Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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9. LA CARITÀ NEI PENSIERI, SENTIMENTI, PAROLE, OPERE1



Adesso facciamo una breve meditazione che ci tocca tutti. Primo, deve fare i propositi il predicatore, \poi deve fare i propositi ciascuna di voi e farli ancora prima della meditazione. Cominciare dal proposito: carità/2.
Qui siete in parte bianche e in parte nere3. Potreste anche essere in parte verdi e in parte blu, ma la divisa vera è una sola: la carità. Ecco tutto. Quindi il proposito comincia da lì: la meditazione, meglio, comincia con il proposito. Va bene? Già fatto? Perché tanto abbiamo di carità, altrettanto ci prepariamo al paradiso; e quanto manchiamo di carità, altrettanto siamo impreparati al paradiso. La divisa di tutte, di un istituto o di un altro, la divisa che accomuna e rende tutte uguali, cioè che distingue le vere religiose dalle non vere religiose è la carità. Una può vestire l’abito del suo istituto e non essere vestita da religiosa, non avere carità. E una potrebbe non portare nessun abito religioso e avere grande carità. Quante suore vi sono nel mondo che non hanno un abito religioso speciale, e fanno tutte le opere caritative, quindi finiscono per essere più di Dio di quanto si possa pensare, forse anche più di noi che portiamo un abito speciale. Nessuna può dire: Questo proposito non fa per me. Fa per tutte. Fa per tutti. «Major autem horum est caritas»4, perché è la virtù maggiore. Perché ho detto che è la divisa di tutti? «In hoc cognoscent omnes quod discipuli mei
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estis, si caritatem habueritis ad invicem»5, in questo, per questa divisa, dice Gesù, vi distinguerete tra i cristiani veri e i non cristiani: se vi volete bene. E allora vi sono istituti in cui «sola regnet caritas: Solo regni la carità»6. Vi sono dei difetti e si capisce; tante imperfezioni, non tutte le cose filano diritto, ma si vogliono bene; la divisa di Gesù Cristo, la divisa che il Signore ci ha dato e vuole che ci distingua dagli altri, ce l’hanno: si vogliono bene. Ho sentito un superiore con cui ero andato a trattare qualche cosa, che mi ha detto: Ecco, dei difetti ne abbiamo tutti e tanti, ma posso dirle che ci vogliamo proprio bene. Allora c’è Dio con voi., ho risposto, ho poco da aggiungere. Il Signore allora è con voi e vi parla, vi istruisce, vi conduce, vi santifica. C’è tutto.
Perché il paradiso è felicità? Perché c’è Dio. E quindi, dove regna la carità, regna un anticipo di paradiso, si è come nell’anticamera. Ci sono persone che non aspettano nell’anticamera, nella carità, e allora stanno ancora fuori. E se non c’è la carità ci sarà il purgatorio. A volte vi sono case dove ci sono le piccole divisioni, i battibecchi, le critiche, i dispettucci, le invidie che si mostrano anche con mormorazioni ed altre cose. E vi sono invece istituti dove veramente Gesù trova che tutte portano la divisa sua, la divisa che egli ha dato. Non ha detto bianco o nero, rosso o verde, blu oppure un altro colore ancora, ma ha detto: La divisa vostra è carità. Difatti, nei primi tempi della Chiesa, a Roma, dove vi era tanto di odio, come erano trattati gli schiavi, i bambini, i vecchi, i malati, i poveri, i lavoratori, ecc.? I cristiani non facevano così: si volevano bene, mangiavano insieme il ricco e il povero; le preferenze erano per i carcerati, erano per gli schiavi, e la dottrina della benevolenza e della carità era comune. Perché, dicevano sempre, ciò che costituisce la vera ricchezza è la grazia, la santità. In paradiso non ci sarà distinzione tra ricco e povero. La felicità sarà uguale per tutti, e al povero che qui sulla terra è stato meno fornito di beni, ecco un paradiso più ampio.
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Leggiamo il Vangelo: «Gesù disse ai suoi discepoli: se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli». Oh, se la vostra giustizia non sarà maggiore. I farisei e gli scribi osservavano esternamente la legge, ma non nel cuore, perchè in loro non c’era la carità. Questo risulta in tante espressioni del Maestro divino. Dunque, la nostra giustizia, cioè la nostra santità se non sarà maggiore di quella degli scribi e dei farisei: «Non entrerete nel regno dei cieli».
«Udiste, come fu detto agli antichi, non uccidere, e chiunque avrà ucciso sarà condannato in giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira, cioè che non arriva a uccidere, ma si adira, con il suo fratello, sarà condannato in giudizio». Gesù voleva dire: Anche se uno non ha fatto l’atto esterno di uccidere, ma se interiormente si è già adirato, odia il fratello, è condannato in giudizio, cioè davanti a Gesù. «E chi avrà detto al suo fratello raca, sarà condannato nel sinedrio; e chi gli avrà detto pazzo, sarà condannato al fuoco della Geenna». Dunque, Gesù vuol dire che non vuole né sentimenti contrari alla carità, né critiche, né maldicenze che offendono la carità, né insulti, parolacce al fratello. Quindi, non è solamente vietato uccidere, è vietato togliere la buona fama con la critica, è vietato disgustare le persone quando se ne può fare a meno, è vietato poi anche l’invidia interiore. Ecco, occorre questa carità. È importante poi quello che aggiunge Gesù: «Se dunque tu stai per fare la tua offerta all’altare ed ivi ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia la tua offerta lì, innanzi all’altare, e va’ prima a riconciliarti con tuo fratello. Poi torna a fare la tua offerta»7. Che vuol dire? Che le nostre Comunioni, se non c’è anche la carità, non piacciono a Gesù. Portare i fiori alla Madonna, se dentro il cuore c’è l’invidia, la malevolenza, il sospetto, il giudizio temerario, ecc.: no. Prima di dare i fiori a Gesù o portarli alla Madonna, va’ a riconciliarti con la sorella, con il fratello. L’hai disgustato, forse è in pena. Prima fa’ amicizia, chiedi scusa. Vedete, Gesù ha più premura che noi siamo buoni con il fratello, con la sorella, non che veniamo ad
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adornare il suo altare, che veniamo alla Comunione. Perché il segno di amare Gesù, non sono le chiacchiere: «Si diligitis fratres». Noi sappiamo che Dio è con noi quando amiamo i fratelli, amiamo le sorelle.
Adesso le applicazioni. Sono quattro:
1. Pensare bene di tutti. Perché giudicare male, sospettare male, interpretare male? Siamo così inclinati. I difetti che abbiamo noi, crediamo di scoprirli negli altri. Alle volte vediamo verde, perché siamo verdi, abbiamo gli occhiali verdi, perché noi abbiamo facilmente l’invidia. Tanto più poi bisogna evitare i giudizi interni, perché il peccato esterno, si capisce, viene fuori dopo, invece è più facile l’interno, prima si pecca nell’interno. Allora prima la virtù si esercita nell’interno, nei pensieri. Pensare bene di tutti. E quand’anche l’altro fratello, l’altra sorella avessero pure sbagliato: quante maniere per scusare! Non aveva ancora capito, non aveva la grazia, forse non ci ha badato. Come posso giudicare io il fratello, come posso giudicare io la sorella. Che cosa ne so? Spetta proprio a me mettermi su con il mio orgoglio a giudicare gli altri? Quando si giudicano gli altri è segno che abbiamo una buona dose di superbia. Pensiamo un po’ di cominciare a togliere questa roba, se no... E quando si è inclinati a pensare in bene di tutti, si ha una buona dose di umiltà e di carità assieme. Stiamo più attenti alla carità interna, perché Gesù colpisce gli scribi e i farisei che avevano solo certe devozioni esteriori. Fare dei complimenti, delle gentilezze è molto semplice, è molto facile, non è vero? Ma c’è dentro quello che vogliamo mostrare all’esterno?
2. Sentimenti interni di carità. Desiderare il bene di tutti, ma davvero. Compiacersi del bene di tutti, ma davvero. Pregare bene per tutti, ma davvero, di cuore.
3. Parlare bene di tutti. Vi sono persone che sono seminatrici di bontà, di carità; sono gli angioli della pace, anche in un reparto, anche in un istituto; sembrano votate alla missione della pace: «Beati pedes, dice S. Paolo, di coloro che portano la pace»8. Beati questi passi! Appartenete a questa categoria
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di beati? O invece persone che, dappertutto, nel reparto dove vanno portano disagio. Carità! Non condannare così facilmente. Non criticare così facilmente.
4. Far del bene a tutti quando si può. Primo modo: trattare bene; secondo modo: buon esempio, esempio di osservanza, esempio di pietà, esempio di obbedienza, di umiltà. Ecco: far del bene. E per spiegare questo quarto punto bisognerebbe dire che ci sono sette opere di misericordia spirituale e sette opere di misericordia corporale, fin dove possiamo nel nostro caso. Opera di carità è la cucina: «Avevo fame, e mi avete dato da mangiare; avevo sete e mi avete dato da bere». Opera di carità è il bucato, la rammendatura: «Ero ignudo e mi avete vestito»; il servizio alle malate: «Ero infermo e mi avete assistito e curato»9, ecc.
È tutta un’opera di carità questa [casa]: i muri son costruiti dalla carità; i letti sono acquistati per la carità. Tutto: le cure, i servizi medici, i dottori che si scelgono e tutti i medicamenti che si usano, la pulizia, ecc.: è la casa della carità. E allora sia anche nei nostri cuori, e tanto! Non bisogna che proprio dove tutto è solo carità, ci stiamo noi con i nostri sentimenti non buoni.
Ho letto in un libro di Costituzioni di un certo istituto: Le superiore siano rigorose sulle mancanze di carità. Parlava anche delle aspiranti: correggerle bene. Anche questa è una grande opera di carità: correggere i difetti, richiamare, istruire, ecc. Dunque alle volte se si è rigorosi con chi manca in altre virtù che son meno nobili, meno perfette, perché non essere attenti e richiamare bene chi manca di carità? «Vi è la fede, la speranza e la carità, dice san Paolo, major autem horum est caritas: ma la maggiore è la carità». Allora sulla carità correggersi anche a vicenda: Oh, non va bene quello. E incoraggiarsi a fare il bene: un piccolo servizio, un riguardo e tutto quello che si può vicendevolmente, in carità. «Omnia vestra in caritate fiant: Tutte le vostre cose fatte in carità»10, dice lo Spirito Santo.
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1 Meditazione tenuta ad Albano il [9] maggio 1957. Trascrizione da nastro A6/ an 29b = ac 50a. Non è indicato il giorno. Dal Diario Sp. risulta che Don Alberione fu ad Albano il giorno 9. Ciò fa propendere per questa data. Al mattino aveva trattato il tema della carità anche ai sacerdoti, sebbene con altro tono. Poi va al nord Italia e rientra solo il 21 maggio.

2 Cancellato nella registrazione; ripreso da trascrizione precedente.

3 Le suore chiamate “bianche” erano le ammalate di tubercolosi ed erano in un reparto d’isolamento. Le suore dette “nere” erano le suore affette da altre patologie o appartenenti ad altri Istituti religiosi.

4 Cf 1Cor 13,13: «Ma di tutte più grande è la carità».

5 Cf Gv 13,35: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri».

6 Cf Breviarium Romanum, Conversione di S. Paolo apostolo, 25 gennaio. Versetto dell’inno dei primi Vespri.

7 Cf Mt 5,20-24.

8 Cf Rm 10,15: «Quanto sono belli i piedi…».

9 Cf Mt 25,35-46.

10 Cf 1Cor 16,14.