Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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46. IL "MESTIERE" DELLA RELIGIOSA: LA SANTIFICAZIONE

Ritiro mensile alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via Portuense 739, 29 settembre 19631

L'invocazione: «Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi» (e stavate ripetendola e la ripetete tante volte alla sera e al mattino) sarà una delle giaculatorie che si possono recitare. Regina sanctorum omnium. Maria è la Regina di tutti i Santi. Perciò ecco, che ci accolga nel numero delle anime di cui lei si prende cura per la nostra santificazione, sì.
Oh, allora, questo è l'impegno che avete, è il mestiere che avete scelto, e cioè, il lavoro di santificazione, primo articolo delle Costituzioni.
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Vi sono nel Vangelo due brevi parabole o, si potrebbero dire, due paragoni, e questi spiegano la vita religiosa e indicano il lavoro della religiosa, del religioso, e cioè: guardar Dio, cercar Dio soltanto, Dio e il suo paradiso.
Ecco, quell'uomo andava in cerca di pietre preziose, di gemme preziose, e, fra tante, ne trovò una bellissima, preziosissima e ne ebbe vivo desiderio. Allora, per acquistarla, mise insieme tutto il denaro che poteva avere, vendette tutto pur di acquistare quella pietra preziosa. E l'acquistò e ne fu ricchissimo1.
Ecco, la pietra preziosa, in questo caso, è Dio. Nel Salterio, nei Salmi, quante volte nominiamo Dio, lo chiamiamo petra: pietra; e il significato è molto chiaro: pietra preziosissima, Dio.
E non avete, quindi, pensato ad altre cose terrene, né nella famiglia, né nel mondo, né in altre occupazioni. Ecco, avete trovato Dio che vi ha invitate. Ebbene bisogna dar tutto, sacrificar tutto pure di conquistar Dio, cioè, Dio, eterna felicità, Dio Sommo Bene, sì. Se si riesce a disfarci di tutto, da tutti i desideri vani, inutili, da tutte le tendenze meno buone, dall'attaccamento alla propria idea, attaccamenti vari, quando si preferisce qualche cosa che, senza essere cattivo, non è anche il migliore. Rinunziare a tutto: o religiosa perfetta o non religiosa. Che cosa sono queste vite le quali sono né di Dio né del mondo. Perché sarebbe lo stato di un'anima di cui si lamenta il Signore: utinam frigidus esses!2: sei tiepido, fossi almeno freddo! Perché, colui che è freddo, magari cattivo, può un giorno risvegliarsi e pensare a come spender la vita. Ma chi è tiepido non è buono né per sé, né per altri; e non è buono né per sé, né per Dio. Utinam frigidus esses! Ma perché sei tiepido incipiam [te] evomere a ore meo3: comincio a rigettarti, e cioè, ci diminuisce le grazie.
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Secondo paragone o parabola. L'uomo trovò un tesoro in un campo, ma il campo non era suo. E allora, avendo desiderio di posseder quel tesoro, che cosa fece? Vendette tutto, mise insieme la somma necessaria e andò dal padrone del campo e lo acquistò. E allora, nel campo mosse la terra, e divenne padrone del grande tesoro che era là nascosto1.
Ecco, il tesoro di infinito prezzo, è Dio, Dio, Dio Sommo Bene, eterna felicità. Questo spiega la vita religiosa. Non mezze misure, no. Preferire quello che costa un po' più di sacrificio, che è maggiore immolazione della nostra volontà; quello che, magari, è meno gustoso; quello che ci porta in ambienti non graditi, ecc. Se sappiamo veramente rinunziare a tutto pure di conquistar Dio, ecco, Dio Sommo Bene, allora è vero che non ti godi il mondo né il tuo io, ma il tuo cuore si concentra tutto in Dio e cerchi unicamente Dio. Oh, allora, ecco, questo ricorda l'impegno della vita religiosa.
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Ma per andare un po' più addentro a questo pensiero, ricordare la parabola del seminatore.
Il seminatore sparse il seme e, una parte del seme cadde sulla strada, una parte cadde fra le spine, una parte cadde in terreno sabbioso, ghiaioso, e tutte queste tre parti non dettero frutto. Ma poi una parte è caduta sopra terreno buono ed ottimo, dice il Vangelo, sì. Cioè, l'invito di Dio, quando il Signore ti fa sentir la sua voce. Ma di questo seme caduto in buon terreno, quale è stato il frutto? Una parte diede il 30 per uno: 30 granelli per un granello; una parte diede 60 per uno: un granello ne diede 60; e una parte produsse il 100 per uno: 100 granelli per un granello1.
La vocazione è per tutte, siete state tutte chiamate. Ora, l'esame: io produco il 30, io produco il 60, io produco il 100? La vocazione è l'ispirazione, la voce di Dio, la Parola di Dio, questo germe, questa semente che il Signore ha immesso nel vostro cuore. Alla fin della vita si raccoglie quello che si è seminato2, si raccoglie quello che si è fatto di giorno in giorno, sì. E certamente vi sono vite veramente sante, vi sono vite meno sante, e vi sono vite ancora buone. Ma che cosa volete scegliere? Che cosa volete raggiungere? Quale mietitura avrete? Ecco, c'è da fare l'esame di coscienza.
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E da che cosa dipende? Dipende da due mezzi, secondo si usano. Non basta istruirsi e non basta pregare. Bisogna che l'istruzione ci sia e si preghi per aver la volontà di fare. Si tratta di far le cose con tutte le forze mettendo tutte le nostre facoltà: per capire bene le cose, per mettersi con generosità, per applicare, quindi, la volontà, le nostre attività, le nostre forze. Sempre pronte, ecco.
Perché si può arrivare, supponiamo, a chiuder la vita, tre persone, a 60 anni. E la mietitura? Unusquisque mercedem accipiet secundum suum laborem1: ciascheduno riceverà la mercede secondo che ha faticato. Siamo noi che ci fabbrichiamo il posto, l'eternità, il posto in cielo, siamo noi.
E alle volte vi sono anche dei princìpi che sono del tutto sbagliati: "O un po' più, un po' meno, purché mi salvi". "Tanto io farmi santo non posso". "Ho sempre gli stessi difetti". Se abbiamo gli stessi difetti prendiamo un'altra via e scavalchiamo, oppure prendendo, raggirando l'ostacolo, in sostanza. Amore a Dio, ad esempio, che fa superare tante cose, che son poi difetti, praticamente. E se invece si prende di fronte non si riesce a superarli.
Oh, dunque, fra queste tre persone che hanno fatto la stessa vita, supponiamo tre persone consacrate a Dio e che han vissuto tanto numero di anni tutte tre: unusquisque mercedem accipiet secundum suum laborem. Sarà la mietitura di 30, di 60, di cen[to]. Quindi, preghiera e volontà.
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Ora, poi, considerando bene il nostro stato attuale, il momento attuale, ecco: il passato è già passato, ciò che è fatto è fatto. Possiamo dire: "Se ho fatto un po' di bene, Signore, accettatelo; se ho fatto del male, perdonate[mi]. Mai futuro. Futuro, sì: fare i propositi. I propositi son sempre un atto di amor di Dio, quando son sinceri, quindi è sempre un merito; anche se, qualche volta, dopo i propositi non si realizzino, ma se c'era la buona volontà... Oh, come ragiona male quella persona che dice: "Tanto dopo non lo faccio, è inutile che m'impegni". Oh, no! Arrendersi così, eh, quel lì è il programma dei prigri, oh!
Intanto abbiamo il momento presente, l'unica cosa che abbiamo, di cui disponiamo; né del passato, né del futuro, che non sappiamo quanto ne avremo. Solo del momento noi abbiamo l'uso e del quale uso possiamo acquistare meriti più grandi. La santificazione del momento, quanto giova! Ma pensando al momento attuale, ad esempio: ora state qui a far la meditazione. Oh, quale merito santificando questo momento presente?
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Il merito dipende, da che cosa? Da due fattori dipende. Perché, dopo la meditazione, una avrà più merito, l'altra avrà meno merito. Dipende da che cosa?
Dall'amore con cui si fan le cose, prima ragione.
E, secondo, dal capitale di grazia precedente già acquistato.

Quanto amore si porta a questa occupazione? Quanto se ne è portato? Sì. Se si è andati a cercar Gesù: l'intenzione retta, più intensa, il desiderio di conoscere la via della santificazione? Sì, c'è grado e grado. Allora l'azione diviene meritoria in proporzione dell'amore con cui si fa. E una può sentir la Messa in un grado di amore o in un altro grado di amore, quando la Messa è penetrata e la si sente, la si vive; due possono attendere alla pulizia, supponiamo, della casa, ma con diverso frutto, con diverso merito, quale gradazione.
Oh, persone che fan le cose così, un po' divagate o son trascurate. E persone, invece, che son delicate, diligenti, attente, e applicano proprio la mente a far bene, a far riuscir bene quella cosa che hanno affidata. E sicuro, che tante volte bisogna faticare, bisogna muoversi, possiamo far rendere la vita il 60 o il 100.
Quindi l'intenzione con cui si fa, che è poi l'amore con cui si opera.
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Seconda ragione: con l'azione buona che fai e la fai bene, allora si moltiplica il capitale precedente di grazia, si moltiplica per mezzo di questa nuova azione, sì. E allora pensare a Maria che già ha cominciato la sua vita tanto santa. Tutte le sue azioni compiute con tanto amor di Dio e nella serenità e nell'umiltà. Che capitale immenso di grazia! E poi, ogni volta che compiva un'azione buona, ecco ancora si moltiplicava il capitale di grazia.
Ecco la santificazione, quindi, del momento presente. E tenendo conto che se noi santifichiamo i momenti che passano e in cui ci troviamo, allora ecco noi arriviamo alla fine: dies pleni invenientur in eis1: giorni pieni nella vita.
Ma anime belle che appena han conosciuto il Signore a 6, 7 anni, come si sono consacrate a Dio, come hanno avuto tanta delicatezza, tanto spirito di preghiera, tanto orrore al peccato, tanto desiderio di amare il Signore. E poi avanti avanti negli anni, persone che si van perfezionando in continuità con, specialmente, con - abbiamo detto - confessione e comunione, e migliorando tutto, l'interno: la mente: occupata in Dio e nelle cose di Dio; la volontà: le opere di Dio, la volontà di Dio; il cuore il cuore rivolto al Signore e non diviso fra cosa e cosa, cioè, una parte [a] Dio e una parte, invece, al nostro io, al nostro amor proprio. Dies pleni invenientur in eis. Questo è un grande problema.
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Questo Ritiro può aver grandi conseguenze per qualche anima: voglio il 100, con umiltà, con fede. E mettendo insieme umiltà e fede, perché ci vogliono sempre le due virtù. L'umiltà da sola può portare allo scoraggiamento; la fede da sola può ispirare orgoglio. Ma l'umiltà del cuore e la fede nel nostro interiore. Ecco, si può dire che l'esercizio di queste due virtù o disposizioni, sono come due piedi: e prima si fa un atto di umiltà, e poi: "È vero che son niente e che sono peccatore, ma ho fede nella misericordia". E allora: un atto di umiltà e un atto di fede. E poi di nuovo un altro passo: e un atto di umiltà e un atto di fede e si procede, si procede. Allora il 100 per uno.
Sono passati alcuni giorni, una settimana; [in] principio di questo mese, [ora] sta per finire, sono passate all'eternità, in una settimana, tre Figlie di San Paolo1. Sono andate al Signore. Crediamo che abbiano raccolto tutte la mietitura abbondante, fino al 60 o il 100. Ma di una si facevano tanti elogi per la sua umiltà e per la sua bontà, carità.
Oh, la vita passa e si conchiude un giorno, la vita presente. Ma non bisogna mai disgiungere i due pensieri: la vita presente, disgiungere questo pensiero dall'altro pensiero dell'eternità: è una vita sola. Solo che qui si guadagna il merito e di là lo si gode. E ognuno lavora per la sua anima.
Oh, che santo amor proprio è questo davvero: mirare alla santità, mirare al 60, mirare al 100 per uno. Questa che è saggezza. Questa è la prudenza della vergine, la quale tiene sempre lo sguardo al futuro, cioè al cielo, al giorno dell'incontro con Gesù.
Maria Virgo prudentissima2. Di tanto in tanto quella invocazione si può ripetere. Virgo prudentissima, Maria. E raccolse il 100 per uno.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 67/d (= cassetta 144/a). - Per la datazione, cf PM: «In principio di questo mese sono passate all'eternità, in una settimana, tre Figlie di San Paolo» (cf n. 412). - dAS e dAC (cf c392).

1 Cf Mt 13,45-46.

2 Ap 3,15.

3 Ap 3,16.

1 Cf Mt 13,44

1 Cf Mt 13,4-23.

2 Cf Gal 6,7.

1 1Cor 3,8.

1 Sal 72,10.

1 SR. CECILIA CAMPAGNA (def. 1/9/1963) - SR. DOMENICA DOLCINI (def. 6/9/1963) - SR. CLAUDIA CRUZ (def. 7/9/1963).

2 Cf Litanie della Beata Vergine.