Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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59. DOMENICA III DI AVVENTO

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via A. Severo 56, 15 dicembre 19631

Il Signore volle redimere il mondo per mezzo del suo Figlio che il Padre celeste ha mandato.
Dobbiamo considerare che la redenzione è stata annunziata nel paradiso terrestre dopo il peccato di Adamo ed Eva. Poi le profezie che hanno annunziato il Redentore, il Messia. E poi è stato mandato un angelo, come vien chiamato, e cioè il Precursore, il Battista.
Il Battista, san Giovanni, nacque sei mesi prima di Gesù, passò la sua giovinezza in famiglia e poi, a una certa età, si ritirò nel deserto in grandi penitenze e preghiere. E poi, illuminato da Dio, annunziò il Messia. E quindi accorrevano a lui le popolazioni. Ed era talmente ammirato per la sua virtù, per la sua predicazione, che alcuni credettero che fosse già arrivato il Messia. Ed ecco che, per essere più sicuri, mandarono una legazione di sacerdoti a interrogarlo chi egli fosse, se era lui il Messia.
I Giudei da Gerusalemme mandarono a Giovanni una legazione di sacerdoti e leviti per interrogarlo: «Tu chi sei?». Egli confessò e non negò, anzi affermò: «Non sono io il Cristo», cioè il Messia. Allora gli domandarono: «Chi sei, dunque? Sei Elia?». Ed egli: «Non lo sono».Sei tu il profeta?». Rispose: «No». Allora gli dissero: «Dì, dunque, chiaramente: chi sei, affinché possiamo dare una risposta precisa a coloro che ci hanno mandato, che dici di te stesso?». Rispose: «Io sono la voce di colui che grida nel deserto: Raddrizzate la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Gli inviati, essendo dei farisei, interrogarono con arroganza Giovanni: «Perché battezzi se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Rispose: «Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che non conoscete. Questi è colui che verrà dopo di me, ma che è prima di me, a cui non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali». Questo avvenne in Betania oltre il Giordano dove Giovanni stava a battezzare2.
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Ecco allora ammiriamo il Battista che Gesù chiamò l'angelo1 che precedeva, precedeva cioè la manifestazione di Gesù. E Giovanni predicava la penitenza, ed erano tante le sue mortificazioni, penitenze, che entrarono, alcuni, in persuasione che si trattasse del Messia. Avrebbe anche potuto per un momento farsi credere come un Profeta, un Messia, ma egli disse la verità: «non lo sono; né il Profeta, né il Messia; ma sono la voce di colui che grida: preparate la via al Signore». E cioè, disse chiaramente ciò che non era e disse chiaramente ciò che era, e cioè: «io battezzo con acqua, ma in mezzo di voi sta uno che non conoscete». E allora indicò il Messia.
Gesù non si era ancora manifestato, anzi era in penitenza, stava digiunando. E poi anche lui volle ricevere il battesimo da Giovanni. E allora gli fu rivelato chi era il Messia e quindi fece difficoltà a dare il battesimo a lui, «Dovrei io essere battezzato da te». Ma Gesù Cristo: «Si deve compier tutta la volontà di Dio». E voleva dire: Adesso battezza, tocca a te.
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Oh allora ecco, il Signore voleva che il Messia fosse riconosciuto e fossero quindi adempite tutte le profezie che lo riguardavano. Ma qui ammiriamo l'umiltà, la sincerità di san Giovanni, il Battista. Oh, la sua sincerità fu l'occasione per cui venne incarcerato e poi martirizzato. Ammirare la semplicità, la mortificazione, la sincerità, la fedeltà alla sua vocazione fino a essere martirizzato. Compì la sua missione in umiltà e sincerità, la compì perfettamente perché rimproverava colui che pubblicamente dava scandalo e fu vittima di... e chiamiamo così, i due crudeli, la madre e la figlia.
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Oh, e come dobbiamo rispondere alla nostra vocazione? A tutti il Signore dà una missione, dà il Signore a tutti le grazie per compiere questa missione che ci affida. E allora dobbiamo compierla fiduciosi in Dio e, d'altra parte, umilmente. E certamente che, siccome il Signore ci vuol bene e ci ha data questa vocazione, dà le grazie perché possiamo compierla; le grazie fino all'ultimo, perché la missione, la vocazione sia compìta. E allora poi, il premio eterno.
Veramente noi dobbiamo confidare in Gesù Cristo e prenderci i suoi meriti. Ma compiendo la volontà di Dio e cercando di dare gloria a Dio, ecco, ci si applicano i meriti di Gesù Cristo, perché le opere, per sé, nostre, non varrebbero niente per l'eternità, ma valgono in quanto c'è la grazia del Signore, e cioè, il Signore dà, alle nostre piccole cose che facciamo, unisce la sua grazia. E allora queste piccole cose divengono grandi cose davanti al Signore.
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Ecco, vediamo bene quello che deve essere la nostra vita: essere docili ai voleri di Dio; compiere la nostra missione in semplicità ed umiltà; fidarci sempre di Dio, della sua grazia che non manca mai a coloro che pregano e hanno buona volontà. Anche la buona volontà è dono già di Dio. E poi la misericordia del Signore, la quale misericordia compatisce i nostri falli e aumenta sempre la grazia di Dio, appunto per la sua misericordia.
Perciò allontaniamo ogni pensiero di amor proprio, ogni veduta umana; non ragionamenti che siano mondani, ma vivere nello spirito di Dio, vivere secondo la fede e ragionare secondo i princìpi di fede. E allora che cosa dobbiamo aspettare? Aspettare che Gesù nella comunione ci dia i suoi pensieri, e cioè ci faccia entrar nella testa i princìpi, i pensieri che ci sono nel Vangelo, quelli che Gesù ha espresso. Ma altro è leggerli e altro è accettarli per viverli. Fede a ogni sillaba del Vangelo perché Gesù ha detto: Non cadrà niente, neppure una sillaba del Vangelo, tutto si adempirà1. Ora, ecco: una fede viva in tutto. Come si considera la Congregazione...
San Filippo diceva al mattino: Signore, quest'oggi tenetemi la mano sul capo, se no, ne farò una grossa prima che sia sera. Oh, allora, sperare nella grazia del Signore. E poi, che non abbiamo più dei desideri umani sulla terra, ma abbiamo solamente i desideri del paradiso, il desiderio di amare il Signore, il desiderio di riempir la giornata di meriti e di prender tutte le occasioni. Così si corrisponde alla vocazione, si corrisponde alle grazie che il Signore ci dà giorno per giorno.
Ogni mattina prendiamo il nutrimento che è Gesù Cristo stesso, ed è lui il consolatore, è colui che dà forza, colui che sostiene e aggiunge la sua grazia alle nostre opere affinché siano di valore eterno, per averne poi il premio. Ecco: la fedeltà a qualunque costo alla nostra vocazione.
E morì vittima, martire, san Giovanni Battista. E noi? Certamente che, nel corso della vita, il Signore ci manda tutte le prove, tutte le occasioni perché ci vuole santi, affinché giorno per giorno aumentiam la grazia, i meriti. Perché il Signore è Padre e ci dà tutte le occasioni, sia perché facciamo la penitenza dei peccati, sia perché scancelliamo il purgatorio che abbiam forse meritato, e sia per aumentare la santificazione nostra e glorificare Iddio. Perché poi il paradiso è dar gloria a Dio: in laudem gloriae gratiae2 e in quel glorificar Dio ci sarà la nostra felicità eterna. Anche se adesso capiamo poco, ma abbiamo la fede. Quello è la verità: noi saremo felici glorificando Dio, e saremo tanto felici quanto saremo stati fedeli a quello che il Signore voleva da noi. Poi, poi: paradiso eterno.
Allora i nostri propositi. La fedeltà momento per momento, giorno per giorno prendendo tutte le occasioni per aumentare i meriti e per dar gloria a Dio. Dare gloria a Dio, sia, come dice san Paolo, sia prendendo il cibo o sia prendendo la bevanda o sia qualunque altra cosa che facciamo3, per esempio il riposo, e poi l'apostolato, e poi tutto quello che riempie la giornata: tutto a gloria di Dio, sempre a gloria di Dio. Oh, allora, essendoci questa purezza d'intenzione "gloria di Dio" le nostre piccole cose che facciamo acquistano un valore inestimabile, altissimo. Quale grazia abbiamo di potere dare un valore altissimo a cose minime, come sarebbe lavarsi la faccia. Dare gloria a Dio, sì. Così Gesù diede gloria al Padre, compì la sua volontà. E seguiamolo.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 117/d (= cassetta 150/a). - In PM nessun indizio cronologico (cf PM e nostra nota in c453). - dAS, 15/12/1963 (domenica): «m.s. cappella e Istituto Regina Apostolorum».

2 Gv 1,19-28.

1 Cf Lc 7,27.

1 Cf Mt 5,18.

2 Ef 1,6.

3 Cf 1Cor 10,31.