rifarà; è come una ruota che gira, finché a un certo punto si arresta improvvisamente. Quel che è fatto è fatto. Se abbiamo mancato, chiedere il perdono adesso. Non pensiamo di acquistare le indulgenze in punto di morte, ma cominciamo ad acquistarle adesso, perché non sappiamo se allora avremo la lucidità di mente. Quante persone perdono il controllo dei sensi, l'uso della ragione!
La vita di merito o di demerito quando finisce? Non nel momento in cui l'anima si separa dal corpo, ma quando cessa l'uso di ragione. Se una persona è stata due giorni in agonia, il merito termina al momento in cui perde l'uso della ragione, anche se soffrisse ancora due giorni, due ore. Poi chiedere adesso la grazia di essere liberati dalla morte improvvisa, se piacerà al Signore. Inoltre, chiediamo la grazia di poter fare la confessione con conoscenza, e cioè che ci sia un sacerdote che ci ascolti, che ci aiuti a fare un'accusa completa e ad ottenere da Dio il pentimento, il dolore dei peccati.
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Poi che possiamo ricevere bene il viatico. Anche nelle comunioni che facciamo adesso mettere le intenzioni affinché possiamo ricevere Gesù prima di partire da questo mondo. Molti non hanno questa grazia. Si era amministrato l'olio santo a un infermo che aveva condotto una vita esemplare, e volle riceverlo per tempo, in piena cognizione, e domandò agli amici, ai conoscenti che quel giorno le loro preghiere fossero tutte per ottenere la grazia che lui potesse ricevere bene l'olio santo. E lo ricevette con piena cognizione. Quando l'amministrazione fu conclusa, chiese al Signore la grazia che tutte le persone che conosceva e che amava potessero avere il gran bene di ricevere l'olio santo in piena conoscenza e ricevere la benedizione papale con l'indulgenza plenaria.
D'altra parte, tutti coloro che appartengono alla Famiglia Paolina hanno l'indulgenza in punto di morte, anche se non ricevessero la benedizione papale, mettendo l'intenzione ora; questo vale anche per voi.
Ricordiamo che un pagano diceva che la più bella cosa per un uomo è morir bene; ed era pagano. Che cosa dovremmo dire noi che siamo cristiani? Preparazione alla morte! Vi è quel bel libro di sant'Alfonso intitolato: «Apparecchio alla morte». Che la nostra vita sia tutta indirizzata a un felice passaggio da questa terra al cielo. San Francesco d'Assisi, che si era preparato alla morte, volle infine che gli venisse recitato un salmo che egli amava molto e che molte volte aveva recitato durante la vita. Quando si giunse al versetto: «Me expectant justi, donec retribuas mihi», spirò. Il versetto vuol dire: «I giusti mi staranno al fianco, quando mi avrai largito il tuo soccorso» (Sal 141,8). Così egli rese l'anima a Dio, volò tra quei beati che l'attendevano in cielo.
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