Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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49.
IL PROBLEMA DELLA SALVEZZA

Vi è tra i cristiani l'uso di fare la Pasqua ogni anno. Allora si rivede un po' come è trascorso l'anno dall'ultima Pasqua, e come trascorrere l'anno fino alla Pasqua seguente. Ma vedete che è ben poco, è il minimo; per questo la Chiesa dice: «Almeno una volta all'anno». Giustamente vi sono persone che pensano di più al problema della salvezza della propria anima, al problema di acquistare sicuramente il Paradiso e di acquistare un posto distinto in Paradiso. E allora invece che una volta all'anno, si accostano ai Sacramenti una volta al mese.
Per voi occorre il ritiro mensile. Come ho fatto in questo mese? Come ho servito, amato e conosciuto il Signore? È migliorata la mia vita? E come voglio che questa mia vita venga a rendere di più per il Signore, per me, per la vita eterna? Perciò il ritiro mensile con l'esame, con la confessione che potete fare oggi, o domani, o anche un altro giorno. Come vogliamo e siamo impegnati perché il mese prossimo sia migliore che il mese passato? Poi vi sono persone che sono ancora più diligenti: fanno la confessione settimanale.
Il ritiro mensile e la confessione settimanale sono due grandi segni di salvezza. Perché allora l'anima si unisce sempre di più a Dio, l'anima riflette sempre meglio sopra tutto ciò che prepara al Cielo. Ritiro mensile: perché ci è stato dato dal Signore un mese di vita che abbiamo terminato? E perché noi ci proponiamo e ci aspettiamo dal Signore un altro mese di vita? Ecco, questo vuol dire domandarci: «Ad quid venisti?»: tu sulla terra per che cosa sei venuto?
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Il Signore poteva creare innumerevoli altre persone che lo avrebbero servito meglio di noi; eppure nel la sua grande misericordia, ha scelto proprio noi. E noi dobbiamo affrontare il grande problema: mi salverò? Arriverò a quel posto che il Signore mi ha preparato in Paradiso? «Vado parare vobis locum» (Gv 14,2): vado a prepararvi il posto in Paradiso, ha detto Gesù. E se in Paradiso ci sono molte mansioni, molti posti, io tendo ai posti più elevati? Vi sono persone che fanno un programma che è proprio da pigri: purché schivi l'inferno, in quanto al purgatorio... Il Santo Cottolengo lo chiamava il programma dei pigrotti. Arrivare a evitare anche il purgatorio, arrivare al Paradiso e ai posti migliori.
Il Signore ci ha creati, ci ha dato la vita. Voi avete una esuberanza di vita, la gioventù che vi accompagna, la gioventù, la quale sembra che prometta tutta una vita fiorita, una vita bella, e certamente ve la auguro bellissima, ma anche santissima. Certamente. Che cosa sono venuta a fare su questa terra? San Bernardo voleva che sovente ci richiamassimo a questo e ci ponessimo questa domanda: «Per che cosa sono sulla terra?». Ad quid venisti? La vita può essere spesa bene, un po' meno bene, o spesa malamente. Qualche volta si sente dire da persone già un poco adulte: «Eh, bisogna anche pensare a fare un poco di risparmi, poi avremo una vecchiaia tranquilla se ci arriveremo e se il Signore ci darà la grazia di vivere un poco a lungo». Provvedere alla vecchiaia. Un po' di aiuto, e anche un po' di denaro, e poi anche persone che possano assisterci nella vecchiaia, nell'ultima malattia e mandarci i suffragi dopo la morte. Sì, ora occorre provvedere alla vecchiaia.
Ma che cosa c'è dopo la vecchiaia? Dopo la vecchiaia c'è l'eternità. Se uno ragiona così: debbo provvedere alla vecchiaia per i pochi anni che ancora vivrò; quanto più si deve dire: come provvedere all'altra vita, che non è di pochi anni, ma è una vita eterna? Pensate, pesando la parola, non solo cento milioni di anni, né cento milioni di secoli; ma l'eternità!
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Noi potevamo non essere creati e non saremmo nulla; ma ora siamo creati, esistiamo e il tempo ci spinge avanti. Vedete che continuamente portiamo salme al camposanto. Vedete come spesso si annuncia una sepoltura, o la campana annuncia la Messa dei defunti; così spesso si sente dire: è defunto il tale, il tal altro... E allora? Allora dobbiamo pensare al presente, o dobbiamo pensare al futuro? Che cosa volete dopo la morte? Come provvedere all'eternità, e non solo alla vecchiaia?
Per grazia di Dio voi siete state tanto illuminate. Molto illuminate e difatti vi siete messe sulla strada non solo della salvezza, ma anche della santificazione, sulla strada in cui potete accumulare maggiori meriti, acquistare un Paradiso più bello. Ecco, sapere che cosa è la vita, che cosa fare della vita, della salute, degli anni, per quanti ce ne darà il Signore. Vi sono tanti che la sprecano. Passano la vita soltanto materialmente e purché ci sia da mangiare, da vestire, purché ci sia anche qualcosa da divertirsi e godere quel che si può; purché si arrivi a quelle proprietà, a quelle posizioni, a quegli onori... E all'eternità? Pensate a quello che ha detto il Maestro Gesù: «Quid prodest homini si mundum universum lucretur, animae vero suae detrimentum patiatur?»: che ti giova se godessi per tutta la vita e poi perdessi l'anima? (Mt 16,26).
Nella storia c'è un episodio a riguardo di un santo celebre, Tommaso Moro. Il re d'Inghilterra si era voluto staccare da Roma, rinnegando la fede cattolica. E poiché Tommaso Moro, primo ministro, seguiva la coscienza, rifiutò di seguire il re, che lo mise in carcere e carcere duro. E siccome egli era uomo ricco, il re volle far cacciare anche la moglie e i figli da casa, mentre lui era in prigione. La moglie si disperava perché ridotta alla miseria: Che cosa mangerò, chi mi accoglierà nella sua casa, che cosa darò a questi bambini? Presa da queste preoccupazioni, chiese di visitare il marito in carcere con i figli che avevano fame e avevano bisogno di vestiti. «Perché non accondiscendi al re?». «La mia coscienza non me lo permette».
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«Ma perché ti ostini così? Tu potrai vivere ancora tanti anni...». «Ma quanti anni pensi che potrei vivere, se io rinnegassi la fede?». «Penso venti o trent'anni. Sei ancora in giovane età». Rispose Tommaso Moro: «Sciocca mercantessa; per venti o trent'anni di vita onorata e benestante tu vuoi che perda l'eternità, la salvezza dell'anima mia? Sciocca mercantessa, io non venderò mai l'anima mia per un posto, per l'onore e agiatezza insieme, in cambio di una eternità infelice».
Voi che avete questo bel dono della vostra giovinezza, questo bel dono di intelligenza, di cuore, ecco, che cosa farete della vostra vita? In primo luogo, come per tutti, serve questo: Perché viviamo? Che cosa devo fare della mia vita? Conoscere, amare e servire Dio. Conoscere il Signore con le letture buone, le predicazioni; attraverso tutto quello che ci porta a conoscere Dio, come il catechismo semplice, poi con catechismi sempre più elevati, fino alla teologia, per avere maggior fede. E chiediamo tutti i giorni una bella intelligenza: conoscere di più Dio. Avere più anni per conoscerlo di più. Non impiegare l'intelligenza in vanità, in sciocchezzuole, ma nell'amare Iddio. Cioè cercare Iddio, il suo Paradiso in primo luogo, e le altre cose si aggiungeranno: «Quaerite ergo primum regnum Dei et iustitiam eius, et haec omnia adiicientur vobis» (Mt 6,33): cerca Dio, fa' il tuo dovere, tutto ti sarà dato, niente ti verrà a mancare. Cercare Dio, e cioè non porre la nostra felicità nelle soddisfazioni della terra, nella stima, nell'ambizione, nei divertimenti; ma in Dio, per mirare al Paradiso, all'eterna felicità. Questo non è un sentimento, ma è una vita.
Servire Dio vuol dire ancora fare la sua volontà. Conoscere, amare e servire Dio. Servire Dio è l'osservanza dei Comandamenti, e per chi è consacrata al Signore anche l'osservanza dei consigli evangelici; e così l'osservanza dei Comandamenti ciascuno nel proprio stato. E perché conoscere, amare e servire Dio? Per il Paradiso. Dopo aver lodato e servito Dio, goderlo per tutta l'eternità in cielo.
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Ecco il nostro fine, ecco perché Dio ci ha creato: per una prova sulla terra. Se siamo fedeli a Dio, se lo amiamo, se abbiamo fede: è una prova. Poi il Signore ti ha fatto per il Paradiso, il Signore ti ha mandato qui a guadagnare il Paradiso.
Vedete, il Signore ha creato gli Angeli e non li ha premiati subito, ma li ha messi alla prova: l'obbedienza. I più sono stati fedeli e hanno obbedito; Lucifero con i suoi si sono ribellati a Dio, non facendo la sua volontà. E allora la prova era fatta, e chi è stato fedele è andato in Paradiso, con a capo san Michele; Lucifero con i suoi compagni, trascinati nell'errore e nel peccato, sono precipitati nell'inferno. La prova è finita, non si cambia per tutta l'eternità.
Oh, e chi si danna? Il ricco epulone dall'inferno griderà ad Abramo: «Io sono arso vivo in questa fiamma; manda almeno Lazzaro a intingere la punta del suo dito nell'acqua per refrigerarmi la lingua, perché spasimo dal dolore in questa fiamma». Ma gli fu risposto: «Fra noi e voi è stato fissato un grande abisso, di modo che quelli che volessero di qui passare a voi, non possono e neppure quelli che di lì volessero venire fino a noi» (Lc 16,24-26). La prova: la vita è una prova: se siamo fedeli a Dio, Paradiso; ma se non siamo fedeli a Dio, che cosa avviene?
La prova è triplice: credere a Dio, la fede viva negli articoli del Credo, nella Provvidenza di Dio, nel valore dei sacramenti, nella presenza reale di Gesù nel SS. Sacramento. Credere: chi crede si salva - ha detto Gesù - ma chi non crede è già perduto, anzi si condanna da sé. È come dice Gesù: «Iam iudicatus est»: ora è già giudicato (Gv 3,18). Si è giudicato da sé, si è condannato da sé. Quanta gente che non crede! Quanti atei in questo mondo! «Chi crede si salva e chi non crede si danna» (Cfr. Mc 16,16).
La seconda prova, invece, è osservare i Comandamenti: «Si vis ad vitam ingredi, serva mandata»: se vuoi salvarti, osserva i Comandamenti ha detto Gesù (Mt 19, 17).
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Il primo Comandamento è la preghiera, poi l'osservanza dei voti, il rispetto al nome di Dio, l'osservanza della domenica, delle feste, l'obbedienza ai genitori, ai superiori poi la carità: giudicare in bene, pensare bene; poi la castità, poi rispetto alla roba altrui, rispetto alla fama altrui, dire la verità. Osserva i Comandamenti se vuoi entrare in Paradiso! Questa è la seconda prova.
Oltre a questa prova, vi è l'altra prova, quella della preghiera, dell'amor di Dio. Si prega? Nel mondo sembra che adesso si preghi sempre meno, perché cinquant'anni fa, quando veniva la gente in Chiesa, si sentiva che pregava. Sapeva i Comandamenti e gli atti di fede, speranza, carità e contrizione. Adesso tante volte non sanno più l'atto di contrizione, l'atto di dolore! E cosa succede? La giornata come è passata? Almeno in principio della giornata: «Vi offro le azioni della giornata»; e alla sera: «Signore, se qualche male ho compiuto, perdonatemi, e se qualche bene invece ho fatto, accettatelo». Un pensiero a Dio. La nostra vita non è quella dei colombi, non è quella delle tortore, non è una vita materiale come quella di qualsiasi animale che, finito di vivere, è tutto finito. Abbiamo qualche cosa che ci aspetta, ed è il più.
Allora, ecco le prove: fede, osservanza dei Comandamenti e preghiera, perché «chi prega si salva e chi non prega si danna». Questa è la prova che ci chiede il Signore su questa terra. Siamo liberi di perderci eternamente o di salvarci. Liberi di fare poco bene o di farci santi e andar nei più bei posti in Paradiso; e liberi di vivere una vita fredda, tiepida da doversi dire: è un vivacchiare, che non accontenta né noi né il Signore. Ma beato colui che vive in fervore! La vita è soggetta ad una prova: il Paradiso richiede che superiamo questa prova; fede viva, osservanza dei Comandamenti e preghiera che sarà: confessione, comunione, le orazioni del mattino e sera, l'osservanza del giorno festivo; almeno che si faccia il minimo.
Molte di voi diranno come quel giovane: Io sempre ho avuto fede, buona osservanza dei Comandamenti, sì, ho anche sempre pregato un po'... Ma non c'è nient'altro da fare?
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Gesù un giorno ha risposto: «Se vuoi essere perfetto, vieni e seguimi».
Pregare durante questo tempo, direte il Rosario, lo direte tra di voi, o anche in silenzio, ciascuna per conto suo; pregate abbondantemente perché ci sia la luce di Dio, affinché orientiamo sempre la nostra vita, miglioriamo la vita. Pensiamo un poco: se fossimo adesso in punto di morte... Può essere che neppur ci accorgiamo, ci sono tante disgrazie, tanti malati! Quando ero in Parrocchia, sacerdote, curavo quella popolazione: due terzi di quelli che sono passati all'eternità mentre io era là, sono morti improvvisamente e senza chiamare il sacerdote; e l'altro terzo si è preparato più o meno bene. Parlo degli adulti, perché per i bambini è tutta un'altra cosa. Fare in vita quello che non potremo poi fare in morte, e cioè una buona confessione. Poi l'osservanza dei Comandamenti, vivere in grazia di Dio, non commettere il peccato e avere lo spirito buono. Salvare l'anima nostra. Pregava il Profeta: «Salva te ipsum», salva te stesso. Dipende da te.
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