14. LA CARITÀ: AMORE A DIO E ALLE ANIME
Corso straordinario di Esercizi Spirituali (12 maggio - 1 giugno 1963)
alle Superiore e Suore anziane delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Ariccia, Casa Divin Maestro, 17 maggio 19631
Abbiamo considerato la virtù della fede, la virtù della speranza. Rimane che consideriamo la virtù della carità.
A misura che si svilupperanno in noi queste tre virtù, la nostra vita diviene teologale, soprannaturale. L'organismo interiore, bene alimentato, si irrobustirà e questo organismo spirituale dominerà l'organismo corporale, e chi vivrà in noi sarà Gesù Cristo: Vivit vero in me Christus2. Vive lui, lui, la Persona seconda della Santissima Trinità, seconda Persona incarnata, Figlio di Dio incarnato. Allora ci resta una personalità soprannaturale, divina. Il cristiano è un altro Gesù Cristo3. Questa personalità divina assorbe la personalità umana e allora: «Non son più io che vivo, ma è Gesù Cristo che vive in me». Il mistero della grazia.
Il grande trattato della grazia che studiamo in teologia è quanto mai desiderato dalle anime che vogliono vivere in Cristo, in Cristo in quanto che è insieme Via: volontà; e Verità: mentalità; e Vita: sentimentalità4. Tutto questo essere nostro spiritualizzato.
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Subito diciamo che la comunione non è mangiare un pane quotidiano materiale, ma è il pane quotidiano divino. Noi facciamo la comunione: «La mia carne è veramente cibo»1. Molti di quelli che ascoltavano Gesù, quando egli annunziò questo, si scandalizzarono, pensarono che Gesù fosse diventato pazzo: Come possiamo credergli? E se ne andavano, lo abbandonavano. Ma egli confermò e stabilì: «Se non mangiate la mia carne, non berrete il mio sangue, non avrete la vita. Chi invece mangia la mia carne, beve il mio sangue, ha la vita»2.
Ma crediamo noi che questa comunione sia come la colazione? quando si prende il caffè e il latte e il pane, ecc.? È un cibo così? No, è un cibo divino, alimenta veramente il nostro organismo spirituale e cioè, gli effetti sono: mentalità in noi, mentalità di Gesù; volontà in noi, che è la volontà di Gesù; la nostra sentimentalità che è la sentimentalità di Gesù. Allora vive in noi Gesù Cristo in quanto è Verità e Via e Vita3.
Quando si dice tre volte: et sanabitur anima mea4, cioè, la nostra infermità umana viene sanata, la nostra mente inclinata alle distrazioni, ad esempio, a pensieri inutili. Ci nutriamo della mentalità di Gesù Cristo
La nostra volontà che è così fragile, mentre che dovrebbe, la nostra volontà, essere in Dio e quindi fino al punto dell'abbandono dell'anima nostra in Dio, allora la volontà di Gesù Cristo che si sostituisce alla nostra alimenta la nostra e domina la nostra.
E la sentimentalità di Gesù il quale ama il Padre e le anime; il suo cuore, ecco, in noi, che sostituisce, il suo cuore, i desideri troppo umani e quello che noi rifuggiamo da quello che ci dispiace e quindi sanabitur il nostro cuore, cioè la nostra sentimentalità, in maniera tale che noi amiamo ciò che ama Gesù e aborriamo ciò che aborre Gesù, cioè il peccato, le imperfezioni, la indifferenza, la tiepidezza. Entra Gesù in noi. È alimento spirituale della mente e della volontà e del sentimento. Sanabitur anima mea. Mangiando sempre di questo cibo, a poco a poco l'organismo spirituale che è in noi, così nutrito, si fortifica e finisce col dominare l'organismo corporale, la carne. E allora: Vivit vero in me Christus5. La vita.
Qualche anima, voi avete anche qualche cosa da ricordare, qualche anima eletta che appartenne alla Congregazione, che visse veramente Gesù Cristo. Vivit vero in me Christus.
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La perfezione. Quello stolto modo di dire: "Io ho anche la mia personalità", che spesso vuol dire: "eh, voglio io la mia volontà, la mia libertà". Quanto è stolto questo pensiero! Ma perché, ti sei fatta religiosa o religioso se non per vivere in Cristo? Se già si dice dai santi Padri: «Il cristiano è un altro Gesù Cristo»1, e del religioso, della religiosa: un altro Gesù Cristo, che è il religioso del Padre. I misteri della grazia.
Anime che sono spirituali veramente e, dovendo mangiare un pane spirituale, si preparano spiritualmente con la fede, la speranza e la carità. Perché, il cibo è spirituale, bisogna preparare uno stomaco spirituale perché avvenga la digestione di Gesù in noi, la digestione che consiste nel mettere in noi, realizzare in noi veramente il cibo divino: Panem de coelo praestitisti eis2, e cioè, vivere in Cristo. Cristo vive in me. Vivit vero in me Christus3.
Vi sono fra di voi molte anime che hanno questa luce. Se non l'avete ancora, questi giorni di Esercizi sono proprio i giorni di preparazione a vivere veramente Gesù Cristo: conformare la mentalità alla mente di Gesù Cristo che è Verità; conformare la nostra volontà a quella di Gesù Cristo; conformare il nostro cuore al cuore di Gesù. Ma siccome molti non sono distaccati ancora da sé e non aspirano a questa nutrizione, alimentazione, la comunione fa poco effetto; sì, porta sempre un po' di grazia, ma la comunione non produce quello che deve portare in noi, cioè, la trasformazione. Comunioni sante! Amare il Signore, il Padre celeste, come lo amava Gesù, sì. Egli amò il Padre di un amore infinito, era il suo Figlio, il Figlio del Padre, ed egli, come Figlio, Verbo del Padre, amava il Padre di un amore infinito. Dio. «Vi amo con tutto il cuore sopra ogni cosa, Voi, bene infinito, eterna felicità»4. Noi, immedesimarsi a Cristo.
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L'amore. Questo amore ce lo ha predicato Gesù. Quali sono i due precetti o, meglio, quale è il primo precetto? Il primo precetto, che è fondamentale e che riassume tutti gli altri: «Amerai il Signore, Dio tuo, con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutta la volontà, cioè tutte le forze, con tutta l'anima»1. E cioè, immedesimati a Cristo: mente e cuore e forze e volontà, anche il corpo compreso, quindi. E poi quel che soggiunge: «Amerai il prossimo tuo come te stesso»2, secondo la legge antica, dell'Antico, cioè, Testamento.
Vi è qualche cosa lì da comprendere fino al fondo. Poche son le anime che arrivano a questo amore puro, anzi è detto che son pochissime che vivono di questo amore puro, cioè: tutta la mente, tutta la volontà, tutto il sentimento in Cristo. Arrivare a una indifferenza totale delle cose umane e desiderare, volere, cercare solo Dio e aborrire tutto ciò che dispiace a Dio. Con tutta la mente, tutta la volontà, tutto il cuore. Ma dei discorsi che alle volte vengono fuori, uno si accorge subito che la mentalità non è di Cristo. E tante cose che si giudicano e si fanno osservare: e, questo piace, non mi piace, questo non è stato ben disposto, quell'altra cosa doveva farsi differentemente. Ma, non vive Cristo, non c'è la volontà di Gesù Cristo. E quando invece ama solamente Dio e gli affetti sono ordinati lì, a Gesù, e attraverso Gesù al Padre, e così si aborre il peccato, l'imperfezione, la venialità, la vita tiepida, ecc., ecco il cuore, il cuore di Gesù.
Occorre che stiamo proprio nelle virtù teologali: fede, speranza e carità, le quali virtù, quando sono in grado perfetto, costituiscono la religiosa, perché la quarta virtù, dopo le tre virtù teologali, è la virtù della religione. E la virtù della religione è della religiosa, del religioso. Poi vengono le quattro virtù cardinali. E poi seguono le virtù morali.
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Amare Iddio, sì, «con tutta la mente». Vi è già questo abituale pensamento a Dio, non solo a Dio, ma alle cose che piacciono a Dio? Supponiamo che applichi la volontà e che applichi il pensiero a fare quel lavoro che può essere un lavoro della cucina, e può essere un lavoro di pittrice, può essere un lavoro qualunque, quello non conta, né scopa, né pennello; conta ciò che c'è dentro quando si fa: "faccio il volere di Dio". La scopa o il pennello non hanno importanza, ciò che importa è quell'aderire e fare il volere di Dio, ciò che è spirito.
Siccome quegli Ebrei avevano capito male: eh, mangiar la carne, «come può darci la carne a mangiare»1, è un macellaio? potevano pensare. Non capivano nulla dello spirito.
E vi sono religiosi che sono andati avanti avanti in questo spirito, in questa soprannaturalità, e altri che sembrano... che gustino sempre meno Gesù. Non è gustata la comunione, o è poco gustata. Allora c'è tanto più bisogno: sanabitur anima mea2: che l'anima mia sia sanata. Perché la comunione non è solamente quello che desiderava l'emorroissa: «Se arriverò a toccare il lembo del vestito, sarò risanata»3. Ma non si tocca soltanto il vestito, né soltanto riceviamo una carezza da Gesù, ma lo mangiamo, ed è cibo soprannaturale: mangiarlo spiritualmente.
I tre atti della comunione, sia nella preparazione come nel ringraziamento sono quelli, e cioè: e fede e speranza e carità. Se si penetra questo, gli Esercizi son poi fatti, eh! perché ci sarà la trasformazione, e la trasformazione in Cristo è il nono grado di preghiera. Perché ci son 9 gradi di orazione, ma col nome di orazione non s'intende solamente la preghiera che si fa in chiesa, si fa tutto quel che si fa nella giornata che tutto è orazione, cioè è lode a Dio. Chi fa la volontà di Dio, loda Dio, lo riconosce come supremo Padrone e unico Signor nostro Gesù Cristo.
«E con tutto il cuore e con tutte le forze». Tutte le forze. Come l'adoperi la mano? e come adoperi il piede? come adoperi la salute che c'è e i momenti di vita che il Signore ci dà? Vivere in Cristo. Tutta l'anima.
E un cuore conformato al cuore di Gesù. Come amò il Padre? Gloria a Dio, gloria in excelsis Deo4. Come vuole quel cuore? Pax hominibus bonae voluntatis5. L'amore agli uomini.
Due amori nel cuore di Gesù: amore al Padre, amore agli uomini.
Il religioso: amore al Padre, amore alle anime.
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Amore al Padre. E ci sta lì il vostro apostolato eucaristico, servizio sacerdotale. È l'apostolato, sì, in quanto questo dà onore a Dio perché si vive in Gesù Cristo, in quanto questo porta alle anime vantaggio, aiuto spirituale. L'apostolato.
Ed ecco che la vita della Pia Discepola è, nello stesso tempo, vita contemplativa e vita attiva. La vita contemplativa, considerata in sé, è superiore alla vita attiva; ma quando sono associate la vita contemplativa, la preghiera cioè, alla vita attiva, cioè all'apostolato, questo è superiore. Qualche volta la tentazione di qualcheduna o di qualcheduno, può venire questo: "Ma per essere più perfetta, io lascio questo per la vita contemplativa". Cioè, retrocede nella vita spirituale; cioè, mentre che avevi due cose, ne hai una sola, cioè la vita contemplativa.
Oh, e invece la vita contemplativa unita alla vita attiva, ecco, perfezionamento, il perfezionamento. Questa è la vita di maggior santificazione e ci siete. Non guardare dalla finestra cosa succede a destra o a sinistra, guardare il tabernacolo, questo Gesù che vi ha assunte per sé e per le anime in un apostolato eucaristico, liturgico, servizio sacerdotale, perché l'Eucaristia vien prodotta dal sacerdote. Mistero di grazia in voi e nella Congregazione.
Oh, e allora come si considera l'apostolato? L'apostolato è una derivazione. Chi ama il Padre celeste ama i suoi figli. E tutti gli uomini son figli di Dio. Se poi sono ancora battezzati e vivono in grazia, son figli di Dio in Gesù Cristo, come membra del Figlio di Dio incarnato1, quindi una sublimità maggiore, una posizione molto più alta.
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Allora vedete, il dottore della legge aveva considerato soltanto quel che c'era nell'Antico Testamento: «Amerai il prossimo come te stesso»1. Che vuol dire: "come te stesso"? E cioè: se tu mangi, "come te stesso", se il povero non ha da mangiare e tu ne hai d'avanzo, nutrilo come nutri te stesso. E come dice san Giacomo: Non stare a dire a quel povero, soltanto: Sei intirizzito, va a casa, scaldati; e lui non ha soldi per comperare il legno2. Per amare il prossimo "come te stesso", dagli dei soldi che vada a comperarsi il legno per riscaldarsi.
Oh, ma Gesù ha migliorato questa posizione, ha sublimato la carità nel Nuovo Testamento: Diligite alterutrum sicut ego dilexi vos3. Cioè, far dei sacrifici per il prossimo, che vuol dire, amare il prossimo prima che il prossimo ci ami, sì, amarlo nel modo con cui Gesù ci ha amato. Sacrifici, amore costante.
E, se c'è la virtù della religione e c'è lo spirito religioso, allora offrire la vita a Gesù per le anime. Sicut dilexi vos4.
Come ci ha amati Gesù? Morendo sulla croce. Ora, se nella nostra vita c'è questa intenzione: Io intendo di consumare tutte le forze in quello che vorrà Gesù, o sia qua o sia là, o in un ufficio o in un altro; che abbia più salute, meno salute. No: Io offro la vita per il mio prossimo, sì. Non vuol dire con questo: mi offro vittima. Questa parola "vittima" non deve comprendere: "E io mi ammalo e muoia presto". No, no. E conservar la vita e spenderla tutta, la vita, per le anime. E cioè spendi per le anime la lingua: le tue parole siano sante; e le mani: e che le tue opere siano tutte sante, quello che fai, o abbia un ufficio da compiere o ne abbia un altro; se prepari la cucina o se prepari il calice perché il sacerdote deve celebrare, o fai le ostie. È lo spirito che fa, non è l'atto materiale. Allora la vita viene spesa per Dio, "vittima di Dio"; cioè: consumerò tutte le forze che ho: la mente per Dio, la volontà per Dio, il cuore per Dio, l'attività fisica per Dio; e quel che sto a sentire con l'orecchio e quel che vedo con gli occhi, sempre in ordine a Dio. Questo vuol dire offrirci per le anime. Offrirci nello spirito con cui Gesù si è offerto là nel Getsemani e che noi ripetiamo consumando le forze, perché ogni giorno, passati gli anni, le forze vanno un po' diminuendo, ma tutte consumate nello spirito di Gesù Cristo: Sicut ego dilexi vos, facendo anche sacrifici, facendoci servi delle anime. Servire le anime e le anime in generale e le anime, in particolare, quelle anime che son consacrate a Dio.
Oh, la carità, quindi, quanto a Dio. La forza delle parole sta in quel «totum», in quei aggettivi, quattro, cioè un aggettivo ripetuto quattro volte: «tutta» la mente, «tutto» il cuore, «tutte» le forze, «tutta» l'anima, che vuol dire poi, tutto l'essere.
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E, secondo, come dev'essere l'amore al prossimo? L'amore che Gesù ha portato a noi. E se lui ci ha perdonato tante volte, e perdoniamo anche un'offesa ricevuta. Vigiliamo sopra di noi perché la nostra mente, il nostro cuore, la nostra lingua, le nostre azioni siano conformate a carità, ad amore, amore quale Gesù ha portato alle anime, il quale Gesù è il Figlio di Dio incarnato: propter nos homines et propter nostram salutem descendit de coelis1.
La religiosa, per gli uomini e per la salvezza, ebbe vocazione. Allora viver la vita di Gesù: crucifixus, sepultus e, alla fine, resurrexit, ad dexteram Patris2. E Gesù... così entreremo nel gaudio del Signore. Soprannaturalizzarsi. Qualche volta si materializzano, vedono tutto in un senso umano, hanno solo certi gusti, certe preferenze, proprio umane. Fossero almeno rette! Ma alle volte non sono rette perché non sanno neppur mortificar la gola, sanno che quel cibo magari non gli fa bene, ma è gustoso, lo mangiano lo stesso. Meno uomini, sì.
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Allora questo Gesù che viene in noi nella comunione. E quest'oggi, se volete, invocate san Pasquale Baylon. L'oremus della Messa, e che diciamo nel Breviario, (siccome san Pasquale Baylon è protettore di tutte le opere eucaristiche per la sua grande divozione all'Eucaristia) nell'oremus si dice: Come l'anima di questo Beato è stata saziata, nutrita dall'Eucaristia, così che anche noi ricaviamo dall'Eucaristia la stessa alimentazione spirituale, l'alimentazione, il pane celeste, e cioè: alimentazione della mente: la nostra mentalità dominata dalla mentalità di Gesù Cristo, secondo il Vangelo; la nostra volontà dominata dalla volontà di Cristo fino all'abbandono in Dio; e la sentimentalità nostra, quella di Gesù Cristo, spirituale, in quell'amore infinito del Figlio di Dio incarnato, l'amore al Padre, l'amore alle anime, al mondo.
Il Signore ci illumini perché tante volte siamo materiali, materialisti. Oh, ma evangelizzarsi, spiritualizzarsi, verginizzarsi! Tre verbi importanti, fondamentali. Ma siccome molte persone sono attaccate al proprio io, allora non riescono a evangelizzarsi, a spiritualizzarsi, a verginizzarsi. Ci vuole il distacco, perché: qui vult venire post me abneget semetipsum1. Il distacco da noi, dalle nostre idee, dai nostri gusti. Preghiamo insieme perché la comunione valga qualche cosa e cioè ci porti lo spirito di Gesù. Che Gesù finalmente viva in noi e prenda possesso intiero di noi. E lo sposo che vuole totalmente che viva, la sua sposa, di lui.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 58/d (= cassetta 128/a). - Per la datazione, cf PM: «Abbiamo considerato la virtù della fede (cf PM in c99), la virtù della speranza (cf PM in c1O9), rimane che consideriamo la virtù della carità...». «E quest'oggi, se volete, invocate san Pasquale Baylon» [17 maggio 1963]. - dAS, 17/5/1963 (venerdì): «Alle ore 5,30, meditazione ai Discepoli Perpetui. Dopo va ad Ariccia per predicare alle PD». - dAC e VV (cf c85).
2 Gal 2,20.
3 «Alter Christus» si dice del sacerdote e anche della persona consacrata. La frase divenne abituale dopo che s. Pio X la introdusse nella Lettera enciclica E supremi apostolatus del 4 ottobre 1903. - ASS (=Acta Sanctae Sedis), 36, pp. 129-139.
4 Cf Gv 14,6.
1 Cf Gv 6,55.
2 Cf Gv 6,53-54.
3 Gv 14,6.
4 Cf Missale Romanum, «Canon Missae», Domine non sum dignus...
5 Gal 2,20.
1 «Alter Christus» si dice del sacerdote e anche della persona consacrata. La frase divenne abituale dopo che s. Pio X la introdusse nella Lettera enciclica E supremi apostolatus del 4 ottobre 1903. - ASS (=Acta Sanctae Sedis), 36, pp. 129-139.
2 Rituale Romano, tit. 5, cap. 2, n. 6.
3 Gal 2,20.
4 Cf Atto di carità.
1 Cf Lc 10,27.
2 Cf Mt 22,39.
1 Cf Gv 6,52.
2 Cf Missale Romanum, «Canon Missae», Domine non sum dignus...
3 Cf Mt 9,21.
4 Lc 2,14.
5 Lc 2,14.
1 Cf 1Cor 6,15 et passim.
1 Cf Lv 19,18.
2 Cf Gc 2,15-16.
3 Cf Gv 13,34 e 1Gv 4,11.
4 Cf Gv 13,34 e 1Gv 4,11.
1 Simbolo Niceno-costantinopolitano.
2 Simbolo Niceno-costantinopolitano.
1 Mt 16,24.