Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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8. LA VIA CRUCIS 1
Stazioni IV - VI - VII



L’altra volta abbiamo meditato le tre cadute di Gesù sulla via del Calvario. Ora consideriamo brevemente altre tre stazioni della Via Crucis.
La prima: l’incontro di Gesù che portava la croce con Maria. La SS. Vergine era in quel tempo a Gerusalemme. La maggior parte degli autori dicono che Maria fosse presente anche all’ultima cena e che abbia fatto la Comunione. Tuttavia questo non è scritto nel Vangelo. Nel Vangelo non vi sono tutte le cose che sono state operate da Gesù. Di conseguenza, in quella mattina del Venerdì santo, Maria doveva essere informata delle vicende del processo di Gesù, della flagellazione, dell’incoronazione di spine e, infine, della condanna a morte. Ella, conoscendo la sua vocazione a partecipare alla redenzione, cioè alle sofferenze del Figlio, si diede premura di raggiungerlo mentre stava salendo il Calvario. Si incontrarono. Si compresero con uno sguardo. In quel momento Maria veniva associata a Gesù nella salvezza del mondo e portava il suo contributo di sofferenza. La redenzione è essenzialmente di Gesù, ma con partecipazione di Maria. Occorre che noi ricordiamo che tutti abbiamo da essere associati alle sofferenze di Gesù. Maria poi in una maniera particolare. La redenzione oggi è compiuta, ma occorre che sia applicata alle singole anime, cioè che le singole anime ricevano la grazia di Dio e siano immesse nella vita soprannaturale. Allora anche noi dobbiamo partecipare, nella misura che ci è propria, alla passione di Gesù Cristo.
Maria è l’addolorata e viene raffigurata a volte con una sola spada piantata nel suo cuore, a volte con sette spade. Le sette spade rappresentano i sette principali dolori di Maria. E l’unica spada, quando è rappresentata così la Vergine, ricorda la parola che si è verificata: «Et tuam ipsius animam pertransibit
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gladius: La tua anima sarà trapassata da una spada di dolore»2. Era la profezia di Simeone. Quindi i dolori di Maria sono tanti e perciò è la Regina dei martiri. Ma particolarmente Maria ha sofferto in quell’ultimo giorno della vita di Gesù Cristo.
«Ella ti schiaccerà il capo»3, aveva detto il Signore al serpente. Come Maria schiaccerà il capo al serpente? Lo schiaccerà per mezzo del Figlio, che riporterà la vittoria piena contro il demonio, tuttavia partecipando a quest’azione, non soltanto donando suo Figlio come vittima per l’umanità, ma proprio soffrendo ella medesima. Possiamo ben immaginare come una madre può seguire il figlio condannato a morte in mezzo a tutti quegli strazi, tutto piagato con il capo sanguinante, poi vederlo inchiodato crudelmente sotto i suoi occhi, e assisterlo agonizzante per tre ore sulla croce. E vederlo spirare.
Che cosa ci dice Maria? A volte si stenta un po’ a rassegnarsi alle pene e ai travagli, alle fatiche della vita. Ma la nostra Madre come ha fatto? Come si è comportata? Quali pene ha sofferto? Sono paragonabili le nostre pene alle pene di questa Madre? Stabat Mater dolorosa iuxta crucem lacrimosa dum pendebat Filius4 . Vi sono santi, in un certo numero, che si sono fatti santi con la particolare meditazione dei dolori di Maria, meditando le sofferenze di Maria e uniformando la propria vita alla vita di Maria, e specialmente alla vita dolorosa, penosa di Maria addolorata. Guardarla spesso e non aumentare le pene a Maria con i nostri peccati. Vogliamo ancora far soffrire nostra Madre?
Altra stazione della Via Crucis da considerarsi è quella in cui la Veronica è rappresentata nell’atto di asciugare il volto benedetto di Gesù. Qui c’è da meditare la riparazione dei peccati, delle offese fatte a Gesù. La Veronica era una delle pie donne che seguivano Gesù, l’accompagnavano all’estremo sacrificio. Vide il Salvatore con il volto tutto imbrattato di sangue, di sputi, di sudore, e allora, come una donna forte, si fece innan-
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zi, oltrepassando i soldati che conducevano Gesù, e con un lino asciugò il volto del Salvatore. E Gesù gradì tanto questo ossequio, la compassione di questa donna alle sue sofferenze, e la premiò dandole il volto effigiato nel lino che essa aveva adoperato per asciugarlo. Certo, il volto imbrattato di sudore e di sangue e di sputi, sudore che calava negli occhi, senza che Gesù potesse pulirsi, anche questo era una sofferenza per il Salvatore, una sofferenza notevole. Questa donna lo comprese, si avvicinò e volle portargli un po’ di conforto, un po’ di sollievo, come si fa quando vi è un morente il quale non può più farsi alcun servizio da sé e gli si asciugano i sudori e si cerca in qualche maniera di dare conforto.
Riparare le offese che si fanno a Gesù. A volte sono offese piccole e a volte si tratta di peccati gravi. Peccati gravi sono quelli che si commettono quando si insegnano degli errori, delle eresie; peccati gravi quando si offendono in cose gravi i comandamenti della legge di Dio o i santi voti; peccato grave specialmente quando le anime portano con sé il peccato per molto tempo. Vi sono cristiani che se il Signore non li prende subito il giorno che hanno fatto Pasqua, all’indomani ricominciano la loro vita non buona e passano quasi tutto l’anno in stato di peccato.
Poi riparare i peccati piccoli, i peccati veniali. Occorre sempre che noi pensiamo che il Signore Gesù è sensibilissimo ai peccati commessi dalle persone consacrate a Dio. L’altro giorno mi hanno portato da stampare un’immagine dove erano scritte nel retro della figura che rappresentava il Sacro Cuore, parole in cui Gesù si lamentava delle ingratitudini, delle sconoscenze delle anime a lui consacrate5. C’era una espressione che fa per noi. Gesù diceva, secondo quello che era scritto: Mi fanno tanto soffrire le suore che non sono unite con le loro superiore. Quindi, essendo disunite, seminano un po’ il malcontento. E ho detto: Prima di stamparla andiamo adagio per non disgustare qualcuna. Ma stampare è una cosa, dirla è un’altra.
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Si può più facilmente dirlo, ma lo stampato ha più importanza in quanto dura di più della parola. Ad ogni modo noi stiamo sempre uniti nello spirito con i nostri superiori. Ripariamo in questo modo i disgusti che vengono dati a Gesù quando vi sono le offese da parte di chi a Gesù è consacrato.
Non piantiamo spine nel cuore e nel capo a Gesù. Riparare, riparare con il fervore, riparare con la delicatezza di coscienza; riparare con l’osservanza delle proprie Regole, delle proprie Costituzioni, con il servire meglio Gesù per quelli che non lo servono bene, per quelli che non lo amano. Riparazione può essere con le Messe, con le Comunioni. Ma non si intenda solamente con le Messe e le Comunioni, perché la riparazione fatta con la vita santa è più importante della riparazione fatta soltanto in un momento di pietà e di devozione.
Terza stazione da considerare: Gesù si incontra con le pie donne che lo volevano accompagnare al Calvario. E vide che piangevano. Erano le donne che lo avevano seguito e lo avevano anche servito, e avevano procurato il necessario a lui e agli Apostoli nei tre anni di predicazione nella vita pubblica.
«Figlie di Gerusalemme, disse loro, non piangete sopra di me, ma piangete sopra di voi e sui figli vostri»6. Ecco l’ammonizione del Maestro Divino a tutti noi. Piangere sui dolori di Gesù è cosa delicata, è cosa meritoria, ma Gesù voleva che soprattutto si ricordassero di piangere sulle cause dei suoi dolori, cioè sui peccati. Piangere le sofferenze di Gesù è merito, ma non procurargli altre sofferenze con altri peccati, perché allora ci contraddiremmo, non è vero? E che cosa si potrebbe pensare? Si potrebbe pensare così: si continua a procurare al Salvatore pene con la vita, mentre con la bocca e con le lacrime si mostrerebbe dolore per le sue sofferenze. Gesù vuol dire che mentre facciamo la Via Crucis pensiamo alla causa delle sue sofferenze che siamo noi. I soldati eseguivano la sentenza, obbedivano. I suoi carnefici erano in buona fede in tante cose, si può presumere. Ma noi, che abbiamo la fede sappiamo che Gesù è morto per i peccati: «Vulneratus est propter scelera
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nostra: È stato ferito per i nostri delitti»7. Detestiamo perciò, sull’invito di Gesù, in primo luogo i nostri peccati e non commettiamone più.
Poi, aggiunse Gesù a quelle donne: «Piangete sui vostri figli». Sui vostri figli! Cosa indica questo? Può indicare che alle volte le madri non educano bene i figli, e i figli prendono delle cattive strade. Allora bisogna che queste madri detestino la loro negligenza. Ma questo parlare di Gesù può indicare anche un’altra cosa, cioè non solo piangere sui nostri peccati, ma piangere anche sui peccati di cui noi siamo causa. Se abbiamo dato cattivo esempio, ne siamo causa; se continuiamo a dare cattivo esempio di tiepidezza, di parole fuori posto e fuori tempo, ne siamo causa; se introduciamo una vita tiepida, ne siamo causa. A volte la madre è responsabile del figlio che ha preso una cattiva strada. Ma tutti gli educatori, tutte le educatrici possono essere colpevoli a causa dei peccati e dei disordini che poi succedono, in quanto gli educatori e le educatrici dovevano compiere forse meglio la loro parte, la loro opera. Del resto il peccato ha sempre qualche conseguenza.
Piangere sopra i disordini della stampa cattiva, del cinema cattivo, della radio e televisione quando danno cose cattive. Sì, però da parte nostra fare quanto possiamo per togliere il male e mettere il bene. Almeno impedire che si facciano peccati; che il divertimento non sia peccaminoso, ma sia divertimento innocente. Poi, se si può, aggiungere anche la parte positiva in maniera da portare edificazione e istruzione: tanto meglio.
È necessario non considerarsi mai soli. Noi viviamo in società e abbiamo sempre influenza in bene o non in bene sugli altri con cui si convive. Quindi, se la nostra vita è santa, si ha un’influenza buona, benefica. Allora si semina il «bonus odor Christi»8. Ma se la vita è meno santa, si semina meno, si spande meno questo «bonus odor Christi». Se poi la vita è tiepida o anche peggiore della stessa tiepidezza, allora l’influenza che si esercita è proprio un’influenza cattiva. Allora che cosa bisogna pensare? «Piangete sopra di voi e sopra i vostri figli». E Gesù
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diede la ragione, che bisognerebbe spiegare un po’ a lungo, ma basta così.
Dunque non consideriamoci mai soli. Le Congregazioni sono società, si vive in società e ci devono essere le virtù sociali. Si chiamino congregazioni, si chiamino istituti religiosi, si chiamino famiglie religiose: vuol sempre dire associazione di persone che si mettono insieme per la santificazione e per l’apostolato. Quindi non si vive mai soli. Allora la nostra vita, per quanto sta a noi, diffonde il «bonus odor Christi»? Oppure non diffonde il «bonus odor Christi», ma qualcosa contrario alla santificazione, contrario al buon ordine, alle Costituzioni, qualche cosa che non è secondo l’esempio di Gesù Cristo? Facciamo i propositi.
Tre stazioni dunque: l’incontro di Gesù che porta la croce con Maria; l’atto della Veronica che asciuga il volto benedetto al Salvatore e Gesù la premia, perché gradisce molto la riparazione; e terzo l’incontro di Gesù che porta la croce con le pie donne, e le parole di Gesù a queste che stavano piangendo sopra le pene che Gesù soffriva, e la condanna a morte che era stata pronunciata contro di lui. Faremo bene la Via Crucis meditando queste cose utili per la nostra salvezza eterna. Vivere bene in Gesù Cristo. In questo tempo vivere bene la passione di Gesù Cristo. In Cristo la vita.
In questo tempo di Quaresima, tanto più adesso che ci avviciniamo alla domenica di Passione, poi alle Palme, al Venerdì santo, vivere Gesù Cristo dolente: Jesus patiens.
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1 Meditazione tenuta ad Albano il 28 marzo 1957. Trascrizione da nastro A6/ an 29a = ac 49b.

2 Cf Lc 2,35.

3 Cf Gen 3,15.

4 [Stava la Madre addolorata, piangente, vicino alla croce da cui pendeva il Figlio.] Lo Stabat Mater è una sequenza attribuita a Jacopone da Todi (ca. 12281306), frate francescano, poeta, autore di 93 Laudi.

5 Messaggio che fa parte delle rivelazioni del Cuore di Gesù a S. Margherita Maria Alacoque (1647-1690), monaca francese dell’Ordine della Visitazione di Paray le Monial, mistica e apostola della devozione del Sacro Cuore.

6 Cf Lc 23,28.

7 Cf Is 53,5.

8 2Cor 2,15: «… il profumo di Cristo».