Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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22. I MISTERI DEL ROSARIO E I VOTI1


In ottobre abbondare nei rosari in tutte le maniere, e fare anche un passo avanti per recitarlo sempre più bene, specialmente meditando sempre nel mistero una verità, un insegnamento pratico, e fare una domanda speciale al Signore dicendo il Pater e le Ave Maria.
Per quest’anno suggerisco questo: meditare i misteri gaudiosi sotto l’aspetto della povertà di Gesù e di Maria, e domandare l’osservanza del voto di povertà e il progresso nella virtù della povertà. Il voto è un mezzo per la virtù, per progredire maggiormente nel distacco dalle cose della terra, onde il cuore si attacchi a Dio e cerchi Iddio fino al punto che in qualche maniera esprime la perfezione: Dio solo mi basta.
Poi i misteri dolorosi recitarli per praticare il voto di castità e osservare questa virtù in una maniera perfetta, sempre camminando in delicatezza. E anche qui domandare l’amore a Dio, amare il Signore e amare le anime, che ci fa dimenticare l’amore troppo terreno, troppo umano.
I misteri gloriosi recitarli per osservare il voto di obbedienza e arrivare alla obbedienza perfetta, per quanto è possibile, cioè lo spogliamento della nostra volontà, per poter essere intieramente di Dio, abbandonati a lui che è Padre, che ci porti dove vuole questo Padre. Se il padre è buono e il bambino è sulle sue braccia, il bambino si lascia portare, perché sa benissimo che il padre è buono e gli vuol bene. Ecco, così il Signore.
Dunque, i misteri gaudiosi meditarli sotto l’aspetto della virtù della povertà. Il primo mistero ci ricorda l’annunciazione dell’arcangelo Gabriele a Maria. Come trovò Maria l’arcangelo
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Gabriele? Dove la trovò? In una casetta piccola, povera. Una giovinetta semplice: l’innocenza si vedeva dagli occhi. Ecco, l’arcangelo non si rivolse a una casa ricca, sontuosa; a una damigella magari stimata, ricca, e fornita di tutte le comodità. La Madonna a Lourdes2 si rivolse a chi? A Bernardetta, fanciulla povera, e anche malaticcia e ignorante. E la Madonna a Fatima3 a chi si rivolse? A tre pastorelli. Il Signore non guarda le ricchezze, ma guarda lo spirito, guarda la santità interiore, il distacco dalle cose della terra, perché chi si distacca dalle cose della terra per amor di Dio, viene arricchito da Dio dei beni soprannaturali: le ricchezze del cielo, i meriti, le virtù teologali, le virtù cardinali, ecc.
Maria, dopo l’annunciazione, andò a visitare S. Elisabetta. Ecco una fanciulla giovane che fa il viaggio a piedi, un buon numero di chilometri, in montagna, e va sollecita, e va a servire. Ecco la povertà: a servire. E si presta per tre mesi a tutti quei servizi di cui aveva bisogno Elisabetta in quel periodo di tempo, quando divenne la madre di S. Giovanni Battista.
Terzo mistero gaudioso: Come è nato Gesù? In una grotta, non sua, vestito di poveri panni, messo in una greppia, sulla paglia. E l’angelo chi chiamò a venire a salutare il nato Bambino, il Salvatore del mondo? Chiamò i poveri pastorelli: povertà.
Nel quarto mistero gaudioso consideriamo Maria e Giuseppe che presentano Gesù Bambino al tempio, e per riscattarlo, secondo la legge mosaica, offrono non il dono dei ricchi in riscatto del primogenito, ma il riscatto dei poveri: due colombini, due tortore. Sempre nel segno della povertà.
Così Gesù a dodici anni fu condotto a Gerusalemme e là si trattenne con i dottori e diede un saggio della sua sapienza
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\e della sua missione di maestro. Il Vangelo nota subito dopo: «Tornò a Nazaret con Maria e Giuseppe e obbediva»4. E là si fermò per altri diciotto anni a lavorare in un lavoro pesante, procurando il pane per sé/5, a Maria e a Giuseppe, finché Giuseppe fu con loro. Giuseppe lavorava, ma era invecchiato, indebolito. Gesù contrattava i mobili e gli oggetti che doveva preparare, e lavorando guadagnava il pane per sé e per la sacra famiglia con il sudore della fronte.
Meditare allora i misteri gaudiosi sotto l’aspetto della povertà e per la pratica del voto di povertà, fino al distacco da tutto. A volte ci attacchiamo a delle cose che sono sciocchezze: al posto, all’ufficio, a quella casa, a quella mansione; qualche volta ci si attacca a delle sciocchezze: a un’immagine, a un piccolo ricordo. E ci si attacca così che il voto di povertà viene come sminuzzato, ridotto, perché le cose sono piccole, ma l’affetto a certe cose è grande. Difatti, a persuadere certe persone di cambiare ufficio, di cambiare casa, ecc., bisogna fare dei ragionamenti lunghi. Vedere che il cuore si attacchi solo a Dio e non si attacchi a cose che non meritano. Le cose che abbiamo sono solo per farci dei meriti, e oggi servono queste, e domani ce ne servono altre. Il distacco, secondo il libro Culto dei voti6, dovrebbe arrivare fino a questo punto: il distacco dalla vita stessa, quando e come vuole il Signore, e quando il Signore vuole chiamarti. Questa è una grazia da chiedersi più spesso, ma bisogna proprio chiederla. Allora giova parecchio fare l’accettazione della morte. Ma questo è compreso nel voto di povertà? Sì, alle volte direttamente, altre volte indirettamente. Vediamo di non avere troppe pretese: quello che è necessario, quello che serve alla salute, però avere moderazione. La virtù cardinale che si chiama temperanza riguarda il vestire, la casa, l’abitazione e le cure. Vi sono persone che pensano fin troppo al sepolcro dopo morte. Invece di pensare dove riposerà il corpo, dovrebbero pensare di più dove deve arrivare l’anima, a un bel posto in paradiso.
I misteri dolorosi ci servono e sono occasione per chiedere
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l’osservanza del voto di castità e particolarmente della virtù della castità e della purezza in generale. Che cosa hanno causato a Gesù i nostri peccati? Gesù come ha scontato le soverchie tenerezze nostre, come ha scontato i peccati interni di pensiero, di sentimento, di cuore, le parole e le letture e gli sguardi e gli spettacoli non del tutto santi? I pensieri e i sentimenti cattivi Gesù li ha scontati con il sudore di sangue: primo mistero doloroso. Il sudore di sangue: la pena, come l’oppressione ha stretto il cuore di Gesù, perché era vicina la passione e i peccati che egli doveva scontare erano così orribili e così numerosi. E perché, nonostante le sue sofferenze, chissà quante anime sarebbero ancora andate perdute!
Specialmente i peccati commessi con il tatto e in generale con i sensi esterni Gesù li scontò nella flagellazione. Sapessimo noi disciplinarci meglio anche nelle cose che non sono direttamente peccati o che possono portare al peccato o che sono meno delicatezza! Vigilare di non aver scrupoli, ma anche di essere sempre delicati.
Gesù scontò i pensieri cattivi e l’orgoglio nostro quando venne incoronato di spine. Abbiamo aggiunto anche noi qualche spina al suo capo? Quando la testa è dura, quando domina la vanità, l’ambizione e l’orgoglio, ecco dobbiamo pensare che tutto questo è costato a Gesù, non è vero? Sì, d’altra parte i pensieri ci sono. Ma quando c’è l’orgoglio, sovente accade che il Signore lasci cadere in errore e magari in peccati di carne: immaginazioni, ricordi, fantasie, ma fino lì, forse, non ci sarà il peccato; tuttavia, se poi si ascoltasse, si assecondasse, che cosa potrebbe succedere? Che venga umiliato nella carne chi è stato orgoglioso di mente.
E abbiamo ancora da pensare come Gesù ha accettato la condanna a morte, come si sia addossato sulle spalle la croce e come egli l’abbia portata fino al calvario: quarto mistero doloroso. Oh, sì, Gesù accettò la morte che noi avevamo meritato, che abbiamo meritato noi con i peccati. Gesù prese sulle spalle la croce, perché noi non sappiamo capire la sua sentenza: «Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso e prenda la sua croce e mi segua»7.
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Allora abbiamo da interrogarci se sappiamo rinnegarci, specialmente per quello che riguarda la purezza, la castità stessa: «Rinneghi se stesso e prenda la sua croce». Se ci mortifichiamo negli occhi, nella lingua, nel tatto, ecc., allora possiamo vivere di più l’amor di Dio. La mortificazione che è un sacrificio, e l’amor di Dio si associano. La mortificazione suscita di più l’amor di Dio, e l’amor di Dio porta poi alla mortificazione. Perché quando uno ama, ama fino a soffrire per l’amato, e se ama molto, fino a dar la vita per l’amato. Ecco, vedere come Gesù porta la croce e imparare qual è la strada dell’amore: quella del Calvario. Qual è la strada della santità: la mortificazione.
Gesù poi venne crocifisso, agonizzò per tre ore sulla croce e morì su di essa. Ecco, sono crocifisse le mani: le mani siano sante, «innocens manibus»8. Sono crocifissi i piedi: non si vada mai in luoghi pericolosi. Gesù è spogliato degli abiti: l’ambizione o l’immodestia nel vestire. Gesù è abbeverato di fiele e di mirra: sappiamo mortificare la gola almeno in quello che è superfluo, regolando il nostro cibo nei pasti. E Gesù muore sulla croce. Nella Messa che rinnova la passione di Gesù Cristo e la sua morte, domandare sempre la grazia di far morire i nostri istinti cattivi e, sebbene non muoiano mai, mortificarli nel non assecondarli. La battaglia può durare molto, ma la lotta è seguita dalla vittoria che arricchisce di meriti, di meriti preziosissimi. La Messa è il momento di offrire noi stessi a Dio: Tu mi hai amato fino a morire sulla croce, o Gesù. Io voglio amarti fino a dare la mia vita per te. Vivere per lui, per lui! Non si pensi tanto al martirio, ma al quotidiano sacrificio nei nostri doveri.
I misteri gloriosi poi ci sono occasione per chiedere a Gesù e a Maria lo spirito di obbedienza e l’osservanza del voto di obbedienza. Il pensiero dominante dev’essere questo: «Chi si esalta, sarà umiliato; e chi si umilia, sarà esaltato»9. Dov’è che Gesù si è umiliato di più? Sulla croce, soffrendo pene interne e pene esterne. Ebbene, che cosa ne seguì? Fu risuscitato, primo
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mistero; ascese al cielo, secondo mistero; mandò lo Spirito alla Chiesa, terzo mistero; poi Maria fu assunta al cielo, quarto; Maria fu incoronata regina del cielo e della terra, quinto.
Il pensiero dominante è questo: «Chi si umilia, sarà esaltato». Gesù «humiliavit semetipsum, factus oboediens usque ad mortem», l’obbedienza. E allora, che cosa avvenne? «Mortem crucis», sì; «Propter quod Deus exaltavit illum»10, perché si umiliò nell’obbedienza, Dio lo esaltò. E come lo esaltò? Il Padre celeste lo risuscitò da morte e lo chiamò, chiamò suo Figlio alla sua destra in cielo: Sedet ad dexteram Patris11 . L’obbedienza è una forma, la forma più pratica di umiliazione e apporterà a noi ricchezze incalcolabili, perché è il sacrificio fatto a Dio della nostra parte migliore, il sacrificio della nostra libertà, della nostra volontà. Dunque, dice S. Paolo: Perchè Gesù fu obbediente, Dio lo esaltò: «Exaltavit illum»; e come lo esaltò? Lo esaltò chiamandolo alla sua destra e dandogli potere sopra tutte le creature: «Coelestium, terrestrium et infernorum, et omnis lingua confiteatur quia Dominus noster Jesus Christus in gloria est Dei Patris»12. Il che vuol dire che Gesù è nella gloria del Padre e domina tutte le cose, e tutte le creature devono inginocchiarsi davanti a lui, le creature che sono in cielo e le creature che sono sulla terra, e le creature che sono nell’inferno, sono dominate dal suo potere.
Oh, quindi, risuscitò da morte e salì al cielo. Così Maria risuscitata, assunta in cielo è glorificata per mezzo di una triplice corona: incoronata dal Padre della corona di potenza e dal Figlio della corona di sapienza, e dallo Spirito Santo della corona di amore. Come Gesù fu esaltato con la risurrezione e l’ascensione al cielo, così fu esaltata Maria con l’assunzione al cielo e con la glorificazione, l’incoronazione: Regina del cielo e della terra, Regina mundi.
E allora come sta il terzo mistero che ci ricorda la discesa dello Spirito Santo in mezzo agli altri due? Che Gesù e Maria in cielo pensano a noi, e nello Spirito Santo ci mandano ogni
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grazia, ogni grazia. Quindi fiducia e tutte le grazie che ci sono necessarie, chiediamole nel rosario, meditando la glorificazione di Gesù e la glorificazione di Maria, e chiedendo particolarmente lo spirito di obbedienza. «Humiliavit semetipsum, factus oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis, propter quod»: per questo il Padre lo esaltò. Qual è l’esaltazione dell’umile, dell’obbediente? Che l’obbedienza ci procura i maggiori meriti, e questa è la ricchezza e la vera esaltazione. Ci può essere una contadina vestita male, che cammina con i piedi scalzi e che stenta nella vita, e intanto può essere così ricca di meriti da sorpassare tanti che si credono forse molto buoni, perché si abbandona in Dio e accetta la vita com’è con le sue sofferenze e la sua condizione per amor di Dio.
L’abbandono in Dio è la perfezione dell’obbedienza. Allora seguirà l’altra esaltazione: dopo l’arricchimento di meriti sulla terra, il gran posto in cielo; ognuno sarà così elevato in cielo come si abbassa sulla terra. E giova ricordare quello che dicono certe volte, quello che raccontano di quel re che apparve dopo morte e disse che era salvo e si trovava in cielo come usciere, portinaio del palazzo reale. Il servo, l’usciere del palazzo reale, in paradiso era tanto più in su, quanto più era stato in giù rispetto al re sulla terra. E obbediente aveva eseguito diligentemente tutti i voleri del re, ed eccolo elevato in posizione, in un grado di gloria superiore al re in paradiso.
Quindi i misteri gaudiosi per la povertà, i misteri dolorosi per la castità, i misteri gloriosi per l’obbedienza: allora il mese del rosario vi sarà di grande profitto.
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1 Predica tenuta ad Albano, ottobre 1957. Trascrizione da nastro A6/an 35b = ac 59a. Non si è potuto precisare la data. Essendo il medesimo tema trattato in questo tempo a vari gruppi, la predica si può collocare ai primi di ottobre. Le trascrizioni delle meditazioni tenute a Roma su questo argomento e pubblicate successivamente su Regina Apostolorum, sono più complete. Cf meditazione n. 24 del 6 ottobre 1957, “I misteri del rosario e i voti”.

2 Apparizioni di Maria SS.ma Immacolata avvenute a Lourdes alla grotta di Massabielle (Francia) tra l’11 febbraio e il 16 luglio 1858 a S. Bernadette Soubirous (1844-1879), contadina quattordicenne del luogo, poi religiosa nella congregazione delle Suore della Carità di Nevers. Papa Pio XI l’ha proclamata santa l’8 dicembre 1933.

3 Apparizioni della Madonna, nostra Signora di Fatima, avvenute a Cova da Iria, frazione di Fatima (Portogallo), tra il 13 maggio e il 13 ottobre 1917 ai tre pastorelli: Francisco (1908-1919) e Giacinta Marto (1910-1920) e Lucia dos Santos (1907-2008). Francisco e Giacinta sono stati beatificati il 13 maggio 2000 da Giovanni Paolo II.

4 Cf Lc 2,51.

5 Vuoto di registrazione. Testo ricuperato da trascrizione precedente.

6 Cf med. 20, nota 9.

7 Cf Mt 16,24.

8 Cf Sal 24,4.

9 Cf Lc 14,11.

10 Cf Fil 2,8-9.

11 Siede alla destra del Padre. Cf Credo Niceno-Costantinopolitano.

12 Cf Fil 2,10-11.