12. LA FEDE
Corso straordinario di Esercizi Spirituali (12 maggio - 1 giugno 1963) alle Superiore e Suore anziane delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Ariccia, Casa Divin Maestro, 14 maggio 19631
La perfezione o santità, in particolare della religiosa, del religioso, è sempre qui: Vivit vero in me Christus2: Gesù Cristo vive in me.
Gesù Cristo vive in noi, quando siamo in grazia di Dio. Egli costituisce l'organismo soprannaturale in noi e la sua abitazione in noi produce la fede, produce la speranza, produce la carità. E cioè, santifica la mente e santifica la volontà e santifica il cuore.
Gesù Cristo vive in noi dopo la comunione e vive spiritualmente, si quis diligit me, se uno è in grazia, ad eum veniemus3, cioè: Padre, Figlio e Spirito Santo; e quindi, essendo in noi Gesù Cristo vi è pure il Padre e lo Spirito Santo. E allora, ecco, produce la fede, la mente; e produce le opere buone, la volontà di Dio: la speranza; e l'amore a Dio: carità.
Ora è necessario che noi lo lasciamo vivere, questo Gesù, in noi ed operare. La presenza della Santissima Trinità in noi: il Padre e il Figlio che operano per mezzo dello Spirito Santo: luce, in primo luogo. Non è muto Gesù Cristo in noi, non è inoperoso in noi, Gesù. Ma deve trovare docilità; deve trovare, in noi, persone che sentono Gesù Cristo nella giornata, che sentano che sono tabernacoli in cui abitano Gesù e, con Gesù, il Padre e lo Spirito Santo. E Gesù - come si esprime san Francesco di Sales - diviene il nostro cervello, cioè il nostro pensamento, il nostro pensare; e diviene il nostro cuore, se lo lasciamo operare; e diviene le nostre mani e i nostri piedi, cioè per l'attività della volontà. Quanto più si arriva a quello che è perfezione e santità: vivit vero in me Christus4, allora tanto più noi progrediamo e ci prepariamo al cielo.
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Ora, ecco, Gesù in noi, noi in lui. E ancora insistere sopra questo punto della fede, perché qualche sproposito vien detto: "E fede ce n'è tanta, manca la carità". Manca la fede. Eh, se ci fosse la fede viene la carità, perché la carità è il frutto. Ma occorre che noi abbiamo una fede più viva in maniera tale che non pensiamo secondo noi, ma pensiamo come pensa Gesù in noi.
Il Padre celeste ha mandato suo Figlio a istruirci: come vivere, come pensare. Egli lo ha dichiarato, il Padre celeste: Questi è il mio Figlio carissimo, cioè, è il Figlio prescelto; ma egli vi parla: «ascoltatelo»1. Ascoltare Gesù.
Persone che, a un certo momento, vivono di lui, e le sentite parlare sempre in un senso spirituale. Persone che parlano, ragionano come fossero semplici cristiani, e pure son religiosi; e come semplici uomini, e pure son cristiani; e neppure come uomini, e pure son uomini.
Quando si finisce col guardare tutte le cose in Gesù Cristo, eh, vedendole in Gesù Cristo, ecco le vediamo in Dio, tutte le cose: perché succede questo? perché c'è quello? perché questa disgrazia? perché questa consolazione? Vedete, quanto allieta il cuore di Dio quando si sente ragionare secondo la fede. E alle volte, poco a poco si vedono sempre le cose in senso naturale: giudicare gli eventi, quel che è succeduto, quel che han voluto, quel che è successo, quel che è di merito mio.
Ho sentito parlare, discorrere di suore veramente di spirito, ragionamenti tutti ispirati alla fede, come parlava santa Teresa, come ragionava santa Teresa d'Avila, e pure santa Teresina, e pure tutti i santi.
Perdono l'abito, perdono il noviziato, alcune perdono la Professione; sono diventate persone di vita piatta orizzontale, se non è abbassata.
Ma la vita dev'essere, invece, voltata in sù, non piatta, non orizzontale, ma eretta, la vita, verso il cielo, verso Dio.
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Il senso della vita, questo è il punto principale.
Perché son creato? Questo è il punto principale della fede, è da tener presente in tutto, perché noi qui siam di passaggio e tutto dev'esser fatto sub specie aeternitatis: come mi giova quello? questo che faccio, come mi giova? O questo mi danneggia; o questo è una perdita di tempo. E vedere soltanto quello che man mano piace o dispiace sub specie aeternitatis. Perché quando io sia entrato nell'eternità, come mi troverò? Secondo che ho santificato le azioni, i pensieri, i desideri, le parole, l'intimo. L'intimo del cuore come sta? Tutto sub specie aeternitatis, sì. Quasi si perde il senso del tempo e dell'eternità, da certe persone; e altre persone considerano sempre meglio il tempo e il tempo come preparazione all'eternità. Questo momento in cui comincio la giornata: come la ricevo? come la voglio spendere?
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Il senso del tempo.
Cioè, il tempo è prova: Beatus vir qui cum probatus fuerit, accipiet coronam vitae1: colui che ha subìto e superato la prova, riceve la corona del cielo. Sì, l'istante che passa ci frutta per l'eternità, ecco.
Perché il Signore ci ha dato il tempo e ci dà il momento attuale? Persone le quali, o piangono o si rallegrano del passato. Se si tratta di ringraziar Dio, va bene; se si tratta di umiliarsi, va bene; ma devono esser pensieri che servono come esperienza per il futuro. Ma pensare, far propositi così vaghi, desideri incerti... È soltanto il presente che possediamo. Non possediamo né il domani, né il pomeriggio. Noi possediamo solo questo momento e se lo santifichiamo, ecco, e se in questo momento amiamo il Signore con tutto il nostro essere, noi viviamo in Cristo: vivit vero in me Christus2.
Sempre ricordare che per il passato quel che ci salva è la misericordia perché tante nostre azioni sono state tanto imperfette e, forse, tante grazie non corrisposte. È il futuro! Ma niente pensiamo al futuro, perché san Giacomo ci avverte: Non state a far dei progetti, ma sempre dire: Si vixerimus, si Domino placuerit3: se vivrò, se piacerà al Signore.
Perché, che cosa possiamo contare sul futuro?
Il tempo, il tempo è quello che ci serve alla santità.
E l'eternità rifletterà la vita presente. Fortunate le anime le quali sentono ciò che è scritto in quel bel libro: Santificare il momento presente4. E la meditazione che si fa, e la comunione, e il modo di ascoltar la Messa, e le relazioni che vi sono con le sorelle, e come si pensa delle altre persone, dell'ufficio che si ha, degli impegni della giornata, delle cose da evitare, come utilizzare il sacramento della penitenza, utilizzare e far rendere la comunione. Il momento presente.
Aver questa fede: che viviamo per l'eternità e che il momento serve per l'eternità. Vedere il tempo, gli anni sub specie aeternitatis. E ne avremo molto? Io ne avrò poco, tempo; voi ne avrete anche di più. Ma nessuno è sicuro. E allora? E allora quando si aspetta a riempire la vita di meriti e a santificarci? Fugit irreparabile tempus5. Sfugge, passa veloce, il tempo, che non ritorna più. Fugit irreparabile tempus. Dolersi di non aver preso tutte le occasioni per la santificazione; eran lì le grazie: i momenti, nei momenti; poiché noi umanamente non abbiamo altro tesoro che il tempo, perché nel tempo vi è ogni bene.
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Quindi vedere il tempo e la vita in questo senso:
Son creato per conoscerlo, amarlo e servirlo e goderlo in eterno.
Quindi: vita santa adesso, vita gloriosa, felice, in cielo. Quella è la strada.
Ma si dimenticano quelle cose o si pensano un po' nella meditazione, un po' quando si prega e poi nella giornata si va come se noi fossimo o con poca fede o anche, qualche volta, nei ragionamenti, neppur la fede cristiana.
Oh, allora considerare il tempo. Iddio mi ha creato, ed egli mi guida, la sua Provvidenza, e mi dà tutte le occasioni perché mi santifichi: ora governa gli occhi; ora taci quella parola, oppure dilla quella parola; o usare quegli occhi a guardare ciò che si deve guardare; la salute che in questo momento ho, che domani forse non ho; quel che posso fare oggi: se sto bene, le attività; se sono ammalato, la malattia accettata in unione con la passione di Gesù Cristo.
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Vivere di fede. «Iustus ex fide vivit»1. Vive, poiché quando c'è la fede, c'è la speranza e di conseguenza, la carità.
Pensare al merito che possiamo fare ogni giorno. Ma quanto possiamo acquistare oggi se vi è fede? Cioè mirare oggi e avere le intenzioni del Figlio di Dio che si è incarnato e che aveva solo due desideri e che egli vuole avere in me e vuole sentire che io li abbia questi desideri: la gloria del Padre: «Non cerco la mia gloria, ma la gloria di colui che mi ha mandato»2, e la pace degli uomini3, cioè la santità, la salvezza.
Due desideri, due pensieri, due sentimenti: oggi posso aumentare la gloria di Dio, posso portare del bene facendo opere buone, pregando ed esercitando tutto quel complesso di attività che abbiamo, sempre in ordine alla gloria di Dio, in ordine alla santificazione. Pace degli uomini, in primo luogo per noi, poi per gli altri. Il merito di una giornata quanto è grande se noi lo santifichiamo.
Non stancatevi di fare il bene perché il tempo passa e viene la morte, quando nemo potest operari4. Verrà il momento in cui non potremo più far niente, perché cade il sipario, siamo all'eternità, e nell'altra vita. E se noi esaminiamo gli anni che son passati?
E se noi pensiamo alla fiducia che abbiamo ancora di ricevere altro tempo di vita? La fede cosa ci ispira? Come ci illumina? Cosa fare, come consacrare e vivere nel modo più santo questi anni?
E tutti sanno che vi è chi vive nel fervore e vive nell'unione di Gesù Cristo e lascia Gesù Cristo operare in sé.
E invece, alle volte, lo si tiene un po' prigioniero, Gesù, non lo si lascia operare, non lo si ascolta, non lo si lascia parlare. E può essere anche che qualche volta lo si continui a offendere con punzecchiature come con le spine: dispiaceri che si danno a Gesù in questo, in quello, e gli occhi, e la gola e la lingua e i movimenti e l'udito e lo spreco della mente in tante cose, pensieri inutili, quando pure non sono pensieri contro la carità, contro l'umiltà, contro anche le virtù più delicate, contro la povertà, contro l'obbedienza. Oh, come sprechiamo i tesori che ci ha dato Dio e i mezzi che ci ha dato il Signore per la santificazione! Ma vivere di fede! Oh, lasciatemi anche dir questo: (veramente ero in dubbio) ho sentito delle suore con dei ragionamenti così umani. Ma vivit vero in me Christus?5. È ancora in lui perché c'è ancor lo stato di grazia, se pure c'è, ma se c'è, lo si tiene prigioniero e gli si impedisce di illuminare; è come se uno girasse la chiavetta e spegnesse la lampada. Eppure il Padre celeste: «Ascoltate lui»6. Quando è che avremo la mentalità del Padre celeste? Come la capiamo la mentalità del Padre celeste? In Cristo. «Ascoltate lui». Mi è il prescelto, mi è carissimo: «ascoltatelo». Sì, ci manca tanto di fede.
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Oh! [Primo:] la fede sul punto della vita religiosa della Pia Discepola.
Il punto della fede religiosa e particolarmente della Pia Discepola. Quale grazia è essere chiamati! Come si pensa alla vocazione? Quale grazia! E tutto è seguito, sì. Ma gli anni che passano non sono solamente passare da un anno all'altro, ma vedere se un anno frutta rispetto all'altro, se una volta giunti all'uso di ragione noi abbiamo fatto ogni anno un piccolo passo o un passo più grande. E la grazia della vocazione, per essere posti da Dio Padre per amore e con un amore di privilegio verso di noi, la vita di consacrazione a lui, perché tutto l'essere, e mente e cuore e corpo sia suo e tutto a servizio suo, come ci ha voluto. La vita religiosa, che qualche volta si oscura questo punto, nella mente, non si apprezza più quasi. Così: "Eh! ci son tante cose". E ce ne son tantissime cose, anche inconvenienti, tanti, e son prove. Ma se le permette il Signore è sempre in amore per noi e in sapienza.
Considerare molto cos'è la vita religiosa. E poi la vita religiosa della Pia Discepola. Privilegio. Pie Discepole di Gesù Cristo Maestro che è Via, Verità e Vita, cioè, che è Tutto. E se vivi la tua vita di Pia Discepola, ecco, in lui la verità, in lui la santità, in lui la grazia, in lui tutto quello che è e può essere di santificazione per noi.
E quella silenziosità che si deve conservare, perché la Pia Discepola ha da conservare una silenziosità per avere un raccoglimento abituale, pure dicendo quelle cose che son necessarie, anche in letizia, se [è] momento della ricreazione, per sollievo e per riprendere l'attività spirituale o apostolica. Ma viene di nuovo, qui, da dirsi: meditare ogni articolo delle Costituzioni.
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Considerare, in secondo luogo, l'apostolato in senso spirituale e soprannaturale, ecco.
Come esercitar l'apostolato eucaristico? lo si intende? lo si vive in quelle ore di adorazione? E poi l'apostolato del servizio sacerdotale, come si comprende? come si compie? Come, chi guida, lo ispira e ispira la fede nel compiere sia l'apostolato eucaristico, sia l'apostolato del servizio sacerdotale e sia anche del servizio alla Chiesa, cioè, il servizio liturgico? Quali privilegi avete! Stimiamo le grazie che abbiamo?
L'apostolato [eucaristico.] se è considerato solamente come un tempo che impieghiamo per noi nell'adorare. Ma è apostolato, deve servire per tutto il mondo.
Come si deve fare quel servizio sacerdotale? cosa materiale? umiliante? Ma se è l'ufficio della Madonna verso Gesù!
E come è il servizio alla Chiesa, cioè l'apostolato liturgico? Non solamente l'arte, né solamente il guadagno. Quello deve venire perché si deve vivere dell'altare a cui si serve, ecco. Ma c'è dentro, l'anima, al lavoro, quando c'è lo spirito di fede, c'è dentro: perché si fa quello? a quale fine? a che cosa serve? Lo spirito soprannaturale. Se si perde questo spirito, si diviene operaie. No! Ma quando si fa nello spirito, [c'è] l'apostolato vero liturgico, quando è penetrato bene.
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E su questi punti avevo da dire due cose particolarmente: se si ha questo spirito di fede, comprendiamo che male sia il peccato, quanto il peccato offende Dio e quanto il peccato danneggia l'anima, anche la venialità. E poi estenderlo anche, se non è proprio peccato, alla incorrispondenza alla grazia, alle perdite dei meriti, alle negligenze, alla vita tiepida. Se avessimo fede! Sì che scuotiamo. E l'anima e tutte le potenze che sono in noi, a servizio di Gesù. Allora tutto è orientato al Padre celeste.
Oh, poi, altra cosa, oltre che capire la infinita malizia del peccato, capire che cosa significa viver nella Chiesa. «Credo... la [santa] Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati»1. Fede nella confessione e la comunione e la vita eterna. Proprio sentirlo il Credo ma adagio, passando articolo per articolo, 12 articoli. Ma portarli alla vita pratica. Sentire Gesù Cristo in noi. «Il giusto vive di fede»2. E chi non è giusto, di che cosa vive? Di umanità. E la vita può servire, a che cosa? Per i cattivi è accumulare le responsabilità eterne.
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Oh, in conclusione, domandare al Signore la mentalità del Padre celeste, la mentalità della suora Pia Discepola, la mentalità che Gesù sta operando in noi e la pena di non sentirlo abbastanza, di non lasciarlo vivere, cioè, operare. Vivit vero in me Christus1, ecco. [Se] c'è questa vita soprannaturale, questo organismo soprannaturale in noi, allora Gesù vive in noi, vive sopra la nostra natura, e allora, l'uomo nuovo, la persona nuova, quella che è in Cristo.
Tanto abbiamo da domandare al Signore: la mentalità di Gesù, del Padre che si conosce dalla mentalità del Figlio. «Chi vede me - dice Gesù - vede il Padre»2. Se capiamo il Vangelo, capiamo la mentalità del Padre, perché Gesù è proprio venuto per mostrarci la mentalità del Padre: Haec est vita aeterna ut cognoscant te... et quem misisti Iesum Christum3. E questa è la vita di santificazione, la vita eterna. Chiedere la santificazione della mente, chiedere la mentalità di Gesù Cristo che è la mentalità del Padre.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 57/d (= cassetta 127/a). Per la datazione, cf PM: «Insistere sopra questo punto della fede» (cf PM in c1O9. - dAS, 14/5/1963: «Come ieri, meditazione alla Casa "Divin Maestro", Ariccia» (cf dAS in c85). - dAC e VV (cf c85).
2 Gal 2,20.
3 Cf Gv 14,23.
4 Gal 2,20.
1 Mt 17,5.
1 Gc 1,12.
2 Gal 2,20.
3 Cf Gc 4,15.
4 FEIGE P., Santificare il momento presente, EP, Ia ed. 1945.
5 VIRGILIO M., Georgiche III, 284.
1 Rm 1,17.
2 Cf Gv 8,50.
3 Cf Lc 2,14.
4 Gv 9,4.
5 Gal 2,20.
6 Cf Mt 17,5.
1 Simbolo apostolico.
2 Rm 1,17.
1 Gal 2,20.
2 Gv 14,9.
3 Gv 17,3.