Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Roma, [fine luglio] 1957

I
APOSTOLATO: PROTENDERSI IN AVANTI1


Vi è l’apostolato della sofferenza, dei desideri, della parola, delle opere... Ma per quanto riguarda l’apostolato esterno, il primo è quello che riguarda le vocazioni. Il divino Maestro sia Maestro anche qui, ossia modello. Egli si preparò alla sua altissima missione nella vita privata, e concluse questa con il digiuno di quaranta giorni, superando le tentazioni del diavolo e ricevendo il battesimo di Giovanni. Poi cosa fece? In primo luogo cercò le vocazioni, e andò in riva al lago di Genezaret e là trovò Giacomo e Giovanni, Andrea e Pietro e altri discepoli. Quando, alle nozze di Cana, diede inizio ai suoi miracoli, aveva già preparato attorno a sé un gruppo di apostoli.
Perciò la vostra prima premura sia questa: vedere attorno a voi se il Signore ha destinato, designato alcune anime a seguirvi, a vedere quello che si fa, come si vive la vita religiosa e come si compie l’apostolato e quindi se sono attirate a seguirvi. Prima l’apostolato delle vocazioni, e siccome il bisogno delle vocazioni è immenso, mai arrestarsi in questa ricerca e missione. Man mano che passano gli anni le vocazioni siano
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più scelte, più ben formate, più curate religiosamente, umanamente e apostolicamente. Perché bisogna notare che la Paolina ha come due vocazioni: quella alla vita contemplativa, propria di tutte le monache e le suore, e la vocazione alla vita apostolica, ossia portare la luce alle anime. Doppia vocazione quindi. Si spieghi bene la differenza che vi è fra la vocazione alla sola vita contemplativa e quella alla vita attiva e contemplativa. Doppia vocazione, doppio ordine di lavoro, doppio merito, doppia gloria. Ognuna deve fare la sua strada.
Per parlare ora dell’apostolato delle edizioni, occorre sempre come base vivere nell’umiltà e non tanto considerare il bene già fatto quanto quello che resta da fare.
Un giorno Pio XI aveva ricevuto nella ricorrenza del suo onomastico, un piccolo dono da certe suore molto povere. Esse gli avevano regalato una palla o animetta da mettere sul calice. Tale animetta era povera, ma quelle suore vi avevano ricamato sopra la figura del globo nei suoi cinque continenti. Quella animetta piacque tanto al Papa, e l’adoperava anche nelle maggiori solennità, quando il calice era preziosissimo, perché, diceva che quella palla gli ricordava di pregare per tutto il mondo, per tutte le nazioni, specialmente quelle non ancora cattoliche, non ancora cristiane. «Et alias oves habeo quae non sunt ex hoc ovili: et illas oportet me adducere»2. Quella palla gli ricordava questo pensiero: la Messa per tutto il mondo.
Ora, un pensiero simile va bene per tutti noi. Noi dobbiamo sempre tenere davanti il mondo intero: «Euntes, docete omnes gentes»3. Il Signore non ha detto di andare soltanto in Grecia o in India o in Brasile, ma in tutto il mondo. La vocazione paolina è simile a quella del nostro padre S. Paolo, il quale per quanto stava a lui non mancò a nessun popolo, ma i popoli mancarono a lui, ossia egli portava tutti nel cuore, per tutti pregava e verso tutti si protendeva.
Per stare nell’umiltà tenersi il mondo davanti e dire: Oh,
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come siamo ancora piccoli! Quante persone non hanno ancora un Padre, quante persone non amano ancora Gesù, quante sono prive di un sacerdote che le comprenda, che le assolva, che le battezzi, che comunichi loro i beni immensi della redenzione! Quante mancano della verità e dei mezzi di grazia. Quante!
Siamo piccoli. Se confrontassimo ciò che ci manca con quello che abbiamo, noi staremmo sempre nell’umiltà. Vi sono oggi due miliardi e settecento milioni di uomini: a quanti siamo arrivati noi? A ben pochi. Nella stessa nostra nazione a quanti arriviamo? Se si parla del numero delle librerie, delle agenzie o delle suore propagandiste, sono parecchie, ma guardando le cose a fondo, ecco che su ventisettemila parrocchie d’Italia, nel 1956 ne abbiamo visitate seimila. E le altre ventunmila? Vedete quanto si manca anche qui in Italia.
Quando una suora o una Maestra arriva in una casa nuova, dovrebbe prima di tutto mettersi dinanzi la cartina della zona, del territorio che le è assegnato, forse saranno tre o quattro diocesi, e lì meditare sui nomi delle singole parrocchie e pensare: A quante siamo arrivate? A quante no? Che cosa ci manca ancora? Protendersi sempre in avanti, mai fermarsi nella compiacenza di quello che si è fatto. E allora passando l’elenco delle parrocchie, dire sempre al Signore: «Mandate buoni operai nella vostra messe, la messe è immensa, ma gli operai sono pochi»4. Sono pochi in Italia... che dire allora della Cina dove non c’è nessuno, nessuno dei nostri per i suoi cinquecentocinquanta milioni di abitanti? Che dire dell’India con i suoi quattrocento milioni? Quante sono le persone che vi lavorano? Siamo come piccole gocce d’acqua in un vasto mare.
Vedere dunque le diocesi, parrocchia per parrocchia, e pregare per i luoghi in cui non possiamo ancora arrivare. Poi nella stessa diocesi, nelle stesse parrocchie passare in rassegna le varie categorie di persone: sacerdoti, avvocati, professionisti, operai, medici, universitari, scolari delle medie, maestri, madri di famiglia, giovani di Azione cattolica, ecc. Arriviamo a tutti? A tutte le categorie? Qualcosina si è fatto, ma non è ancora sufficiente per cambiare le idee.
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L’apostolato ha questo scopo: seminare le idee e le verità cristiane e togliere gli errori dalla mente, errori che possono essere più o meno gravi. Vi è l’errore di quelli che si chiamano senza Dio e vi è l’errore di quelli che si dicono evangelici o protestanti, che negano obbedienza al Papa e negano le verità della fede. I protestanti si vanno sempre più estendendo, perciò è sorta la nostra iniziativa contro i loro errori, l’iniziativa del centro Ut unum sint5 che pubblica libri e opuscoli molto buoni. Il tenersi davanti un’immaginetta che rappresenti le cinque parti del mondo, con descritto in breve lo stato religioso delle stesse, può essere buona preparazione alla Comunione o servire per la prima parte della Visita, può eccitare allo zelo. Credo che in Italia non siamo ancora arrivati a visitare un decimo delle famiglie, non esagero, risulta dai conti che ho. Si dirà che su ventisettemila parrocchie, l’averne visitate seimila è circa un decimo, ma nella stessa parrocchia quante categorie di persone si sono visitate? Oh, in Roma stessa, vediamo le cose come sono!
Protendersi in avanti! Tenere sempre presente ciò che ci manca. Non c’è tempo per compiacersi del passato, raccontare le cose che si sono fatte, i risultati ottenuti in questa o in quella diocesi, in questa o in quella giornata mariana, del Vangelo, del catechismo, ecc. Non c’è tempo! C’è solo tempo per ricordare quello che ci manca, se vogliamo essere saggi e apostoli formati sul cuore di S. Paolo.
Ho visto in Venezuela un’immagine così bella che mi ha commosso: da una parte rappresentava il Cor Christi e dall’altra il Cor Pauli. Il Cor Christi comunica con il Cor Pauli. Ecco il cuore di Paolo formato sul cuore di Cristo. Così ogni Paolina, attraverso S. Paolo deve formare in se stessa il cuore di Gesù Cristo, possedere il cuore di Gesù Cristo. «Venite ad me omnes...»6. Gesù vuole tutti: non poche donnette, non pochi fanciulli, ma tutti, tutti quelli che hanno un’anima, il che vuol dire ogni uomo.
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Certamente si è fatto molto con l’introdurre la propaganda collettiva, e ciò viene dimostrato in tante maniere, anche dalle cifre finali che avete mandato l’anno scorso, cioè voglio dire a gennaio, ma che riguardavano il 1956. Sì, molto bene, si è fatto un buon progresso, ma vediamo subito che non basta: occorre che facciamo come gli apostoli che chiamavano altri. Paolo poi era industrioso nel chiamare compagni a lavorare con lui: vocazioni!
Ecco, una mattina Gesù si mostrò vicino al lago. Gli apostoli, compreso Pietro, stavano spingendo le barche alla riva e lavavano le reti. Gesù li interrogò ed essi risposero: «Per tutta la notte abbiamo lavorato inutilmente, non abbiamo preso un pesce». Allora Gesù disse a Pietro: «Getta le reti a destra». Pietro fece quell’obiezione, ma aggiunse subito: «In verbo autem tuo laxabo rete: Sulla tua parola getterò le reti». E prese tale quantità di pesci che dovettero venire gli altri compagni ad aiutarli: «Annuerunt sociis»7.
Così chi ha l’animo di apostolo, chiamerà sempre altri apostoli che vengano in aiuto. Quello era un prodigio: la pesca miracolosa! Gesù però fece il prodigio per indicare come doveva essere la missione di Pietro: non doveva essere solo pescatore di pesci, ma di uomini, ossia di anime. E Pietro quante anime pescò!
Ora non bastando tutti i mezzi che abbiamo, sto cercando qualche cosa che ci venga in aiuto e possiamo un po’ meglio corrispondere alla divina volontà. Ogni volta che si dice qualche cosa sembra che facciamo qualche torto; non facciamo nessun torto. Non guardiamo il bene che fanno gli altri per invidiarlo, ma guardiamo il bene che non è fatto per lanciarci in avanti, sempre. Di quello che è già stato fatto, benediciamo il Signore e intanto associarsi e chiamare altri alla pesca.
Come fare l’apostolato allora? Oggi l’apostolato richiede sempre maggiore intelligenza: tanto quello delle pellicole come quello del libro, e molto più quello della radio e della televisione. Domandare al Signore che ci illumini. Vedete cosa ha operato il Signore negli apostoli il giorno della Penteco-
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ste! Li ha trasformati. Che anche noi siamo illuminati. Pregare proprio che il Signore ci illumini sia per la pellicola, sia per il libro, sia per il periodico, sia per la libreria, sia per il modo di presentarci. Ci illumini per le cose da dire, e per conoscere ciò che diamo, perché sappiamo presentare bene le cose e spiegare di che si tratta. Sapere cosa contiene un libro, e come introdursi nelle scuole, come operare riguardo alle biblioteche, come dare la Bibbia e come dare i libri di cultura, quali a una categoria e quali a un’altra. Ci vuole sapienza. Le Maestre hanno sempre da imparare e da insegnare.
Si pubblicano delle riviste che insegnano a vendere le cose materiali, per esempio la rivista intitolata Vendere8 , che insegna a tutti coloro che sono nelle botteghe, nei negozi, nei commerci come diportarsi. E noi non abbiamo bisogno d’imparare l’arte dell’apostolato?! Toccare le corde del cuore, sì. Istruzione occorre, istruzione! Non perdiamo un briciolo di tempo quando siamo a riposo, perché il riposo si deve prendere, ma anche in quel tempo si può leggere, si può esaminare, si può pensare almeno. Non riempirci la testa di cose inutili, ma del nostro apostolato che è la volontà di Dio per noi, e pensando all’apostolato mostriamo il nostro amore a Dio.
Dunque, prima ci vuole l’intelligenza: mai credere di saperne abbastanza, non c’è nessuno che sappia abbastanza. Chi lavora con una sorella maggiore, impari, si impegni. E di che cosa discorreremo noi nelle conversazioni varie o quando si è a tavola, se non parliamo delle cose che ci toccano da vicino, che ci riguardano, che sono le nostre occupazioni? Ma oltre la scienza ci vuole l’amore alle anime. Amare le anime: «Dilexit nos et tradidit semetipsum pro nobis: Gesù ci amò e si sacrificò per noi sulla croce»9. Ecco, amare le anime e immolarsi quotidianamente, giorno per giorno, con le fatiche e le occupazioni quotidiane. Sì, sempre tener presente che l’amore di Dio è uno scambio di doni. Per mostrare che amiamo il Signore bisogna dargli le forze, dargli il cuore, dargli la salute, dargli il nostro essere intero.
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La vita religiosa se non si compie nel sacrificio, ma solo seguendo il mi piace è un controsenso. Che intimità si stabilisce tra Gesù e l’anima? L’amore si nutre del sacrificio: da una parte il sacrificio di Gesù sulla croce e dall’altra il sacrificio della nostra vita quotidiana per Gesù. Scambio di doni: lui ci ha dato la vita, e noi dobbiamo ridargliela. Chi cerca la vita religiosa senza sacrificio, senza immolazione, possiederà poco o nulla di amore di Dio. Donarsi, sacrificarsi. L’amicizia è scambio di doni. Gesù si è dato tutto a noi nella Comunione. E quando noi ci diamo interamente a lui non spendiamo più un minuto che non sia indirizzato a lui, e non facciamo più un passo, non diciamo più una parola, se non per lui. Allora neppure il riposo lo prendiamo con altre intenzioni e neppure il cibo, ma solo per mantenerci nel servizio di Dio e delle anime, cioè nell’apostolato.
Allontaniamo perciò tutto quello che non è amore di Dio. Non bisogna camminare guidati dall’amor proprio, mai! Non cercare noi stessi, ma cercare Dio e il paradiso. Non la nostra gloria o la soddisfazione, e neppure il denaro: «Quaerite primum regnum Dei, et justitiam eius, et haec omnia adjicientur vobis: Cercate il regno di Dio e la santità e tutto il resto vi sarà dato per giunta»10. Il Signore non lascerà mancare nulla al suo apostolo, al suo operaio.
Poi nelle Comunioni, nelle Visite, negli esami di coscienza, sempre tenere presenti due cose: la nostra santificazione e l’apostolato. Perciò sempre domandare un duplice ordine di grazie: quelle che si riferiscono a noi e quelle che si riferiscono all’apostolato, al ministero; così nelle Comunioni, così nelle Visite. Non andiamo mai soli: attorno a noi c’è tutto un complesso di anime cui noi dobbiamo pensare, dalle quali ci sentiamo circondate: anime della parrocchia, anime della diocesi in cui risediamo, del territorio che abbiamo da evangelizzare. Sentirci apostole! Circondate da queste anime che magari senza saperlo muoiono di fame della parola di Dio che non hanno. Oh, come vorremmo sentirci circondate da queste anime il giorno del giudizio universale, anime sfamate con la parola di
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Dio, che ci riconosceranno e proclameranno il bene che hanno ricevuto da noi!
L’apostola non si salva da sola e non si perde da sola. Se si salva, si salva con molte anime, se si perde, si perde con molte anime alle quali ha lasciato mancare il pane dello spirito o alle quali ha recato danno spiritualmente con i cattivi esempi.
Allora sempre due ordini di propositi, due ordini di grazie da chiedere nella Comunione, nella Visita, nella Messa, e sempre due classi di doveri da esaminare: santificazione nostra e apostolato. Non consideriamoci mai soli.
E quando si cammina e quando si viaggia si hanno già in mente tante cose, si pensa a quelle anime, si prega per quelle anime. Durante l’apostolato continuare a pregare: pregare gli angeli custodi di quelle anime, e dopo l’apostolato si va a rendere conto al Signore e si domanda la benedizione su tutto il lavoro compiuto, affinché abbia da portare frutto, e non sia seme caduto nella strada, tra le pietre o fra le spine, ma in buon terreno che fruttifichi il trenta, il sessanta, il cento per uno11.
Oh, la bella vocazione che avete! Apprezzarla sempre più, viverla, sentirla. Vi sono persone, vi sono suore, che alle volte si perdono in fantasticherie, gente che vive di sogni, che non considerano la vita com’è, e vorrebbero vedere tutto perfetto attorno a loro, mentre esse sono tanto imperfette, e vi sono invece persone che sono sempre tese verso il Signore, verso Dio, e raccolgono meriti dovunque e in tutte le ore: meriti per sé, meriti nell’esercizio dell’apostolato.
Sì, sempre avanti. In questi giorni pensare molto alle anime, perché non fate gli Esercizi solo per voi, ma fate gli Esercizi tenendo presente l’ufficio, l’apostolato che avete e le popolazioni a cui siete mandate, le difficoltà che ci sono, le varie categorie di persone... apprendendo tutto quello che vi viene insegnato qui per sviluppare sempre meglio l’apostolato. Protendersi in avanti. Ogni giorno migliorare tanto nella virtù come nell’apostolato.
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Anche nelle virtù è utile tenere presente il quadro delle virtù per vedere quelle che ci mancano, almeno le tre teologali, le quattro cardinali, e le tre virtù religiose, poi le virtù morali, specialmente la pazienza, l’umiltà, la bontà. Allora vedremo che ci manca tanto e staremo sempre umili. Signore, abbiate pietà di me! Come viene spontaneo allora il dire: Da me nulla posso, con Dio posso tutto! Così sì che si vive bene, l’anima respira: Da me nulla posso, con Dio posso tutto. Si va avanti con serenità e frutto.
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1 Predica tenuta a Roma nel mese di luglio 1957 durante un corso di Esercizi spirituali alle superiore. Trascrizione dattiloscritta su carta di manifesto del cinema, di cui non è stata conservata la registrazione, fogli 9 (17,5x27). C’è un dattiloscritto successivo. La data, 9-15 settembre 1957, riportata nell’originale risulta aggiunta. Dal Diario curato da don Speciale SSP non risulta che il Primo Maestro abbia predicato in un corso di Esercizi alle Figlie di San Paolo in quella data. Dalla corrispondenza di Maestra Tecla Merlo con una sorella risulta che a Roma il 22 luglio incominciava un corso di Esercizi per le Maestre. Sempre la Prima Maestra Tecla a un’altra sorella scrive il 3 agosto 1957: “Scusa se non ti ho scritto prima, ci sono stati gli Esercizi per le superiore”. Don Speciale annota che Don Alberione rientra il giorno 26 luglio da Caracas e che negli ultimi giorni del mese, tra l’altro, “dettò alcune meditazioni alle suore Pie Discepole e alle Figlie di San Paolo che erano in Esercizi spirituali”. Dopo questa ricerca si è ritenuto opportuno collocare queste prediche alla fine di luglio.

2 Cf Gv 10,16: «E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare».

3 Cf Mt 28,19; «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli».

4 Cf Lc 10,2.

5 In quegli anni si iniziava a Roma presso le Figlie di San Paolo il centro Ut unum sint con la pubblicazione di volantini e libri per contrastare l’attività dei protestanti. In seguito diventò un’attività per l’ecumenismo. Cf Martini C. A., Le Figlie di San Paolo…, o.c., p. 300.

6 Mt 11,28: «Venite a me, voi tutti…».

7 Cf Lc 5,2-7.

8 Cf conferenza n. 19 del 6 settembre 1957, nota 9.

9 Cf Ef 5,2.

10 Cf Mt 6,33.

11 Cf Mc 4,4-8.