55. LE «INESAURIBILI RICCHEZZE DI CRISTO»
Esercizi spirituali (29 novembre - 7 dicembre 1963) a un gruppo
limitato di Pie Discepole del Divin Maestro partecipante Madre
Maria Lucia Ricci, Superiora Generale.
Ariccia, Casa "Divin Maestro", 5 dicembre 19631
Ho celebrato 30 Messe, cioè tutto il mese di novembre, per la santificazione di ognuno e di ognuna che appartengono alla Famiglia Paolina. Questo è il gran lavoro: la santificazione, il lavoro intimo.
Se si chiede: come fare per raggiungere la santità, cioè come arrivare a compier la santificazione?
Generalmente si risponde con tre parole o con tre mezzi, meglio.
Per santificarsi: far la volontà di Dio.
Santificarsi: l'unione con Gesù.
E, più perfetto: trasformazione in Cristo, configurazione a Cristo. Questo è più perfetto. Perché? Perché vi è una sola strada per arrivare a Dio, cioè arrivare alla santità e, quindi, al premio eterno.
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Gesù Cristo ha detto: «Nessuno va al Padre senza passare attraverso a me»1. E cioè, dobbiamo configurarci a Gesù Cristo che è Via, Verità e Vita2. Ecco, questa è la via che è più completa, perché noi vogliamo la configurazione a Gesù Cristo, di mente, di volontà e di cuore. Dire a Gesù, quando si riceve l'Ostia: Gesù, dammi il tuo cervello, dammi il tuo cuore, dammi la tua volontà; non più che io pensi col mio cervello al mio modo, ma che pensi tu in me, i tuoi pensieri. Non con le tendenze e sentimenti vari che possono regnare nel cuore, ma che al posto del nostro cuore, dei sentimenti, delle tendenze, ci sia il cuore di Gesù. E la nostra volontà conformata in Dio, cioè, la nostra volontà conformata a Gesù Cristo, che Gesù Cristo voglia in noi.
Quindi, quando ricevi la comunione, ricevi proprio Gesù, la sua mente, cioè il suo cervello, come si esprimeva san Francesco di Sales; ricevi il suo cuore. E che il tuo cuore non vada più attorno e in cerca di vanità e di sciocchezzuole, ma Dio, Dio! E che la volontà si stabilisca in Gesù Cristo, egli che è la Via. Nessuno va al Padre se non per mezzo di Gesù Cristo. È l'unica via, via unica.
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Però pensavo stasera di dire qualche cosa che, non so se porterà molto frutto, e se sia io in grado di spiegarvelo abbastanza .
Ecco, il Signore Dio aveva creato i progenitori in grazia di Dio, la gratia Dei, perché adesso la nostra grazia è gratia Christi, o se vogliam dire: gratia Dei cristificata.
Adamo ha peccato e ha perso, per sé e per tutta l'umanità, la grazia. Avendo perduto per sé non ha trasmesso agli altri quello che aveva perduto. Allora il grande peccato del capo dell'umanità, del capo, quindi l'influenza su tutti i figli che son venuti dietro al padre comune, cioè Adamo.
Allora, chi poteva pagare un peccato cosi grave, dare una soddisfazione a Dio? Dio poteva anche perdonarci, ma non ha voluto, ha voluto che il peccato venisse soddisfatto pienamente, un debito che si doveva saldare totalmente.
Ma l'umanità non era in grado perché il peccato è un male che ha una certa infinità. E l'uomo come fa? Allora c'è voluto un Dio che si fosse incarnato e allora è diventato possibile coprire il peccato e quindi ritornare noi, figli di Adamo, sulla strada della salvezza. E allora il Padre celeste: sic Deus dilexit mundum ut Filium suum daret1, e cioè, ha mandato il suo Figlio, Dio.
E Gesù Cristo è in due nature: natura divina e natura umana, e unica la Persona, Dio, la persona del Verbo. Allora tutto quello che Gesù Cristo faceva era tutto divino, tutto di infinito valore perché l'uomo opera, ma c'è il Figlio di Dio che dà il valore all'opera. E se anche il Figlio di Dio incarnato avesse solamente fatto un sospiro o una lode al Padre celeste, avrebbe acquistato tale merito che bastava a soddisfare per milioni di mondi; un piccolo atto di Gesù, infinito. Ma invece il Padre celeste, per dei suoi disegni, ha voluto che non si trattasse solamente di un gemito del bambinetto Gesù o un sospiro del suo cuore, no, ha voluto il sacrificio della croce.
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Ora, vediamo: in Gesù Cristo ci sono due specie di meriti: il primo è la sua santificazione: «cresceva in sapienza, età e grazia»1, che è santificazione. Ma lui era anche capo, ed era fatto capo dell'umanità per salvare l'umanità e quindi aveva sempre un doppio merito, cioè, il merito della sua santificazione per lui stesso, e il merito per noi, quindi una grazia per noi che vale a salvare quanti mondi ce ne possono stare. Ecco, quello che portava alla sua santità, ecco, suo. Invece quello che riguarda noi, si chiama grazia capitale, grazia del capo dell'umanità, Gesù Cristo. Grazia capitale.
Ora, in questa grazia capitale ci sono due cose: la soddisfazione che egli ha dato, col suo sangue, al Padre celeste, soddisfazione per il peccato, per il peccato commesso da Adamo e dai suoi figli; sì, soddisfazione. Nello stesso tempo ha guadagnato meriti che sono infiniti per noi. Quindi, grazia per la sua santificazione, e, per noi, soddisfazione e meriti. Soddisfazione.
Quindi, quando l'anima è in peccato non deve mai scoraggiarsi perché Gesù Cristo ha soddisfatto. Tu soddisfa le condizioni per il perdono, cioè pentirti e confessarti. La soddisfazione, per quanto grande siano i peccati degli uomini e per quanti uomini vivano e che si confessino e chiedano perdono, è inesauribile. Se vivessero anche tante migliaia di miliardi di uomini, non toglie niente, non diminuisce niente della sua soddisfazione a riguardo a un'anima, a un'altra. È inesauribile.
Nello stesso tempo (questo riguardava il passato, il peccato), nello stesso tempo, l' arricchimento di meriti. Ora, quei meriti che Gesù ha fatti sono di infinito valore, perciò possono essere acquistati da noi e lui non ne perde; e per quanti uomini credano in Gesù Cristo, non è che venga a esaurirsi la quantità di meriti di Gesù Cristo, egli li dà a noi, ma non si esaurisce mai. Perciò noi siamo sicuri che in Gesù Cristo vi sono ricchezze inestimabili, di infinto valore.
Quindi ogni anima abbia fiducia. Se ha peccati, domandi il perdono. La soddisfazione è piena. Se vuole arricchirsi di meriti: Gesù, dammi i tuoi meriti, i tuoi meriti dal primo vagito là, nella grotta di Betlemme sulla paglia, fino all'ultimo respiro sulla croce. Meriti.
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Ma qui che occorre la fede, questo punto, perché fino lì tanto quanto si ragiona.
Ma questi meriti sono nostri, li ha fatti per noi. E se noi non ne approfittiamo, ecco non vengono applicati, dispiace a Gesù. Come Gesù ha istituito l'Eucarestia: «Prendete e mangiate»1, e se non vengono alla comunione? E una pena per Gesù. Quindi stiamo su questo punto di fede e cioè: i meriti di Gesù Cristo sono i nostri. Vi sono anime che son disorientate, pensano ai loro meriti. Son di Gesù Cristo: sine me nihil potestis facere2. Affatto. Di fede.
Noi non possiam far niente di soprannaturale, ci vuole proprio che si aggiungano i meriti di Gesù Cristo; cioè: su quella opera buona che si fa, o di preghiera, o di carità, o di apostolato, buona per sé, ma l'unione dei meriti di Gesù Cristo, che aggiunge lui. Ma questa ricchezza che abbiamo, i meriti di Gesù Cristo, sono fatti per noi. E come se il padre dà ai figli tanti soldi e lascia, morendo, tanti soldi, i figli li adoperano. E se li sprecassero, eh, certamente il padre dall'eternità resta disgustato: Come sono i miei figli!
Perciò avere questa fiducia: le mie ricchezze sono i meriti di Gesù Cristo. Quindi sempre credere: i meriti nostri sono i meriti di Gesù Cristo e i meriti di Gesù Cristo son nostri. E noi abbiam diritto di chiedere che ce li applichi, abbiamo diritto perché li ha fatti per noi. E allora quelli non verrebbero utilizzati.
Quelli che ha fatto per sé, è la glorificazione che ha fatto di lui il Padre celeste il quale lo fa sedere alla destra sua in cielo.
Ma per noi, sono nostri, e il Signore vuole che li prendiamo. E se noi abbiamo questa piena sicurezza: Io sono una povera creatura miserabile, sono carico di responsabilità e ho tanta debolezza, ma c'è tutto in Cristo; si può con questa fede salire alla massima altezza di santità, all'altezza della perfezione, nonostante ci siano state le nostre cosacce. Fede! Fede! "Mi faccio dei meriti". Te li fai? Niente affatto. Tu prendi quelli di Gesù. Perché, o il merito nostro (se tu porti a tavola a quella suora la minestra) è una cosa buona, ma perché sia di un merito per il paradiso, bisogna che si aggiunga il merito di Gesù Cristo, che l'unisca. Noi non facciamo niente: sine me nihil potestis facere. È di fede. Senza Gesù Cristo niente si fa, niente si arriva.
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Ora, invece, quando noi prendiamo i suoi meriti, allora glorifichiamo il Padre celeste e porta gioia al Padre celeste perché lui ha mandato il Figlio per quello, che è l'unico riparatore della colpa ed è l'unico che ha acquistato le ricchezze per tutte le anime, le «inesauribili ricchezze» - come le chiama san Paolo - specialmente nella lettera agli Efesini1. Quanta gioia diamo al Padre, quanta consolazione a Gesù che vede che il suo sangue non è sprecato, ma è utilizzato.
Ecco, forse non sempre si capisce, ma basta che ci sia questa osservazione o questa parola. Un'anima si lamentava con Gesù della sua debolezza e della sua miseria. Gesù le rispose: "Quando ci sono io non sei mai povera, ecco, perché ci sono io, non sei mai povera". Perciò non c'è mai ragione di scoraggiarsi: "La mia vita finora è stata tiepida, non è stata buona, quante, forse, sono le imperfezioni e quanta responsabilità ho". Si mette Gesù. Umiliarsi e fidarsi di lui e confidare in lui. Ecco la ricchezza. Perciò mai lo sconforto, non ha mai ragione; anche se una avesse fatto la vita più disperata e se l'anima fosse nera come un carbone, in Gesù Cristo tutto è a posto.
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Riconoscere, questa è umiltà, che siamo deboli e poveri. E fede che egli è ricco e ha fatto questi meriti perché li abbiamo noi, per darci la soddisfazione, darci questo: che noi in lui abbiamo la soddisfazione dei peccati commessi. Soddisfacciamo alla divina giustizia ex toto rigore, dicono i teologi, e cioè, tu devi cento e paghi cento. Ex toto rigore iustitiae. E se invece il debito è di 50, paghi; ecco, Gesù Cristo applica la sua soddisfazione quanta è necessaria per coprire le nostre debolezze, mancanze.
Ma quanto poi ai meriti, ma quale ricchezza se noi avessimo questa fede, questa fede viva nei meriti di Gesù Cristo, nella sua bontà, e come egli, quasi ci prega di accettarli, come quando: «Prendete e mangiate»1 invita a prendere la comunione. Perciò ogni giorno ravvivare questa fede in Gesù Cristo.
Diciamo Gesù Cristo, Via: fare la sua strada, la strada che ha fatta lui; far la volontà di Dio, lui è la Verità: credere profondamente; e terzo, egli è Vita, questa vita soprannaturale, questa grazia che riempie l'anima.
Il bambino è nato senza la grazia, ma nel battesimo riceve la grazia. E che cos'è che nel bambino entra una nuova vita, la vita soprannaturale? È Gesù Cristo, la sua grazia, sono i suoi meriti. E difatti, anche se il bambino morisse dopo che ha già ricevuto il battesimo e non ha ancora raggiunto l'uso di ragione, quindi non ha potuto peccare: le ricchezze eterne, le inesauribili divitias, dice san Paolo2. Oh, se noi comprendiamo questo, saremo veramente su una strada di arricchimento continuo e, nello stesso tempo, porterebbe una grande letizia, e come veniamo poco a poco trasformati! Ecco, allora, procedere sempre con le due disposizioni: umiltà; secondo, fede, fede in Gesù Cristo.
Questi meriti ci vengono applicati quando noi facciamo del bene, perché si fa l'opera, e Gesù Cristo interviene, ed ecco la eleva a merito di vita eterna applicando i suoi meriti.
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L'ascetica e la mistica potrebbe riassumersi in tutto, fino anche la teologia: Per ipsum, et cum ipso, et in ipso, est tibi Deo Patri omnipotenti, in unitate Spiritus Sancti, omnis honor, et gloria1. Adesso ho detto della soddisfazione e meriti. Quello che poi mette sul piano più alto della santificazione, poi: omnis honor et gloria2 al Padre e allo Spirito Santo, in Gesù Cristo.
Quando poi, oltre a pensare all'unione con Gesù Cristo, perché lì è sempre un interesse un po' nostro, eh! di arrivare a santità; ma quando siamo presi dal desiderio di dar gloria al Padre, che c'è l'amore più alto: «Vi amo con tutto il cuore sopra ogni cosa perché siete bene infinito», fino lì, noi ci troviamo in una posizione di santificazione eccezionale. Anche molti Santi, anche tutti i Santi sono arrivati a quel piano così elevato, il più alto, dopo che hanno, però, consumato un po' tutta la lotta e la vittoria. Perché? (perché,questo è poi un po' più complicato). Quando si osserva bene la povertà e la castità e l'obbedienza, in che posizione e in quale piano si viene a stare, ad abitare, a vivere: omnia in gloriam Dei facite3, quando si cerca la gloria di Dio.
Qualche anima potrebbe anche scandalizzarsi: cerco la gloria di Dio, non penso a me. [A] questo sono arrivati i Santi. Ma molte volte nell'ascetica abbiamo, e nel lavoro di santificazione, cerchiamo più noi che la gloria di Dio. Ma ad ogni modo cominciamo a unirci a Gesù Cristo e vivere in lui, e allora poco a poco ci distaccheremo da tante cosucce. E allora l'anima come un'aquila fissa lo sguardo verso il cielo, ecco, e si lancia al volo verso Dio. Allora non si fa più purgatorio, eh! perché si cerca Dio solo.
Oh, preghiam tutti insieme specialmente in questi giorni che avete molta più luce e grazia.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 69/c (= cassetta 148/a). - Per la datazione, cf PM: «Ho celebrato 30 Messe cioè tutto il mese di novemhre per la santificazione...della Famiglia Paolina» (cf PM in c428 e c436). - dAS, 5/12/1963: «Andato [il PM] ad Ariccia per Esercizi PD». - dAC (cf c467).
1 Cf Gv 14,6b.
2 Gv 14,6.
1 Gv 3,16.
1 Cf Lc 2,52.
1 Mt 26,26.
2 Gv 15,5c.
1 Cf Ef 3,8.
1 Mt 26,26.
2 Ef 3,8.
1 Missale Romanum, Canon Missae, Per ipsum...
2 Missale Romanum, Canon Missae, Per ipsum...
3 1Cor 10,31.