23. IL VOTO DI OBBEDIENZA1
...2 come potrebbero vestire un’altra da religiosa. Però ciò che a me ha fatto molta impressione sono le parole del Cuore di Gesù a S. Margherita Maria Alacoque3, ho fatto ricerche se queste parole fossero proprio vere, e avevo incaricato anche una persona a fare ricerche. Il Cuore di Gesù dice che vi sono molte persone che lo fanno soffrire, parlava delle religiose, perché sono in discordia con le loro superiore. E diceva: La superiora può essere buona o cattiva, ma coloro che dipendono devono obbedire, perché obbediscono a Dio e non obbediscono alla persona. Quindi quelle che si allontanano dalle superiore, si allontanano da me in realtà. Ed è inutile che poi chiedano misericordia, perdono dei loro peccati quando non si mettono in accordo con le loro superiore: E poi aggiungeva alla Santa: Se io ti ordino qualche cosa, di fare qualche cosa, tu lo devi dire alla superiora. Se la superiora ti dice di non farla, perché crede che sia una stranezza o una tua fissazione o altro, tu devi obbedire alla superiora non a me. E perché? Perché una rivelazione può anche non essere capita bene, e può essere che uno abbia delle fantasie e creda di avere manifestazioni soprannaturali, mentre non ne ha. Invece il comando della superiora suona all’orecchio chiaro. Non si può mettere in dubbio, non si può dire: È una mia fantasia, forse la superiora non mi ha detto questo, non me l’ha ordinato. Quindi obbedirò a Gesù, alle sue rivelazioni e non alla superiora. No. Bisogna obbedire alla superiora.
E perché tante parole così forti? Sì, anche quelle altre di S. Francesco di Sales: Se una suora desidera il martirio per
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mio amore, ma non obbedisce, non è una vera suora ancorché desideri il martirio per mio amore4. Perché quello che fa la suora è l’obbedienza, la suora è fatta dal voto di obbedienza, è tale per il voto di obbedienza. E un altro scrittore, pure santo, dice: Vedete, nel mondo vi sono tante persone, vi sono persone pie, umili, povere, zelanti, che hanno tante belle qualità: ma con questo non sono religiose. Ciò che fa la religiosa è l’obbedienza. Perciò una persona disfa, annulla la sua professione quando incomincia a distaccarsi dai superiori, a giudicare, condannare. E allora abbiamo il caso di cui scriveva S. Teresa: Se non state volentieri, perché state in quel posto? E se non volete obbedire, perché continuate a rimanere in quella vita in cui vi caricate solo la coscienza? Meglio farvi dispensare dal voto. Allora, dispensate dal voto, non farete più i peccati di disobbedienza5.
Oh, tutto questo sembra un po’ duro. E allora prendiamo delle parole più consolanti. Le parole più consolanti sono queste: l’ossequio maggiore che possiamo fare a Dio è l’ossequio della nostra volontà. Quindi, in quell’obbedienza, anche in quelle piccole cose, noi facciamo quello che dice la Scrittura: «Sacrificium laudis»6, il sacrificio della lode. Non è il sacrificio della Messa, ma il sacrificio della lode.
In sostanza, che cos’è la vita religiosa se non imitare di più Gesù Cristo? E coloro che imitano meglio Gesù Cristo non sono veramente i religiosi? Ora, Gesù Cristo obbediente «usque ad mortem, mortem autem crucis: obbediente fino alla morte e alla morte di croce»7. Quindi obbediente a Pilato che era un peccatore e che lo condannava, e ai carnefici che gli ordinavano di stendere le sue braccia e i suoi piedi sopra la croce per lasciarsi inchiodare. Ecco, allora l’obbedienza è ciò che ci rende più simili a Gesù Cristo che fu il perfetto obbediente ed è il perfetto religioso del Padre.
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Un altro pensiero è questo: a volte bisogna ben distinguere una persona che vive nel mondo fa più sacrifici della religiosa. Certe madri di famiglia quanti sacrifici fanno! Però queste persone non sono religiose nel senso vero, canonico della parola, perché esse il bene se lo scelgono: supponiamo, possono andare a Messa più presto o più tardi, nessuno dice loro niente. Possono fare per pranzo una minestra che piace di più a loro o un’altra minestra. Scelgono. La religiosa, è tale perché non sceglie il bene, fa il bene che è detto, segue l’orario che è fatto, accetta l’ufficio che è dato: ecco allora diviene vera religiosa.
Buono è il voto di povertà, migliore il voto di castità, ottimo il voto di obbedienza. Il voto di povertà ci fa donare a Dio le nostre cose esterne, ciò che possiamo avere all’esterno. Il voto di castità ci porta a donare il nostro corpo a Dio. Ma il voto di obbedienza ci porta a donare la volontà, l’intelligenza, la libertà nostra, la facoltà più alta, più nobile che abbiamo.
Una terza ragione molto consolante è questa: quando una cosa è comandata e la si accetta, allora si è sicuri che piace a Dio, non c’è dubbio. Secondo, si è sicuri che nel fare quello c’è la grazia, il Signore compare con la grazia. Terzo, si è sicuri che il Signore premierà. Ma quando è fatta da noi, anche se crediamo di far meglio, di saperne di più di coloro che hanno comandato, ecc., allora non c’è la grazia di Dio nel fare, non si resta poi soddisfatti e consolati, e per lo più non riesce bene, e soprattutto il Signore non premia. Perché, cosa premia il Signore? Premia le cose fatte sotto il suo ordine, secondo la sua volontà. Secondo la sua volontà. Supponiamo, se voi oggi non ordinate al vetraio che venga a mettere i vetri, anche se lui vi porta i vetri in casa non lo farà se non lo ordinate. E se anche facesse un lavoro per voi, senza che voi lo aveste ordinato, allora non lo pagate. Così Iddio: paga quello che ha ordinato. Il premio, la ricompensa la dà a chi ha fatto ciò che lui ha ordinato, cioè a chi fa la sua volontà. E chi fa la volontà di Dio, anche se si tratta di piccole cose, avrà un premio grande.
Allora, ringraziamo il Signore di averci chiamati alla vita religiosa, che è la vita più perfetta. Contenti di essere religiosi. Poi pensiamo che il Padre celeste ci vuol bene, e noi dobbiamo essere i suoi figliuoli. Egli, nella sua sapienza e nel suo amo-
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re, dispone tutto per noi perché ci facciamo santi. Ci vuole in paradiso e ci traccia la strada: passare di qua, fare quello, oggi magari c’è una piccola sofferenza, domani c’è una gioia, quest’oggi è comandata una cosa che piace, domani invece una cosa che dispiace. Sempre il Padre celeste ha molta cura di noi e vuole che passiamo per questa via in cui compiendo la sua volontà ci santifichiamo. E poi ci aspetta lassù, affinché «sediate alla mensa del vostro Padre celeste»8. Questo Padre celeste ci aspetta tutti alla sua mensa, però a misura della nostra docilità, della nostra obbedienza e dell’amore che si porta ai superiori. Si difendono i superiori anche quando sono criticati, come si compatiscono e come si prega per loro. Le comunità allora vivono nella pace. Le chiacchiere tante volte portano discordie, specialmente la disistima o la diffidenza verso i superiori.
I nemici della comunità, i nemici della Congregazione sono i mormoratori. Essi non badano alle cose che dicono, non misurano forse le parole, ma sono come colui che adopera il martello per guastare, oppure rovinare e distruggere le mura. Ma distruggendo le mura morali, le mura che sono il sostegno della vita della Congregazione, che portano all’unità, quindi al progresso della Congregazione, il male che fanno è più grave. Se si prendesse il martello e si rompessero gli scalini, si rompesse la ringhiera, voi direste subito: Ma questa è una pazzia! Guastare così cose che sono costate tanto. È contro la povertà, è contro la saggezza. Che cosa dire delle mormoratrici? Ci sono i difetti. E ditelo in pace, silenziosamente. Prima però di dire, correggete i vostri, affinché si possa dire al fratello: «Permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio»9, perché già l’abbiamo tolta dal nostro occhio.
Con questo io volevo lodare e volevo benedire quella vostra docilità che avete sempre mostrato, quello spirito di obbedienza, perché continuiate, perché pensiate ai grandi meriti. Pensare che la via della santità è sempre e solo la via di Dio, la via della volontà di Dio. Continuate così, continuate così. Poi benedite tutte coloro che con le parole, con il comportamento,
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la preghiera sostengono le superiore, affinché possano compiere in letizia il loro ufficio e possano sentirsi appoggiate e quindi portare sempre maggior progresso.
A volte non si dicono alcune cose, perché si sa che non si accettano, perché non si è disposte. Ma quando si mostra la docilità, allora i superiori sono liberi e si sentono portati a dire tutto quello che hanno in cuore per la maggior santificazione di ognuna e per il progresso dell’Istituto insieme, di tutto l’Istituto insieme. Benedite coloro che pensano che l’ufficio di superiora è un ufficio molto duro e che le comunità vanno bene se da una parte c’è la saggezza e la fermezza nel comando, e dall’altra parte c’è la docilità e l’obbedienza in chi è diretto, guidato, di chi, in sostanza, è suddito. Ma soprattutto pensare al grande merito di ogni atto di obbedienza, anche minimo. A volte, per esempio, si tratta solo di mettere in ordine le sedie, di fare quello che è comandato, che è disposto in tante piccole cose, cose minute, minute. Sono piccole cose, ma la docilità le rende grandi. E grandi meriti, perché il merito si misura dal fare la volontà di Dio generosamente, docilmente, con amore. Continuate, dunque, come siete avviate. E il Signore vi benedirà sempre più.
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1 Predica tenuta ad Albano in ottobre 1957. Trascrizione da nastro A6/an 35b = ac 59b. Anche per questa predica non si è potuto stabilire la data.
2 Vuoto di registrazione.3 Margherita Maria Alacoque nella sua Autobiografia, scritta in obbedienza al suo direttore spirituale S. Claudio de la Colombière (1641-1682), parla delle apparizioni del Sacro Cuore.
4 Cf Colin Ludovico, Culto dei voti, Padri Redentoristi editori, Roma 1954, p. 247 cita un brano da Trattenimenti spirituali di S. Francesco di Sales.
5 S. Teresa d’Avila, Cammino di perfezione (Escorial), in Opere complete, Paoline, Milano 1998, p. 559.6 Cf Rm 12,1: «Questo è il vostro culto spirituale».7 Cf Fil 2,8.
8 Cf Mt 8,11.
9 Cf Mt 7,4.