Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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18. IL DOVERE FONDAMENTALE: IL PROGRESSO SPIRITUALE

Corso straordinario di Esercizi Spirituali (12 maggio - 1 giugno 1963)
alle Superiore e Suore anziane delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Ariccia, Casa Divin Maestro, 22 maggio 19631

Vi sono diversi segni se gli Esercizi Spirituali procedono bene, individualmente e socialmente. Ma individualmente vi sono pure tre segni. Il principale, e cioè il primo (si può dubitare se sia il principale), ma il primo è: sentire la pena di avere offeso Iddio nella nostra vita. Se c'è fede, conoscenza di Dio, e chi è Dio, allora la fede ci porta il dolore dei peccati, delle grazie non corrisposte, dello spreco delle facoltà, cioè della mente e del sentimento, e delle imperfezioni, del tempo perduto e poi del progresso che fosse mancato; poiché, dopo 5 anni, 10 anni, 20 anni dalla professione perpetua, se abbiamo fatto il dovere sostanziale, qui il punto: il dovere sostanziale che è il perfezionamento, cioè il progresso spirituale.
Su questo punto non sempre noi che da tanto tempo abbiam professato... su questo punto abbiam da fermarci, perché vi sono tante cose: e vi sono i comandamenti, vi sono i consigli evangelici, vi sono tutte le istruzioni, le Costituzioni. Ma quello è tutto un complesso di mezzi. Quello che è il dovere sostanziale è il progresso, il perfezionamento.
Se una madre di famiglia ha tante buone cose, anche se frequenta molto la chiesa, ma non compie i doveri suoi di madre, di sposa, quella manca ai doveri di stato.
Ora il dovere di stato fondamentale procede dalla Professione, primo articolo delle Costituzioni. Se manca quello, non c'è né l'apostolato, né ci sono gli altri articoli, per quanto noi magari sappiamo dire cosa fanno gli altri. E se non facciamo bene questo, di progresso... Sono passati 365 giorni quando arriviamo a un nuovo corso di Esercizi, però, c'è stato il progresso? Punti particolari, ma la sostanza è qui: il dovere fondamentale, dovere di stato è il progresso.
Va benissimo il proposito di Vigolungo Maggiorino2: «Progredire un tantino ogni giorno». Ma almeno ogni anno, oppure ogni mese quando si fa il ritiro mensile.
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Oggi e domani la Chiesa ci fa ricordare l'entrata trionfale di Gesù: «Salì al cielo, siede alla destra del Padre». Ecco, salì al cielo. Dopo che è vissuto, come è vissuto, dalla greppia del presepio sino al momento: crocifisso, pendente dalla croce, «morì e fu sepolto»1. E «risuscitò e salì al cielo, dove siede a destra del Padre»2, ecco.
Il Vangelo di oggi è tanto istruttivo e anche l'Epistola, se si è ben letta e si è ben seguito il senso, l'insegnamento. E cioè, il Vangelo conchiude: Et ego ad te venio3, dice Gesù al Padre, adesso vengo a te. Che bella morte è questa! Quella suora: "Vado al Padre; ego venio ad te, o Gesù, che mi hai chiamata, mi hai santificata, ti offro la mia vita terrena et ego ad te venio, ed io vengo a te".
Quindi, siccome sta conchiudendosi la prima parte degli Esercizi: siamo preparati al paradiso? Se finiti gli Esercizi, questo corso, [Dio] ci chiamasse, ci sarebbe tale purificazione e tale spirito di fede? E fiducia, cioè speranza vera, teologica? E quella carità che consiste nel ex toto? Sta lì: tutta la mente, tutto il cuore, tutte le forze, tutte le potenze dell'anima. L'uso degli occhi come è stato? L'uso della lingua come è stato? L'uso del gusto come è stato? L'uso del tatto, delle forze che abbiamo per servir Dio? L'interiorità.
Vi sono persone che si lamentano molto perché non c'è l'esposizione del Santissimo Sacramento. Questo è utile quando si può avere. Ma l'anima che cerca Dio, trova la sua interiorità di comunicazione con Dio, cerca quello, il Gesù nel suo cuore, per conversare con lui. Perché: «Se uno mi ama, io lo amo e il Padre lo ama ed io mi manifesterò a quest'anima»4. Vi sono persone che in questo senso di umiliazione della vita non corrisposta tutta, quindi in profonda umiltà, allora quando c'è questa umiltà, questo complesso di sentirsi indegni, il flevit amare5 di san Pietro: pianse amaramente, allora arrivano i momenti in cui Gesù tocca l'anima e si manifesta. Et ego manifestabo meipsum6: io mi mostro all'anima. Persone che non arrivano mai perché guardano gli altri, curiosità, spreco di tempo (di tempo intendo di pensare alle cose che riguardano noi). La curiosità, in certe persone, impedisce il progresso. In altre persone: attende tibi7: guarda te stessa, c'è il progresso. Allora questa preparazione.
Si era confessato quel medico che aveva fatto qui gli Esercizi Spirituali e alla sera qualche cosa si era detto di preparazione al cielo; al mattino, invece di alzarsi, si sente male; si chiama il sacerdote, riceve i sacramenti e dopo tutto: "Cosa devo ancor fare", domanda. "La Salve Regina". Ecco, allora si rivolge a Maria e: «Mostraci, dopo questo esilio, Gesù». E spirò. E non era una preparazione diretta? Un corso proprio fatto bene: «Mostraci, dopo questo esilio, Gesù».
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Che cosa è il paradiso? Il paradiso è la nostra patria, qui siamo in viaggio. E allora, che cosa ci attende? «Questa è la vita eterna: ut cognoscant te et quem misisti Iesum Christum»1. Quella preghiera che è divisa in tre parti e serve di meditazione profonda. E specialmente quando Gesù parla di sé al Padre e quindi prega il Padre; secondo, prega per gli Apostoli; terzo, prega per quelli che crederanno in lui, in loro, cioè negli Apostoli. E la domanda ripetuta quattro volte al Padre: ut unum sint2. Che si vogliano bene tutti gli uomini, tutti i cristiani. Ma in particolare c'è una professione, e cioè: che vi vogliate bene tra di voi.
Quando Gesù è esposto, oppure anche se il tabernacolo è chiuso, ma la fede: praestet sensum defectui3: la fede supplisce agli occhi, l'anima vede Gesù, cioè, crede Gesù, sì. Allora l'unum sint in quella casa dove abiti, dove stai, dove convivi e nell'Istituto. Ut unum sint. C'è proprio l'intima unione? L'anima dell'Istituto delle Pie Discepole? Sì.
È di fede il paradiso. Il paradiso è corona, [per] chi ha sacrificato, [per] chi si è sacrificato per Dio; è un premio, il paradiso, ed è anche ricompensa: corona iustitiae4, è la mercede grande.
E in che cosa consiste? Nella esaltazione di tutto l'uomo, di tutto il cristiano, di tutto il religioso, e cioè il veder Dio, paradiso; il possesso di Dio, possedere il Sommo Bene, eterna felicità, possesso di Dio. Tu cercavi qualche possesso umano. E il gaudio nello Spirito Santo, cosicché tutta la persona, tutta l'anima e poi, a suo tempo, anche il corpo, il premio totale di tutto, di ogni cosa, di un sospiro e di un bicchiere d'acqua dato al pove[ro]. E quante suore sono nel servizio sacerdotale e ogni giorno danno l'acqua e il cibo.
E poi la gioia, che ha il corpo, della preghiera, cioè lo sforzo che si ha nella preghiera, e l'unione con Gesù nella preghiera poiché ha il pieno soddisfacimento il nostro essere: la mente perché ha cercato di conoscer sempre più Dio, e vede profondo; secondo, il posseder Dio, lo sposo celeste raggiunto, il gaudio incommensurabile, il possesso di Dio, raggiunto il Sommo Bene; anche se l'anima ha solamente rinnegato se stessa anche in un'immagine che non voleva possedere, totalmente distaccata, possesso di Dio, unica ricchezza, Sommo Bene, eterna felicità. E poi il sentimento orientato nel cuore, l'amore: caritas manet in aeternum5, sì, questo amore gaudioso.
E poi il corpo che accompagnerà l'anima e parteciperà con l'anima il premio eterno, sì; perché è giusto che il corpo che ha servito l'anima ed è stato santificato, partecipi ai beni, alla beatitudine dell'anima; e cioè, se si son consumate le forze nell'apostolato e in tutto quello che richiede la giornata; se gli occhi, e l'udito e la lingua e il tatto sono stati santificati con l'uso, e la fantasia e la memoria e l'immaginativa, sensi interiori.
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Oh, la santificazione dell'essere: «ex toto corde, ex tota mente, ex omnibus viribus tuis, ex tota anima tua»1. Il tutto.
Oh, allora, come sarà il nostro essere in cielo? Sì, bisogna che noi ci prepariamo perché tutto il resto cade. Noi abbiamo da usare, quel che abbiamo, in ordine all'eternità. E se lo usiamo in ordine all'eternità, ecco il premio. Avere la malattia o avere la sanità è tutt'uno; ci santifichiamo quando abbiamo le forze, perché sane, e ci santifichiamo... E il Signore permette la malattia, manda la malattia, perché ci santifichiamo; e cioè, noi santifichiamo la salute e santifichiamo la debolezza della salute e santifichiamo anche le malattie. Tutto, per sé, è indifferente; noi dobbiamo essere indifferenti a una cosa, a un'altra e servirci però delle cose che ci sono, per la santificazione. Tutti sono mezzi. Omnia tua sunt2. Tutto è tuo, tutto quel che c'è. E c'è l'Istituto e ci sono le Costituzioni e ci sono gli uffici e ci sono i lavori della giornata e ci sono tutte le attività interiori, dell'intimo: fantasia, memoria, immaginativa, ecc., cioè l'essere. Tutto può servire a Dio, tutto, e diviene mezzo di santificazione qui. La preghiera non basta. Non basta che ci sia l'orazione intima durante l'orazione, bisogna che sia ordinata, la preghiera, a migliorar la vita, progredire. Perché uno potrebbe anche piangere e tutto sentirsi gioioso nella preghiera. Ma tutto quello è un goder Dio, non è il servizio ancora; quella, la preghiera, è mezzo per il servizio, cioè perché l'essere sia tutto di Dio, e tutto, con tutte le forze: mente, cuore, volontà e attività varie fisiche; tutto l'essere ordinato a Dio, sì.
Vi sono delle madri di famiglia che faticano, si occupano intieramente della famiglia, fanno tutto in ordine a Dio e alla salvezza dei loro figliuoli e, forse, poco tempo hanno per andare alla chiesa per ragioni del loro stato, delle obbligazioni che hanno, e veramente, però, amano Dio e totalmente sono ordinate a Dio.
Noi alle volte, quasi ci compiacciamo perché c'è qualche consolazione spirituale, ci sembra di essere superiori ad altri, magari a dei buoni cristiani, ma Dio, Dio vede l'intimo. E il tutto che vale. La rinunzia e la conquista e l'uso di tutto, in ordine a Dio; in ordine a Dio usa e la tavola e il letto e l'ufficio che hai e le pene che incontri e le gioie che puoi sentire come consolazioni nella preghiera, e le aridità. Tutto è mezzo secondo il volere, i disegni di Dio, mezzo per il paradiso. Oh, arrivare, quindi, al cielo: ego ad te venio, Padre santo, ego ad te venio3. Il nostro Padre celeste. «Ora vengo a te».
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Bisogna considerar la vita come preparazione al cielo.
Sono le quattro preparazioni, ma le ricordiamo soltanto perché già sono state meditate o si mediteranno in varie maniere.
[Primo.] C'è la visione di Dio? L'avrai a misura che hai fede adesso, cioè che santifichi la mente, che usi la mente in senso naturale e in senso soprannaturale. In senso naturale, supponiamo, tieni a memoria il catechismo e gli articoli delle Costituzioni. E in senso spirituale, soprannaturale: credo la Santissima Trinità, credo in Gesù Cristo, cioè l'incarnazione, la passione, la morte, la risurrezione, la redenzione; credo l'Eucaristia. Credo. Secondo la fede.
E se noi vediamo sempre tutto in Dio, e cioè: ciò che Dio permette, ciò che Dio vuole, ciò che abbiamo da usare per lui e ciò che abbiamo da rifiutare, da rinnegare in noi, per non perdere Dio. La fede, l'istruzione. Le curiosità sono tanto dannose, anche naturalmente, oltre che soprannaturalmente: attende tibi1. Quindi la santificazione della mente. Vogliono le prediche, ma non le tengono a memoria, e non ne prendono gli appunti e non le applicano. Fede! Fede! Ma vogliono le prediche, le meditano come Maria: conservabat omnia verba haec conferens in corde suo2. E conservava, cioè, ricordava tutte le parole e le meditava nel suo cuore. Dice due volte questo, il Vangelo, parlando di Maria. Santificazione della mente.
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[Secondo,] poi santificazione della volontà.
Cioè, osservanza dei comandamenti, osservanza dei consigli evangelici, osservanza delle disposizioni particolari che sono nelle Costituzioni, e gli indirizzi e le disposizioni che son date e l'accettazione della volontà a nostro riguardo particolare. E può esserci una consolazione e può esserci un'aridità; può essere che si sia ancora nello stato dell'innocenza e può essere che, invece, si sia stati peccatori. E quindi il colore della pietà è secondo il passato.
E il colore della pietà dev'essere secondo la Pia Discepola, secondo lo spirito proprio paolino.
La santificazione della volontà. Nella misura in cui noi compiamo il volere di Dio espresso in tante maniere, c'è là il possesso di Dio, il posseder la ricchezza. Perché abbiam fatto Dio padrone di noi intieramente, di tutto il nostro essere, e allora il premio è: Intra in gaudium [Domini] tui1, cioè: possiedi Dio. Perché? Perché tu hai accettato tutta la mia volontà, sì. Io ero Padrone e tu eri a mio servizio e facevi quel che volevo io. E siccome hai fatto la mia volontà come tuo Padrone - dice il Signore - così ora possiedi Dio, e quindi, il Sommo Bene. Perciò la volontà tutta in Dio: ex tota anima tua2.
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Terzo, la santificazione del cuore, il sentimento.
La liturgia, in modo particolare, e l'orazione in generale. La liturgia ben seguita, sempre meglio compresa, accompagnata; e la preghiera in generale, e l'amore, quindi, a Dio.
Allora questo amore che dura in eterno1, carità, è questo amore gaudioso. Perché qui possiamo avere qualche sprazzo di consolazione, ma la consolazione eterna... secondo che abbiamo sulla terra amato il Signore, così il gaudio, l'amore eterno, pieno, con Dio.
Amate molto la liturgia. E chi la vuol conoscere sempre meglio nel suo spirito più che nella tecnica, e la penetra e la segue, e chi ne scrive e chi ne legge: premio. Poi tutto quel che riguarda la preghiera. Perché la preghiera liturgica è la preghiera della Chiesa. E la preghiera individuale, particolare, sono le orazioni e le meditazioni e son le Visite al Santissimo Sacramento, ecc.
Il cuore che ama, che ama Dio. Vi è ancora qualche cosa che sulla terra si ami o si preferisca? O si preferisce in tutto Dio? il suo piacere? la sua volontà? Sì.
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E poi, quarto, il corpo avrà parte, la parte giusta, al premio dell'anima.
Risorgerete, sì. Sì, si risorgerà. Allora che cosa abbiamo? Il corpo sarà glorificato e nei sensi interni, supponiamo la memoria, la fantasia; e nei sensi esterni, e cioè in tutto il corpo. E chi ha saputo tenere a freno gli occhi e la lingua, e tenere a freno il tatto e l'udito, ecc.; e chi avrà dominato la fantasia per quanto umanamente sia possibile, e la memoria, ecc., quanto si è santificato il corpo, specialmente se è stata conservata pienamente la verginità corporale e formale, spirituale cioè, perché i desideri sono stati tutti, anche l'interno, fantasia e memoria e immaginativa, rivolti a Dio. Verginizzarsi, spiritualizzare anche il corpo; negargli quello che non è giusto che chieda, negarglielo, quello che non è giusto e, invece, sottometterlo a quello che è giusto, e che il corpo, quindi, serva l'anima e allora il premio totale, anima e corpo. E già il Signore ci aspetta in paradiso.
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Potete anche pensare a chi è già passato all'eternità, è gia ammesso alla visione, al gaudio. E invocare tutti coloro che han lavorato per noi nello spirito e nelle cose anche di ordine naturale, e quelle persone che han santificato e aspettano, ci aspettano in paradiso1.
[1.] Visione di Dio, profonda quanto è la nostra fede.
[2.] Possesso gaudioso di Dio, quanto la nostra volontà è posseduta adesso da Dio.
3. Gaudio nel sentimento, amore eterno: caritas manet in aeternum2, a misura che si è amata la liturgia, la preghiera, e i sentimenti son concentrati in Dio.
4. Quanto abbiam santificato il corpo con le pene, con la fatica giornaliera, col tenere il corpo a freno sotto l'anima, perché la carne ha dei desideri contrari allo spirito e lo spirito ha dei voleri contrari al corpo3. E lo spirito ha da dominare il corpo.
Oh, rivolgiamoci, quest'oggi, lassù. Guardare di tanto in tanto il cielo, là è la patria, qui siamo in esilio e aspiriamo: «noi esuli figli di Eva, a te sospiriamo»4, Maria, Maria. Perché chi è divoto di Maria si salva, e chi è molto divoto si fa santo, chi è molto divoto di Maria. L'ascensione, l'assunzione. Ascensione di Gesù e l'assunzione di Maria al cielo. E questo che ci aspetta.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 61/b (= cassetta 130/a). - Per la datazione, cf PM: «Oggi e domani la Chiesa ci fa ricordare l'entrata trionfale di Gesù: salì al cielo...». - dAS, 22/5/1963: «m.s. come ieri: (Ariccia, una predica e dopo ascolta delle suore». - dAC e VV (cf c85).

2 MAGGIORINO VIGOLUNGO, aspirante della PSSP (1904-1918).

1 Credo o Simbolo apostolico.

2 Credo o Simbolo apostolico.

3 Gv 17,11.

4 Cf Gv 14,21.

5 Lc 22,62.

6 Cf Gv 14,21.

7 1Tm 4,16.

1 Gv 17,3.

2 Gv 17,11.21a.21b.22.

3 Liber Usualis, in Festo Corporis Christi, Inno «Pange lingua», in II Vesperis.

4 2Tm 4,8.

5 1Cor 13,8.

1 Lc 10,27.

2 Gv 17,10.

3 Gv 17,11.

1 2Tm 4,8.

2 Lc 2,19.51.

1 Mt 25,21.23.

2 Lc 10,27.

1 Cf 1Cor 13,8.

1 Cf Sal 141,8.

2 Cf 1Cor 13,8.

3 Cf Gal 5,17.

4 Frase tolta dalla preghiera Salve Regina.