24. UN INVITO PRESSANTE: CERCARE LA GLORIA DI DIO
Corso straordinario di Esercizi Spirituali (12 maggio - 1 giugno 1963)
alle Superiore e Suore anziane delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Ariccia, Casa Divin Maestro, 28 maggio 19631
Il peccato più grave, del nostro tempo, è l'ateismo: negare Dio e quindi abolire tutto ciò che riguarda il culto di Dio e, in primo luogo, i ministri di Dio e tutte le persone che zelano il culto di Dio e tutte le esteriorità, e cioè, le chiese, la liturgia e ogni segno di religione. Atei, così singolarmente considerati, ce ne sono stati sempre, ma oggi è organizzato l'ateismo. Dio che guarda dal cielo, nazioni intiere che negano lui. E non capiscono che Dio è l'Alfa e l'Omega, cioè, il Principio di tutto, ed è il Fine di tutto: Ego sum Alpha et Omega2. E gli uomini danno un culto a se stessi, come al tempo della rivoluzione francese, culto alla propria ragione. Filosofia falsa. Oggi, alla tecnica, e cioè, alla volontà; non più alla dea ragione, ma alla volontà dell'uomo, il potere dell'uomo.
Ecco, per le Annunziatine e per i Gabrielini, questo è come il colore della loro pietà: riparazione al peccato enorme, organizzato contro Dio, dell'ateismo e di tutto quello che si vuole distruggere che riguarda il culto di Dio; quindi scancellare la liturgia come [qualche] cosa di sorpassato, e scancellare i segni di Dio e tutto il ministero dei sacerdoti, della Chiesa, sì. Non abbiam da dire che i tempi nostri sian peggiori degli altri, certo però, vi son dei peccati che in altri tempi non c'erano. E tuttavia, oggi vi son tante cose buone e vi son tante anime sante che riparano e consolano il cuore di Dio.
Ecco, questo ateismo forma un poco un ambiente come quando vi è una malattia e l'atmosfera porta, allarga come un'influenza. E subiamo anche un poco noi questa atmosfera. E quindi, quell'onore, quel culto di Dio.
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Sant'Alfonso de' Liguori, si è detto di lui: cercava soltanto la gloria di Dio. E sant'Ignazio ha lasciato all'Istituto suo la frase, che è frase riassuntiva della loro spiritualità: Ad maiorem Dei gloriam: alla maggior gloria di Dio.
Questo è l'invito che ora è stato dato alle anime vostre, in questi giorni: cercare la gloria di Dio.
Riassumendo: Dio è l'Essere infinito. Il Padre glorifica il Figlio di una gloria infinita; il Figlio glorifica il Padre di una gloria infinita; lo Spirito Santo unisce e costituisce una Persona di unione, di amore tra il Padre e il Figlio. Il Signore, la Santissima Trinità, poteva vivere senza che noi vivessimo, senza la creazione affatto, beatifica, santissima e con tutti gli attributi che possiam dare di buono, di bello. È in se stesso Dio, ecco. Quindi l'infinito amore tra il Padre e il Figlio, tra il Figlio e il Padre, e lo Spirito Santo che costituisce questo amore, questa Persona tra il Padre e il Figlio. Il Figlio è generato dal Padre e lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio. Egli è gloriosissimo, beatissimo, quindi non aveva bisogno di noi.
Adesso, però, siccome [Dio] è la bontà infinita e la bontà è diffusiva, e cioè, quando veramente c'è bontà si vorrebbe dare del bene a tutti, far del bene a tutti, ecco allora il Signore volle chiamare esseri a lodarlo, esseri i quali raggiungendo la beatitudine, glorificheranno in eterno Dio, raggiungendo la beatitudine. Quindi, come ha organizzato il Signore il mondo, è così. E cioè, che gli esseri che siamo noi, specialmente gli esseri intelligenti, gli angeli e gli uomini, cantiamo la gloria di Dio, della grazia cioè, che Dio ha fatto, ha creato noi. E noi ci uniamo al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo in questa glorificazione eterna. La gloria eterna di Dio è intrinseca, è infinita, completa. Si aggiunge poi la voce degli angeli, la voce dei santi [a] glorificare Iddio. Ma arriviamo alla beatitudine appunto per glorificare Dio. Quindi il fine immediato nostro, il fine per cui siamo [creati], il fine è questo, e cioè, di glorificare Dio. Ma il fine immediato...
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Come si raggiunge questa gloria di Dio?
Vivendo in Cristo, il mistero del Cristo che è tutto lo spirito delle Lettere di san Paolo. Vivendo in Cristo, e cioè: unificando la nostra mente al Cristo: pensieri del Vangelo; unificando il nostro cuore al Cristo, al cuore di Gesù; unificando la nostra volontà alla volontà di Dio, secondo Cristo ha obbedito al Padre. E obbedì.
Allora, più noi entriamo in Cristo, Via, Verità e Vita, allora di più raggiungiamo la santità, quindi la maggior gloria che avremo in paradiso, la maggior beatitudine, e daremo la maggior gloria in eterno in paradiso. Questa è tutta la vita cristiana, è tutta la vita della santificazione, del progresso.
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Ora, vedete, fate un passo in avanti, dopo questi Esercizi Spirituali: mirare alla gloria di Dio. Oh, allora si capisce Gesù Cristo, Via, Verità e Vita1, si capisce quello che è stato detto: Per ipsum, [et] cum ipso, et in ipso, est tibi Deo Patri omnipotenti, et [in unitate] Spiritus sancti, omnis [honor], et gloria2. Ogni gloria, tutto l'onore, tutta la gloria. Poiché Dio ha detto nella Scrittura: «La mia gloria non la darò a nessuno, è mia»3. E quando uno si insuperbisce e che non dà gloria a Dio dei suoi talenti, di quello che fa, Dio lo rigetta, cioè diminuisce i doni, perché tu non sai usarli per Dio, per la sua gloria, ti insuperbisci come se fosse tuo quello che hai d'intelligenza, di salute, di spirito buono, di vocazione, ecc., allora: «Io [non] darò ad altri la gloria mia»4. Se ce ne prendiamo un pezzo, Dio diminuisce i suoi doni perché non li usi; non usi la lingua per lodare lui e allora il Signore non ti dà anche la luce per glorificarlo. E allora la vita è più sterile. Così di tutte le nostre facoltà. Quindi, gloria a Dio.
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Ora, quel «in ipso», cioè far le cose in Cristo, che cosa significa? Significa questo: che noi siamo innestati nel Cristo. Il Cristo è totale quando noi siamo uniti a lui; l'uomo, cioè noi, più Gesù Cristo formiamo una sola cosa, è un principio operante soprannaturale, Gesù Cristo che ci ha presi a lavorare con lui, cioè, egli è il capo e fa lavorare le membra che siamo noi, il cuore, la mano, ecc.
Allora le cose che noi facciamo divengono di Gesù Cristo e nostre, perché Gesù Cristo mette la parte soprannaturale, noi mettiamo la parte naturale e quindi noi siamo i tralci e lui è la vite1. E se in un Istituto vi è chi guida e chi è guidato a fare un'opera, supponiamo a far la chiesa, è dell'Istituto, è di tutti. Poi se noi sapessimo comprendere cosa vale un atto di Gesù Cristo, anche solo un sospiro. Vedete, se noi potessimo anche radunare tutti i meriti, nella nostra mente, che han fatto gli uomini dall'inizio del mondo sino adesso, i sacrifici, gli atti di virtù, gli atti dei santi, di Maria stessa e tutto quello che possono fare gli uomini di bene, i confessori, i martiri, i patriarchi, gli apostoli, tutti i vergini, tutti insieme non valgono un atto di Gesù, e cioè, tutto questo che possiamo immaginare fatto dalle creature, di bene, non vale un gemito del Bambinello nella grotta di Betlemme. Vi è qui una cosa solamente che limiti le possibilità: è che ci entra ancora la parte nostra. Per parte di Gesù Cristo, la sola azione ha un valore che supera tutti gli angeli e tutti i santi insieme, come gloria di Dio.
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Noi abbiamo da camminare con diligenza, con attenzione a quel che pensiamo e diciamo e sentiamo in noi, quel che operiamo; delicatezza, mettiamoci a posto, nel giusto. Vedete un po' la pietà egoistica, alle volte, di anime, solo si pentono dei peccati: eh, "perché ho meritato i castighi, meritato il purgatorio". E non pensano al disgusto che han dato a Dio, a quello che ha impedito la gloria di Dio, e allora il dolore non è mai perfetto. E si vuole vivere in Cristo, sì. Ma noi dobbiamo farci santi per la gloria di Dio. Non è il fine ultimo, è il fine intermedio, questo. Tutto il bene. E anche nell'innestarsi in Cristo è perché si glorifica Iddio, per quel fine.
E tante esortazioni che si fanno, persino quell'assistenza, alle volte, dei malati in punto di morte, che se non si elevano alla gloria di Dio, non passano alla eternità con tutta la santità che dovrebbero portare con sé. Assisterli bene, con atti, quali? Che quelle anime e che noi, per grazia di Dio desideriamo, che allora è come già nella vita nostra: vediamo soltanto il cielo della Santissima Trinità, della sua gloria. Allora l'amore perfetto, allora la vera santità. E quindi, almeno in punto di morte.
Ma siccome anche i santi han progredito e sono arrivati a quel punto, ecco allora il Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto, se è detto bene, e lo spirito della Chiesa è che lo ripetiamo spesso, se noi lo diciamo con pieno cuore, allora c'è l'amore perfetto, e quindi noi compiamo tutto quello che è, e cioè, l'amore perfetto a Dio, la sua gloria. Vanno fino all'amore a Gesù Cristo, ma lui è un mezzo per il Padre, cioè la gloria.
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Oh, quindi, ho detto di leggere tanto il Vangelo perchè si capisca lo spirito di Gesù Cristo, l'Imitazione [di Cristo], le Costituzioni che hanno realizzato il modo di vivere in Cristo in quegli articoli che ci sono, ecco.
Se si vuole poi comprendere anche un po' meglio (non perché non sia perfetto, ma perché non sappiamo capire perfettamente), [leggere] le Lettere di san Paolo.
E tra i libri di pietà, se si volessero aggiungere (non c'è niente da aggiungere, eh? ma per la nostra poca testa, nostra poca capacità) il libro che porta all'amore perfetto, e cioè, unirci al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo nella gloria infinita che si danno, e nell'intenzione di Dio che ha creato tutto per la sua gloria, il libro: Andiamo al Padre1. «E nessuno va al Padre senza passare da me»2. Quindi voi passate da Gesù Cristo con la vostra pietà, col vostro spirito, spirito con cui fate la pietà, lo studio, l'apostolato, la vita. Sì, passare di lì.
Ma se si vuol fare il passo più avanti, il testo di san Paolo è: «Voi siete di Cristo e Cristo è di Dio»3. E cioè, tutte le cose appartengono a Dio: voi siete di Cristo, Cristo è di Dio. Allora, siccome Gesù Cristo è per il Padre e tutto ha fatto per il Padre, per la sua gloria, perché allora si arriva a glorificare la Trinità. E più si sentirà questo nell'intimo del cuore, questo desiderio e quest'unico sentimento, (questa è poi la santità, è la preparazione diretta al cielo), quest'unico desiderio della gloria di Dio, perché tanto si va in paradiso per glorificar Dio e se noi già lo facciamo, sul letto di morte o prima, (che ci vuol molto, anche per i santi c'è voluto molto arrivare lì, più o meno secondo i doveri), allora siamo degni di stare in paradiso.
Oh, questa è una traccia di vita. E se poi si leggerà l'Andiamo al Padre (l'ho fatto procurare alle librerie nostre) perché mette il colmo di tutto il lavoro: creazione, redenzione, santificazione, e il culmine: Ad maiorem Dei gloriam. Omnia ad Dei gloriam4. Tutto, secondo san Paolo. E questo è il mistero del Cristo, è tutto il sugo delle Lettere di san Paolo.
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Veramente volevo dire una cosa, adesso ne ho detto un'altra. E cioè, la vita comune è sorgente di tanti meriti, è l'esercizio continuato della carità in pratica, e cioè: gli orari comuni, il cibo comune, il vestito comune, lo spirito comune; l'unione di pensieri, di volontà, di sentimenti che son comuni e sono il realizzo di quello che è detto: Ut unum sint1: che siano una cosa sola. Il realizzo in quanto c'è nella vita religiosa. Volevo però dire questo in brevissimi pensieri. Rendere più facile, più buona, più lieta la vita religiosa, specialmente nel vostro spirito di Pie Discepole. I mormoratori non hanno la virtù della pietà e bisogna che si lascino da parte.
La pietà bisogna intenderla bene come dono dello Spirito Santo. La pietà è il sentimento di amore vivo a Dio e alle cose di Dio, al culto di Dio, la liturgia specialmente. Ma la pietà si estende all'amore ai fratelli, alle sorelle, alle persone, alle anime. Rendere più facile, più lieta, entusiasta la vita nella Congregazione. Aiuto vicendevole e aiuto a chi guida, con la collaborazione, cooperazione. C'è una cosa da raggiungere? E si orientano lì i pensieri e le forze, se c'è un'opera nuova, qualche passo da fare. L'unione. E non giudicare (e magari non si arriverà a questo, a condannare), ma tutto adoperare invece in favore: e le parole e le attività e i pensieri.
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Oh, l'ostacolo, volevo dire, spesso è il carattere non ben guidato, non ben formato. Il carattere invece che è conformato all'Istituto e alla vita comune, santifica più facilmente e chi lo possiede e influisce verso, riguardo anche gli altri.
Che cos'è il carattere? Il carattere è la risultante abituale delle tendenze di una persona. Ma entrando in comunità bisogna conformare il carattere alla vita religiosa, alla vita comune, alle pratiche, alle persone con cui si convive, allo spirito, alle abitudini, al modo di parlare e, tanto di più, al modo di operare. Vedete, ogni carattere può raggiungere la santità, ma bisogna che sia guidato bene. Quindi, in questi ultimi giorni, pensare anche come si contribuisce a questa gioia, a questo progresso, a questa serenità della vita della Pia Discepola in casa; perché con le altre persone vi incontrate alcune ore o più ore nella giornata, ma con le persone e con le sorelle e con le madri e con le aspiranti, ecc., tutti i momenti, la vita della giornata, la vita quotidiana. Vedere di guidar bene il proprio carattere. Vi sono caratteri che si son fatti santi che possede...
Ogni carattere può raggiunger la santità, però guidandolo. San Paolo aveva il suo carattere tutto di imprenditore, zelo che lo animava e lo faceva operare notte e giorno per le anime. San Giovanni evangelista, tutto amore, mite, intimo. E si completano nel loro spirito. Si è fatto santo san Francesco di Sales che era tanto irascibile da giovane. E invece san Tommaso tutto mite; mite san Tommaso d'Aquino. E così vi sono, sant'Ignazio e santa Teresa del Bambino Gesù. Ogni carattere, dominato, può contribuire; ma bisogna dominare il proprio carattere, sì. E se chi è tutto fuoco come era san Francesco di Sales da principio e dopo è diventato così mite, altrettanto si deve dire...
E quando però ci sono caratteri che non si dominano, disturberebbero la Congregazione, le sorelle, la vita comune, sì. Il carattere, parte viene dalla nascita, parte viene un po' dall'ambiente esterno in cui si è vissuti, e, parte procede dalla nostra volontà. Quando noi, ad esempio, siamo egoisti, oh! il carattere qual è?
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Qual è il carattere ideale? E il carattere equilibrato nei pensieri: intelligenza; e nelle abitudini: la volontà; e nei sentimenti retti secondo la vocazione: sentimentalità. Quindi è dominare tutto l'essere. Quello che nel carattere è già buono, allora si approva, si conserva; e quello che invece non è buono, non è retto, allora moderarlo. Alle volte c'è da spingere perché uno non si muoverebbe mai e, dall'altra parte, c'è da ritenere perché uno è tutto entusiasmo e non si finirebbe di intraprendere cose e, alle volte, si potrebbe cedere.
Per formare bene il carattere, ci vuole rettitudine di coscienza, e formar la coscienza è il primo compito di un formatore, di una che deve formare le aspiranti e deve formare le suore già professe per il cielo, perché le superiore hanno lo scopo di formar per il cielo; quindi, siccome si è sempre novizi per il cielo e tanto più adesso che siete tutte professe perpetue.
Formare la coscienza per il cielo: ciò che è male, male; ciò che è bene, bene; ciò che vuol Dio bisogna farlo, ciò che Dio non vuole, lasciarlo; e come vivere la vita comune, come si è abbracciata, e come progredire sempre di più nell'osservanza della lettera delle disposizioni e nello spirito.
Per formare un buon carattere, quindi, prima di tutto, la coscienza, altrimenti è una mascherata, è un abito che si fa addosso, ma non cambia il cuore. Invece è proprio il cuore: Indue novum hominem1, l'uomo nuovo, Gesù Cristo. Ci vuole la forza di volontà, bontà di cuore e compostezza nei modi. Formarlo, il carattere. Conoscere noi stessi. Formare bene il piano di vita, la direzione morale che non può essere altro che quella di Dio, dell'anno consacrato a Dio, cioè la Bibbia e il Vangelo, poi manifestato negli apostolati. Solo amicizie sante e quindi, in conclusione, la piena vita della Pia Discepola.
Allora, avanti nel Signore. Se anche queste cose dette son troppe, tuttavia si potranno meditare più avanti, quando avrete occasione o di sentirle al nastro, oppure se le avete ritenute. Ecco: timeo Dominum transeuntem, dice sant'Agostino. Io ho paura che le grazie passino e che io non ne approfitti. Timeo Dominum transeuntem. Ma voi: amore, amore, sì, a Gesù. E formulare la vita nostra di santificazione in senso completo. Allora: paradiso. L'animo di Maria possedere, il suo cuore che è il cuore più conformato al cuore di Gesù, a Gesù stesso. E allora: Per ipsum, [etl cum ipso, et in ipso est [tibi] Deo Patri Omnipotenti, in unitate Spiritus Sancti, omnis honor et gloria2.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 64/a (= cassetta 133/a). - Per la datazione, cf PM: «Formare la coscienza è il primo compito di un formatore, di una che deve formare le aspiranti, le suore (...) perché le superiore hanno lo scopo di formare per il cielo» (cf PM in c135 e VV in c85). «...questo l'invito che ora è stato dato alle anime vostre in questi giorni: cercare la gloria di Dio» (cf PM in c220). - dAS (cf c185). - dAC e VV (cf c85).
2 Ap 1,8.
1 Gv 14,6.
2 Missale Romanum, Canon Missae, Per ipsum..
3 Cf Is 42,8.
4 Cf Is 42,8.
1 Cf Gv 15,5.
1 GUERRY E., Andiamo al Padre. Meditazioni. Prima traduzione italiana... III ediz., Milano, Società Editrice «Vita e Pensiero», 1945.
2 Cf Gv 14,6b.
3 Cf 1Cor 3,23.
4 Cf 1Cor 10,31.
1 Gv 17,11.21a.21b.22.
1 Cf Ef 4,24.
2 Missale Romanum, Canon Missae, Per ipsum...