Roma, 13-14 e 18-19 marzo 1957
I
LO SCORAGGIAMENTO1
Meditiamo stasera sopra lo scoraggiamento, per prevenire, fortificarsi. Lo scoraggiamento può essere una prova di Dio; può essere colpevole, perché non si è prevenuto abbastanza, e può essere non colpevole, ma neppure una prova.
[1.] Può venire lo scoraggiamento come una prova di Dio. Intendiamoci, non perché Iddio abbandoni l’anima, no, e neppure perché Iddio voglia o permetta per l’anima un pericolo che sia superiore alle forze. Piuttosto, la vita è tutta una prova, tutta la vita è come una tentazione: «Tentavit Deus Abraham: Dio provò Abramo»2, provò la sua fede. In certi momenti, Iddio che conduce le anime per la via della perfezione sembra che si eclissi, che lasci mancare un po’ la sua luce, e specialmente lasci mancare il dono della consolazione, di quel conforto di cui sovente anche le vite dei santi abbondano. Ad esempio, ricordate che S. Teresa, la grande, per quasi quindici anni provò una continua aridità, tentazioni di abbandonare la preghiera, tentazioni di ritornare a una vita più libera. Questo era tutto un lavoro misericordioso, delicatissimo che il Signore compiva in quell’anima per prepararla alle grandi cose cui era destinata.
Ecco, può essere che il Signore, dopo gli entusiasmi della professione, gli entusiasmi degli Esercizi, lasci un poco l’anima a lavorare da sé, affinché si distacchi da quell’amore alle consolazioni e da quella specie di premi con cui il Signore incoraggia le anime [...]3.
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S. Antonio4, in un certo periodo della vita, aveva dovuto combattere durissime lotte. Sembrava quasi che dovesse soccombere; anzi sembrava che il Signore non sentisse più la sua preghiera. Finalmente riuscì vittorioso e il Signore si accostò a lui: Ma dov’eri, o Signore, quando io mi trovavo in tanta \pena/?. Ero vicino a te. Sono io che ti ho dato la forza per vincere5. In questi momenti il Signore vuole che ricorriamo a lui con maggior calore, con più fede; vuole che noi crediamo contro le convinzioni che abbiamo. Abramo, «Contra spem in spe credidit: Contro le speranze egli sperò»6. Il Signore gli aveva promesso che sarebbe diventato padre di un grande popolo e che i suoi figliuoli si sarebbero moltiplicati come le stelle del cielo. Ma ha un figliuolo solo e il Signore gli comanda di sacrificarlo. Credere alla promessa di Dio, e credere anche se deve obbedire a Dio togliendo la vita all’unico figliuolo: questa era cosa che richiedeva eroismo. Abramo credette contro l’evidenza e il Signore lo premiò. Per quella fede egli divenne padre di un grande popolo e i suoi figli si moltiplicarono come le stelle del cielo. Anche noi siamo dipendenti dalla fede di Abramo, la fede che egli aveva nel futuro Messia e S. Paolo questo lo spiega molto bene7.
2. Lo scoraggiamento può essere colpevole in quanto: forse si abbandona un po’ la preghiera; forse si abbandona un po’ l’apostolato, oppure ci si dà troppo all’apostolato dimenticando noi stessi; forse è entrata un po’ di pigrizia; forse ci si è messi in qualche occasione pericolosa; forse il cuore non è riservato tutto al Signore. E allora, se la persona se n’è accorta e ha aperto la porta allo scoraggiamento, vi è colpa. Ma uno può non accorgersi [...]8, [e allora lo scoraggiamento] è per causa nostra, ma non è colpa. Tuttavia, appena la persona se ne accorge è necessario reagire, perché fino a questo punto il Signore non lascia mancare l’aiuto, il Signore non prova l’a-
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nima oltre le sue forze9, non abbandona mai l’anima. E allora non vi è colpa.
Lo scoraggiamento può nascere dall’orgoglio. Quell’anima credeva di essere molto forte; credeva già di poter mettersi in certe occasioni senza cedere; credeva di poter svincolarsi da certe piccole osservanze, dal domandare i piccoli permessi, di avere riguardo in tutto alle persone che la circondano; credeva di essere già superiore a molte piccole pratiche o a molti consigli; si fidava in sostanza di sé. Fidarsi di sé vuol dire fidarsi di un cieco o di un malato, perché ci vediamo poco e siamo deboli. Lo scoraggiamento spesso ha origine dall’orgoglio.
Lo scoraggiamento può aver origine dalla pigrizia, che è indolenza, che è freddezza nelle cose dello spirito. E qualche volta dalle cose dello spirito si estende anche all’apostolato. Pigrizia nell’osservanza degli orari e soprattutto pigrizia nel pregare: [la persona] non si scuote, non si sforza a star raccolta, non eccita il cuore a sentimenti soprannaturali, non entra nell’intimità con Gesù Ostia, non entra nell’intimità con Maria, non ha devozione a S. Paolo. S. Paolo è il santo delle anime forti. La devozione a S. Paolo è un grande mezzo contro lo scoraggiamento. Ogni volta che egli restava sconfitto in una missione, perché veniva preso di mira e veniva perseguitato, lasciava la chiesa fondata fornita di ministri che gli succedevano, e andava con più coraggio a incominciarne un’altra. Quante volte bisogna dire così: Ho perso una battaglia; ma son pronto a guadagnarne un’altra!. Vigilare sulla pigrizia.
Poi, può essere che siano subentrate circostanze nuove. Si son fatti i voti per la prima volta forse, e nell’ambiente santo del noviziato, ecco che la persona si sentiva sicura, non trovava grandi difficoltà, c’era un’assistenza continua, c’era più abbondanza di preghiera. Poi, questa figliuola viene mandata in una casa dove l’ambiente non è così favorevole. Si trova con altre persone più anziane; forse nella libreria o nell’agenzia del cinema vi è anche qualche pericolo; forse non riesce ad aprirsi con chi guida la casa; forse trova qualche persona di carattere così diverso che la contraddice. Vi sono tante circostanze per
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le quali quello scoraggiamento non è affatto colpevole, ma intanto è reale e quindi occorre prevenirlo.
Avviene poi che il diavolo ha la sua parte. Sembra di poter ragionare così: Quando si è negli Esercizi e nel noviziato il demonio quasi lascia l’anima, non la circonda più di tante tentazioni. Il diavolo ragiona così: Oh, ma ti aspetto... quando non avrai più questa assistenza, questi aiuti, non troverai più una Maestra così benigna.... Allora il demonio farà i maggiori sforzi, specialmente nei primi tempi, contro quell’anima. Oh, chissà quante insinuazioni: Non potrai resistere... quello che hai fatto, l’hai fatto in un momento di entusiasmo...; ma la vita non è come te la sei figurata, è diversa. Poi il demonio cerca di aprire la finestra e di far di nuovo vedere il mondo a cui si era dato l’addio e far ricordare tante cose che già si erano dimenticate. E insensibilmente, ecco di nuovo il problema della vocazione: Eri chiamata?. Siamo allo scoraggiamento nelle sue conseguenze quasi estreme. E allora in questo tentennamento: Non ho risolto troppo affrettatamente? Non mi sono lasciata condurre troppo dall’entusiasmo? Non mi ero fatta le cose troppo facili?, ecc.
Bisogna vigilare allora, bisogna credere che il demonietto comincia a pensare di aprirsi una piccola porta, fare un buco. E quando è riuscito a mettere un dubbio, l’anima subirebbe ben gravi conseguenze se non si aprisse alle persone con cui deve aprirsi.
Poi nasce di nuovo la tendenza a ciò a cui già si era rinunciato, cioè sembrerà duro il voto di castità, come sembrerà duro il voto dell’obbedienza. Il voto di castità: perché, arrivate a una certa età, specialmente dai venticinque ai trentacinque anni, più o meno, secondo le circostanze, secondo i caratteri, ecc., la passione si fa sentire con maggior violenza. Allora se l’anima non è molto calda di affetto, di amore a Gesù, a Maria, alla Congregazione, al suo apostolato, può subire delle conseguenze. Tanto più se riesce difficile l’obbedienza. Allora avviene che la lotta si fa più forte e se in quei momenti non si usano bene i rimedi, cosa succede?
Il demonio può anche ingannare in altro modo: Oh, e se tu andassi in clausura?. Noi sacerdoti stamattina abbiamo fatto la meditazione sopra la responsabilità di chiudersi in clausura e le
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conseguenze: perché è facile abbandonar la lotta. Vi sono persone le quali hanno veramente vocazione alla clausura. Molte volte però è una specie di indolenza, di voler star tranquilli, non aver fastidi di nessuno, poi di non aver l’apostolato o non averlo in quella forma che si era prima abbracciato. Può essere un inganno, direbbero i teologi, il più specioso, il più elegante inganno. Allora si perde un poco l’affetto, l’amore alla vocazione, non solo, ma all’Istituto e all’apostolato. E siamo nello scoraggiamento.
Ora, bisognerebbe dire anche i danni. Il primo danno è questo: si arriva come a una stanchezza della vita, degli orari, delle occupazioni, delle persone con cui si vive, delle case in cui si è mandate… oh, e poi un po’ di tutto! Stanche. Hanno trent’anni e sembrano già stanche, quando longa adhuc tibi restat via: quando la strada della vita è ancora lunga10. Stanchezza! Molte cose le lasciano, oppure si strascinano come quelli che strascinano le ciabatte. Non hanno più le consolazioni di Dio e non possono più godersi le consolazioni di una famiglia o della libertà. E sognano allora altre cose.
Il Signore vuole che noi prendiamo il mondo di fronte. Come ha trovato il mondo S. Paolo? S. Paolo il mondo l’ha trovato guasto come adesso, eppure quale cambiamento è avvenuto! La sua opera, l’opera degli Apostoli, l’opera dei successori degli Apostoli, quanto ha cambiato il mondo! Occorre che noi vigiliamo; e se vi è stanchezza della vita, ecco, attenzione, la vita si fa tiepida. Rilevarlo subito, è giunto il momento di combattere, di scuotersi.
Altra conseguenza è la perdita di innumerevoli meriti. La suora che dal mattino alla sera fa le sue cose bene, ecco può dirsi così: va allungando una catena tutta di anelli d’oro. La giornata è piena di meriti, un mese dopo l’altro la catena non si interrompe, e non manca nessun anello. Ma se vi è la tiepidezza, lo scoraggiamento, ecc., quanti meriti si perdono! E anche quelli che si fanno, sono frutti scarsi, poco saporosi. Allora sembra che il Signore dica: «Utinam frigidus esses: Fossi almeno freddo! Ma poiché non sei né caldo né freddo,
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comincerò a rigettarti»11. E quindi l’abbandono da parte di Dio. Oppure può essere che l’anima, avendo meno grazie e trovandosi in qualche circostanza o tentazione più difficile, dal veniale, finisca nel mortale. E quando si sia aperta la porta e anche spalancata, che cosa può succedere? Vita infelice! E non crediamo che venga all’improvviso. Giuda arrivò al punto che sappiamo: tradì il Maestro e poi, disperato, andò ad impiccarsi. Ma perché? Perché a poco a poco egli si era prese certe libertà. Siccome egli portava le elemosine, era come l’economo del sacro collegio apostolico, prendeva qualcosa di esse e se ne appropriava. Allora, appropriandosi, cominciò ad avere qualche cosa di proprio, di suo; la passione si fortificò e finì con il vendere il Signore per far denaro. E quando vide che il Salvatore era stato unto con unguento prezioso, la mormorazione: «Perché sprecare quell’unguento prezioso? Si poteva vendere per trecento denari e darne il prezzo ai poveri». Ma l’evangelista dice: «Non che gliene importasse dei poveri, ma perché, siccome portava la borsa, così si acquistava cose proprie»12.
Qualunque passione, allora, può spingere lì: l’orgoglio può far abbandonare la vocazione; la pigrizia, la golosità e la sensualità possono portare al male grave. Anche l’invidia è causa di molti turbamenti, e se l’invidia arriva fino a certi punti, può portare anche al peccato grave. Invidia del bene spirituale altrui. Sì. Occorre pensare alle gravi conseguenze della tiepidezza e alle conseguenze che porta lo scoraggiamento quando o è colpevole o non si ricorre ai mezzi necessari.
Quali sono i mezzi necessari? Primo: prevedere. Non pensiamo mai: Questo non mi capiterà. Tutto quello che può accadere di male a un altro, può accadere anche a noi. E delle lezioni il Signore ne ha permesse sempre: da quando ha permesso quella di Giuda, uno dei Dodici, alle lezioni più recenti. Ecco!
Inoltre, occorre molta preghiera. Specialmente quando ci accorgiamo che il fervore non è più così vivo. Se la persona ha già fatto esperienza: Mi confesso alla domenica e fino al giovedì va bene, e poi comincio a ricadere; o si è fatto il ritiro
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mensile e se ne è uscito con fervore, e va bene per dieci giorni, quindici giorni e poi comincia a cadere; o dopo gli Esercizi, o ancor più dopo la professione si passa un periodo buono e poi comincia a entrare il disgusto di certe pratiche, comincia a entrare una certa superficialità, una certa leggerezza nel parlare, nei sentimenti del cuore: ecco siamo al pericolo! Preghiera, preghiera! «Vigilate et orate ne intretis in tentationem: Pregate e vigilate per non cadere in tentazione»13. E allora per conservare il frutto delle Confessioni, dopo tre o quattro giorni la Visita si faccia per ottenere il fervore. Per conservare il frutto del ritiro mensile, dopo quindici giorni si faccia una giornata di preghiera per ravvivare lo spirito, applicando anche le parole: «Risuscitar la grazia»14, come si esprime S. Paolo. Il fervore! E se dopo la professione, dopo gli Esercizi, dopo un po’ di mesi cominciamo a sentirci un po’ accasciati, un po’ depressi, un po’ più tiepidi, è l’ora della prova: «Vigilate et orate». Non si dorma. Si prendano i rimedi. E allora i rimedi sono: preghiera, più devozione eucaristica, più devozione mariana e più devozione paolina.
Poi, aprirsi con chi guida. Potete anche scrivere lettere alle Maestre che avete incontrato nel noviziato o avete incontrato nella Casa Madre per avere un consiglio. Aprirsi. Quando la persona si chiude in questi tempi, corre maggior rischio. Il diavolo è astuto: cerca di indurre a tacere, chiude la bocca alle volte anche con il confessore; più sovente con le persone che stanno attorno. E quando il demonio ha chiuso la bocca e impedisce che chi ha responsabilità di noi ci avverta, ci ammonisca, ci aiuti, parla lui, opera lui allora. E come opererà sopra quell’anima? È proprio allora che si ha più bisogno, c’è la maggior tentazione di chiudersi e sembra di chiudere il cuore con due chiavi. Non si vuole in nessun modo lasciarsi conoscere e allora non si è aiutati. Ma mi costa troppo!. Certamente, costa alle volte e costerà anche lacrime. Sacrificio prezioso, però, questo. Molto prezioso: Ma non ho molta confidenza; poi non sa cosa dirmi!. Quando noi abbiamo fatto lo sforzo, Dio ci penserà lui. E se anche quella persona non ci dicesse nulla di
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buono, perché non sa, perché è giovane, perché forse teme di commettere un’imprudenza, ecc., farà il Signore, farà il Signore in premio dello sforzo che si è fatto. Poi ancora un mezzo: accompagnarsi sempre con le migliori, non con chi è tiepido, non con chi ama poco l’Istituto, non con chi parla male delle superiore o degli ordini dati. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Poi, la prudenza anche in senso naturale, dice così: Frequentare chi ne sa più di noi, frequentare chi è più buono di noi, frequentare chi fa meglio l’apostolato di noi. Gli stolti vanno con i più ignoranti o con i meno buoni, o con chi non è affezionato ai suoi doveri. Invece la prudenza dice il contrario. Virgo prudentissima Maria. Sì. La vergine sia prudente, prudente. E forse non tutte quelle cinque vergini che sono state stolte sapevano di far male. Magari non si sono accorte: qualcuna sarà stata attirata dall’esempio delle altre. Guardarsi e chiudere il cuore a simpatie e antipatie perché, entrata nel cuore una simpatia, una tendenza, fosse pure a una persona sacra, c’è sempre un grave rischio, un grave pericolo. Il demonio cerca di entrare di soppiatto, cerca i momenti dell’oscurità. Vigilare, allora! E questi momenti in cui si risvegliano le simpatie e le antipatie, ecco, sono i momenti difficili. Ma mai tacere: aprire il nostro cuore, parlare con chi ci può aiutare e poi, avanti.
Tante volte non si usano quelle precauzioni che sono prescritte nelle Costituzioni, negli articoli delle Costituzioni, oppure non si è seguito quel complesso di indirizzi che vengono dati, quei consigli che furono dati durante il noviziato o anche dopo: brevità nelle Confessioni, riservatezza con tutti, specialmente nelle librerie e ancora di più nelle agenzie del cinema. Tratto sempre riservato, letizia santa in comunità. Perché anche la letizia è un aiuto per crescere nelle virtù. La malinconia suole portare pensieri oscuri, neri, e quindi aumentare le tentazioni. Dunque in questi giorni dei santi Esercizi vedete di esaminarvi anche su questo pericolo, perché potrebbe essere di conseguenze molto gravi.
Progredire ogni giorno un tantino15: questo è il fervore.
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1 Predica tenuta a Roma il 13 marzo 1957, durante un corso di Esercizi spirituali in preparazione alla professione. Trascrizione da nastro A6/an 28a = ac 48a. Sembra che Don Alberione abbia tenuto quattro meditazioni. Di due è conservata la registrazione, di altre due vi è solo la trascrizione.
2 Cf Gen 22,1.3 Due parole incomprensibili.
4 Antonio abate (ca.251-356), egiziano di famiglia benestante. A 20 anni si ritirò nel deserto della Tebaide. Qui condusse vita ascetica e fu raggiunto da numerosi discepoli. È considerato fondatore del monachesimo orientale.
5 Cf S. Atanasio, Vita di Antonio. Detti-Lettere, Paoline, Milano 1995, p. 126, n. 10.1.6 Cf Rm 4,18.7 Cf Rm 4,1ss.8 Parole incomprensibili.
9 Cf 1Cor 10,13.
10 Detto proverbiale latino.
11 Cf Ap 3,15-16.
12 Cf Gv 12,5.6.
13 Cf Mc 14,38.
14 Cf 2Tm 1,6.
15 Richiamo al proposito-programma del venerabile Maggiorino Vigolungo (1904-1918), giovane aspirante della Pia Società San Paolo.