Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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12.
CASTITÀ E OBBEDIENZA

Il secondo voto è quello della castità. Questo voto comporta la conservazione del celibato e che si escluda ogni peccato interno ed esterno contro la bella virtù, la virtù che noi chiamiamo castità. Per l'osservanza di questo voto e l'importanza di questo voto non c'è particolarità da aggiungere, perché gli stessi mezzi che ci sono per mantenerci casti nella vita ordinaria, che già si conduce, sono ancora i mezzi che si adoperano e che si devono usare anche dopo emessi i voti. Quindi non aggiunge propriamente nulla. Però bisogna notare due cose: che chi dopo il voto mancasse contro la bella virtù, commette due peccati, uno contro la virtù e l'altro contro il voto. Secondo: tutte le volte che si osserva questa bella virtù, la castità, si fanno due meriti. Così che la vita di chi vive nella verginità è una vita in cui si raddoppiano i meriti, sia perché si osserva sempre la bella virtù della castità, sia perché si è accompagnati dalla virtù della religione che raddoppia il merito. Quindi ogni volta che si allontana un pericolo, supponiamo che una allontana una lettura che non va bene, esclude di assistere a una pellicola che non va bene, o evita gli sguardi non buoni, o caccia una tentazione interna, una fantasia non buona, tutte le volte che si vince il male, la tentazione, sempre si ha doppio merito, perché si pratica insieme la virtù e il voto. Allora è come se si raddoppiasse il bene nella vita.
«O quam pulchra est casta generatio cum claritate»: Oh, quanto è bella la generazione casta! (Sap 4,1). E allora si segue veramente Maria, la quale attira a sé tante anime.
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Un esercito di anime lungo i secoli ha seguito Maria, la quale si era consacrata totalmente a Dio e ha conservato per privilegio di Dio la verginità, nonostante sia diventata la più eccelsa Madre, la Madre del Figlio di Dio incarnato.
Per questo non vi è una necessità di spiegare maggiormente il voto della castità. Invece fermiamoci a considerare l'obbedienza.
L'obbedienza è la virtù per cui diamo a Dio la nostra libertà, il nostro spirito. È il voto più perfetto. Bisogna, però, che distinguiamo bene quali sono i superiori e a chi si deve obbedire. Superiori sono anzitutto quelli che ci assistono. Superiore è Dio: osservanza dei comandamenti. L'osservanza dei comandamenti è sempre una pratica dell'obbedienza. Chi prega, chi rispetta il nome di Dio, chi santifica la festa, chi asseconda i propri superiori, chi esercita la carità, pratica sempre un'obbedienza. Obbedienza a Dio in primo luogo.
Secondo: viene pure ad essere obbedienza l'osservanza dei voti, perché sono contenuti nel regolamento. Il regolamento degli Istituti Secolari comprende i voti; e allora ecco che praticando il voto si obbedisce nell'osservanza dei consigli evangelici. Si deve infatti osservare, in primo luogo, il regolamento che daremo più spiegato a suo tempo, man mano che si va avanti.
Vi sono altri superiori. Può essere che una sia impiegata ed ha un suo superiore di ufficio, o il direttore dell'azienda, o del laboratorio. Allora non si fa l'obbedienza soltanto perché si è pagate o per timore di osservazioni, ma si considera il Signore in chi dispone, fosse anche una persona poco buona. San Pietro dice: «Subditi estote in omni timore dominis, non tantum bonis et modestis, sed etiam dyscolis»: obbedite ai vostri superiori anche se non sono buoni (1Pt 2,18); perché voi obbedendo acquistate il merito. Si deve obbedire ogni volta che comandano cose lecite; non si deve mai obbedire quando quello che è comandato è illecito, è cattivo. Altri superiori. Se si è iscritti all'Azione Cattolica, assecondare chi la dirige, obbedire anche al parroco, che generalmente è anche l'Assistente, oppure all'altro sacerdote che ricopre tale carica.
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Se si vive in famiglia, in seno ad essa vi è un certo ordine: vi sono, ad esempio, i genitori ai quali si deve obbedire in tutto ciò che appartiene alla vita di famiglia. Non si rinuncia, supponiamo, alla pietà, all'apostolato, perché tutte le opere che hanno per fine la santificazione sono escluse dall'obbedienza ai genitori.
Vi sono poi altre obbedienze. C'è chi ha il direttore spirituale, che può essere lo stesso confessore. Parlando della direzione spirituale, noi dobbiamo fare un lavoro che è il più prezioso. E qual è questo lavoro? È il lavoro interiore, che ha due parti: correggere i difetti ed esercitare le virtù. Quando andiamo a confessarci ci proponiamo di correggere un difetto, supponiamo il difetto dell'invidia e, d'altra parte, mettere nel nostro cuore la bontà, l'amore a tutti, il desiderio del bene di tutti. Il lavoro spirituale è duplice: correzione e conquista. Correggere l'orgoglio e mettere l'umiltà; correggere la tiepidezza, la pigrizia e mettere il fervore; correggere la golosità e mettere lo spirito di mortificazione. Ecco, questo lavoro in generale si fa sotto la direzione di un confessore o di un altro sacerdote esperto. Se esponiamo il programma di lavoro spirituale al confessore o al direttore spirituale, tale lavoro diventa un lavoro compiuto nell'obbedienza e si acquista molto più merito. Se facciamo sotto l'obbedienza l'osservanza di un orario di ufficio, quella è un'obbedienza che ha il suo merito; ma quando si tratta del lavoro spirituale, togliere un difetto per mettere una virtù allora l'obbedienza è molto più elevata, più meritoria, perché è il comando di Gesù: «Siate perfetti come è perfetto il Padre mio» (Mt 8,48). Allora si va sempre avanti nell'obbedienza.
Dobbiamo sempre tener conto di coloro che hanno autorità su di noi. In primo luogo pregare per loro, perché dirigano bene e si santifichino. Secondo: considerarli rappresentanti di Dio in quello che comandano lecitamente; perché se un papà proibisse di partecipare alla Messa a sua figlia, perché non vuole che si assenti da casa, mentre essa può recarsi in chiesa senza tralasciare altri doveri, la figlia può insistere, tanto più se ha raggiunto una certa età.
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L'obbedienza può essere fatta in altro campo: quando il confessore dicesse: ti consiglio di abbracciare questa vita, di seguire questa via, perché tale mi sembra il volere di Dio, allora noi camminiamo sicuri e sappiamo che l'obbedienza è seguita sempre da molte grazie.
Non obbedire mai per timore, ma obbedire per amor di Dio. Guardare in chi dispone le cose, in chi fa l'orario, in chi dà i programmi, l'autorità di Dio, che può essere rappresentata anche da uno cattivo; ma intanto noi attraverso quella persona, ci sottomettiamo al volere di Dio, obbediamo a Lui e guadagniamo dei meriti preziosi per il cielo. Bisogna anche dire che disgraziatamente ci sono tante obbedienze con poco merito, perché non si obbedisce volentieri, perché si critica, perché si condanna «Non giudicate e non sarete giudicati» (Lc 6,37).
È sempre giusto quello che viene disposto? Certe volte può essere anche sbagliato. Uno potrebbe dire: se io fossi al suo posto non disporrei così, farei diversamente. Sì, alle volte si può avere ragione, e può essere che una cosa si possa disporre in due maniere; però mentre si conserva quel giudizio si è tenuti a obbedire, e supposto che si arrivi a dover comandare, allora si farà come si crede più opportuno. Ciò non vale nell'ipotesi che si trattasse di peccato perché, è chiaro, allora siamo obbligati a «obbedire a Dio, piuttosto che agli uomini» (At 5,28). Talvolta vediamo tanti sopprusi e tante persone che abusano dei loro poteri; allora si dovrà distinguere, e se comandano il male ci si potrà ribellare.
È grande il merito dell'obbedienza? Dio benedice quello che si fa per Lui; ascolta le nostre preghiere quando chiediamo di fare la sua volontà; ma quando chiediamo di fare piuttosto la nostra, non ci dà la grazia, perché Egli vuole una cosa e noi ne vogliamo un'altra.
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Dio non dà la grazia a coloro che per seguire il capriccio contraddicono la sua volontà. Il Signore premia quello che è fatto secondo il suo comando, quello che viene o direttamente dai comandamenti, o quello che viene dalle disposizioni degli uomini, siano autorità civili o autorità ecclesiastiche, o preposti a un dato genere di lavori, di iniziative. Un bene contrario all'obbedienza può essere pure buono in sé, ma se non è conforme alla Sua volontà, non sarà premiato. Se assumiamo un operaio e lavora per il vicino anziché per noi, non lo paghiamo, perché non fa quello che gli abbiamo chiesto noi. Dio premia quello che è fatto secondo la sua volontà. Vi sono persone che fanno, vengono, prendono tante direzioni per fare la propria volontà. Perdono tempo.
La volontà di Dio qualche volta è manifestata direttamente attraverso le persone che ci dirigono, altre volte invece si manifesta attraverso gli avvenimenti. Se io, per esempio, ho mal di denti, devo curarmi quanto posso, ma d'altra parte è volontà di Dio che io abbia pazienza e sopporti il male, per amor di Dio, finché il male dura. Ora fa freddo e ora fa caldo: la volontà di Dio si manifesta in quegli avvenimenti e circostanze. Dobbiamo vivere con una persona pesante, difficile, con gente che ci vuole male, con caratteri ribelli ad ogni sentimento di bontà: il Signore manifesta la sua volontà in quei casi, ci vuole pazienti, vuole la nostra opera e la nostra attività in quelle circostanze. In altri casi vuole che consoliamo gli afflitti, perché vi è pur sempre qualche persona addolorata. Il Signore si manifesta attraverso circostanze e avvenimenti talvolta molto duri. Supponiamo che venga la guerra: è permessa da Dio che ha lasciato mano libera a chi non era amante della pace, ma intanto si soffre per la guerra e la pazienza è conforme alla sua volontà. Qualche volta si vorrebbe fare un lavoro e non è quello che piace al Signore, dobbiamo farne un altro.
C'è anche un'obbedienza eroica: l'abbandono in Dio.
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Egli disponga di me come gli piace, sono nelle sue mani: che io viva nella povertà o nell'agiatezza, viva onorato e stimato, o disprezzato e incompreso, viva in sanità o tormentato da mali, viva brevemente o lungamente, io mi abbandono in Dio, sempre, serenamente: quello che piace a Dio piace anche a me. Questo è eroico.
Gesù si mise nelle mani di Maria e di Giuseppe: «Erat subditus illis» (Lc 2,51). Obbedì fino alla morte in croce: «Factus oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis. Propter quod et Deus exaltavit illum»: si fece obbediente fino alla morte anzi fino alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato (Filp 2,8-9). Vedete, lo condannano a morte e accetta. La pazienza di nostro Signore! Avrebbe potuto far morire i suoi persecutori, ma volle dimostrare che se andava a morire, vi andava volontariamente, altrimenti li avrebbe fatti rimanere a terra quando caddero al Getsemani. Quando fu sul Calvario, spogliato dagli abiti, gli ordinarono di stendersi sulla croce, di allungare mani e piedi, e obbedì al carnefice. A volte vi sono persone simili a carnefici. È raro, per grazia di Dio, ma qualche volta si è avverato. L'abbandono in Dio in tali casi è eroico e allora si ha l'obbedienza eroica.
Rientra nell'obbedienza il programma dell'anno: avrò il tale ufficio, compirò il tale apostolato, dovrò aiutare i genitori, dovrò avere cura dei bimbi dell'asilo, eccetera. Sottoponendo tale programma di lavoro si acquista il merito dell'obbedienza. Si dirà allora: che cosa comprende il resoconto mensile? E una lettera in cui si dice che cosa uno può fare, le difficoltà che incontra, oppure si scrive anche soltanto per ricevere una parola buona e una esortazione a far bene. Per questo stamperemo dei moduli. Quando noi sacerdoti giovani eravamo iscritti all'Unione Apostolica, avevamo i foglietti che contenevano le domande e servivano per fare un resoconto delle cose esterne, naturalmente, quelle opere esterne per cui si compie il duplice lavoro di santificazione propria e di apostolato.
Quanto più siamo disposti a sottomettere la volontà, tanto più la nostra vita è meritoria, perché facciamo tutto come piace a Dio.
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E allora il Signore premierà. Può essere che nella giornata si facciano delle opere secondo il volere di Dio e saranno premiate, e che si facciano invece delle opere che non sono il volere di Dio e non saranno mai premiate. Badiamo bene di compiere tutto secondo il divino volere. Si mangia? è volontà di Dio; si va a riposare? è volontà di Dio; si respira? ogni respiro è nell'adempimento del volere di Dio; ogni battito di cuore, anche quando riposi, è un merito che puoi aggiungere ad altri meriti. Fare un patto che tutti i movimenti del sangue in noi, che tutti i palpiti del cuore, siano atti di amore che salgono a Dio.
Vi sarà poi bisogno di permessi straordinari, si chiederanno per acquistare il merito dell'obbedienza. Vi sarà per esempio, una sorella vedova o bisognosa, si potrà chiedere di darle parte dello stipendio, oppure si potrà economizzare in famiglia, con i genitori, per questa sorella che ha tanti bambini ed è nel bisogno.
Anche per questo daremo moduli che servano di guida. Quando dirigevo quell'Unione, ricevevo questi moduli, li leggevo, poi scrivevo una parola di conforto e di incoraggiamento, quindi li distruggevo perché nessuno potesse mai vedere il contenuto di natura confidenziale.
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