Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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Roma, 25-26 giugno 1957

I
LA SANTIFICAZIONE1


Veramente è grande la circostanza in cui fate gli Esercizi spirituali, trattandosi dei passi più gravi e di maggiori conseguenze nella vita. Tante cose si possono dire in questi giorni, ma soprattutto vi è questo: un lavoro di santificazione, la pratica cioè del primo articolo delle Costituzioni.
L’Istituto è per fare dei santi: ecco tutto. Se noi entriamo per questo in Congregazione, se noi ci stiamo per questo in Congregazione, se lavoriamo per questo in Congregazione, se noi veramente giorno dopo giorno arriviamo ad una maggiore santità: ecco tutto. Allora veramente corrispondiamo alla vocazione nostra e veramente assicuriamo l’eterna felicità, poiché tutto sta in questi due articoli delle Costituzioni, cioè la santificazione e l’apostolato. Ma non sono due cose distinte in sé. Sono come due amori: la carità verso Dio e la carità verso il prossimo. In fondo sono un solo amore e quindi piuttosto si possono dire due fiamme di un solo incendio: l’amore a Dio e l’amore alle anime. L’amore a Dio per la santificazione nostra, l’amore alle anime per la loro salvezza, per l’apostolato. Ma anche l’apostolato noi lo facciamo per guadagnare di più per noi ed esso è una sorgente di meriti continui, è un esercizio della carità di cui S. Giovanni dice: «Noi siamo sicuri di stare con Dio perché abbiamo l’amore ai fratelli»2.
In questi giorni perciò, il grande lavoro è questo: la santificazione. Vi sono persone che intraprendono gli Esercizi con quest’unico fine, non portano con sé altre intenzioni, no. Non
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pensano a quel che può succedere attorno, non pensano a difendere se stesse, a scusare se stesse per le proprie debolezze, né pensano a considerare gli errori, gli sbagli che ci possono essere. Ma si viene veramente per la santificazione. E allora tutto il frutto degli Esercizi ci porterà a questo: propositi per la santificazione e propositi per l’apostolato.
Gli Esercizi devono concludersi con due propositi: uno è il lavoro spirituale nostro individuale, e l’altro riguarda l’apostolato, l’ufficio che si deve fare in Congregazione. Ma poi parlando a chi sta per fare la professione o per entrare in noviziato questo compito della propria santificazione dev’essere più sentito. «Videte vocationem vestram: Considerate la vostra vocazione»3. Vocazione ad un amore perfetto e perpetuo a Dio e vocazione all’apostolato. Perciò nella vita tenere sempre questo innanzi agli occhi nostri. Sempre questo ad incoraggiarci, sostenerci nelle varie circostanze anche le più difficili della vita.
E se soltanto questo è il fine per cui si entra in Congregazione allora bisogna decidersi: o volerci entrare per farsi sante o non entrare in Congregazione. Proprio avere il coraggio di non entrare in Congregazione e di non lasciarsi illudere: Che cosa diranno, che cosa succederebbe. No! Succederebbe solo che vi fate dei meriti. Se una, non sentendosi in animo questo grande proposito di santificazione, dicesse: Non è un peso per le mie spalle, non lo posso portare. Se invece vi è questo proposito si entra con intenzione retta e si lavorerà sempre, tutti i giorni e la vita religiosa non creerà mai delle scontente. Mai.
Le scontente sono tali per due motivi soltanto: o che non erano per tale stato o che non corrispondono. Ma anche se non fossero state per tale stato, ora fatta la professione, il Signore, per la preghiera, darà le grazie: Fac ut voceris!4. Quindi non volgere lo sguardo indietro dopo che si è messo la mano all’aratro, ma avanti. Tutti i giorni riprendersi decisi di continuare in quel lavoro interiore che è necessario. Se si capisse bene, se si vivesse bene, anzi meglio, la vita religiosa,
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tutto sarebbe più semplice, tutto più facile. Non avremmo bisogno di dire neppure metà delle parole che si dicono. Nessuna lagnanza. Le nostre confidenze con i superiori sarebbero brevissime: Non faccio ancora tutto; voglio farlo, voglio fare meglio. Le confessioni si ridurrebbero a poche parole e l’esame di coscienza semplice. E allora la realtà è quello che vi dice sempre la Prima Maestra: Semplicità e sveltezza in tutto, in tutto5.
Qualche volta si potrebbe dire, per certe persone, che si può misurare l’impegno che hanno e il progresso che fanno da questa semplicità e sveltezza per cui non sentite lagnanze. La Confessione si riduce a pochi minuti e più di tutto hanno una grande comunicazione con Dio. Un’intimità sempre più stretta con Gesù.
Mille lagnanze che si ridurrebbero a questo: Io non ho buona volontà e non tengo presente abbastanza: «Ad quid venisti?»6. Per che cosa sei entrata? Cosa sei venuta a fare qui? A trovare una via senza spine? A trovare una strada nuova per il paradiso che non sia ancora stata fatta? Poiché la strada è Gesù Cristo: «Io sono la Via!»7. Ora Gesù Cristo quale strada ha tenuto? Guardiamolo quindi nel presepio; guardiamolo nella vita privata, nella vita pubblica, nella vita dolorosa e nella vita eucaristica. Quella è la via: Gesù Cristo.
Quello che ho detto adesso è di grande importanza e serve a conoscere come stiamo. Perché il religioso negligens et tepidus, la religiosa negligente e tiepida ha mille lagnanze da fare. Non trova mai il suo posto. Non trova mai sorelle che siano abbastanza buone con lei. Sorelle che siano perfette di cui in sostanza non abbia da lagnarsi. La religiosa negligente e tiepida si lagna a tavola, si lagna dell’orario, si lagna dell’apostolato e si lamenta degli studi, delle disposizioni, della casa in cui sta. È venuta per che cosa? Per conseguire la santità o per trovare una vita comoda, dove basta sedersi in un banco in chiesa e dire qualche preghiera? Stando lì con preghiere quasi oziose,
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perché non lavora interiormente. Non si esamina, non si eccita per la vera fede, alla vera speranza, alla vera carità.
Il lavoro interiore per farsi santi. Allora la religiosa negligente e tiepida undequaque patitur angustias8. Quante lagnanze che sono spie dello stato dell’anima, perché c’è negligenza e tiepidezza nel lavoro spirituale! Rivelano che cos’è l’anima interiormente. Non vediamo i cuori, ma vi sono tanti segni che indicano ciò che c’è nel cuore: «Ex fructibus eorum cognoscetis eos»9. Dai frutti si conosce la pianta. Dai frutti si conosce la persona.
Allora il lavoro che è il primo, il più necessario, quello che non si deve mai interrompere, né quando si è sani, né quando si è malati, né quando si è indaffarati in mille cose, né quando si gode il riposo, mai, è il lavoro interiore di santificazione.
Persone che vanno soggette a tentazioni. Fatti i voti, per loro sembra che sia finito il lavoro di formazione. No! Si è entrati veramente nel grande lavoro, cioè nel lavoro di santificazione religiosa, nel lavoro in cui si corrisponde alla grande vocazione, alla santità.
Allora questo lavoro spirituale come si fa? Negli Esercizi si fanno i due propositi cioè, quello che riguarda più direttamente la santificazione individuale e quello che riguarda la santificazione del nostro apostolato, la santificazione del nostro ufficio, ciò che indica quanto noi sappiamo operare per il Signore. Quanto sappiamo fare per il Signore, cioè che il nostro affetto a Dio non è un sentimento vago e incerto, ma si manifesta con il sacrificio e con l’opera.
I due propositi. Poi questi propositi si offrono al Signore. Per questi propositi si prega molto e si cerca di illuminarli con letture spirituali. Se, ad esempio, il proposito è sulla carità, si leggerà qualche cosa che tocca la carità, che spiega la carità. La Pratica di amare Gesù Cristo10 è tanto pratica veramente, cioè serve molto per la nostra vita quotidiana.
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Illuminare i propositi. Così se il proposito è di far bene la propaganda, perché si ha quell’ufficio, istruirsi, trovare i modi, conoscere i libri, conoscere i metodi, che cosa sia la propaganda alle famiglie, che cosa sia la propaganda collettiva, ecc. Quello che serve per l’apostolato. Cercare d’istruirsi, ripensandoci sia per il comportamento da tenere, sia per il modo di presentarsi, sia per le ragioni per persuadere e sia poi per i frutti che devono diventare permanenti, non frutti passeggeri. Istruzione.
Preghiera per i propositi. La seconda parte degli Esercizi si riferisce molto alla preghiera. E se la preghiera diventa intima, vera, noi ci uniamo bene a Gesù Cristo. Com’era il suo cuore, com’era la sua mente, com’era la sua vita? Nel suo cuore c’erano due amori che si fondevano in un solo amore: l’amore al Padre celeste e l’amore alle anime. E la sua mente era sempre unita al Padre celeste, sempre unita al Padre celeste! Escludeva ogni altro pensiero che non fosse di gradimento al Padre celeste. E la sua vita era tutta nel compimento della volontà del Padre celeste: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste»11.
E allora questa unione con Dio che cosa porterà? Che i pensieri, i sentimenti e le attività si rivolgeranno a portare anime a Dio. Prima l’unione nostra con Dio. Poi portare le anime all’eterna salvezza. Portare alla società Gesù Cristo, perché la società sia guidata a una ideologia cristiana, la società trovi un orientamento in Cristo Via, Verità e Vita per mezzo di Maria Regina, Madre e Maestra: Per Mariam ad Jesum!12.
In pratica questi propositi si rinnovano ogni mattina. Si ripensa come applicarli nella giornata: esame preventivo. Poi nella giornata l’esame particolare sui propositi, l’esame generale su tutto il complesso della vita. L’esame particolare, specialmente quello della Visita, sia sui propositi onde possiamo anche confrontare il giorno presente con il giorno che è trascorso. Così per le Confessioni: in primo luogo quello che riguarda i propositi; poi se abbiamo delle accuse da fare o se abbiamo delle ragioni per ringraziare il Signore, perché ci ha dato la grazia di prati-
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carli. Ho progredito. Non ho progredito. Sono andata indietro. Volevo fare meglio. Sento che il Signore lo vuole da me. Sono venuta per lavorare spiritualmente in primo luogo...
Ma vi sono persone propriamente oziose spiritualmente. Fanno qualche cosa di esterno e la loro attività esteriore qualche volta è ridotta, e qualche volta è anche intensa l’attività, ma per una tendenza umana. Amano operare, ma non sono mosse dall’amore soprannaturale.
Guardarsi dall’oziosità spirituale che è la tiepidezza, l’indifferenza, la trascuranza della propria santificazione per cui lasciano crescere in quel cuore tante erbacce. Un giardino in cui i fiori non crescono, e se crescono un poco il fiore non è profumato. Troppe erbacce vi sono attorno. Erbacce che mangiano il succo vitale, cioè la forza vitale del cuore, erbacce che indicano il loro amor proprio da difendere, tendenze troppo umane, curiosità, attaccamento alla volontà, sensibilità verso questo e verso quello.
Quando si è tanto preoccupati di noi, come ci preoccupiamo di Dio, dell’anima, delle anime? Questo amor proprio che finisce con il consumare le energie della mente, del sentimento, del cuore, della volontà. Queste persone si chiudono come in una cassa che è tutta fatta di amor proprio e non vedono più che se stesse.
Negli esami dei ritiri mensili si ritorna ai propositi e si confronta un mese con l’altro. Tanto più poi nel ritiro annuale, cioè agli Esercizi spirituali, l’esame sarà più profondo e l’anima potrà rendersi conto se ha progredito o non ha progredito. Vedere: quella persona fa, supponiamo, la prima elementare, o la prima media. In principio dell’anno si stabiliscono le cose da imparare. C’è un programma scolastico e bisogna prendere quei libri: supponiamo la geografia, supponiamo l’aritmetica, supponiamo la grammatica. Alla fine dell’anno quella figliuola che ha frequentato la prima media, che ha frequentato la prima normale13 o un’altra scuola, alla fine dell’anno ha delle cognizioni nuove. All’esame è preparata. E può passare da una classe all’altra. Così è del lavoro spirituale. Ma se alla conclusione degli Esercizi sentiamo di essere bocciati, perché non
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abbiamo progredito, il nostro anno è sprecato. Allora almeno, riguadagnare. Riguadagnare con un lavoro interiore più intenso nell’anno seguente per riparare il tempo perduto. Ma se la vita continua ad essere presso a poco così?
Avanti! Avanti! Mai ferme! Le parole di S. Paolo: «Mi protendo in avanti»14 ogni giorno. E fortunate le anime che, pur sentendo le loro debolezze, e forse ieri sono anche cadute, stamattina si riprendono su tutte le cose: nella meditazione, nella Comunione, nella Messa. Oggi comincio! «Nunc coepi»15. E allora prima che sia passato l’anno di spiritualità, che va da un corso di Esercizi ad un altro, sentono che qualche cosa viene fatto, che un po’ di difetti sono tolti, e che un po’ più di atti virtuosi vengono ripetuti nel corso della giornata. Vi sono delle vite che sono quasi inutili. Tempo perduto! E vi sono delle vite interiori così ferventi che portano a dei grandi passi.
Allora, quanto avete già di fede? E quanto avete di speranza? E quanto avete di carità? Perché se queste tre virtù sono profonde nell’anima, la fede porta all’obbedienza, perché chi vuole perfezionare l’obbedienza ne fa anche il voto. La povertà nasce dalla speranza. E chi ha molta speranza nei beni spirituali, nei beni eterni, non mette il suo cuore nelle cose terrene. Perciò una speranza viva porta al voto di povertà. E chi ama il Signore intensamente e lo vuole amare di più, arriva al voto di castità per essere tutta di Dio. E non solamente emette questo voto, ne fa professione, e poi lo vive, vive nell’amore di Dio. Non è che sterilizzi il suo cuore, ma lo apre come un giglio, lo apre sempre più largamente verso Dio. E allora viene il voto di castità per perfezionare la virtù.
Dunque, preghiamo tutti assieme perchè questi Esercizi abbiano da portare grande luce alle anime e grande consolazione per le comunicazioni con il Signore e grande generosità.
Ciascuna dica: Sono venuta per farmi santa, per la mia santificazione. Per questo c’è il lavoro interiore e poi di conseguenza l’apostolato che nasce dal lavoro interiore. L’amore alle anime che nasce dall’amore a Dio.
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1 Predica tenuta alle novizie esercitanti a Roma il 25 giugno 1957, alle ore 6 del mattino. Trascrizione dattiloscritta, di cui non c’è nastro, carta comune, fogli 4 (22x31). Il titolo e l’anno sono stati aggiunti a mano.

2 Cf 1Gv 3,14.

3 Cf 1Cor 1,26.

4 “ Fa’ di essere chiamato”, espressione attribuita a S. Agostino.

5 Cf med. 3.

6 Cf med. 17, nota 4.

7 Cf Gv 14,6.

8 Cf Imitazione di Cristo, I, XXV, 3. “(Invece quello negligente e tiepido) trova una tribolazione sull’altra”.

9 Cf Mt 7,20: «Dai loro frutti li riconoscerete».

10 S. Alfonso M. de’ Liguori, La pratica di amare Gesù Cristo, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2004, 19a ed.

11 Cf Mt 5,48.

12 S. Luigi Grignion de Montfort (1673-1716) nel Trattato della vera devozione sintetizza la consacrazione a Gesù con l’espressione “per Mariam ad Jesum”.

13 Corrisponde all’attuale corso dell’istituto magistrale.

14 Cf Fil 3,13.

15 Cf Sal 76,11 (Volgata): «Io ho detto: “Ora incomincio…”».